Concludo il mio mandato di presidente dell’Associazione veneta degli avvocati amministrativisti, e mi guardo indietro. Non di secoli, diciamo di una dozzina d’anni (da quando ne ero segretario).

Sento di aver vissuto – che abbiamo vissuto – un periodo di “snodo” tra due epoche. Siamo entrati in un mondo diverso; e molte cose sono passate per sempre.

Giorno dopo giorno non te ne accorgi, ma guardandoti indietro sì: la prospettiva si allarga, i tempi mostrano i loro effetti e rivelano le dinamiche.

E’ la digitalizzazione che sta cambiando e ha già cambiato profondamente il nostro lavoro.

Certo, molti altri fattori sono rilevanti: i mutamenti della società e della sensibilità collettiva, l’instabile quadro politico, gli interventi legislativi, e – non ultima – una crescita numerica impressionante dell’avvocatura.

Tutto importante. Ma quello che ha segnato un passaggio radicale è il dato tecnologico. Un passaggio storico: ciò che si ricorderà di noi è che apparteniamo al tempo dell’avvento dell’informatica.

Un passaggio evidente anche nel modo in cui operiamo nei nostri studi.

Le biblioteche di libri e riviste giuridiche ingialliscono, diventando sempre più pezzi di arredo. Sono come vecchie stilografiche cui ormai non cambi più l’inchiostro.

Un computer o anche solo uno smartphone forniscono già tutto quello che serve, e in realtà molto di più. Ti consentono di lavorare velocemente, aggiornato in tempo reale su tutto; e di lavorare ovunque, senza vincoli di orari, luoghi e spostamenti. Volendo, anche senza troppi vincoli di contatti umani.

Su internet gli studi legali cercano – e devono trovare – una visibilità che non è più quella della targa appesa fuori dal portone.

E gli studi sono – sempre più spesso – studi aggregati, integrati, interprofessionali. Grandi, cioè, e lontani, ma telematicamente raggiungibili. Non più le realtà artigianali che conoscevamo. La concorrenza diviene feroce, sui prezzi e sull’immagine; i legami di solidarietà tendono ad affievolirsi. In molti casi, è ormai davvero un’attività d’impresa in un “mercato legale” allargato, e che infatti può essere svolta con partner finanziari.

Il cambiamento del nostro mondo professionale è dunque molto chiaro; ed è del resto il riflesso di cambiamenti più vasti legati all’informatica, che incide su tutto: dalle istituzioni, alle amministrazioni, alla vita sociale, fin dentro ciascuno di noi, nei nostri modi di agire e di pensare.

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Quando tutto cambia, puoi reagire in vari modi. Puoi passare al nuovo senza nostalgie per il vecchio: concentrarti cioè su vantaggi e opportunità, vada pure al macero il resto. Oppure puoi restare legato al vecchio mondo, guardando da lì il nuovo che si consolida.

Oppure provi a fare una sintesi di quello che pensi vada trasportato nel nuovo corso, di quello che pensi valga la pena salvare.

Lo ammetto. Ho sempre sentito il bisogno di fare sintesi, mi viene naturale.

Non solo a me, naturalmente. C’è in questo una componente generazionale, e insieme un tipo di approccio alla realtà.

E dunque – in sintesi, appunto – ecco alcune cose da portare con sé nel nuovo mondo della nostra professione:

  • l’intelligenza, la competenza, l’impegno (tre cose connesse, ma profondamente diverse tra loro);
  • la determinazione e la motivazione ideale (fare l’avvocato per ripiego, è meglio di no);
  • il senso di responsabilità per ciò che facciamo (ogni avvocato, in fondo, è sempre solo di fronte alle proprie scelte e responsabilità);
  • la fedeltà alla propria funzione (fare l’avvocato non è semplicemente un lavoro);

e, infine, quella consapevolezza complessiva del ruolo che, con un’espressione vecchia e nobile, possiamo continuare a chiamare “onor di toga”.

Stefano Bigolaro

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