SOMMARIO: 1. Sinossi Introduttiva – 2. Il fatto – 3. Rigetto dei ricorsi tra ragioni di diritto ed opportunità nel merito – 4. Recenti risvolti in materia di diritto dell’UE. La sentenza della Corte di Giustizia Europea, 18.09.2019 (C-526/17) – 5. Conclusione (provvisoria)
1 SINOSSI INTRODUTTIVA
La sentenza n. 299/2019 del TAR del Veneto fornisce delle importanti risposte chiarificatrici in ordine all’annosa ed assai travagliata questione “Pedemontana Veneta”.
L’aggiudicazione della concessione di costruzione di quest’opera, che rientra tra le trentadue opere di attuale rilevanza nazionale, è da sempre stata oggetto di plurime contestazioni, sia per la rilevanza fondamentale dell’opera stessa 1, sia per la caratura (inter)nazionale dei players chiamati ad interpretare questa partita.
Con il Terzo Atto Convenzionale del 26.05.2017 le parti hanno modificato le modalità di remunerazione del concessionario, nell’ottica di perseguire un riequilibrio dell’allocazione dei rischi legati alla realizzazione dell’opera2.
La ricorrente, tanto con il ricorso n. 686/2017 quanto con il ricorso n. 716/2017, insisteva affinché, previa caducazione e/o declaratoria di inefficacia dei provvedimenti regionali, si indicesse una nuova procedura di affidamento dei lavori. Riassumendo, le modifiche più significative all’impianto concessorio apportate dal Terzo Atto3sono date: dall’aumento del contributo pubblico in conto costruzione per un importo di 300mln di euro; dalla remunerazione del Concessionario, esclusivamente, mediante il canone di disponibilità; dalla spettanza alla Concedente degli introiti derivanti dalla fruizione dell’infrastruttura a compensazione del canone di disponibilità; da una più stringente disciplina dei doveri del Concessionario, con particolare riferimento al tempo dell’adempimento delle sue prestazioni.
Sul punto, i Giudici del Tar Veneto si sono pronunciati con entusiastica nettezza, dichiarando inammissibili entrambi i ricorsi, ribadendo la sostanziale correttezza della revisione dei termini di aggiudicazione della concessionaria mediante il Terzo Atto Convenzionale.
2. IL FATTO
Con ricorso n. 686/2017 la ricorrente chiedeva l’annullamento della deliberazione del Consiglio della Regione Veneto n. 44/2017 – con cui l’ente territoriale aveva inizialmente previsto l’introduzione dell’addizionale regionale IRPEF – e di ogni ulteriore atto alla medesima connesso e conseguenziale. Veniva chiesta, inoltre, la risoluzione della concessione in essere per inadempimento dell’aggiudicataria e la conseguente indizione di una nuova procedura di gara tra i concorrenti dell’epoca.
Con il successivo ricorso n. 716/2017 la ricorrente chiedeva l’annullamento della delibera regionale n. 708/2017, relativa all’approvazione dello schema del Terzo Atto Convenzionale modificante la convenzione originaria, delle delibere della Giunta regionale del Veneto n. 780/2017 e n. 704/2017, del contratto di mutuo stipulato con la Cassa Depositi e Prestiti S.p.A., nonché di ogni ulteriore atto e provvedimento ai suddetti annesso e presupposto, con contestuale richiesta di caducazione e/o declaratoria di inefficacia del richiamato Terzo Atto. Conseguentemente, la ricorrente pretendeva l’accertamento dell’obbligo della R.V. di rinnovare la procedura di gara, ovvero, in via subordinata, il risarcimento del danno per equivalente da quantificarsi ex artt. 1226 e 2056 c.c. Entro il ricorso intervenivano collettivamente ad adiuvandum il C.O. ed altri dieci soggetti privati.
Si costituivano la R.V., il Commissario straordinario delegato nominato ex art. 20 d.l. 185/2008, S.P.V. S.p.A. e il C.S.S. S.C.P.SA., contestando in fatto ed in diritto quanto esposto entro i ricorsi introduttivi ed insistendo per il rigetto degli stessi, eccependo il difetto di giurisdizione del g.a., ravvisando il difetto di legittimazione e la carenza di interesse in capo ai ricorrenti.
3. RIGETTO DEI RICORSI TRA RAGIONI DI DIRITTO ED OPPORTUNITA’ NEL MERITO
Nell’articolata esposizione dei motivi in diritto, il Collegio, disposta in via preliminare la riunione dei giudizi ex art. 70 c.p.a., si sofferma lungamente sulla questione relativa al potere del giudice adito di risolvere la controversia in essere e, successivamente, sull’ammissibilità dei ricorsi presentati in via principale dalla ricorrente e degli interventi ad adiuvandum depositati dall’associazione dei Consumatori C.O. e da una decina di privati cittadini proprietari degli immobili soggetti ad esproprio.
In primis, i giudici rigettano, senza mezzi termini, le eccezioni concernenti il difetto di giurisdizione sollevate dalla R.V. e dalle contro-interessate. Stante la natura amministrativa del Terzo Atto, la giurisdizione appartiene in via esclusiva al G.A. ai sensi e per gli effetti degli artt. 7 co.1 e 133 co. 1 lett. b) e c) cpa4.
In secondo luogo, i giudici rilevano il difetto di legittimazione e la carenza di interesse in capo ai ricorrenti.
Secondo il Collegio, la ricorrente principale non avrebbe alcuna legittimazione a permanere in giudizio, in quanto dalla pronuncia di annullamento non deriverebbe per la stessa alcun vantaggio diretto e concreto5.
Invero, relativamente alle doglianze promosse entro il primo ricorso non vi sarebbe alcuna lesione della sfera giuridica della ricorrente. Piuttosto, se vi fosse stato effettivamente l’aumento dell’addizionale IRPEF, ad aver titolo per agire in giudizio sarebbero stati i contribuenti veneti. Relativamente a quanto richiesto entro il secondo ricorso, i giudici rilevano che l’eventuale (denegata) caducazione del Terzo Atto Convenzionale non avrebbe mai portato alla risoluzione della concessione originaria, ma semmai alla reviviscenza della delibera della Giunta Regionale n. 2260/2013, con cui si era modificata la Convenzione del 2009, della quale non vi sarebbe stata tempestiva impugnazione. Peraltro, si rileva che la ricorrente (che già all’epoca dei fatti agiva in veste di capogruppo mandataria di un’ati6) non sarebbe mai subentrata nel rapporto ipso iure a titolo individuale nell’aggiudicazione, nemmeno nel caso in cui la procedura si fosse svolta secondo le regole dell’affidamento diretto. Dunque, in nessun caso si sarebbe giunti alla sostituzione della ricorrente con l’aggiudicataria attuale7. Al contrario, il Collegio insiste nel ritenere che nell’ipotesi di caducazione del Terzo Atto la R.V. potrebbe individuare (a buon titolo) ulteriori e diverse modifiche idonee a rispondere alle mutate esigenze emerse in sede di esecuzione dell’opera e che consentano di conservare il rapporto di concessione in essere. Diversamente, la R.V. potrebbe optare di eseguire e gestire l’opera in proprio o a mezzo di società controllate o di arrestare l’opera in corso. Si badi, tutte scelte discrezionali da parte dell’Amministrazione ed in quanto tali insindacabili da parte dei giudici di prime cure.
Quanto alle altre parti intervenute nel processo, il g.a. si sofferma lungamente in ordine alla posizione del Commissario, inquadrato come soggetto legittimato a stare in giudizio, in considerazione dei poteri a lui affidati per la gestione e monitoraggio delle varie fasi dell’opera8. Al contrario, C.O. e i ricorrenti privati cittadini non avrebbero alcun interesse ad intervenire in una procedura relativa all’individuazione del soggetto affidatario della concessione, ma tutt’al più sarebbero titolari di autonomi interessi riconducibili direttamente al diritto di proprietà sui beni danneggiati dall’opera o fatti oggetto di occupazione ed espropriazione, ed in quanto tali afferenti alla giurisdizione ordinaria.9
Ma vi è di più. Secondo il Collegio le modifiche introdotte alla concessione originaria con il Terzo Atto non costituiscono alcun valido motivo in grado di rilevare un qualsiasi inadempimento della concessionaria e condurre alla risoluzione del rapporto in essere tra le parti. Se modifiche vi sono state (ed è indubbio che vi siano state!), queste si sono limitate al merito delle modalità di remunerazione della concessionaria resosi necessario da molteplici circostanze, al fine di ottimizzare il risultato finale in termini di costi-benefici10.
Pertanto, secondo i giudici non sarebbe stata introdotta alcuna radicale e sostanziale modifica novativa del rapporto concessorio, ma solo una mera revisione dello stesso. Detto in altri termini, la Corte non ha ravvisato alcun mutamento che abbia comportato incompatibilità quantitativa o qualitativa dell’oggetto dell’obbligazione o del titolo ex art. 1230 c.c.11
La R. V. avrebbe impostato in modo corretto un bilanciamento tra i contrapposti interessi in gioco, scegliendo di conservare la concessione preesistente 12.
Si potrebbe, pertanto, discutere in merito all’opportunità politica e di ritorno economico in ordine ad una tale determinazione assunta in una fase iniziale13, ma non certo sulla corretta osservanza della procedura nella fase più avanzata14. L’intervento riequilibratore del Terzo Atto Convenzionale ha dunque avuto la funzione di ridurre l’esposizione debitoria della R.V. nell’eventualità in cui le entrate e i passaggi si rivelino al di sotto dei livelli attesi.
Così configurando inammissibili i ricorsi promossi, sono respinte in toto tutte le successive doglianze legate alla reviviscenza della gara e le eventuali richieste di risarcimento danni avanzate dall’impresa pretermessa.
4. RECENTI RISVOLTI IN MATERIA DI DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA – LA SENTENZA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA, 18.09.2019 (C-526/17)
Si ritiene opportuno inserire alcune osservazioni che muovono dalla sensibilità del giudice europeo (il quale ha recentemente trattato in materia di modifiche sostanziali all’assegnazione di una concessione), ribadendo il ruolo fondamentale dei principi di parità di trattamento e di obbligo di trasparenza.15
Ritorniamo quindi sull’aspetto di sicuro maggior interesse dell’intera vicenda in esame; ovverosia, l’individuazione dei requisiti secondo i quali poter individuare una vera e propria novazione oggettiva del rapporto concessorio, al fine di indire una nuova gara ad evidenza pubblica16. La sentenza del TAR per il Veneto risolve la questione facendo leva sulla presenza (o meno) di modifiche all’assetto del rapporto, qualificando la fattispecie in esame quale revisione complessiva del rapporto concessorio in luogo di una novazione in senso tecnico del precedente atto. L’assenza di univocità sul punto porta i giudici ad argomentare secondo la tesi esposta e, di converso, a non propendere per un’autonoma nuova concessione.
Il giudice europeo ha recentemente individuato alcuni requisiti per statuire sul tema, come (in via del tutto esemplificativa) le modifiche aventi l’effetto di estendere la concessione dei lavori pubblici in modo considerevole ad elementi non previsti o al fine di alterare l’equilibrio economico contrattuale in favore del concessionario17.
Ulteriori variazioni previste sono le modifiche atte a rimettere in discussione l’aggiudicazione dei lavori pubblici, non trattate nei documenti che disciplinavano la procedura di aggiudicazione originaria.
Infine, la presenza di modifiche rilevanti rispetto all’accordo originario, che avrebbero potuto portare all’accoglimento di una nuova offerta o all’ammissione in gara di offerenti diversi.18 La valutazione finale è comunque, in ogni caso, legata imprescindibilmente all’esame del singolo caso concreto e demandata al giudizio dell’organo giudicante.
Il responso finale del TAR (pur antecedente alla menzionata sentenza della CGUE) ha in ogni caso ravvisato la totale assenza di siffatti elementi e concluso per una sostanziale continuità della procedura, ad onore del vero sottoposta a plurime, continue e tribolate revisioni, ma non tali da inficiare l’esistenza del rapporto originario tra concedente e concessionaria.
5. CONCLUSIONE (PROVVISORIA)
La questione passerà ora nelle aule del Consiglio di Stato, chiamato a condividere o meno le tesi del giudice di primo grado o, al contrario, a rilevare talune criticità attualmente ancora irrisolte. Il rischio di rinnovazione insito nella pronuncia del TAR Veneto si nasconde alle base delle scelte operate dalla stessa concedente R.V. (ed in quanto tali insindacabili), dovendosi confrontare d’altra parte con lo stato avanzato dei lavori di esecuzione dell’opera.
I preventivi rilievi mossi dall’ANAC, difatti, avevano predetto il possibile formarsi di un malcelato intento (involontario) rivolto a “pervenire al completamento dell’opera che si trovava in corso di realizzazione con una percentuale di avanzamento tale da non potersi interrompere, di evitare un possibile scioglimento del rapporto contrattuale che non garantiva il completamento dell’opera se non attraverso l’indizione di una nuova gara, difficilmente gestibile per la dimensione del progetto già in avanzata fase di realizzazione, di non esporre la Regione, in caso di recesso, ad un contenzioso in ordine al pagamento di ingenti somme al Concessionario, di modificare i vincoli imposti dalle clausole contrattuali già sottoscritte al fine di conseguire una maggiore tutela per la Regione stessa”19.
Tale (ineluttabile) necessità legata al completamento di un’opera sicuramente strategica e di importanza fondamentale non può comunque frapporsi ad un’attenta analisi rivolta all’individuazione di possibili profili di illegittimità. Sulla base delle premesse contrastanti, di criticità oggettivamente ineliminabili e di un iter procedimentale così travagliato, la partita ad oggi può dirsi tutt’altro che chiusa.
Melani Pesavento
1L’opera si inserisce nel sistema viario veneto come raccordo autostradale che unisce Spresiano a Montecchio Maggiore. 2Sul punto è critica la rel. ANAC n. 1202/2017.
3Il progetto di realizzazione della Strada Pedemontana era stato presentato ancora nel lontano 2003 da Superstrada Pedemontana Veneta S.p.A., allora costituita da un gruppo d’imprese tra cui l’odierna ricorrente, che rivestiva il ruolo di capogruppo mandataria.
Nel corso del 2007 il promotore esercitò il diritto di prelazione, facendo propria l’offerta migliorativa presentata dall’ATI SIS. La concessione gli venne quindi affidata. Il Consorzio SIS presentò quindi ricorso amministrativo. Con sent. n. 3944/2009 il Consiglio di Stato sancì definitivamente che la concessione doveva essere affidata all’ATI SIS.
4V. ex multis Cass. SU, sent. n. 12063 del 29.05.2014; TAR Veneto, sez. I, sent. n. 1059 del 19.11.2018, v. F. S. Scoca, Giustizia Amministrativa, V ed., G. Giappichelli – Torino.
5V. ex multis Cons. stato, Ad. Plenaria, 7.04.2011 n. 4.
6Nel caso di specie la ricorrente, atteso che non otterrebbe alcun vantaggio concreto ed attuale nell’eventuale ipotesi di annullamento dell’atto, non ha alcun interesse a ricorre. V. ex multis Cons. stato, sez. VI, sentenza 2.03.2015 n. 994, Cons. Stato, sez V, sentenza 23.10.2014, n. 5255.
7V. Cons. Stato, sent. n. 3944/2009.
8Con ord. del Presidente del Consiglio n. 3802 del 15.08.2009 è stato nominato il Commissario delegato. L’incarico è stato procrastinato sino al 31.12.2016. Dall’01.01.2017 l’opera è passata alla competenza diretta della Regione in gestione ordinaria. In data 19.01.2017 il Presidente p.t. con decr. n. 6 ha nominato un Commissario straordinario con i poteri di cui all’art. 20 del D.L. 29.11.2008 n. 185.
9L’intervento ad adiuvandum (o ad opponendum) può essere proposto solo da un soggetto titolare di una posizione giuridica collegata o dipendente da quella del ricorrente in via principale (v.ex multis Cons. stato, IV, sent. n. 853 del 29.02.2016). Nel caso di specie, né il C.O. né i privati sono titolari di un interesse connesso a quello della ricorrente. Inoltre, se depositati tempestivamente, spetta alla legislazione ordinaria il compito di disciplinare dettagliatamente i singoli procedimenti espropriativi e i presupposti per l’esercizio del potere ablatorio (v.ex multis Cass., SU, sent n. 15283/2016; Corte Cost. Sent. n. 71/2015).
10L’aumento dei costi e l’allungamento dei tempi di realizzazione dell’opera sono state naturali conseguenze manifestatesi al fine di rispondere alle istanze degli altri enti territoriali coinvolti – oltre che per adeguare le stime di traffico – alla mutata situazione di fatto ed alla difficoltà di reperimento dei fondi sul mercato. Si badi che le stime di traffico del 2009 (successivamente smentite e oggetto di rimodulazione) avevano ottenuto il parere favorevole proprio della stessa ricorrente.
11V. Gazzoni, manuale di diritto privato, XIII ed., ESI.
12V. rel. ANAC n. 1202/2017: […si era in presenza di una impostazione della concessione in cui il rischio di domanda era quasi integralmente a carico della Concedente Regione con una sua esposizione quasi indefinita perché non erano fissati i limiti entro i quali la Regione stessa aveva assunto l’obbligo di riequilibrare il piano economico e finanziario in caso di variazione dei volumi di traffico].
13Per approfondimenti si veda la deliberazione della Corte dei Conti, sez. contr. gestione n. 18/2015/G. 14Rel. ANAC 1202/2017: “per i primi nove anni della convenzione risulterebbe stimato uno sbilanciamento a sfavore della Regione Veneto tra ricavi da tariffa e canone di disponibilità che, dal decimo anno, invece, assumerebbe un valore positivo a vantaggio per la Regione stessa”.
15 CGUE, 18.09.2019 (C-526/17): “La Repubblica italiana, avendo prorogato dal 31.10.2028 al 31.12.2046 la concessione della tratta Livorno-Cecina dell’autostrada A12 Livorno-Civitavecchia senza pubblicare alcun bando di gara, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli articoli 2 e 58 della direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici, come modificata dal regolamento (CE) n. 1422/2007 della Commissione del 4 dicembre 2007”.
16V. CGUE (5/10/2000 C-337/98)
17V. CGUE (19/6/2008 C-454/06)
18Questa terza ipotesi non compete al caso in questione, considerata la peculiarità della procedura di affidamento al concessionario.
19 Rel. ANAC n. 1202/2017, pag. 32.