L’Amministrativista di domani

Ho già ricordato in altra occasione l’inserimento veneziano, mercé l’intervento diretto sul Relatore della legge, il Senatore Avvocato Gianquinto, di quel terzo comma dell’art. 21 della Legge istitutiva dei TAR, che escludeva l’inammissibilità del ricorso per mancata produzione del documento impugnato. Ad un’Associazione professionale di Amministrativisti interessa il domani, che per l’Associazione Veneta è particolarmente impegnativo.

Il punto di partenza è e dev’essere per tutti noi quel primo comma dell’art. 2 dello Statuto della nostra Regione (sul punto così profondamente diverso da quello di tutte altre 19 Regioni), che riconosce al popolo veneto (ed i colleghi/confratelli sanno bene dell’incidente occorso sullo specifico punto nella mia discussione sull’autonomia in Corte Costituzionale) “il diritto all’autogoverno attuato in forme rispondenti alle caratteristiche e tradizioni della sua storia”.

Le tradizioni dell’assetto di governo della Serenissima Repubblica di Venezia formano oggetto d’una miriade di studi e di trattazioni, ma non così nella materia della sua legislazione, che pur costituisce un monumento d’insuperata “modernità”,  purtroppo vittima d’una massiccia e sistematica svenezianizzazione; interi settori del nostro ordinamento vigente sono ripetizione talora pedissequa -come la bonifica consortile- della disciplina veneziana della corrispondente materia (quella sulla bonifica, risalente al 1545), vergognosamente trascurata!

Sul contenzioso oggi definito “amministrativo” la legge (ma allora si diceva parte) istitutiva del controllo degli atti amministrativi risale al 1604 ed era esercitato dal “Fiscale ai magistrati”, che poteva adire l’organo di tutela generale della legalità repubblicana, gli “Avogadori di Comun”. Avevo approntato due ipotesi di proposte di legge regionale da sottoporre all’esame dei Colleghi/Confratelli, in vista della loro presentazione ufficiale alla Regione, ma il monito del Presidente alla concisione me ne precluse l’esposizione, che ripeto qui in calce.

Qui infatti deve entrare in scena l’Amministrativista veneto di domani. Dai vari interventi a cui potei assistere trassi il convincimento del nostro totale anacronismo.

Fossimo stati a Firenze, Napoli o Palermo i discorsi non sarebbero stati diversi; ma, di grazia, eravamo –e siamo– in Veneto, in questo tormentato 2019 in cui, dal referendum del 2017, è in corso un serrato dibattito sulla realizzazione dell’autonomia differenziata per le 23 materie di cui al II comma dell’art. 117 della Costituzione post riforma del 2001. Tarderà; verrà per successivi assestamenti, ma, al punto in cui siamo, è escluso che nulla cambi rispetto all’assetto attualmente in atto; cambiamenti che spazierebbero dai “rapporti internazionali e con l’Unione Europea, al commercio con l’estero, alla tutela del lavoro, istruzione, professioni, alimentazione, ordinamento sportivo, porti e aeroporti, armonizzazioni dei bilanci pubblici”, e via elencando. Un quesito va posto oggi ad una riunione di amministrati visti veneti: chi curerà la redazione di tante e tali leggi di materia su temi tanto delicati e complessi?

Ecco le due proposte: sulle professioni (voce 5 dell’elenco dell’art. 117): l’istituzione del CREL (sta per Consiglio Regionale dell’Economia e del lavoro), diretto dirimpettaio del CNEL (Consiglio Nazionale) con funzioni analoghe a quelle dell’art. 99 Cost., ma con ruolo ben più pregnante ed effettivo: partecipare, farsi coinvolgere nelle soluzioni da prendere; sostanzialmente applicare l’art. 2 Cost., considerando la nostra Associazione degli Amministrativisti veneti una formazione sociale (art. 2), in cui si svolge la nostra personalità professionale.

La seconda proposta: intervento per il miglior funzionamento dell’apparato pubblico, attraverso la “snellizzazione” del processo amministrativo “a sostegno dell’innovazione del sistema finanziario del Paese” (voce 13 dell’elenco dell’art. 117).

 

Dall’Avvocatura all’Avogaria

Come noto, la prima legge esclusivamente professionale della storia del diritto universale è la ”Correzione Gritti de Advocatis” del 1537; nel linguaggio corrente veneziano denominati Avogadori, da non confondersi con gli ”Avogadori di Comun”, organo amministrativo di primaria importanza nell’assetto della Repubblica istituito con la Serrata del Maggior Consiglio del 1287-1323.

Ovviamente l’esercizio della professione era riservato ai Nobili iscritti al Libro d’oro, ma fin dalle prime applicazioni della legge si manifestarono difficoltà “operative” praticamente insormontabili: spesso gli Avogadori incaricati della difesa in un processo venivano eletti a cariche pubbliche: un’elezione che non ammetteva rifiuti d’accettazione. Donde la necessità di associare nella difesa operatori anche non iscritti; nacque una categoria di collaboratori fissi degli Studi professionali, detti causidici. Con la riforma del 1582 la “categoria” dei causidici ebbe riconoscimento legale; ne risultò in distinzione che si sarebbe consolidata nei secoli successivi tra Avogadori, gli operatori giuridici di consulto, e i causidici gli operatori d’aula.

Lentamente con l’andar dei secoli le due categorie di “operatori di giustizia” (li chiameremmo oggi) si caratterizzarono: gli Avogadori si specializzarono nell’attività consultoria, lasciando ai causidici la difesa d’aula, salvo naturalmente i casi più clamorosi ed eclatanti.

Oggi la difesa giudiziale è diventata costosa, aleatoria per il marasma normativo in cui la PA è costretta a muoversi, con tempi di soluzione definitiva assolutamente incompatibili con i ritmi operativi della vita moderna. Per gli Amministrativisti d’oggi è preferibile il passaggio dalla categoria dei causidici a quella degli Avogadori della Serenissima: ingegneri dei procedimenti piuttosto che ricorrenti contro dinieghi di atti dovuti.

Ecco che la loro partecipazione (degli Amministrativisti) all’elaborazione dei testi normativi (nel CREL) potrebbe essere salutare beneficio di quell’autonomia che tanto stenta farsi strada; con l’augurio di manzoniana memoria: “giova sperar il mio buon Renzo!”!

Andranno certo come andranno queste proposte, ma se valessero anche solo per coinvolgere gl’interessati alla ricerca d’un agognato ”meglio” avrebbero svolto un ruolo significativo e nuovo: c’eravamo anche noi (sempre per l’art. 2 Cost.!).

 

Le proposte                                                                                      

1) Il Consiglio Regionale dell’Economia e del Lavoro (CREL)

Nella Costituzione della Repubblica l’art. 99 prevede e regola il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro (CNEL), al secondo comma definito “organo di consulenza”; un organo di rilevanza costituzionale, di cui tutti i commentatori si affannano a sottolineare l’inutilità: mai entrato in scena!

1. L’autonomismo regionale. Per la Regione Veneto minaccia di aprirsi un periodo di grande produttività legislativa, se l’autonomia tanto rivendicata verrà mai riconosciuta per tutte le 23 materie elencate nel II comma dell’art. 117 della Costituzione. Ovvio che l’attivazione e l’esercizio di tale autonomia presuppone indefettibilmente che la funzione “regionalizzata” sia regolata da leggi regionali “di materia”: sarebbe infatti addirittura ridicolo ch’essa finzione continuasse ad essere esercitata applicando la legge statale!

Questo è il senso del presente intervento che vorrebbe rispondere al più che legittimo quesito: “chi le farà le 23 leggi delle 23 materie “regionalizzate”?

L’unica cosa ben certa è che non si può assolutamente lasciarle “fare” solo agli uffici burocratici della Regione, che, per quanto preparati, assidui e volonterosi, devono * togliere dalla vigente legge statale “di materia” il troppo e il vano, e ** individuare e opportunamente normare quello che la Regione, nella sua autonomia decisoria, ritiene d’inserire in ciascuna di quelle ”allora sue” materie. Il tutto per attuare correttamente l’autonomia tanto faticosamente conseguita; fermo che averla -l’autonomia- e non usarla e incomparabilmente peggio di non averla!

2. Il ruolo istituzionale delle “professioni” – Delle 23 materie ce n’é una -la quinta- espressa da una parola sola, senz’alcuna specificazione: “professioni”. E’ proprio da tale “solitudine” che la presente iniziativa propositiva muove: in che senso potrebbe essere considerata ed attuata un’autonomia regionale in tema di professioni?

Considerato che l’organizzazione delle professioni (riconoscimento ed assetto degli Ordini) pare spettare allo Stato, rientrando nella voce ”ordinamento e organizzazione  amministrativa”, di cui alla lett. g del I comma dell’art. 117, nella voce n. 5 del II comma (professioni) pare che rientri l’organizzazione del ruolo che ben potrebbe essere istituzionalmente assegnato alle “professioni” (tali evidentemente considerabili solo le entità riconosciute come “ordini” da legge statale) con funzione straordinariamente rilevante nel radicale rinnovamento della legislazione regionale dell’autonomia.

Muovendo dal principio che l’istituzionalizzazione ordinistica d’una determinata attività economica risponde (in certo qual modo ne è una presa d’atto) all’importanza del ruolo ch’essa svolge nel contesto sociale, pare che il riferimento costituzionale alle professioni come possibile oggetto d’interventi legislativi regionali consenta ampiamente di applicare all’istituto qui proposto molte delle finalità che la Costituzione prima (art. 99) e la legge velleitariamente attuativa poi (del 30.12.1986, n. 930), hanno indarno assegnato al CNEL. Istituzionalmente autonomia significa valorizzazione delle opinioni “di tutti” nelle scelte di governo (non è certo esaltazione del potere del “ras” di turno!); ma poiché non è pensabile d’indire un referendum per ogni scelta di governo, chi deve decidere professa il suo senso dell’autonomia “sentendo” l’opinione di organizzazioni rappresentative del “pensiero tecnico” sulla singola proposta d’intervento. E chi mai meglio degli Ordini professionali (ovviamente ognuno per la “sua materia”) può esprimere tali opinioni tecniche?

Qualche tempo fa ha fatto scalpore l’iniziativa del “Governatore” della Regione dell’assunzione di 500 giovani medici, anche neolaureati, per far fronte alle esigenze terapeutiche dei nuovi grandi Ospedali; un’iniziativa fatta oggetto di vive preoccupazioni sul rischio di affidare la salute del malato alle cure d’un Sanitario non sufficientemente esperto. A parte che anche nella professione medica, come in ogni professione, l’esperienza si fa praticandola dopo aver bene studiato la teoria (e sul bene studiato risponde evidentemente l’Università), è sul seguito che quell’iniziativa ha avuto da parte del “fronte medico” che va fatta qualche considerazione. Ancora da notizie di stampa s’è saputo d’una lettera inviata al “Governatore” dai Sette Ordini dei Medici operanti nella Regione delle Facoltà di Medicina delle Università, di critica nel merito dell’iniziativa, con richiesta d’un incontro/confronto per la corretta soluzione del grave problema. È un episodio che impone qualche considerazione “di sistema”.

Un “organo di consulenza” generale, la cui istituzione, anche in vista della tanto sospirata autonomia, ben potrebbe proporre il Foro Veneto: il CREL, che sta per Consiglio Regionale dell’Economia e del Lavoro, destinato a diventare espressione d’un vissuto partecipativo, attuato dalla Regione “perché ci crede”, oltre che come prodromo del “nuovo”, che finalmente si rendesse possibile sul piano istituzionale.

3. La struttura proposta – Muovendo dalla premessa che l’argomento decisivo per la vittoria della Regione nel giudizio sul ricorso del Governo contro la legge regionale sul referendum dell’autonomia, avanti alla Corte Costituzionale, è stato il noto proverbio veneto “la bocca la si lega solo ai sacchi”, nonché dall’altrettanto fondamentale principio che la vera autonomia non s’esprime tanto col decisionismo solo istituzionale, ma richiede il coinvolgimento più ampio possibile, coniugati tali principi con la tesi sopra esposta della rappresentatività altrettanto istituzionale delle professioni espresse/rappresentate dagli Ordini, la creazione d’un organo che esprima sulle iniziative propositive regionali l’opinione tecnica delle professioni più “vicine” alla materia che ne forma oggetto sarebbe la miglior forma di autonomia esercitata per scelta opzionale.

Avanzando un’ipotesi di strutturazione di tale organo -solo consultivo- della Regione, ne potrebbe essere prevista una struttura direttiva formata da tre/cinque Presidenti degli Ordini Distrettuali rappresentativi delle materie/funzioni più impegnative tra quelle del II comma dell’art. 117 (ad es. Avvocati, Medici, Commercialisti, Ingegneri, Agronomi); il consulto  -e piace definirlo così rimembrando un’attività istituzionale dell’Avvocato- che dovrebbe essere deliberato in seduta pubblica, coinvolge istituzionalmente i Presidenti degli Ordini che, a parere della Presidenza del CREL, sono più interessati/coinvolti nella materia de qua.

Non sembri ozioso quest’intervento propositivo, che si vorrebbe avanzato da quell’Associazione Professionale degli Amministrativisti, che si professano con orgoglio esponenti del Foro Veneto, particolarmente impegnati a collaborare per la realizzazione di quel “mandato costituzionale”, consacrato nel secondo comma dell’art. 2 dello Statuto della Regione, di realizzare “l’autogoverno del popolo veneto in forme rispondenti alle caratteristiche e tradizioni della sua storia”.

L’autonomia -se mai vi s’arriverà- è un appuntamento/sfida, in principalità del Foro Veneto per l’elaborazione delle nuova legislazione sulle 23 materie dell’art. 117 Costituzione: un’attività legislativa d’incredibile mole. Sia consentito un richiamo storico: come si spiega la straordinaria durata della Repubblica Veneta (il doppio di quella dell’Impero Romano!)? Secondo taluna tesi fu merito del Foro Veneto: furono gli Avogadori, che, frequentemente eletti, stante la loro notorietà cittadina, alle cariche pubbliche -tutte elettive e di durata massima bi/triennale- portavano nell’attività di governo la loro esperienza professionale.

Occorre riesumare in chiave moderna quest’esperienza storica, preparandosi ad offrire al legislatore regionale, che fosse impegnato nelle 23 materie dell’autonomia, un qualificato apporto tecnico: sarebbe un eccezionale ritorno alla nostra storia!

Una contingenza irripetibile, alla cui evenienza occorre prepararsi per tempo!

 

2) La “mediazione amministrativa”

Tra le molte querimonie sulle disfunzioni della Giustizia Amministrativa, qualche proposta degli operatori del relativo Foro amministrativo può tornare utile, sulla scia del ben risalente costume del Foro Veneto, al quale, in materia processual-amministrativa è ascriversi l’iniziativa dell’introduzione del “rito abbreviato” nelle sentenze del TAR, ora diventato legge.

L’iniziativa -limitata ovviamente agli atti della Regione e/o di Enti operanti in ambito regionale-riguarda i ricorsi proposti contro atti amministrativi di diniego del rilascio di autorizzazione/concessione e in genere degli atti nel cui procedimento formativo sia previsto/imposto il preavviso di rigetto ai sensi dell’art. 10 bis della L 241/1990 e s.m.i..

Essa vorrebbe introdurre una fase pre-contenziosa, meramente opzionale e per nulla interferente nella disciplina legislativa statale della Giustizia Amministrativa.

Ricevuto il preavviso di rigetto dell’istanza d’un atto della P.A., l’interessato può ovviamente “rispondere” nel termine di legge e contro l’atto negativo che seguisse può ovviamente proporre l’impugnativa che gli aggrada.

Ma può anche -e questo è lo specifico oggetto dell’intervento proposto- rivolgersi, sempre nel termine assegnato dall’art. 10 bis, ad un “organo terzo”, istituito appunto dalla legge regionale proposta e che potrebbe essere definito di “mediazione amministrativa” per la pur vaga analogia con l’istituto introdotto nel contenzioso civile (ma non si potrà certo far questione di denominazione!), con istanza d’intervento interlocutorio/propositivo sulle ragioni addotte della PA a sostegno del preannunciato diniego, con le relative contestazioni. L’istanza dev’essere notificata anche agli eventuali controinteressati.

La risposta del “Mediatore” dev’essere comunicata alle parti entro il termine perentorio di trenta

giorni.

Contro l’atto definitivo che fosse emanato dalla PA -che ovviamente nell’atto definitivo deve motivare anche sulle ragioni eventualmente favorevoli all’accoglimento dell’istanza esposte nella risposta del “Mediatore”- resta aperta la via al ricorso in s.g..

Nessuna interferenza quindi sul normale corso della Giustizia Amministrativa, con la sola aggiunta dei trenta giorni dell’eventuale intervento -assolutamente opzionale della parte interessata- del “Mediatore”.

Evidenti gli effetti positivi sull’andamento della Giustizia Amministrativa, sotto il duplice profilo (a) dell’effetto potenzialmente deflattivo del contenzioso in s. g., oltre che (b) del risparmio di spese sia della parte ricorrente che dalla PA resistente, che risultasse soccombente.

Sostanzialmente la proposta si pone come “completiva” di quella a suo tempo avanzata dall’Associazione degli Amministrativisti sulla sentenza col rito abbreviato; il tutto ovviamente legato all’efficienza e funzionalità dell’istituzione regionale che sarà approntata per la gestione della nuova funzione.

Segnalabile l’analogia della presente proposta con la disposizione legislativa statale introdotta dall’art. 211 del D.L.vo 50/2016 sul “Parere di precontenzioso dell’Anac” in materia di appalto pubblico.

 

Una premessa storicistica

Fermo che la Regione Veneto ha per Statuto (art. 2) la funzione di realizzare l’autogoverno del Popolo Veneta secondo le sue tradizioni culturali e storiche, nella specifica materia del “contenzioso amministrativo” è da rammentare il precedente introdotto nel 1600 nell’ordinamento delta Serenissima: l’istituzione dell’Avvocato Fiscale (così allora denominato; elitticamente “il Fiscale”) per alleggerire il contenzioso, che ora definiremmo “erariale”, dei Camerlenghi, chiamati a giudicare del danno che gli Amministratori “locali” (ovviamente nel senso d’allora) avessero arrecato al pubblico Erario.

Il Fiscale presenziava di diritto tutte le sedute degli organi “amministrativi” (e tutti allora erano rigorosamente collegiali), senza diritto di parola ma con possibilità di “intromissione”, ch’era l’enunciazione a verbale delle ragioni che, secondo lui, rendevano illegittima la delibera che l’organo andava a prendere.

L’assemblea era libera di procedere nella sua decisione e di metterla in esecuzione ed al Fiscale restava la possibilità di rapportare il fatto-delibera agli Avogadori di Comun (un PM di tutela generale della legalità), che poteva d’Ufficio esercitare l’azione di responsabilità erariale avanti l’ufficio dei Camerlenghi, per l’annullamento dell’atto e la condanna degli eventuali responsabili al risarcimento del danno erariale da esso arrecato.

 

Ecco la possibile bozza del relativo articolato

Art. 1— Istituzione dell’Ufficio regionale di mediazione amministrativa

La legge regionale istituisce l’Ufficio regionale di mediazione amministrativa.

La Giunta Regionale resta delegata ad approntarne, entro tre mesi dall’entrata in vigore della legge istitutiva, la struttura, individuandone la sede e determinandone l’organico e il mansionario.

Le prestazioni de! Servizio sono assolutamente gratuite per l’utente.

Art. 2 — Modalità della fruizione del servizio

Il soggetto che, in relazione ad una sua istanza proposta ad un’Amministrazione regionale o infra­regionale titolare di funzioni in materia regionale, abbia ricevuto il preavviso di rigetto ai sensi dell’art. 10 bis della L. 241/1990 s.m.i., può, entro il termine assegnato per le sue deduzioni, proporre istanza di parere sul relativo oggetto all’Ufficio regionale di mediazione amministrativa. L’istanza dev’essere notificata anche all’Autorità che ha emesso l’atto e ai possibili controinteressati.

Il Mediatore regionale amministrativa valuta sulla base degli atti acquisiti la meritevolezza sia dell’atto che delle censure che gli vengono mosse, eventualmente prospettando interventi correttivi e/o completivi, comunicando sia all’Amministrazione che al soggetto istante che agli eventualmente intervenuti la sua determinazione, con onere di motivazione sui rilievo pervenutile. Contra di essa le parti notiziate son libere di proporre i rimedi di legge.

Ivone Cacciavillani

 

* Il contributo riprende l’intervento tenuto al convegno “L’evoluzione dell’amministrativista”, organizzato l’8 novembre 2019 presso il centro culturale San Gaetano in Padova, in occasione dei 40 anni dall’atto costitutivo dell’Associazione veneta degli avvocati amministrativisti.

image_pdfStampa in PDF