Par doveroso, oltre che professionalmente coerente per chi ha vittoriosamente difeso avanti alla Corte Costituzionale la legge regionale sul relativo referendum, fare qualche ipotesi (con chiaro intento scaramantico del suo rinvio sine die) sul come verrà attuata, se mai verrà conseguita, la tanto sospirata autonomia, con una chiara proposta, rivolta a chi di dovere, dell’istituzione per intanto del Consiglio Regionale dell’Economia e del Lavoro (CREL), in analogia col CNEL previsto dall’art. 99 della Costituzione, definito dal secondo comma “organo di consulenza delle Camere e del Governo per le materie e secondo le funzioni che gli sono attribuite per legge”. Un organo -il CNEL– di rilevanza costituzionale, di cui tutti i commentatori si affannano a sottolineare l’inutilità: mai entrato in scena!

Il tutto ovviamente con una seconda scaramanzia, che quello regionale non segua la sorte del suo omologo statale.

1. L’autonomismo regionale. Per la Regione Veneto minaccia di aprirsi un periodo di grande produttività legislativa, se l’autonomia tanto rivendicata verrà mai riconosciuta per tutte le 23 materie elencate nel III comma dell’art. 117 della Costituzione. Ovvio che l’attivazione e l’esercizio di tale autonomia presuppone indefettibilmente che la funzione “regionalizzata” sia regolata da leggi regionali “di materia”: sarebbe infatti addirittura ridicolo che continuasse ad essere esercitata applicando la legge statale!

Questo è il senso del presente intervento, che vorrebbe rispondere al più che legittimo quesito: “chi le farà le 23 leggi delle 23 materie “regionalizzate”?

L’unica cosa ben certa è che non si può certo lasciarle “fare” solo agli uffici burocratici della Regione, che, per quanto preparati, assidui e volonterosi, devono * togliere dalla vigente legge statale “di materia” il troppo e il vano, ** individuando ed opportunamente normando quello che la Regione, nella sua autonomia decisoria, ritiene d’inserire in ciascuna di quelle” allora sue” materie, talune delle quali assai complesse e di grande rilevanza socio-economica. Fermo che averla -l’autonomia- e non usarla è incomparabilmente peggio di non averla!

2. Il ruolo istituzionale delle “professioni” – Delle 23 materie ce n’é una -la quinta- espressa da una parola sola, senz’alcuna specificazione: “professioni”. E’ proprio da tale “solitudine” che la presente iniziativa propositiva muove: in che senso potrebbe essere considerata ed attuata un’autonomia regionale in tema di professioni?

Considerato che l’organizzazione delle professioni (riconoscimento ed assetto degli Ordini) pare spettare allo Stato, rientrando nella voce ”ordinamento e organizzazione  amministrativa”, di cui alla lett. g del II comma dell’art. 117, nella voce n. 5 del III comma (professioni) pare che rientri l’organizzazione del ruolo che ben potrebbe essere istituzionalmente assegnato alle “professioni” (tali evidentemente considerabili solo le entità riconosciute come “ordini” da legge statale) con funzione straordinariamente rilevante nel radicale rinnovamento della legislazione regionale dell’autonomia.

Muovendo dal principio che l’istituzionalizzazione ordinistica d’una determinata attività economica risponde (in certo qual modo ne è una presa d’atto) all’importanza del ruolo ch’essa svolge nel contesto sociale, pare che il riferimento costituzionale alle professioni come possibile oggetto d’interventi legislativi regionali consenta ampiamente di applicare all’istituto qui proposto molte delle finalità che la Costituzione prima (art. 99) e la legge velleitariamente attuativa poi (del 30.12.1986, n. 930), hanno indarno assegnato al CNEL. Istituzionalmente autonomia significa valorizzazione delle opinioni “di tutti” nelle scelte di governo (non è certo esaltazione del potere del “ras” di turno!); ma poiché non è pensabile d’indire un referendum per ogni scelta di governo, chi deve decidere professa il suo senso dell’autonomia “sentendo” l’opinione di organizzazioni rappresentative del “pensiero tecnico” sulla singola proposta d’intervento. E chi mai meglio degli Ordini professionali (ovviamente ognuno per la “sua materia”) può esprimere tali opinioni tecniche?

Qualche tempo fa ha fatto scalpore l’iniziativa del “Governatore” della Regione dell’assunzione di 500 giovani medici, anche neolaureati, per far fronte alle esigenze terapeutiche dei nuovi grandi Ospedali; un’iniziativa fatta oggetto di vive preoccupazioni sul rischio di affidare la salute del malato alle cure d’un Sanitario non sufficientemente esperto. A parte che anche nella professione medica, come in ogni professione, l’esperienza si fa praticandola dopo aver bene studiato la teoria (e sul bene studiato risponde evidentemente l’Università), è sul seguito che quell’iniziativa ha avuto da parte del “fronte medico” che va fatta qualche considerazione. Ancora da notizie di stampa s’è saputo d’una lettera inviata al “Governatore” dai Sette Ordini dei Medici operanti nella Regione delle Facoltà di Medicina delle Università, di critica nel merito dell’iniziativa, con richiesta d’un incontro/confronto per la corretta soluzione del grave problema. È un episodio che impone qualche considerazione “di sistema”.

Un “organo di consulenza” generale, la cui istituzione, anche in vista della tanto sospirata autonomia, ben potrebbe proporre il Foro Veneto: il CREL, che sta per Consiglio Regionale dell’Economia e del Lavoro, destinato a diventare espressione d’un vissuto partecipativo, attuato dalla Regione “perché ci crede”, oltre che come prodromo del “nuovo”, che finalmente si rendesse possibile sul piano istituzionale.

Nell’ennesima gherminella dilatoria del Governo di Roma, di anteporre l’intervento d’una legge-quadro per assentire l’autonomia differenziata quasi che l’ultima parte del III e il IV comma dell’art. 117 non esistessero proprio, l’istituzione del CREL potrebbe essere un monito: come siamo “partiti” con questa (voce 5 del III comma) potremmo continuare, una ad una, con le altre 22 materie, sul cui contenuto il Governo di Roma potrà sempre proporre ricorso alla Corte Costituzionale ai sensi dell’art. 127 Cost.. L’ha già fatto contro la legge regionale sul Referendum e l’ha perso: la strada gli resta ben aperta!

3. La struttura proposta – Muovendo dalla premessa che l’argomento decisivo per la vittoria della Regione nel giudizio sul ricorso del Governo contro la legge regionale sul referendum dell’autonomia, avanti alla Corte Costituzionale, è stato il noto proverbio veneto “la bocca la si lega solo ai sacchi”, nonché dall’altrettanto fondamentale principio che la vera autonomia non s’esprime tanto col decisionismo solo istituzionale, ma richiede il coinvolgimento più ampio possibile, coniugati tali principi con la tesi sopra esposta della rappresentatività altrettanto istituzionale delle professioni espresse/rappresentate dagli Ordini, la creazione d’un organo che esprima sulle iniziative propositive regionali (anche ovviamente ben oltre alle 23 materie istituzionale) l’opinione tecnica delle professioni più “vicine” alla rispettiva materia che ne forma oggetto sarebbe la miglior forma di autonomia esercitata per scelta opzionale.

Avanzando un’ipotesi di strutturazione di tale organo -solo consultivo- della Regione, ne potrebbe essere prevista un organismo direttivo formato da tre/cinque Presidenti degli Ordini Distrettuali rappresentativi delle materie/funzioni più impegnative tra quelle del II comma dell’art. 117 (ad es. Avvocati, Medici, Commercialisti, Ingegneri, Agronomi); il consulto  -e piace definirlo così rimembrando un’attività istituzionale dell’Avvocatura Veneziana- dovrebbe essere deliberato in seduta pubblica, coinvolgendo istituzionalmente i Presidenti degli Ordini che, a parere della Presidenza del CREL, sono più interessati/coinvolti nella materia de qua.

Non sembri ozioso quest’intervento propositivo, che si vorrebbe avanzato da quell’Associazione Professionale degli Amministrativisti, che si professano con orgoglio esponenti del Foro Veneto, particolarmente impegnati a collaborare per la realizzazione di quel “mandato costituzionale”, consacrato nel secondo comma dell’art. 2 dello Statuto della Regione, di realizzare “l’autogoverno del popolo veneto in forme rispondenti alle caratteristiche e tradizioni della sua storia”.

L’autonomia -se mai vi s’arriverà- è un appuntamento/sfida, in principalità rivolta al Foro Veneto, per l’elaborazione sia della nuova legislazione sulle 23 materie dell’art. 117 Costituzione, sia genericamente –sempre a richiesta– sui temi che la Regione ritenga opportuno sentirlo. Sia consentito un richiamo storico: come si spiega la straordinaria durata della Repubblica Veneta (il doppio di quella dell’Impero Romano!)? Secondo taluna tesi fu merito del Foro Veneto: furono gli Avogadori, che, frequentemente eletti, stante la loro notorietà cittadina, alle cariche pubbliche -tutte elettive e di durata massima bi/triennale- portavano nell’attività di governo la loro esperienza professionale.

Occorre riesumare in chiave moderna quest’esperienza storica, preparandosi ad offrire al legislatore regionale, che fosse impegnato nelle 23 materie dell’autonomia, un qualificato apporto tecnico: sarebbe un eccezionale ritorno alla nostra storia!

Una contingenza irripetibile, alla cui evenienza occorre prepararsi per tempo!

Con molti auguri per “chi ci sarà”!

Ivone Cacciavillani

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