Sommario: 1. La questione. 2 Profili edilizi e sismici della sanatoria. 3. La doppia conformità edilizia e sismica. 4. Il possibile procedimento amministrativo per il conseguimento della sanatoria anche sismica.

 

  1. La questione.

Un tema piuttosto attuale sul quale si registra un vivace dibattito giurisprudenziale concerne la possibilità di rilascio del permesso di costruire in sanatoria, ex art. 36 del d.P.R. 380/2001, nell’ipotesi in cui gli abusi edilizi da regolarizzare risultino sforniti degli assensi previsti dalla normativa in materia sismica.

Non mancano, infatti, dubbi sulla possibilità che tale strada sia effettivamente percorribile ma, ammesso che lo sia, ci si chiede quali siano i presupposti a tal fine necessari e quali le procedure da seguire per poter concretamente pervenire in tal caso alla sanatoria.

Del resto, come noto, il profilo della sanatoria sismica, a differenza della normale sanatoria edilizia, non risulta specificamente disciplinato né a livello statale, né regionale (perlomeno, nel Veneto).

In effetti, è pur vero che il quadro normativo regolante il conseguimento delle autorizzazioni sismiche in via ordinaria ha conosciuto recenti modificazioni, anche di una certa rilevanza, in chiave di semplificazione amministrativa, tuttavia, l’occasione non è stata sfruttata per inserire qualche disposizione finalizzata a disciplinare i casi, tutt’altro che infrequenti, di sanatoria ex post delle edificazioni realizzate sine titulo sismico.

E neppure la giurisprudenza amministrativa, nella quale si registrano orientamenti diversi se non addirittura opposti, appare fornire al momento risposte del tutto certe in argomento.

Manca, quindi, una linea di condotta alla quale omogeneizzarsi nel caso in cui si voglia procedere a sanare una difformità edilizia quando l’edificio ricada in una zona con un determinato grado di sismicità.

 

  1. Profili edilizi e sismici della sanatoria.

In tema di sanatoria edilizia un punto assolutamente fermo è costituito dalla necessità che l’intervento del quale viene richiesta la regolarizzazione ex post risulti conforme tanto alle disposizioni di riferimento all’epoca di edificazione quanto a quelle vigenti al momento in cui il titolo sanante viene materialmente emesso.

Tale impostazione, difatti, è perfettamente aderente alla lettera dell’art. 36 del TUED per il quale gli interessati “possono ottenere il permesso in sanatoria se l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda”.

La sua precisa formulazione esclude la possibilità di accedere ad applicazioni più indulgenti della norma, essendo stata oramai da tempo scartata (cfr. tra le tante Cons. Stato, sez. VI, 19 agosto 2021, n. 5948 in Redaz. Giuffrè 2021) la possibilità di avvalersi della c.d. “sanatoria giurisprudenziale” (ossia la semplice conformità dell’opera alle disposizioni dell’epoca di rilascio del titolo sulla base del principio -per vero non del tutto illogico- per il quale non avrebbe senso sanzionare ciò che potrebbe essere legittimamente realizzato applicando le vigenti norme urbanistico-edilizie).

Appare, dunque, fuori discussione che “la verifica della doppia conformità, deve considerarsi principio fondamentale nella materia del governo del territorio, in quanto adempimento finalizzato a garantire l’assoluto rispetto della disciplina urbanistica ed edilizia durante tutto l’arco temporale compreso tra la realizzazione dell’opera e la presentazione dell’istanza volta ad ottenere l’accertamento di conformità” (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 4 gennaio 2021, n. 43 in giustizia-amministrativa.it) ed un tanto vale anche in relazione al titolo edilizio minore della SCIA così come espressamente previsto dall’art. 37, comma 3, del d.P.R. 380/2001.

Il richiamato dato positivo, oltre ad esigere la sussistenza della doppia conformità, offre tuttavia un ulteriore elemento non irrilevante, e cioè che la prescritta indagine vada riferita alla disciplina urbanistica ed edilizia generalmente intesa.

Di modo che non v’è dubbio come, nel novero delle disposizioni che presidiano la materia dell’edilizia, vadano ricomprese pure quelle inerenti la normativa tecnica contenute nella Parte II del Testo unico dell’edilizia, il cui Capo IV è dedicato segnatamente alle costruzioni con particolari prescrizioni per le zone sismiche.

Più in particolare, nei territori dichiarati sismici sussiste l’obbligo di osservare le norme tecniche appositamente previste (cfr. art. 83 del d.P.R.380/2001), adeguando le costruzioni al grado di sismicità relativo poiché “l’edificio deve essere progettato e costruito in modo che sia in grado di resistere alle azioni verticali e orizzontali, ai momenti torcenti e ribaltanti” come definiti dall’art. 85 del d.P.R. 380/2001.

Sicché, la progettazione e la successiva edificazione con criteri antisismici devono sussistere ab initio per ottenere la sanatoria, dovendosi ovviamente far riferimento alle disposizioni di tecnica delle costruzioni valevoli all’epoca di realizzazione dell’intervento; ma, nel contempo, il tutto deve rispondere anche alle norme tecniche coeve alla formazione del titolo sanante.

Non è immaginabile, in altri termini, pervenire ad una sanatoria subordinandone l’effettivo rilascio alla previa esecuzione di un progetto di adeguamento strutturale dell’abuso edilizio, dal momento che la sanatoria postula ontologicamente una legittimazione ex post di ciò che è (già) stato realizzato sine titulo, senza che sia possibile imporre prescrizioni finalizzate a rendere conforme ciò che non lo era o non lo è.

In tal guisa, “il rilascio di un permesso in sanatoria con prescrizioni, con le quali si subordina l’efficacia dell’accertamento alla realizzazione di lavori che consentano di rendere il manufatto conforme alla disciplina urbanistica vigente al momento della domanda o al momento della decisione, contraddice, innanzitutto sul piano logico, la rigida direttiva normativa poiché la previsione di condizioni o prescrizioni smentisce qualsiasi asserzione circa la doppia conformità dell’opera, dimostrando che tale conformità non sussiste se non attraverso l’esecuzione di modifiche ulteriori e postume (rispetto alla stessa presentazione della domanda di accertamento in sanatoria)” (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 4 luglio 2014, n. 3410 e, tra le molte,  si veda anche TAR Campania, Napoli, sezione III, sentenza n. 696 del 2021 entrambe in giustizia-amministrativa.it).

Acclarato quanto sopra, si deve quindi concludere che, ove l’intervento da regolarizzare ricada in zona sismica, non sia concepibile un rilascio della sanatoria in assenza della doppia conformità anche strutturale/sismica dell’intervento e ciò senza che sussista alcuna possibilità di prescrivere adeguamenti strutturali di sorta.

Peraltro, giova ricordare che gli artt. 98 e 100 del d.P.R. 380/2001 contemplano l’eventualità che l’opera realizzata in violazione dai criteri costruttivi antisismici possa venire in seguito conformata alle norme tecniche relative a seguito di provvedimento del Giudice penale o della Regione, ma si tratta di una evenienza del tutto particolare che nulla ha a che vedere con la sanatoria quivi in esame.

 

  1. La doppia conformità edilizia e sismica.

Ciò detto, tuttavia, pare lecito chiedersi se anche nel caso in cui sussista una doppia conformità piena, ossia estesa ad ogni profilo urbanistico ed edilizio pure di natura tecnica, sia davvero possibile, in assenza di una specifica previsione normativa, pervenire all’emissione di un permesso di costruire, sanando (anche) l’iniziale carenza di nulla osta sismico.

Sul punto, dopo orientamenti altalenanti, la giurisprudenza meno datata, seppur ancora con qualche tentennamento anche recentissimo (cfr. Tar Campania, Napoli, 20 maggio 2022, n. 3450 in italiaius.it), sembra aver imboccato la via della sanabilità pure degli illeciti sismici sempreché sussista la ricordata doppia conformità.

Cosicché, mentre in alcuni arresti si afferma che “nel sistema introdotto dagli artt. 94 ss. d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 e dall’art. 27 l.r. Lazio 11 agosto 2009 n. 21, oltre che dal regolamento della Regione Lazio 13 luglio 2016 n. 14, non è previsto il rilascio dell’autorizzazione sismica in sanatoria su istanza del privato per opere edili già eseguite ed assoggettate a controllo preventivo, a nulla rilevando che il fatto sia accertato dagli uffici amministrativi o dagli organi di polizia giudiziaria ovvero che sia portato a conoscenza dell’ufficio tecnico regionale per effetto di una auto-denuncia di chi ne sia stato l’autore” (cfr. TAR Lazio, Latina, 13 ottobre 2020, n. 376 in deiure.it), la giurisprudenza del Consiglio di Stato si è ultimamente attestata nel senso che “l’autorizzazione sismica è, dunque, un presupposto indispensabile per ottenere il rilascio del titolo edilizio (anche quello in sanatoria) dei lavori suscettibili di avere un impatto sulla statica del fabbricato” (Cons. Stato, sez. III, 31 maggio 2021, n. 4142; ma nello stesso senso si veda anche Cons. Stato, sez. IV, 15 aprile 2021, n. 3096 entrambe in giustizia-amministrativa.it).

In argomento, risulta decisamente illuminante quanto affermato dalla Corte Costituzionale (cfr. sentenza n. 101 del 22 maggio 2013) vale a dire che “se nel sistema dei principi delineati dalla normativa statale, sia gli interventi edilizi soggetti a permesso di costruire, sia quelli consentiti a seguito di denuncia, presuppongono sempre la previa verifica del rispetto delle norme sismiche, non pare possa dubitarsi che la verifica della doppia conformità, alla quale l’art. 36 del testo unico subordina il rilascio dell’accertamento di conformità in sanatoria, debba riferirsi anche al rispetto delle norme sismiche, da comprendersi nelle norme per l’edilizia, sia al momento della realizzazione dell’intervento che al momento di presentazione della domanda di sanatoria. (…) Deve pertanto ritenersi che l’accertamento del rispetto delle specifiche norme tecniche antisismiche è sempre un presupposto necessario per conseguire il titolo che consente di edificare, al quale si riferisce il criterio della doppia conformità”.

In buona sostanza, con tale pronuncia la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale, per violazione dell’articolo 117, comma 3 Cost., dell’articolo 5 della legge regionale toscana n. 1 del 2005, nella parte in cui prevedeva la possibilità di ottenere il permesso in sanatoria per le opere edilizie che risultassero conformi alla normativa tecnico – sismica vigente soltanto al momento della loro realizzazione, e non anche al momento della presentazione dell’istanza di accertamento di conformità, nonché per le opere realizzate in difformità dalla normativa tecnica vigente al momento della loro realizzazione, purché le stesse venissero adeguate alle norme vigenti: secondo la Corte attraverso tale previsione la Regione, eccedendo le proprie competenze in materia, aveva violato la norma statale di principio sulla doppia conformità di cui all’articolo 36 del TUED.

L’orientamento in tal modo espresso dalla Consulta è stato riaffermato anche in una più recente pronuncia (la n. 2 del 13 gennaio 2021) ove si ricorda per l’appunto che “questa Corte ha già avuto occasione di precisare che la regola della doppia conformità vale anche per la normativa antisismica, costituendo, per gli interventi in zona sismica, un principio fondamentale delle materie «governo del territorio» e «protezione civile» (sentenza n. 101 del 2013, nonché – con riferimento alla portata generale del principio nella materia del governo del territorio – sentenza n. 290 del 2019)” (cfr., in motivazione, punto 14.3).

Dunque, con l’autorevole avallo della giurisprudenza costituzionale, pare allo stato sostenibile che, sussistendone i presupposti, la sanatoria sia praticabile anche al fine di ottenere un titolo sismico inizialmente mancante ed, in tal senso, anche la giurisprudenza amministrativa si è in ultima convinta del fatto che “nell’ambito delle disposizioni edilizie rilevanti per verificare la conformità sostanziale delle opere sine titulo eseguite, devono ritenersi comprese quelle antisismiche – poste peraltro a tutela di esigenze primarie, correlate alla pubblica incolumità – facendosi questione, comunque, di disposizioni regolanti le modalità dell’edificazione. Non potrebbe, dunque, sanarsi un intervento edilizio non rispettoso della normativa antisismica, alla stregua dell’accertamento all’uopo condotto dall’autorità competente. (…) Difatti, ai sensi dell’art. 36 DPR n. 380/01, il rilascio del titolo in sanatoria è subordinato alla conformità sostanziale delle opere già eseguite alla normativa edilizia e urbanistica di riferimento, occorrendo, dunque, verificare, ancora prima dell’adozione del permesso di costruire in sanatoria, se le opere possano o meno ritenersi sostanzialmente conformi alla disciplina di riferimento: a tali fini, risulta necessario accertare, tra l’altro, il previo rilascio dell’autorizzazione sismica (ove prevista), idonea ad escludere quei pericoli per la staticità delle opere abusive che, ove esistenti, impedirebbero la sanatoria, imponendo l’irrogazione della sanzione demolitoria” (cfr. in motivazione, punti 14.3 e 14.6, Cons. Stato, Sez. VI, 19 maggio 2022, n. 3963 in giustizia amministrativa.it).

In altri termini, pur in assenza di una regolamentazione normativa dedicata, la richiamata giurisprudenza reputa che la sanatoria sismica rimanga possibile sulla scorta dei medesimi principi generali sanciti dall’art. 36 del d.P.R. 380/2001 per la sanatoria edilizia.

In definitiva, pertanto, si può concludere che nessun titolo edilizio a sanatoria possa venire emesso dal Comune in assenza del correlativo assenso sismico, assenso che potrà essere ottenuto solo dimostrando la sussistenza della conformità delle strutture realizzate alla normativa tecnica vigente all’atto di edificazione, nonché a quella di riferimento all’atto del rilascio della sanatoria stessa.

 

  1. Il possibile procedimento amministrativo per il conseguimento della sanatoria anche sismica.

Una riflessione a parte meritano le modalità procedimentali tramite le quali è possibile conseguire la sanatoria sismica, modalità che, come anticipato, non risultano allo stato normativamente dettagliate (perlomeno nella nostra regione) ma che verosimilmente, in assenza di diverse indicazioni, non potranno che modellarsi su quelle normalmente vigenti per l’ottenimento dell’autorizzazione sismica in via ordinaria.

In effetti, non è pensabile che il conseguimento del nulla osta sismico possa soggiacere al medesimo procedimento amministrativo che si sarebbe dovuto applicare all’epoca dell’intervento ove tale procedimento non sia più vigente, poiché ciò contrasterebbe evidentemente con il principio del tempus regit actum.

V’è, peraltro, da dire che in passato vi era stato qualche tentativo di affrontare la questione di come sanare gli abusi in zona sismica ed in tal senso, ad esempio, con nota dell’11 marzo 2008 (n. 00134089/57.13) l’Unità periferica del Genio Civile di Treviso della Regione aveva stabilito che “fermo restando quanto disposto dagli artt. 98 e 99 del D.P.R. 380/2001, lo scrivente Ufficio potrà rilasciare, tramite proprio accertamento, un parere circa la rispondenza o meno delle opere eseguite alle Norme Tecniche per le costruzioni in zona sismica ed eventualmente, prescrivere interventi edilizi volti ad adeguare le opere abusive alle Norme stesse. (…) Il parere rilasciato, qualora positivo, potrà eventualmente costituire documento idoneo ai fini del rilascio degli atti Comunali volti al completamento dell’iter procedurale previsto per le pratiche edilizie”.

In altri termini, il Genio civile aveva nel caso dimostrato di dare più importanza alla “sostanza”, concentrandosi sulla verifica della concreta idoneità delle strutture a reggere le azioni sismiche, in una sana ottica di efficienza e di sostanziale “buona amministrazione”.

Attualmente, è risaputo che da un lato la legislazione nazionale ha conosciuto una notevole semplificazione nelle procedure autorizzative mediante l’introduzione dell’art. 94 bis del d.P.R. 380/2001, cui hanno fatto seguito le relative Linee guida nazionali approvate con D.M. 30 aprile 2020 e, dall’altro, che in sede regionale l’art. 1 della L.R. 7/2021 ha, a cascata, riscritto l’art. 66 della L.R. 27/2003 introducendo nuovi procedimenti ad hoc.

Ebbene, proprio tali ultimi procedimenti dovranno essere inevitabilmente adattati anche per l’ottenimento della sanatoria, potendosi prefigurare da parte del Comune l’invio delle pratiche, complete con gli elaborati muniti delle certificazioni di doppia conformità fornite dai tecnici della ditta istante ai sensi dell’art. 20 del TUED, alla struttura regionale competente nei termini di cui al comma 3 del citato art. 66.

Dopodiché, spetterà a quest’ultima struttura procedere, ai sensi del comma 4 della norma in parola, al rilascio dell’autorizzazione espressa per gli interventi rilevanti ovvero al controllo a campione per gli interventi di minore rilevanza ovvero privi di rilevanza come definiti dall’art. 94 bis del d.P.R. 380/2001, verificando in ogni caso la previa sussistenza della richiesta doppia conformità.

Solo dopo il positivo esaurimento delle procedure previste da parte della struttura regionale, quindi, il Comune potrà procedere al rilascio della sanatoria edilizia.

Pur essendo evidente che tale prospettazione finisce di fatto col colmare la mancanza di una normativa specifica, nondimeno la stessa costituisce applicazione dei principi generali in materia di sanatoria come delineati dalla prevalente giurisprudenza sopra richiamata, essendo comunque consentito il ricorso all’analogia legis di cui all’art. 12 delle Preleggi allorquando difetti nell’ordinamento una specifica norma regolante la concreta fattispecie e si renda, quindi, necessario porre rimedio ad un vuoto normativo altrimenti incolmabile.

Diversamente, infatti, si dovrebbe respingere tout court ogni richiesta di sanatoria relativa ad un immobile sito in zona sismica, e ciò anche nell’ipotesi in cui quanto realizzato risulti pienamente consentaneo alla normativa tecnica di materia e, quindi, inidoneo a ledere l’interesse pubblico alla sicurezza delle costruzioni, incorrendo però in tal caso in una violazione dei principi di buon andamento dell’azione amministrativa di cui all’art. 97 Cost., nonché di economicità ed efficacia presidiati dall’art. 1 della L. 241/1990.

In definitiva, rimane auspicabile che la nostra Regione provveda rapidamente a normare tale aspetto della sanatoria sismica seguendo, ad esempio, il modello della legislazione della Toscana (cfr. art. 182 della L. R. Toscana n. 65/2014[1]) la quale, pur essendo stata in passato bersaglio di ripetute censure di costituzionalità, alla fine ha messo a punto un testo normativo che sembra aver superato le criticità emerse in precedenza circa la coerenza coi principi edilizi di derivazione statale.

Stefano Canal

 

[1] Art. 182

Accertamento di conformità in sanatoria per gli interventi realizzati nelle zone sismiche e nelle zone a bassa sismicità

1. Ai fini dell’accertamento di conformità di cui all’articolo 209, per le opere realizzate o in corso di realizzazione nei comuni già classificati sismici in assenza dell’autorizzazione o dell’attestato di avvenuto deposito, e che risultano conformi alla normativa tecnica ai sensi del comma 2, l’interessato trasmette alla struttura regionale, tramite lo sportello unico:
a) la richiesta di autorizzazione in sanatoria oppure l’istanza di deposito in sanatoria e la documentazione tecnica relativa alle opere da sanare;
b) la certificazione di rispondenza delle opere alla normativa tecnica vigente sia al momento della realizzazione delle opere stesse sia al momento della presentazione dell’istanza ed il certificato di collaudo, laddove richiesto dalla normativa medesima.

2. Nei casi di cui al comma 1, la struttura regionale competente rilascia, previo accertamento della conformità alle norme tecniche vigenti, sia al momento della realizzazione delle opere, sia al momento della presentazione dell’istanza, l’autorizzazione in sanatoria oppure l’attestato di avvenuto deposito in sanatoria entro sessanta giorni dalla data di trasmissione della relativa istanza. Oltre che al soggetto interessato, la struttura regionale competente trasmette tali atti al comune ai fini del rilascio dei titoli in sanatoria o ai fini delle verifiche di propria competenza nel caso di SCIA in sanatoria.

3. Ai fini dell’accertamento di conformità di cui all’articolo 209, per le opere realizzate, o in corso di realizzazione, nei comuni già classificati sismici in assenza dell’autorizzazione o dell’attestato di avvenuto deposito e che, a seguito del procedimento di cui ai commi 1 e 2, non risultino conformi alla normativa tecnica, il comune respinge l’istanza, oppure, previo accertamento della conformità dell’intervento realizzato alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso che al momento della presentazione della domanda, ed ove ritenuto tecnicamente possibile, ordina all’interessato l’adeguamento delle opere alla normativa tecnica nel rispetto della disciplina edilizia ed urbanistica vigente, assegnando un termine congruo per l’esecuzione dei necessari interventi. Decorso inutilmente il termine assegnato, il comune respinge l’istanza di accertamento di conformità in sanatoria.

4. Ove sia stato ordinato, ai sensi del comma 3, l’adeguamento dell’opera alla normativa tecnica, l’interessato presenta alla competente struttura regionale la richiesta di autorizzazione o l’istanza di deposito per le opere di adeguamento necessarie ai fini dell’ottemperanza all’ordinanza ed il relativo progetto. Al termine dei lavori, l’interessato trasmette alla struttura regionale competente la relativa certificazione di rispondenza e, se richiesto dalla normativa, il certificato di collaudo. Accertata l’avvenuta ottemperanza all’ordinanza, il Comune rilascia il permesso di costruire o l’attestazione di conformità in sanatoria.

5. Ai fini dell’accertamento di conformità di cui all’articolo 209, per le opere realizzate nei comuni anteriormente alla classificazione sismica degli stessi, l’interessato trasmette al comune il certificato di idoneità statica, rilasciato dal professionista abilitato. Relativamente a tali opere, gli atti di cui al comma 1, lettere a) e b), non sono presentati.

 

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