Scorrendo una «tabella di corrispondenza» tra il d.lgs. n. 36/2023 e il d.lgs. n. 50/2016, tanto utile nell’orientare entro l’ennesimo labirinto di disposizioni (gli articoli -nei vari «codici appalti» sinora succedutisi- cambiano, quanto a numerazione e collocazione, con scientifica precisione), non sarà sfuggita l’assenza -nella novella entrata in vigore lo scorso 1° aprile- di una previsione analoga all’art. 24 d.lgs. 50/2016, rubricato “Progettazione interna e esterna alle amministrazioni aggiudicatrici in materia di lavori pubblici”.

In particolare, ai fini delle presenti “agili” considerazioni, manca un esplicito riferimento alla cd. progettazione interna e ai requisiti che i dipendenti pubblici debbono possedere per poter redigere progetti pubblici (e rendere gli altri servizi “assimilati”, come ad esempio la direzione lavori) in favore delle amministrazioni di appartenenza.

Come noto, ai sensi dall’art. 24 d.lgs. 50/2016 “le prestazioni relative alla progettazione di fattibilità tecnica ed economica, definitiva ed esecutiva di lavori, al collaudo, al coordinamento della sicurezza della progettazione nonché alla direzione dei lavori e agli incarichi di supporto tecnico-amministrativo alle attività del responsabile del procedimento e del dirigente competente alla programmazione dei lavori pubblici sono espletate: a) dagli uffici tecnici delle stazioni appaltanti; …” (comma 1).

Ai sensi del successivo comma 3, “I progetti redatti dai soggetti di cui al comma 1, lettere a), b) e c), sono firmati da dipendenti delle amministrazioni abilitati all’esercizio della professione. I pubblici dipendenti che abbiano un rapporto di lavoro a tempo parziale non possono espletare, nell’ambito territoriale dell’ufficio di appartenenza, incarichi professionali per conto di pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, se non conseguenti ai rapporti d’impiego”.

Ne consegue che, vigente l’oramai vecchio codice (d.lgs. 50/2016), per i progettisti “interni” era sufficiente l’abilitazione professionale, a differenza di quelli “esterni” per i quali il comma 5 imponeva invece anche l’iscrizione “negli appositi albi previsti dai vigenti ordinamenti professionali”.

Una chiara conferma del diverso regime perviene dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Il Servizio Contratti pubblici – Supporto giuridico, nel riscontrare uno specifico quesito, ricorda che «Il Consiglio di Stato, che tra l’altro aveva suggerito l’inserimento di un ordine di priorità tra progettazione interna ed esterna a favore della prima, nel parere al Correttivo di cui alla decisione n. 782 del 30/03/2017 ribadisce che per i progettisti interni “l’unico requisito soggettivo legalmente indispensabile per lo svolgimento dell’attività professionale è il conseguimento della relativa abilitazione”. Pertanto, fatto salvo l’art. 216, comma 27 septies, del Codice dei contratti pubblici, la disposizione prevista nel DM 11/10/2017, relativo al CAM per i servizi di progettazione e lavori per la nuova costruzione, ristrutturazione e manutenzione di edifici pubblici, in base alle suddette disposizioni del suddetto Codice deve intendersi riferito ai progettisti esterni» (MIT, parere n. 173 del 24.1.2018; il quesito ruotava intorno al DM 11.10.2017, – «Criteri ambientali minimi per l’affidamento di servizi di progettazione e lavori per la nuova costruzione, ristrutturazione e manutenzione di edifici pubblici», il cui Allegato -al punto 1.2- prevede che i progetti siano redatti da professionisti abilitati e iscritti all’albo. Quest’ultimo requisito vale però -precisa il Ministero- solo per i progettisti esterni).

Come accennato in esordio, il legislatore non ha riproposto nel nuovo codice l’art. 24 del precedente corpus normativo e non vi è pertanto un’espressa distinzione tra affidamento interno ed esternalizzazione del servizio di progettazione delle opere pubbliche.

Non par, tuttavia, dubbio che la progettazione interna sia ancora un’opzione valida per le stazioni appaltanti, risultando anzi valorizzata tramite la re-introduzione dei cd. incentivi alla progettazione (cfr. art. 45 D.lgs. 36/2023 ed allegato I.10). Come si legge nella Relazione illustrativa del Codice, la nuova disciplina degli incentivi per le funzioni tecniche (che riguarda ora anche la fase progettuale) ha la finalità di “stimolare, attraverso la corretta erogazione degli incentivi, l’incremento delle professionalità interne all’amministrazione e il risparmio di spesa per mancato ricorso a professionisti esterni” (Relazione illustrativa, sub art. 45, pag. 67; si ricorderà che gli incentivi alla progettazione, assenti nel d.lgs. 50/2016, erano stati successivamente introdotti dal cd. Sblocca cantieri -art. 1, c. 1, lett. aa), che modificava l’art. 113, c. 2, d.lgs. 50/2016-, salvo poi scomparire in sede di conversione del d.l. 32/2019).

Scorrendo il nuovo codice appalti (e i relativi Allegati), la confermata possibilità di ricorso ai progettisti interni si ricava inoltre:

  • (a contrariis) dall’art. 41, c. 9,: “In caso di affidamento esterno di entrambi i livelli di progettazione …”;
  • dall’art. 3, c. 1, All. I.7 al d.lgs. 36/2023: “Il documento di indirizzo alla progettazione, di seguito «DIP» … è redatto e approvato prima dell’affidamento del progetto di fattibilità tecnica ed economica, sia in caso di progettazione interna, che di progettazione esterna alla stazione appaltante…  In caso di progettazione interna alla stazione appaltante il DIP è allegato alla lettera d’incarico”;

Un tanto premesso, rimane da verificare se nulla sia mutato anche in ordine ai “titoli” richiesti al progettista interno, per il quale è lecito chiedersi se continui a valer come (unico) requisito la sua abilitazione professionale (e non già anche l’iscrizione all’albo). In attesa di eventuali chiarimenti o precisazioni sul punto, si deve ritenere che anche sotto questo profilo non vi sia soluzione di continuità tra vecchio e nuovo codice. Assodata la legittimità del ricorso alle risorse interne alla s.a., è, infatti, alla natura -immutata- del rapporto (di pubblico impiego) che bisogna guardare. Come ricordato dal giudice amministrativo, va rilevato che “l’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici (v. atto di regolazione in data 8 novembre 1999) abbia indicato soluzioni interpretative difformi da quelle invocate dal ricorrente. Distinguendo tra progettazione “interna” ed “esterna” e tra direzione dei lavori “interna” ed “esterna”, a seconda che alle relative prestazioni provvedano pubblici uffici o soggetti privati, è stato osservato che, nel caso di attività “interna”, questa va riferita all’Amministrazione cui appartengono i dipendenti addetti ai relativi uffici, ed è da considerare una modalità di svolgimento del rapporto di pubblico impiego (in tal senso v. anche Cass. Civ., Sez. un., 2 aprile 1998 n. 3386). Non si deve insomma parlare di attività libero-professionale quanto piuttosto di attività professionalmente qualificata, di cui costituisce garanzia della necessaria competenza tecnica la prescritta abilitazione all’esercizio della professione” (Tar Piemonte, Sez. II, 18.7.2002, n. 1353) Del resto secondo la giurisprudenza del Consiglio di Stato “La pregressa attività di progettazione svolta per l’Amministrazione di appartenenza è … esclusivamente riferibile a quest’ultima. Nemmeno, per escludere tale riferibilità esclusiva, può valere la circostanza che i progetti sono il frutto di un’attività umana fondamentalmente intellettiva analoga all’esercizio delle professioni liberali, in quanto l’attività è svolta dal dipendente ratione officii e non intuitu personae e si risolve pertanto in una modalità di svolgimento del rapporto di pubblico impiego. E’ da escludersi quindi che lo svolgimento di tale attività consenta al dipendente di acquisire in proprio un requisito di qualificazione” (Cons. St., Sez. VI, 5.9.2011, n. 5003). Si tratta, con ogni evidenza, di considerazioni valide anche nell’attuale assetto normativo, ragion per cui è ragionevole ritenere che, allo stato, per il progettista interno alla stazione appaltante continua a non essere necessaria l’iscrizione al relativo albo professionale.

Alberto Gaz

image_pdfStampa in PDF