SOMMARIO: Introduzione. Fonti normative: ricostruzione della disciplina. Limiti alla competenza dei geometri nella progettazione delle costruzioni rurali e civili in cemento armato. Sui limiti della competenza e i rischi per il professionista: conseguenze di carattere civile, penale e  amministrativo. Considerazioni finali.

 

Introduzione

Il campo della progettazione e della direzione dei lavori di costruzioni in cemento armato rappresenta un settore che vede il sovrapporsi della competenza di diverse categorie professionali (da un lato quella dei tecnici non laureati = ovvero geometri e periti edili = e dall’altro quella dei tecnici laureati = ovvero ingegneri e architetti) e sul quale da sempre sia la giurisprudenza (civile, penale, amministrativa), che la dottrina, dibattono con soluzioni spesso contrastanti e contraddittorie.

Invero, nell’ambito delle professioni intellettuali “protette” (attività economiche il cui esercizio, in deroga al principio di libertà affermato dalla Costituzione, è assoggettato alla privativa statale, esercitata mediante la creazione di “albi”, l’iscrizione ai quali crea la legittimazione al relativo esercizio) i limiti della competenza solo in alcuni casi sono segnati direttamente attraverso l’elencazione delle singole prestazioni formanti oggetto della relativa privativa, ed è quanto avviene per i geometri e per gli agronomi; in molti altri casi (avvocati, ingegneri e architetti) ciò avviene invece indirettamente, ad esempio mediante la tariffa professionale, oggi abrogata, che tipicizzava le singole prestazioni assegnate al professionista, determinandone i corrispettivi.

Per ogni professione vi sono poi aree di competenza comune che vengono talora regolate espressamente dalla legge (come per ingegneri e architetti), più spesso per via indiretta e, in tal caso, l’individuazione dei limiti rispettivi diventa ardua e viene affidata ai criteri più vari che danno vita a quel variopinto panorama di pronunce giurisprudenziali alle quali si è fatto innanzi cenno[1].

Infatti, nel nostro Paese, la questione relativa ai limiti delle competenze professionali del Geometra rappresenta una situazione spinosa, ricca di incognite e di rischi per il professionista, che si trova a dover valutare, con attenzione e prudenza, se accettare o meno incarichi nelle materie di confine della professione.

In particolar modo, in materia di costruzioni in cemento armato, esiste una notevole casistica giurisprudenziale orientata prevalentemente verso la restrizione dello spazio delle competenze del Geometra.

Negli ultimi tempi l’esatta individuazione dei limiti della competenza professionale del Geometra è peraltro divenuta ancor più complessa in quanto la più recente normativa nazionale e regionale per le zone sismiche ha quasi generalizzato l’obbligo dell’impiego del cemento armato nelle costruzioni.

Sta di fatto che, ad oggi, non è affatto agevole stabilire con certezza fino a dove la competenza del Geometra possa estendersi rispetto alle attività riservate alle categorie professionali degli ingegneri e degli architetti e comunque dei tecnici laureati.

 

Fonti normative: ricostruzione della disciplina

L’ambito della competenza professionale del Geometra è ancora oggi disciplinato dal R.D. 11 febbraio 1929 n. 274.

A tale decreto è stata generalmente attribuita natura di “regolamento delegato[2], il cui controllo di legittimità doveva coinvolgere l’esame della sua conformità alla legge delega (identificabile nella legge 24.6.1923, n. 1395); tale controllo, peraltro, è stato ritenuto superfluo in quanto le sue disposizioni hanno trovato legittimazione autentica nella successiva legislazione ordinaria, la quale rinvia alle competenze ivi stabilite[3].

Orbene, l’art. 16 del citato R.D. regola espressamente “l’oggetto e i limiti dell’esercizio professionale di Geometra” individuando ben 15 attività tipiche: delle varie voci, talune vengono in rilievo nei confronti della competenza degli agronomi; altre, soprattutto le lettere l), m) e q), per quel che rileva in questa sede, nei confronti della competenza di geometri, ingegneri e architetti.

Più precisamente la lettera l) annovera nella competenza del Geometra: “progetto, direzione, sorveglianza e liquidazione di costruzioni rurali e di edifici per uso d’industrie agricole, di limitata importanza, di struttura ordinaria, comprese piccole costruzioni accessorie in cemento armato, che non richiedono particolari operazioni di calcolo e per la loro destinazione non possono comunque implicare pericolo per la incolumità delle persone; nonché di piccole opere inerenti alle aziende agrarie, come strade vicinali senza rilevanti opere d’arte, lavori d’irrigazione e di bonifica, provvista d’acqua per le stesse aziende e riparto della spesa per opere consorziali relative, esclusa, comunque, la redazione di progetti generali di bonifica idraulica ed agraria e relativa direzione”.

La lettera m): “progetto, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili”.

La lettera q), infine: “mansioni di perito comunale per le funzioni tecniche ordinarie dei Comuni con popolazione fino a diecimila abitanti, esclusi i progetti di opere pubbliche d’importanza o che implichino la soluzione di rilevanti problemi”.

Il successivo art. 17 sottolinea inoltre che: “Le disposizioni del precedente articolo valgono ai fini della delimitazione della professione di Geometra, e non pregiudicano quanto può formare oggetto dell’attività di altre professioni, salvo ciò che è disposto dagli artt. 18 a 24”.

Interessante è poi quanto dispongono gli articoli 18 e 21 del R. D. n. 274 del 1929 in esame.

La prima delle due norme citate statuisce, al primo comma, che: “Le funzioni di cui alle lettere a), b), d), f), l), m) n); o), q) dell’art. 16 sono comuni agli ingegneri civili”.

D’altra parte, l’art. 21 prevede che: “Ferme restando le disposizioni contenute nella L. 24 giugno 1923, n. 1395, e nel regolamento approvato con R.D. 23 ottobre 1925, numero 2537, relative alla tutela del titolo e dell’esercizio professionale degli ingegneri e degli architetti, nonché le disposizioni del R.D.L. 7 giugno 1928, n. 1431, per l’accettazione degli agglomerati idraulici e per l’esecuzione delle opere in conglomerato cementizio, ai geometri diplomati anteriormente alla entrata in vigore del presente regolamento, che abbiano lodevolmente compiuto per almeno tre anni prestazioni eccedenti i limiti di cui all’art. 16, sarà consentito di proseguire in tali prestazioni”.

Fino all’intervento del decreto-legge n. 1 sulle “Liberalizzazioni”, convertito in L. n. 27 del 24/3/2012, che ha abrogato le tariffe delle professioni regolamentate nel sistema ordinistico, specificazioni della competenza del Geometra erano contenute nella Legge 2 marzo 1949, n. 144, relativamente alla relativa tariffa degli onorari per le prestazioni professionali dei geometri.

Per meglio delineare l’ambito oggetto della trattazione, merita qui richiamare l’art. 56 della ormai abrogata normativa che individuava le operazioni tecniche oggetto di compenso e costituenti lo svolgimento dei lavori di costruzione, distinguendo tra “progetto di massima” (disegno architettonico dell’opera e preventivo sommario), “progetto esecutivo” (disegni quotati in piante, sezioni, profili, calcoli strutturali e relazione tecnica), “preventivo di spesa” (analisi dei prezzi, computo metrico, stima dei lavori), “direzione dei lavori” e “liquidazione dei lavori”.

Ancora, l’art. 57, rubricato “Classifica delle costruzioni”, precisava poi che “Le costruzioni a cui si applicano gli onorari stabiliti nelle seguenti tabelle H e I riguardano le seguenti specie di opere: Categoria I – Costruzioni rurali, modeste costruzioni civili, edifici pubblici per Comuni fino a 10.000 abitanti. A) Costruzioni rurali comuni, case di abitazione per non oltre famiglie nelle zone rurali; magazzini, capannoni e rimesse in un solo locale ad uso di ricovero o di piccole industrie. B) Costruzione per aziende rurali con annessi edifici per la conservazione dei prodotti o per industrie agrarie; case di abitazione popolare nei centri urbani, edifici pubblici; magazzini, capannoni, rimesse in più locali ad uso di ricovero e di industrie. C) Case di abitazione comuni ed economiche, costruzioni a sismiche a due piani senza ossatura in cemento armato o ferro, edifici pubblici. D) Restauri, trasformazioni e sopraelevazioni di fabbricati … (omissis)…”.

È utile segnalare, per quello che si dirà con riferimento ai contratti di prestazione professionale per la progettazione e direzione dei lavori di opere edili in cemento armato, che l’art. 11 della Tariffa degli onorari di Geometra ammetteva esplicitamente la possibilità di collaborazione professionale tra tecnici laureati e tecnici non laureati nell’esecuzione del medesimo incarico (“Quando l’incarico è affidato dal committente a più professionisti riuniti in collegio, a ciascuno dei membri del collegio è dovuto l’intero compenso risultante dall’applicazione della presente tariffa, se il collegio sia composto esclusivamente da geometri; se del collegio facciano parte anche ingegneri o dottori agronomi, a questi professionisti sono dovuti i compensi delle rispettive tariffe. Se il Geometra è chiamato a collaborare con altro Geometra o con Ingegnere o dottore agronomo a cui è stato affidato l’incarico, in qualità di condirettore o coadiutore, il compenso dovutogli oltre al rimborso delle spese, non può mai essere inferiore a quello risultante dalla applicazione della presente tariffa in ragione della parte di lavoro eseguita o del tempo impiegato”).

Come anticipato poc’anzi, il D.L. n. 1 del 24 gennaio 2012 convertito, con modificazioni, in legge n. 27 del 24 marzo 2012, reca una serie di norme volte a liberalizzare le professioni regolamentate: il dictum della norma è rivolto ad eliminare del tutto le tariffe professionali ed ogni disposizione ad esse rinviante.

Attualmente, pertanto, il compenso del professionista andrà pattuito con il cliente sulla base, laddove richiesto, di un preventivo, definito dalla legge stessa, di massima; tale preventivo, tuttavia, dovrà indicare tutte le voci di costo, comprensive di spese, oneri e contributi, prestazione per prestazione, ferma l’esigenza che la misura del compenso sia adeguata all’importanza dell’opera.

Il comma 4 della norma in esame, infatti, sancisce espressamente che: “Il compenso per le prestazioni professionali è pattuito, nelle forme previste dall’ordinamento, al momento del conferimento dell’incarico professionale. Il professionista deve rendere noto al cliente il grado di complessità dell’incarico, fornendo tutte le informazioni utili circa gli oneri ipotizzabili dal momento del conferimento fino alla conclusione dell’incarico e deve altresì indicare i dati della polizza assicurativa per i danni provocati nell’esercizio dell’attività professionale. In ogni caso la misura del compenso è previamente resa nota al cliente con un preventivo di massima, deve essere adeguata all’importanza dell’opera e va pattuita indicando per le singole prestazioni tutte le voci di costo, comprensive di spese, oneri e contributi”.

È certamente vero che, a volte, è molto difficoltoso per il professionista procedere ad una previsione di spesa che non sia sommaria ed imprecisa, visto che la stima di tali valori dipende da eventi futuri non nel controllo iniziale del professionista.

Tuttavia, per assolvere a quanto richiesto dalla legge, ci si può ispirare ai principi informatori delle “vecchie” tariffe professionali che si caratterizzavano per la loro analiticità e per un tendenziale scollegamento rispetto al costo, al rischio, al valore aggiunto per il cliente e tendevano a far riferimento al valore della pratica in sé, oltre a consentire di aggiungere varie indennità.

Oggi, viceversa, è possibile adottare parametri “innovativi” più legati al tempo, al costo ed al successo dell’operazione che, di converso, appaiono più liberi ma anche più fumosi e, quindi, suscettibili di far sorgere dubbi e contestazioni nei committenti, di fatto comportando ulteriore confusione in materia.

Elementi utili per consentirci di circoscrivere la competenza del Geometra, con particolare riguardo alla progettazione e direzione dei lavori nel campo delle costruzioni in cemento armato e nelle zone sismiche, ci vengono infine forniti dal programma didattico di insegnamento negli istituti tecnici per geometri, approvato dal legislatore nazionale col D.P.R. 1.5.1972, n. 825.

Più precisamente:

  • il programma di chimica del terzo anno tratta la chimica applicata alle costruzioni, e, in particolare, i materiali da costruzione artificiali: calci, cementi, laterizi, ceramiche, vetri, materie plastiche, vernici, leghe metalliche d’impiego nelle costruzioni, conglomerati cementizi e bituminosi, nonché protezione delle costruzioni dalla degradazione e dalla corrosione e saggi tecnici con particolare riguardo alle norme sulla accettazione e l’impiego dei materiali da costruzione sotto l’aspetto chimico;
  • il programma di tecnologia delle costruzioni tratta al terzo anno i materiali da costruzione, e, in particolare, calcestruzzi, acciai da costruzione di produzione industriale, acciai da cemento armato e per carpenteria metallica, tipi di profilati, caratteristiche di resistenza e di lavorabilità, nonché proprietà, caratteristiche di accettazione e impiego dei manufatti di cemento armato e di calcestruzzo; al quarto anno elementi di fabbrica e sistemi costruttivi, tra cui quelli in cemento armato, in acciaio e prefabbricati, e, infine, al quinto anno, la normativa per le costruzioni in zona sismica;
  • il programma di costruzioni tratta, al quarto anno, il calcolo degli elementi strutturali, tra cui costruzioni in acciaio, norme per l’uso dell’acciaio nelle costruzioni, nonché elementi in cemento armato, teoria elementare del cemento armato, plinti, trave rovescia, pilastri, travi, solai misti in c.a. e laterizi, travi rampanti con gradini in aggetto; e, al quinto anno, progettazione e disegno esecutivo per edifici in muratura, in cemento armato, in acciaio riferiti all’ambito di competenza dell’attività di Geometra, verifiche statiche e disegni esecutivi.

Passando ora all’esame della disciplina regolamentare per le strutture in cemento armato, vi è da osservare che l’art. 2 della L. 5 novembre 1971 n. 1086 (Norme per la disciplina delle opere di conglomerato cementizio armato, normale e precompresso ed a struttura metallica), oggi ricodificato nell’art. 64 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (Testo Unico sull’edilizia), ha stabilito che la costruzione delle opere di conglomerato cementizio armato, normale e precompresso ed a struttura metallica “deve avvenire in base ad un progetto esecutivo redatto da un ingegnere o Architetto o Geometra o perito industriale edile iscritti nel relativo albo, nei limiti delle rispettive competenze”.

L’esecuzione delle opere = continua il secondo comma = “deve aver luogo sotto la direzione di un Ingegnere o Architetto o Geometra o perito industriale iscritto nel relativo albo, nei limiti delle rispettive competenze”.

E, analogamente, la successiva legge 2 febbraio 1974, n. 64 (Provvedimenti per le costruzioni con particolari prescrizioni per le zone sismiche), che, come dice il suo intitolato, ha per oggetto la disciplina di costruzioni in zone sismiche, ha fatto anch’essa esplicito riferimento ai geometri all’art. 17, comma 2, (oggi art. 93 del D.P.R. n. 380/2001), laddove stabilisce che gli interessati, nel denunciare i lavori da realizzare in zone sismiche, debbono allegare il progetto, in doppio esemplare e debitamente firmato da un ingegnere, architetto, Geometra o perito edile iscritto all’albo nei limiti delle rispettive competenze.

In definitiva, dal complesso e articolato sistema normativo oggi vigente, si può trarre la conclusione che ai tecnici diplomati non è affatto preclusa in assoluto la progettazione di strutture in cemento armato; anzi, la stessa è specificatamente prevista e consentita sempre che ci si mantenga nei limiti della competenza determinata dalla rispettiva disciplina professionale[4].

In considerazione di quanto sopra, la corretta interpretazione del quadro normativo determina che, al minimo, il Geometra è competente nella progettazione e direzione lavori urbanistico–architettonica, nei casi di costruzioni civili di modesta entità; ciò anche se la loro realizzazione dovesse comportare l’uso pieno o parziale del cemento armato.

Ciò si evince anche dal parere del Consiglio di Stato, sezione consultiva, n. 2539/2015, il quale, respingendo le interpretazioni eccessivamente restrittive, anche in relazione a quelle della Suprema Corte, distingue gli ambiti della progettazione tra architettonica e strutturale e afferma che il Geometra è sempre competente per la progettazione architettonica nei limiti della costruzione civile di modesta entità.

Parere che riportiamo di seguito per estratto:

(…)Sembra pertanto che, per quanto riguarda le opere in cemento armato normale o precompresso e di quelle a struttura metallica, ci si debba riferire alla normativa riguardante gli ordini professionali: id est, nel caso in esame, alla specifica normativa contenuta nell’art. 16 R.D. n. 274 del 1929, cui la giurisprudenza civile ed amministrativa avevano fatto costante ed indiscusso riferimento (..)[5].

Dunque, non ci resta che cercare di individuare, nello specifico, i limiti alla competenza professionale dei geometri, analizzando sia quelli previsti nell’ambito della progettazione delle costruzioni rurali, sia nell’ambito delle costruzioni civili.

 

Limiti alla competenza dei geometri nella progettazione delle costruzioni rurali e civili in cemento armato

Il tema della competenza dei tecnici non laureati a progettare nuove costruzioni edilizie in cemento armato, e dirigere, una volta approvato il progetto, l’esecuzione dei lavori, è, come detto, ancora oggi molto dibattuto nel nostro Ordinamento Giuridico.

Come vedremo nel prosieguo, è noto l’orientamento consolidato della Suprema Corte di Cassazione, secondo il quale la competenza del Geometra, ai sensi dell’art. 16 del R.D. n. 274/1929 è limitata alle modeste costruzioni civili rurali o edifici per uso di industrie agricole di limitata importanza, di struttura ordinaria, che non richiedono particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non possono comunque implicare pericolo per l’incolumità delle persone.

Fin da ora riteniamo che detto orientamento non possa essere acriticamente e indistintamente applicato in tutte le ipotesi in cui una modesta costruzione civile, ovvero una porzione di una modesta costruzione civile, preveda l’impiego di cemento armato.

Partendo proprio dai limiti previsti nella progettazione delle costruzioni rurali, essi sono tracciati dalla lettera l) dell’art. 16 del R.D. n. 274 del 1929.

Questa disposizione legittima innanzitutto il Geometra alla progettazione e realizzazione (ovvero “direzione dei lavori”, sicché è lecito ritenere che i “due momenti” abbiano perfetta coincidenza, e che, quindi, la capacità professionale alla direzione dei lavori abbia esattamente gli stessi limiti di quella alla progettazione) di edifici di “limitata importanza” e di “struttura ordinaria”.

La disposizione reca anche un limite alla competenza fondato sulla destinazione degli edifici possibili, ovvero costruzioni rurali o ad uso di industrie agricole, ma è da ritenere che la destinazione indicata nella norma del 1929 abbia ormai perduto ogni rilevanza, a fronte della diversa catalogazione, ruolo e importanza sistematica che l’elemento della destinazione d’uso degli edifici ha acquisito in via generale nel nostro ordinamento.

Maggiori problemi interpretativi ha invece creato la disposizione-limite della competenza del Geometra immediatamente successiva: “comprese piccole costruzioni accessorie in cemento armato, che non richiedono particolari operazioni di calcolo e per la loro destinazione non possono comunque implicare pericolo per la incolumità delle persone”.

Questa disposizione contiene tre distinti criteri-limite alla competenza del Geometra[6]:

  1. può progettare solo piccole costruzioni accessorie;
  2. che non richiedono particolari operazioni di calcolo;
  3. e che per destinazione non implichino pericolo per l’incolumità delle persone;

Quanto al primo criterio, fermo restando che l’inciso “piccole costruzioni” sembra coincidere con la nozione di “modesta costruzione”, contenuta nella successiva lettera m) (e di cui si dirà nel prosieguo), dobbiamo qui soffermare la nostra attenzione sul concetto di “accessorie”: esso, infatti, si presta ad essere inteso in due distinte accezioni.

La prima, di immediata e letterale intuizione, pone la costruzione in parola in diretta relazione con un altro edificio, “principale”, rispetto al quale essa assume una funzione di servizio, pertinenziale (possiamo pensare ai servizi igienici, al deposito degli attrezzi, al granaio, ad un silo, ad un canile e quant’altro[7]).

A tale accezione ne deve però essere aggiunta una seconda = anche perché, altrimenti, si finirebbe con l’affermare che il Geometra può progettare in cemento armato solo un ricovero attrezzi e solo se ha progettato anche l’edificio principale (il che sarebbe troppo riduttivo per la competenza della categoria) = che deve essere riferita alla struttura dell’edificio: in altri e più chiari termini, non deve trattarsi di un edificio costruito nei suoi elementi costitutivi e strutturali in cemento armato[8].

Passando al secondo criterio-limite, va precisato che le “operazioni di calcolo” richieste non possono essere escluse a priori (atteso che qualunque struttura in cemento armato necessita di una qualche “operazione di calcolo”), ma solo quando siano “particolari”, ovvero di “particolare difficoltà”, e comunque di difficoltà eccedente quella per la quale il cursus onorum del Geometra non sia idoneo a fornire il relativo supporto tecnico (in ogni caso decisamente ampliato rispetto ad epoche più lontane)[9].

Il “pericolo alla incolumità”, terzo e ultimo criterio, è infine legato al concetto tecnico di “incolumità”, ben preciso nella legislazione penale (artt. 422- 452 cod. pen.) e di pubblica sicurezza e che la dottrina definisce generalmente come “sicurezza di tutti i cittadini in genere”.

Infatti, “l’esigenza di rendere effettiva ed altamente incisiva la tutela dell’incolumità come interesse facente capo non solo al singolo, ma all’intera collettività, spiega il criterio che ha indotto il legislatore ad anticipare il momento della concreta operatività della tutela penale, creando un insieme di norme incriminatrici strutturate, in larga misura, sulla configurazione del «pericolo» alla pubblica incolumità come requisito di fattispecie dei delitti contro l’incolumità pubblica; essi sono caratterizzati, in definitiva, dal «pericolo al quale può essere esposto un numero indeterminato di persone»”[10].

Tale requisito-limite attiene nuovamente alla destinazione (ma in senso negativo rispetto al precedente riferimento, in positivo, alla destinazione rurale) nel senso che restano precluse al Geometra tutte le opere destinate all’uso pubblico o collettivo[11], come potrebbe essere uno stadio, un edificio municipale, una scuola, e non mai una casa di abitazione a meno che non sia di dimensioni tali da interessare l’incolumità (concetto ben diverso da quello della “sicurezza dei suoi abitanti”) di un numero indistinto di persone.

Per concludere, possiamo affermare che, ai sensi della lettera l) del R.D. n. 274/1929, rientrano nella competenza professionale del Geometra la progettazione e la direzione dei lavori di costruzioni rurali, di uso agricolo o comunque connesse con l’attività di imprenditore agricolo, di limitata importanza e con struttura ordinaria, e quindi tipica dell’attività produttiva agricola, ivi comprese piccole e modeste costruzioni in cemento armato, di per sé accessorie e pertinenziali rispetto ad altri edifici o, comunque, non aventi la struttura principale in cemento armato, la cui realizzazione non richiede operazioni di calcolo di particolare difficoltà tali da eccedere i programmi ministeriali di insegnamento per il conseguimento del diploma di Geometra, e che non possano comunque implicare, stante la loro destinazione all’uso non collettivo, pericolo per l’incolumità della generalità dei cittadini.

Passando ora ai limiti previsti nella progettazione delle costruzioni civili, la disposizione di cui alla lettera m) del R.D. n. 274/1929 ha creato maggiori difficoltà interpretative, poiché attribuisce al Geometra la competenza per l’esecuzione di progetto, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili.

In particolare, sulla base della normativa citata, ci si chiede fino a che punto sia interpretabile l’espressione “modeste costruzioni civili” senza tradire lo spirito della legge, e, ancora, se possa il Geometra/perito assumere il ruolo di progettista e direttore lavori di costruzioni (“civili” e, in seconda istanza, di controversa classificazione in quanto a “modestia”) allorché in esse siano previste opere in cemento armato.

Inoltre, vien anche da chiedersi, fino a che punto sia eludibile il dettato della legge in materia di cemento armato laddove, ad esempio, la non competenza dei geometri in materia sia “sanata” dalla “controfirma” di un tecnico laureato (ingegnere o architetto) sul progetto strutturale.

Per rispondere a questi interrogativi è necessario procedere ad una ricostruzione precisa della disposizione normativa.

Quanto all’aspetto concernente la modestia della costruzione civile, concetto e punto di partenza, data la genericità letterale della norma, per l’individuazione del limite alla competenza del Geometra in questo campo, sono state invero prospettate tutte le tesi, anche le più stravaganti (dall’interpretazione soltanto economica, secondo cui il “modeste” significa “di basso costo”, a quella esclusivamente strutturale, secondo cui “modesto” implica “elementare”).

Alla luce di questo, infatti, è stata la giurisprudenza a stabilirne, nelle proprie pronunce, il significato verosimilmente applicabile.

Merita qui anticipare che il criterio principe seguito dalla giurisprudenza per stabilire se una costruzione sia modesta, consiste nel valutare se il progetto, per i problemi tecnici che implica, possa, in relazione alla destinazione dell’opera, comportare un pericolo per l’incolumità delle persone in caso di difetto strutturale.

Con ciò il concetto di modesta costruzione finisce in gran parte col coincidere con i criteri dettati dalla lettera l), poc’anzi analizzata, per quanto concerne le opere in cemento armato, che possono essere realizzate solo se i calcoli non risultano complessi e non c’è pericolo per la pubblica utilità.

In particolare, secondo la giurisprudenza maggioritaria non sarebbe possibile decidere a priori quando una costruzione sia modesta e quando no, essendo tale criterio relativo, nel senso che occorre compiere, volta per volta, una indagine di fatto delle difficoltà tecniche che la progettazione e l’esecuzione dell’opera concreta comportano, e delle capacità occorrenti per superarle, e ciò anche con riferimento al mutare delle conoscenze costruttive nel tempo.

A sostegno di tale tesi, una definizione senz’altro accettabile, portata avanti poi negli anni, è stata coniata dal Consiglio di Stato, Sezione Quinta, con la sentenza n. 390 del 12.11.1985, secondo cui il concetto di “modesta” costruzione “è valutabile secondo un criterio tecnico-valutativo consistente nel determinare (volta per volta) se il progetto, per i problemi tecnici che implica, rientri o meno nelle cognizioni della categoria dei geometri, tenuto conto della preparazione professionale della medesima in relazione agli studi compiuti ed alla cultura accresciuta dall’evoluzione delle conoscenze tecniche, da considerare alla stregua degli aspetti qualitativi, sia degli aspetti quantitativi della costruzione, tra di loro indissolubilmente connessi”.

Dunque, la Giurisprudenza Amministrativa sostiene da tempo che il requisito della modesta costruzione civile vada accertato in concreto, caso per caso: “per considerare la idoneità del Geometra a firmare il progetto di un’opera edilizia che comporta l’uso del cemento armato = e a dirigerne i lavori di esecuzione = occorre considerare le concrete caratteristiche dell’intervento. A tal fine non possono essere prefissati criteri rigidi e fissi, ma è necessario considerare tutte le particolarità della concreta vicenda, anche alla luce dell’evoluzione tecnica ed economica del settore edilizio”[12].

Si dovrà quindi tener conto anche della concreta e attuale preparazione professionale della categoria dei geometri in relazione agli studi compiuti e alla cultura notevolmente accresciuta in tempi recenti grazie all’evoluzione delle conoscenze tecniche[13].

Già in passato le SSUU nella sentenza n. 1474 del 13.05.1968, avevano chiarito che “modeste debbono considerarsi le costruzioni che non presentino difficoltà tecniche che, in quanto di difficile soluzione, esulino dal livello di conoscenze proprie del Geometra/perito industriale”.

Interessante è poi quanto sostenuto dalla Corte costituzionale, con sentenza 27.4.1993 n. 199[14], in cui viene escluso che il criterio di discrimine tra la competenza delle diverse categorie professionali della “modestia della costruzione” potesse essere ritenuto eccessivamente generico.

Riportando qui alcuni punti della pronuncia, si legge che “[…] i criteri enunciati nelle lettere l) e m) dell’art. 16 r.d. n. 274 del 1929 non si discostano da quelle nozioni di comune esperienza che «non impongono al giudice alcun onere esorbitante dal normale compito di interpretazione» (…), specie ove si consideri l’ausilio che – come si è accennato – può a tal fine essere offerto dalla intera normativa di settore”.

A corollario di quanto appena rilevato, viene evidenziato da più recente giurisprudenza che, per accertare se una costruzione sia da considerare “modesta” e rientri nella competenza professionale dei geometri ai sensi dell’art. 16 del R.D. n. 274/1929, il criterio da seguire  sia “quello tecnico-qualitativo fondato sulla valutazione della struttura dell’edificio e delle relative modalità costruttive, che non devono implicare la soluzione di problemi particolari devoluti esclusivamente ai professionisti di rango superiore, mentre il criterio quantitativo e quello economico possono soccorrere quali elementi complementari di valutazione, in quanto indicativi delle caratteristiche costruttive e delle difficoltà tecniche presenti nella realizzazione dell’opera[15].

Dunque, con riferimento alla espressione “modeste costruzioni civili”, l’elaborazione giurisprudenziale sul punto è generalmente concorde nel ritenere che il criterio di riferimento sia quello tecnico-qualitativo fondato sulla valutazione della struttura dell’edificio e delle relative modalità costruttive, necessario per determinare se il progetto nel suo complesso, rientra nelle cognizioni tecniche del Geometra[16]; soccorrono, però, anche elementi economici-quantitativi, rapportati all’entità, in termini di cubatura e di valore economico, dell’intervento definiti “elementi complementari di valutazione”.

Volendo approfondire ulteriormente quest’ultimo aspetto, il primo momento valutativo non può esser fatto astrattamente, quasi che la scienza delle costruzioni e le cognizioni tecniche del Geometra siano state cristallizzate all’epoca dell’emanazione della normativa di riferimento, che, non dimentichiamolo, risale all’anno 1929.

Infatti, il concetto di modesta costruzione civile va correlato alla evoluzione tecnico-scientifica dell’edilizia: nel tempo tale nozione si dovrebbe adeguare allo stato della cultura tecnica dei professionisti ed ai moderni metodi di costruzione.

In tal senso si è pronunziata la sopra citata Corte costituzionale che con sentenza n. 199 del 27.4.1993, affermando la ragionevolezza di “ragguagliare a presupposti flessibili la determinazione di competenze che postulano cognizioni necessariamente variabili in rapporto ai progressi tecnico-scientifici che la materia può subire nel tempo”.

A conferma di ciò, considerare l’idoneità del Geometra a firmare il progetto di un’opera edilizia che comporta l’uso del cemento armato = e a dirigerne i lavori di esecuzione = occorre considerare le concrete caratteristiche dell’intervento  e, proprio, a tal fine, “non possono essere prefissati criteri rigidi e fissi, ma è necessario considerare tutte le particolarità della concreta vicenda, anche alla luce dell’evoluzione tecnica e economica del settore edilizio”[17].

Ecco perché, preme ribadirlo, si dovrà tener conto anche della concreta e attuale preparazione professionale della categoria dei geometri in relazione agli studi computi e alla cultura notevolmente accresciuta in tempi recenti grazie all’evoluzione delle conoscenze tecniche[18].

Completato questo primo momento valutativo, all’esito del quale si dovrà escludere la competenza del Geometra solo in presenza di opere in cemento armato che richiedono complessi calcoli delle strutture e possono comportare evidenti problemi di staticità, si dovrà, poi, considerare l’opera progettuale in cemento armato anche secondo il criterio economico-quantitativo.

In questo secondo momento valutativo, di fondamentale rilievo dovrà essere l’esigenza di sicurezza volta ad evitare il pericolo per l’incolumità pubblica delle persone, nell’accezione già vista nel capitolo dedicato alle costruzioni rurali.

Sul tema rileva la pronuncia della Cassazione civile n. 13968 del 14.6.2007, secondo cui l’indagine intesa ad accertare se una costruzione destinata a civile abitazione sia da considerarsi modesta e rientri, quindi, nella competenza professionale dei periti industriali (o dei geometri), non può prescindere dalla valutazione delle difficoltà tecniche che la progettazione e l’esecuzione dell’opera comporta e dalla capacità (cioè dalle cognizioni tecniche) occorrente per superarle, criterio che ha valore fondamentale per l’esatta interpretazione e l’applicazione dell’art 16 del regolamento professionale (R.D. 11 febbraio 1929 n. 275, per i periti industriali, R.D. 11 febbraio 1929 n 274, per i geometri); in detta indagine si terrà conto anche degli elementi dell’importo dell’opera (costo presunto), della cubatura e del numero dei piani (cosiddetti criteri di valore, od economico, e quantitativo), ma soprattutto per il loro valore sintomatico, in quanto valgono a determinare le caratteristiche costruttive dell’opera e ad illuminare sulle difficoltà tecniche che l’opera medesima presenta, al fine di apprezzare se questa costituisca una costruzione modesta ai sensi dell’ordinamento professionale, ovvero esuli dalla capacità tecnica e dalla competenza dei periti industriali (e dei geometri).

Quindi rileveranno sia le dimensioni in termini di cubatura e di altezza della costruzione in cemento armato, sia la destinazione che essa avrà, con particolare riguardo all’uso pubblico o collettivo e, comunque, alla possibilità di ospitare una pluralità di persone.

Sulla base di questa precisa, ma al tempo stesso complessa, definizione del concetto di “modesta costruzione civile”, come vedremo, si è andata formando una giurisprudenza, soprattutto della Corte di Cassazione Civile e di alcuni Tribunali Amministrativi Regionali, che è arrivata ad escludere radicalmente la competenza del Geometra nella progettazione e direzione dei lavori per le costruzioni civili in cemento armato.

Passando ora alla tematica del cemento armato, la lett. m) del succitato art. 16 R.D. n. 274/1929 riguardo alle competenze dei Geometri in relazione agli edifici di civile abitazione, non fa alcun accenno alla possibilità – per tali professionisti – di progettare e realizzare anche edifici con strutture in cemento armato, precisando, come detto, che debba trattarsi comunque di costruzioni modeste.

Con più specifico riferimento alle opere in conglomerato cementizio semplice od armato, si deve inoltre ricordare il R.D. 16 novembre 1939 n. 2229, poi abrogato dal Dlgs. n. 212 del 2010, che escludeva in via assoluta che i tecnici non laureati fossero competenti per la realizzazione di tal genere di costruzioni e stabiliva, in proposito, che «ogni opera di conglomerato cementizio semplice od armato, la cui stabilità possa comunque interessare l’incolumità delle persone, deve essere costruita in base ad un progetto esecutivo firmato da un ingegnere, ovvero da un architetto iscritto nell’albo, nei limiti delle rispettive attribuzioni […]».

Successivamente la L. 5 novembre 1971 n. 1086, sopra citata e ad oggi riportata nel T.U. Edilizia, ha disciplinato la materia delle opere in conglomerato cementizio armato, normale, precompresso ed a struttura metallica, ma utilizzando una formulazione più generica, riguardo alle competenze, rispetto a quella degli anni Venti e Trenta.

L’art. 2, infatti, nel disciplinare la progettazione e direzione lavori delle opere in cemento armato, ha richiamato anche le figure del Geometra e del Perito edile, pur precisando per costoro la possibilità di sottoscrivere i progetti nei limiti delle rispettive competenze professionali (formulazione che, in effetti, non porta ulteriori chiarimenti).

Infine, come poc’anzi accennato, la disposizione del citato art. 2 della L. n. 1086/1971, è stata ripresa dal T. U. in materia edilizia (DPR n. 380/2001) il quale, ai commi 2 e 3 dell’art. 64, ha disciplinato le competenze professionali per la redazione di un progetto esecutivo riguardo a opere in conglomerato cementizio.

In particolare, tali ultime disposizioni normative utilizzano una formulazione ancora più generica – e ciò di fatto non rende più semplici le cose –, facendo riferimento alla figura di un “tecnico abilitato, iscritto nel relativo albo, nei limiti delle proprie competenze stabilite dalle leggi sugli ordini e collegi professionali”, senza specificare altro.

Per queste ragioni, alla luce del difficile coordinamento tra le diverse discipline normative e le differenti interpretazioni che ne sono state date, nel corso degli anni si è sviluppato un contenzioso in relazione alle attribuzioni professionali dei tecnici non laureati.

La giurisprudenza amministrativa, nell’affrontare le questioni qui in esame ha dato vita a due diversi orientamenti, il primo dei quali preclude tassativamente la possibilità per i geometri di progettare costruzioni in cemento armato, e il secondo ne limita la competenza alla progettazione di “costruzioni modeste”.

Secondo l’impostazione più restrittiva, è stato sostenuto che, in mancanza di ogni ulteriore specificazione da parte della lett. m) di cui all’art. 16, R.D. n. 274 del 1929, la competenza dei geometri, nel campo degli edifici civili, è limitata alla realizzazione di edifici di carattere “modesto”, in nessun modo implicanti l’utilizzo di strutture in cemento armato, atteso che la progettazione di tali opere in conglomerato cementizio è ammessa dalla lettera l) soltanto per piccole costruzioni accessorie di edifici rurali ovvero adibiti ad uso di industrie agricole[19].

Tale orientamento si fonda sull’assunto che la possibilità che il Geometra possa progettare e realizzare costruzioni in cemento armato sarebbe riconosciuta in via di eccezione solo per le costruzioni accessorie degli edifici rurali ai sensi dell’art. 16 lett. l) del R.D. n. 274/1929[20].

Quindi, trattandosi la lettera l) di una norma di carattere eccezionale, quanto dalla stessa stabilito per gli edifici rurali non potrebbe essere generalizzato ed esteso per le costruzioni civili, qualunque sia l’importanza e l’entità dell’intervento.

In secondo luogo, seguendo questo orientamento si è arrivati ad affermare che ogni qualvolta si sia in presenza di una progettazione di una casa di civile abitazione in cemento armato, l’intervento esula dal concetto di modesta costruzione perché richiederebbe ex sé particolari operazioni di calcolo e rappresenterebbe così, da un punto di vista tecnico-qualitativo, un automatico superamento del limite della competenza del tecnico non laureato[21].

Viceversa, secondo l’interpretazione più estensiva non sarebbe precluso al Geometra (e al perito industriale) la progettazione di opere in cemento armato, ma essa sarebbe limitata alle opere civili aventi comunque modeste dimensioni, così da doversi escludere pericolo per l’incolumità delle persone in caso di difetto strutturale[22].

Non possiamo peraltro sottovalutare il fatto che il rigore adottato dalla giurisprudenza citata (da taluna pronuncia qualificato come “favor” per la competenza esclusiva dei tecnici laureati: così Cons. St., Sez. V, 13.1.1999, n. 25, secondo cui “nei casi di dubbio sulla competenza alla progettazione di un’opera vige un favor per la competenza esclusiva dei tecnici laureati”), trova fondamento nell’esigenza di tutela della sicurezza nelle costruzioni e nel concetto del “pericolo per l’incolumità delle persone”, già affrontato nel capitolo precedente.

Infatti, tutta la normativa dettata dal legislatore in via primaria e in via secondaria, sia quando individua = o cerca di individuare = le competenze esclusive o promiscue delle varie categorie professionali, sia quando stabilisce le disposizioni tecniche per la realizzazione di edifici, è volta, come scopo primario, a garantire il massimo della sicurezza delle persone e dell’igiene nelle costruzioni, siano esse destinate a civile abitazione ovvero ad attività produttiva.

Ma questo non può comportare sic et sempliciter l’automatica incompetenza a progettare o realizzare determinati tipi di costruzione per i geometri, quasi che costoro fossero incapaci, pur nell’ambito delle proprie competenze, a progettare e dirigere lavori di costruzioni di qualsivoglia tipologia ogniqualvolta si presenti un’opera in cemento armato.

E questo e quanto è andata ad affermare la giurisprudenza del Consiglio di Stato e della Cassazione Penale.

Con la sentenza n. 784 del 9.8.1997, la IV Sezione del Consiglio di Stato ha  statuito che: “Dal complesso normativo risultante dal r.d. 16 novembre 1939 n. 2229 e dalle l. 5 novembre 1971 n. 1086, 2 febbraio 1974 n. 64 e 2 marzo 1949 n. 144 si deve trarre la conclusione che ai tecnici diplomati non è preclusa in assoluto la progettazione di strutture in cemento armato: anzi la stessa è specificamente prevista e consentita sempre che si mantenga nei limiti della competenza come determinata nella rispettiva disciplina  professionale: ne consegue che la competenza dei geometri alla progettazione, direzione e  vigilanza di modeste costruzioni civili non trova alcuna limitazione o preclusione nella relativa struttura in cemento armato e dovendo anzi tenersi conto della specifica cultura di tali professionisti accresciuta dall’evoluzione delle relative conoscenze tecniche. Poiché l’art. 16 lett. m) r.d. 11 febbraio 1929 n. 274, concernente l’ordinamento professionale dei geometri, consente l’attività di progettazione, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili senza ulteriori specificazioni, rientra nella competenza dei geometri anche la progettazione di costruzioni in cemento armato, purché tali costruzioni, sotto il profilo tecnico-qualitativo, rientrino, per i problemi tecnici che implicano, nella loro preparazione professionale”[23].

Tale pronuncia ha permesso così di superare l’interpretazione eccessivamente rigorosa e restrittiva del combinato disposto di cui alle lettere l) e m) del R.D. n. 274/1929 sopra prospettata, ammettendo che le previsioni di cui alla lettera l), proprie delle costruzioni rurali, siano estendibili per analogia alle costruzioni civili[24].

Questa interpretazione ha inoltre trovato suffragio anche nella giurisprudenza della Corte di Cassazione penale secondo cui la menzionata legge n. 1086/71 (Norme per la disciplina delle opere di conglomerato cementizio armato, normale e precompresso ed a struttura metallica), oggi tradotta nel T.U. Edilizia, ha innovato la materia delle competenze professionali dei geometri,  modificando gli articoli 1 e 3 del R.D. n. 2229/1936 (Norme per la esecuzione delle opere in conglomerato cementizio semplice od armato), e consentendo quindi ai geometri la progettazione e direzione dei lavori di costruzioni civili in cemento armato, purché di modesta entità.

In particolare (Sez. II, 16.10.1996, n. 10125): “L’art. 2 l. 5 novembre 1971 n. 1086, nell’indicare i professionisti abilitati alla progettazione e alla costruzione delle opere in conglomerato cementizio armato, normale e precompresso, fa espressamente salvi i limiti delle singole competenze professionali. Per quanto riguarda i geometri, occorre fare riferimento alle lettere l) e m) dell’art. 16 del r.d. 11 febbraio 1929 n. 274, che segnano i limiti della competenza del Geometra in materia di costruzioni rurali e civili, e da cui può desumersi che, relativamente alle costruzioni in cemento armato, il Geometra è abilitato alla progettazione e direzione di lavori afferenti a esse solo quando si tratti di modeste costruzioni – intendendosi con tale termine la limitata entità dell’opera nel suo complesso e non la sola semplicità di essa – che non richiedano complessi calcoli delle strutture e non comportino problemi di stabilità e pericolo per la incolumità pubblica”.

 

Sui limiti della competenza e i rischi per il professionista: conseguenze di carattere civile, penale e  amministrativo

Vale la pena, a questo punto, rammentare a quali conseguenze rischia di andare incontro il Geometra che, nell’esercizio della propria professione, “sconfini” invadendo le competenze riconosciute dall’ordinamento ad altre figure professionali (nello specifico, ingegneri e architetti).

Si tratta, infatti, di conseguenze particolarmente rilevanti e pregiudizievoli per il professionista, di ordine civile, amministrativo, penale ed anche disciplinare.

Occorre anzitutto richiamare l’attenzione sulle conseguenze di natura civilistica consistenti, ad esempio, nella nullità del contratto stipulato tra il professionista ed il committente (atteso che il Geometra opererebbe in violazione di norme imperative ex art. 1418 c.c.), con impossibilità per il primo di pretendere dal secondo il pagamento del compenso della prestazione tecnico-professionale eseguita.

Alla luce di orientamenti giurisprudenziali tanto rigidi e restrittivi, i Consigli locali e il Consiglio Nazionale dei Geometri sostengono da tempo la necessità che il Legislatore nazionale metta mano alla materia, stabilendo con maggiore precisione i limiti entro i quali i geometri possano operare legittimamente, avuto riguardo alle effettive conoscenze, alla evoluzione del corso di studi ed alle capacità tecniche della loro categoria professionale.

In proposito, infatti, non va dimenticato che il D.P.R. n. 328/2001 ha modificato la disciplina dei requisiti di ammissione all’esame di Stato, aggiornando il percorso formativo necessario per l’accesso alla professione di Geometra.

Ne discende che un mancato adeguamento delle lettere l) ed m) dell’art. 16 del R.D. n. 274/1929 alle reali e moderne competenze del Geometra è suscettibile di rendere la norma stessa totalmente anacronistica ed incompatibile con la sua attuale ampia professionalità.

In giurisprudenza è abbastanza pacifico che “la violazione delle norme imperative sui limiti dei poteri del  professionista stabiliti dalla legge professionale (nella specie l’art. 16 r.d. n. 274 del 1929, che consente al geometra la progettazione, la direzione e la  vigilanza di modeste costruzioni  civili) determina la nullità del contratto di opera professionale ex art. 1418 c.c. in relazione anche agli art. 2229 e ss. c.c.”[25].

Tuttavia, come vedremo, ciò che invece in tempi recenti è divenuto meno pacifico è la possibilità di una collaborazione tra Geometra e tecnico laureato per la progettazione di un’opera in cemento armato esulante dalle competenze del tecnico non laureato: infatti, la giurisprudenza si è interrogata più volte in materia di collaborazione tra professionisti nell’ambito oggetto di trattazione.

In questo campo si sono formati in giurisprudenza due opposti orientamenti, emergendo da un lato l’orientamento più restrittivo per la categoria professionale del Geometra secondo cui l’invalidamento del progetto, redatto e presentato da un tecnico diplomato non competente in materia di cemento armato, non viene eluso dal fatto che un tecnico laureato (ingegnere o architetto) abbia effettuato e firmato i calcoli strutturali e diretto i relativi lavori delle strutture in cemento armato.

Dall’altro, come avremo modo di approfondire nel prosieguo, l’orientamento più temperato e favorevole per la categoria dei geometri, che opta per una interpretazione meno rigida del dato letterale che prevede lo scorporo delle attività professionali riguardanti il cemento armato effettivo e non simulato, per cui ciascun professionista (Geometra da un lato, Architetto o Ingegnere dall’altro) riceve dal committente un autonomo incarico rientrante nel rispettivo ambito professionale assumendosi una responsabilità piena circa il contenuto della propria prestazione, con il solo vincolo di coordinarsi con gli altri professionisti dato il carattere unitario dell’edificazione.

Per quanto attiene il primo orientamento più rigido, vi sono una serie di pronunce tra le quali la Sentenza del Consiglio Stato, sez. IV, 05 settembre 2007, n. 4652 ove si afferma con chiarezza che: “Non rientrano nella competenza dei geometri le opere in cemento armato diverse dalle piccole costruzioni accessorie, risultando ininfluente che il calcolo del cemento armato sia stato affidato ad un ingegnere o ad un architetto”.

La medesima Sentenza afferma inoltre che, allorché i calcoli siano stati fatti eseguire ad un ingegnere o architetto, ciò sia chiaro segnale del fatto che l’opera esuli dalle competenze del Geometra in quanto evidentemente “non modesta”.

In linea con tale orientamento, nel caso di conferimento di un incarico professionale di redazione del progetto di una costruzione civile ad un collegio di progettisti, nei confronti di uno dei quali sia stata accertata la violazione delle norme imperative sui limiti dei poteri del professionista, stabiliti dalla legge professionale (nella specie, l’art. 16 del r.d. 11 febbraio 1929 n. 274), allorché sia accertato trattarsi di un contratto unitario ed inscindibile, in cui la prestazione sia dovuta collegialmente ed indivisibilmente dal collegio, la Corte di Cassazione nel 2008 ha stabilito che si determina la nullità dell’intero contratto di opera professionale, rilevabile ai sensi dell’art. 1421 c.c., anche d’ufficio, in ogni stato e grado del procedimento[26].

Ancora, in una più recente pronuncia[27] la Corte di Cassazione ha stabilito che la progettazione e la direzione di opere da parte di un Geometra in materia riservata alla competenza professionale degli ingegneri o degli architetti sono illegittime, a nulla rilevando in proposito che un progetto redatto da un Geometra sia controfirmato o vistato da un ingegnere ovvero che un ingegnere esegua i calcoli in cemento armato, atteso che il professionista competente deve essere altresì titolare della progettazione, trattandosi di competenze inderogabilmente affidate dal committente al professionista abilitato secondo il proprio statuto professionale, sul quale gravano le relative responsabilità.

Ne consegue allora che, qualora il rapporto professionale abbia avuto ad oggetto una costruzione per civili abitazioni, è affetto da nullità il contratto anche relativamente alla direzione dei lavori affidata a un Geometra, quando la progettazione – richiedendo l’adozione anche parziale dei calcoli in cemento armato – sia riservata alla competenza degli ingegneri.

Nel 2019 la Cassazione[28] ha disposto che è nullo il contratto di affidamento della direzione dei lavori di costruzioni civili ad un Geometra, ove la progettazione richieda l’esecuzione, anche parziale, dei calcoli in cemento armato, attività demandata agli ingegneri, attese le limitate competenze attribuite ai geometri dall’art. 16 del R.D. n. 274 del 1929.

Tale nullità è rilevabile, ai sensi dell’art. 1421 c.c., anche d’ufficio, in ogni stato e grado del procedimento, incontrando siffatto principio, in sede di legittimità, il limite del divieto degli accertamenti di fatto, sicché nel giudizio di Cassazione la nullità è rilevabile solo se siano acquisiti agli atti tutti gli elementi di fatto dai quali possa desumersene l’esistenza.

Sempre nel 2019 la Cassazione[29] ha pronunciato una sentenza con cui ha confermato la decisione in sede di Appello che aveva dichiarato la nullità del progetto predisposto da un Geometra in materia riservata alla competenza professionale degli ingegneri ed architetti, pur se la progettazione e la direzione dei lavori delle strutture in cemento armato erano state poste in essere da un architetto.

Entrando nel merito di tale pronuncia, la Corte ha stabilito che l’esecuzione di una prestazione d’opera professionale di natura intellettuale effettuata da chi non sia iscritto nell’apposito albo previsto dalla legge, dà luogo, ai sensi dell’art. 2231 c.c., a nullità assoluta del rapporto tra professionista e cliente, privando il contratto di qualsiasi effetto, con conseguente non spettanza di alcun compenso per l’attività svolta; in particolare, non rileva in contrario la circostanza che il progetto dell’opera risulti redatto da altro professionista cui quello incaricato si sia al riguardo rivolto, poiché è proprio dal personale possesso del titolo abilitante da parte di quest’ultimo che dipende la validità del negozio.

Partendo da questi spunti di riflessione offerti dalla giurisprudenza, e volendo approfondire e soffermarci su quanto fino a qui riportato, come è emerso dalla ricostruzione oggetto di questo scritto, è ormai consolidato l’orientamento secondo il quale la competenza del Geometra, ai sensi dell’art. 16 del R.D. n. 274/1929, sarebbe limitata alle modeste costruzioni civili, rurali o edifici per uso di industrie agricole di limitata importanza, di struttura ordinaria, che non richiedono particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non possono comunque implicare pericolo per l’incolumità delle persone.

Tuttavia, va ribadito che tale orientamento non può essere acriticamente e indistintamente applicato in tutte le ipotesi in cui una costruzione civile, ovvero una porzione di una modesta costruzione civile, preveda l’impiego di cemento armato.

Invero, il discrimine tra la competenza del Geometra a progettare opere in cemento armato e quella dei tecnici laureati non si può ridurre al dato letterale espresso nelle lettere l) ed m) dell’art. 16 del R.D. n. 274/1929: norma di legge dalla quale certamente non possiamo prescindere, ma che, come già affermato, dobbiamo interpretare tenuto conto dell’evoluzione della scienza e della tecnica nelle costruzioni e della normativa, anche sovranazionale, che disciplina la materia.

Risulta infatti giuridicamente anacronistico ed erroneo considerare che per le costruzioni civili, per le quali sono previste strutture in cemento armato, ogni competenza – anche per la parte architettonica – sia riservata ad altre figure professionali (ingegneri e architetti).

Nell’intenzione del legislatore, con il R.D. n. 2229/1939, “Norme per la esecuzione delle opere in conglomerato cementizio semplice od armato”, si voleva riservare alle competenze degli ingegneri e degli architetti esclusivamente la progettazione ed il calcolo delle strutture in conglomerato cementizio armato, ma non il progetto architettonico della costruzione.

Tale norma, che riguardava l’esecuzione delle opere in cemento armato (materiale allora di recente invenzione e soggetto ancora a brevetto), non aveva alcuna portata limitativa rispetto alle altre categorie professionali in merito alla progettazione architettonica e direzione lavori delle costruzioni.

A dimostrazione e riprova di tale generalmente condivisa impostazione tecnica c’è il fatto, incontestabile, che ingegneri, architetti e geometri sottoscrivono regolarmente i progetti ciascuno per le proprie competenze e, ancora attualmente, tali progetti vengono regolarmente approvati, nell’ambito delle rispettive competenze, dagli enti preordinati al rilascio degli atti di assenso, le strutture sono regolarmente collaudate e le costruzioni vengono legittimamente dichiarate agibili.

Va altresì richiamata la L. n. 1086 del 1971, (oggi trasfusa nelle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia di cui al D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380) la quale, all’art. 2, prevedeva che le costruzioni di opere in conglomerato cementizio potevano avvenire in base ad un progetto esecutivo redatto anche da un Geometra iscritto nel relativo Albo, nei limiti delle sue competenze e, nel caso concreto, la competenza era, ed è tutt’oggi, riconosciuta dallo stesso R.D. n. 274 del 1929 che, all’art. 16, lett. m), attribuisce ai geometri la competenza in materia di progetto, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili, senza porre alcun limite, nemmeno in relazione all’opinabile e discrezionale concetto di pericolo per l’incolumità delle persone e senza alcuna specificazione in relazione al tipo di struttura da realizzare.

Il riferimento a questi ultimi elementi (incolumità delle persone, etc.) risulta accennato nella lett. l) che riguarda le competenze del Geometra in materia di costruzioni rurali, tipologia di fabbricati che per loro natura facilmente esorbitano dal concetto della costruzione modesta.

Non è corretto, dal punto di vista ermeneutico, che i due disposti, lettera l) e lettera m), siano interpretati in modo combinato al fine di limitarne la portata.

Ciò stride anche in riferimento all’art. 12 disp. prel. c.c., che vieta all’interprete di attribuire alla legge altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse e dalla intenzione del legislatore.

Se il Legislatore del 1971 avesse inteso, ai sensi del citato R.D. del 1929, escludere dalla competenza dei geometri qualsiasi tipo di costruzione civile che preveda l’uso anche parziale del cemento armato e attribuire ai predetti professionisti competenza limitata alle piccole costruzioni accessorie in cemento armato, avrebbe inserito un riferimento esplicito nella lettera m) per sottolineare l’eccezionalità di tale ipotesi, e non avrebbe certamente menzionato tale categoria professionale tra quelle generalmente competenti.

Infatti, all’art. 2, della legge, n. 1086/1971, veniva indicato in modo espresso e non equivoco quali sono le professioni abilitate a redigere progetti esecutivi (quindi anche strutturali), individuando quelle dell’Ingegnere o dell’Architetto o del Geometra o del perito industriale edile, iscritti nel relativo albo nei limiti delle rispettive competenze (per il Geometra costruzioni civili di modesta entità) e di ciò non può non tenersi conto.

La frapposizione tra le professioni della congiunzione disgiuntiva “o” significa che la legge attribuiva al Geometra competenza autonoma rispetto alle altre categorie in materia di progetti per la realizzazione di “Opere di conglomerato cementizio armato, normale e precompresso ed a struttura metallica”.

Quanto sopra esposto risulta confermato dalla L. n. 64/1974 la quale, dopo aver affermato che le costruzioni in zone sismiche possono essere realizzate anche in cemento armato (art 14), prescrive che il progetto deve essere firmato da un professionista, quale anche un Geometra (art 17).     È evidente che una simile previsione presuppone il riconoscimento da parte del legislatore che la normativa professionale consente ai geometri di progettare anche costruzioni che prevedono l’uso di tali strutture.

Un’interpretazione evolutiva della norma risulta del tutto aderente ai canoni legali, perché con essa si adegua la norma stessa alle nuove situazioni, all’epoca non previste e determinate dallo smisurato progresso scientifico e mutata realtà sociale, accompagnati nel tempo dalla generale, costante e proporzionale crescita di professionalità.

In ogni caso, da tempo nessuna norma statale prevede più una riserva di competenze per l’attività di progettazione a favore di determinate categorie professionali.

Anche la riserva di cui al R.D. n. 2229/1939, art. 1, comma 1, a favore degli architetti e degli ingegneri, oggi espressamente abrogata, era già stata implicitamente abrogata con l’entrata in vigore della legge 5/11/1971, n. 1086, che fin dal titolo risulta disciplinare la medesima materia, dettando la nuova normativa generale ed organica per le “Opere di conglomerato cementizio armato, normale e precompresso ed a struttura metallica”.

Per quanto concerne le norme tecniche, l’art. 21 della citata legge n. 1086/1971, aveva affidato al Ministro dei Lavori Pubblici il compito di emanarle, prevedendo, all’art. 22, che “fino a quando non saranno emanate le norme tecniche di cui al precedente art. 21, continuano ad applicarsi le norme di carattere tecnico contenute nel R.D. 16/11/1939, n. 2229, e nel decreto del Capo Provvisorio dello Stato 20/12/1947 n. 1516” (di qui l’abrogazione implicita).

Quindi, non possono sussistere dubbi sul fatto che l’abrogazione del contenuto del R.D. n. 2229/1939 fosse già avvenuta implicitamente per volontà della legge in concomitanza con l’emanazione del D.M. 30/05/1972, poi sostituito dal D.M. 02/05/1974 e 16/06/1976, e ciò che restava del R.D. n. 2229/1939 è stato completamente reso inapplicabile fin dal 1972.

A maggior sostegno di quanto affermato, va sottolineato che l’abrogazione del R.D. n. 2229/1939 è avvenuta “espressamente” nell’ambito dell’art. 1 del D.Lgs. n. 212/2010, recante l’abrogazione di disposizioni legislative statali, ai sensi della L. n. 264/2005, punto 14, lettera a), “esclusione delle disposizioni già oggetto di abrogazione tacita o implicita”.

Dunque, in considerazione di quanto sopra, la corretta interpretazione del quadro normativo determina che, al minimo, il Geometra è sempre competente nella progettazione e direzione lavori urbanistico–architettonica, nei casi di costruzioni civili di modesta entità. Ciò anche se la loro realizzazione dovesse comportare l’uso pieno o parziale del cemento armato.

Altrimenti, il novero della categoria professionale dei geometri nell’ambito della legge che stabilisce chi è legittimato a progettare “Opere di conglomerato cementizio armato, normale e precompresso ed a struttura metallica”, non avrebbe alcun significato.

Passando allora all’orientamento giurisprudenziale meno restrittivo in materia, quanto da ultimo esposto si evince anche dal parere del Consiglio di Stato, sezione consultiva – non giurisdizionale – n. 2539/2015, il quale, respingendo le interpretazioni eccessivamente restrittive, anche in relazione a quelle della Suprema Corte, distingue gli ambiti della progettazione tra architettonica e strutturale e afferma che il Geometra è sempre competente per la progettazione architettonica nei limiti della costruzione civile di modesta entità.

Parere che riportiamo di seguito per estratto:

(…) Sembra pertanto che, per quanto riguarda le opere in cemento armato normale o precompresso e di quelle a struttura metallica, ci si debba riferire alla normativa riguardante gli ordini professionali: id est, nel caso in esame, alla specifica normativa contenuta nell’art. 16 R.D. n. 274 del 1929, cui la giurisprudenza civile ed amministrativa avevano fatto costante ed indiscusso riferimento (exempli gratia Cons. Stato, Sez. IV, 9 febbraio 2012, n. 686; Cass. civ., Sez. II, 2 settembre 2011, n. 18038; Cons. Stato, Sez. V, 28 aprile 2011, n. 2537; .[..].).

Salvo che questa disposizione – così come formulata – si giustificava in presenza della regola generale, oggi abrogata, dell’art. 1 R.D. n. 2229 del 1939. Infatti, quest’ultima regola generale, mentre era idonea a porre un limite a quanto disposto della lett. m) dell’art. 16 R.D. n. 274 del 1929, per la quale oggetto e limiti dell’esercizio professionale del Geometra sono costituiti da “progetto, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili”, poteva tollerare un’eccezione solo per quanto stabilito dalla lett. l) del medesimo articolo, che contempla “progetto, direzione, sorveglianza e liquidazione di costruzioni rurali e di edifici per uso di industria agricola, di limitata importanza, di struttura ordinaria, comprese piccole costruzioni accessorie in cemento armato, che non richiedono particolari operazioni di calcolo e per la loro destinazione non possono comunque implicare pericolo per la incolumità delle persone…” (Cons. Stato, Sez. IV, 28 novembre 2012, n. 6036).

Ma, una volta abrogata la regola generale, la normativa introdotta dall’art. 16 appare squilibrata, nel senso che le modeste costruzioni civili potrebbero essere, in ipotesi tutta da dimostrare, progettate dai geometri, anche se implicanti strutture in cemento armato normale o precompresso, mentre per le costruzioni rurali e per gli edifici di uso industriale agricolo – certamente implicanti una ridotta frequentazione da parte di persone – i geometri potrebbero progettare solo “piccole costruzioni accessorie in cemento armato, che non richiedono particolari operazioni di calcolo e per la loro destinazione non possono comunque implicare pericolo per la incolumità delle persone”. Ciò che era un’eccezione nel senso dell’ampliamento delle funzioni dei geometri, diverrebbe, oggi, un’eccezione in senso riduttivo delle funzioni stesse, al di fuori di ogni ragionevolezza in relazione alla tutela della pubblica incolumità.

In tale situazione l’interpretazione delle norme ha visto schierarsi la giurisprudenza su due lati opposti. Da un lato, vi è chi ritiene che ormai non sussistano più limiti alla possibilità che i geometri siano responsabili dei progetti, purché si tratti di modeste costruzioni civili, e che l’unico limite rinvenibile sia quello derivante dalla identificazione della c.d. “modestia” della costruzione (cfr. exempli gratia, Cons. Stato, Sez. IV, 9 agosto 1997, n. 784; T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. III, 15 maggio 2013, n. 1108). Dall’altro, vi sono, però, pronunce che, anche dopo l’entrata in vigore del D.lgs. n. 212 del 2010 – oltre a non dare a quest’ultima abrogazione efficacia retroattiva neppure sul piano interpretativo della normativa precedente (Cass. civ., sez. II, 30 agosto 2013, n. 19989) – continuano ad applicare alla professione di Geometra il divieto assoluto di progettazione, allorché si tratti di costruzioni civili aventi strutture in cemento armato (cfr. exempli gratia, Cass. civ., Sez. II, 2 settembre 2011, n. 18038; 14 febbraio 2012, n. 2153).

La prima soluzione data al problema non regge, perché trascura quanto disposto dalla lett. l) dell’art. 16 R.D. n. 274 del 1929 (Cons. Stato, Sez. V, 28 aprile 2011, n. 2537) e perché non considera che quanto disposto dagli artt. 1 e 2 L. 5 novembre 1971, n. 1086, e 17 l. 2 febbraio 1974, n. 64 faceva riferimento ad un consolidato sistema di competenze, che escludeva i geometri dalla progettazione di opere in cemento (cfr. Cass. Civ., Sez. II, 2 settembre 2011, n. 18038; 7 settembre 2009, n. 19292). .[..].

L’altra impostazione data al problema sembra trascurare il dato inoppugnabile nascente dall’ordinamento positivo, che ha abrogato la riserva in favore degli architetti ed ingegneri della progettazione ed esecuzione di “ogni opera di conglomerato cementizio, semplice o armato, la cui stabilità possa comunque interessare l’incolumità delle persone”.

Ad avviso della Sezione la strada da percorrere è diversa da quelle sopra accennate.

Si tratta, continuano i giudici di palazzo Spada, di “individuare innanzi tutto un principio regolatore, che deve sovrintendere all’esercizio delle competenze dei vari ordini professionali, e di applicare tale principio regolatore nel delineare la linea di demarcazione tra le competenze di ingegneri ed architetti, da un lato, e quelle di geometri o periti industriali, dall’altro.

Tale principio è senza dubbio ispirato al pubblico e preminente interesse rivolto alla tutela della pubblica incolumità espressamente codificato nell’art. 64, comma 1 del d.P.R. n. 380/2001 e del quale l’art. 16, lett. l) del Regio Decreto n. 274/1929 faceva puntuale applicazione[30]: si tratta di un principio espressamente codificato nell’art. 64, co. 1, d.P.R. n. 380 del 2001 (e già prima nell’art. 1, co. 4, l. n. 1086 del 1971).

Del resto la stessa L. 2 marzo 1949, n. 143 (Testo unico della tariffa degli onorari per le prestazioni professionali dell’ingegnere e dell’architetto), muoveva dal presupposto che per le costruzioni antisismiche a più di un piano l’ossatura in cemento armato non possa essere progettata da geometri.

Pertanto, “la lett. l) dell’art. 16 R.D. n. 274 del 1929 esprime un limite intrinseco all’attività professionale dei geometri, che non può esplicarsi per opere che fanno uso di conglomerato cementizio, se esse siano tali da “interessare l’incolumità delle persone”.

Ne deriva che sarebbe illogico non applicare per analogia, anche con riferimento alle costruzioni civili, la facoltà di progettazione, che l’art. 16, lett. l) attribuisce ai geometri, per quanto riguarda l’uso del cemento armato in piccole costruzioni accessorie a quelle rurali ed agli edifici per uso di industrie agricole, che non richiedono particolari operazioni di calcolo e non implichino per destinazione pericolo per l’incolumità delle persone; il che può esprimersi dicendo che le modeste costruzioni civili non debbono comportare l’impiego di conglomerati cementizi, semplici o armati, in strutture statiche e portanti astrattamente suscettibili di arrecare pericolo all’incolumità delle persone (Cass. civ., Sez. II, 13 gennaio 1984, n. 286; Cons. Stato, Sez. V, 8 giugno 1998, n. 779).

In altri termini, anche per le “modeste” costruzioni civili il Geometra può progettare, con l’uso del cemento armato, piccole costruzioni accessorie, che non richiedano particolari operazioni di calcolo e non implichino per destinazione pericolo per l’incolumità delle persone.

Se ci si domanda, poi, in cosa consista in dettaglio la competenza di geometri alla progettazione ed esecuzione di “modeste costruzioni civili”, vista l’indeterminatezza del requisito della modestia (come riconosciuto dallo stesso Consiglio nazionale dei geometri nella nota del 25 ottobre 2012), modestia che, secondo quanto ripetutamente affermato dalla giurisprudenza (ex multis Cons. Stato, Sez. V, 12 novembre 1985, n. 390; Sez. II, 12 maggio 1993, n. 202), va valutata sia sotto l’aspetto quantitativo che sotto quello qualitativo (con riferimento ai problemi tecnici che l’opera solleva), occorre mantenere ferme le limitazioni scaturenti dalla lett. l) dell’art. 16 R.D. n. 274 del 1929, ed in particolare quella del pericolo alla pubblica incolumità, che nel caso delle costruzioni civili implica sia valutata secondo criteri di particolare rigore.

Pertanto, se non si può rinunciare alla competenza tecnica in ordine all’effettuazione dei calcoli ed alla direzione dei conseguenti lavori per i conglomerati cementizi, specificamente connessa alla funzionalità statica delle opere in cemento armato, non può, tuttavia, non essere mantenuta in capo al Geometra la possibilità di procedere alla semplice progettazione architettonica delle modeste costruzioni civili, evitando nel contempo, però, comportamenti elusivi del combinato disposto delle lett. l) ed m) dell’art. 16 R.D. n. 274 del 1929. 

In tale prospettiva, che si basa anche sul principio generale della collaborazione tra titolari di diverse competenze professionali, nulla impedisce che la progettazione e direzione dei lavori relativi alle opere in cemento armato sia affidata al tecnico in grado di eseguire i calcoli necessari e di valutare i pericoli per la pubblica incolumità, e che l’attività di progettazione e direzione dei lavori, incentrata sugli aspetti architettonici della “modesta” costruzione civile, sia affidata, invece, al Geometra.

Non si tratta, quindi, di assicurare la mera presenza di un ingegnere progettista delle opere in cemento armato, che controfirmi o si limiti ad eseguire i calcoli (Cass. civ., Sez. II, 2 settembre 2011, n. 18038). Il professionista, che svolge la progettazione con l’uso del cemento armato, deve pertanto essere competente a progettare e ad assumersi la responsabilità del segmento del progetto complessivo riferito alle opere in cemento armato (T.A.R. Lombardia, Brescia, Sez. II, 18 aprile 2013, n. 361, ed implicitamente T.A.R. Marche, Ancona, 11 luglio 2013, n. 559), nel senso appunto che l’incarico non può essere affidato al Geometra, che si avvarrà della collaborazione dell’ingegnere, ma deve essere sin dall’inizio affidato anche a quest’ultimo per la parte di sua competenza e sotto la sua responsabilità (Cass. Civ. Sez. II, 30 agosto 2013, n. 19989)”.

Sicuramente si tratta di passaggi controversi perché se, da un lato, escludono i geometri dal campo prettamente strutturale dei calcoli che prevedano l’utilizzo del cemento armato, dall’altro continuano a legare la progettazione architettonica al concetto, se vogliamo generico e ampio, di “modesta costruzione”, essendo stati finora evanescenti i criteri secondo i quali la giurisprudenza stabilisce quando una costruzione civile possa dirsi tale.

C’è da dire che sicuramente il parere in questione del CdS ha avuto un carattere innovativo perché ha introdotto tre aspetti fondamentali: l’abrogazione del Regio Decreto del 1939, che elimina riserve in capo ad alcune categorie; la collaborazione fra professionisti, che dovranno rispondere ciascuno per le proprie responsabilità nella progettazione relativamente ai rispettivi segmenti di progetto; la competenza dei geometri nella progettazione architettonica e nella direzione lavori anche per le costruzioni in cemento armato in zona sismica.

Preme a questo punto richiamare, un orientamento secondo il quale, in materia di collaborazione tra titolari di diverse competenze professionali, sulla scorta del sopra esposto parere del Consiglio di Stato, il T.A.R. Campania, ha statuito che: “In base al principio generale della collaborazione tra titolari di diverse competenze professionali nulla impedisce che la progettazione e direzione dei lavori relativi alle opere in cemento armato sia affidata a un tecnico (ingegnere o architetto) in grado di eseguire i calcoli necessari e di valutare i pericoli per la pubblica incolumità, e che l’attività di progettazione e direzione dei lavori, incentrata sugli aspetti architettonici della “modesta” costruzione civile, sia affidata, invece, a un Geometra”[31].

E inoltre che: “La circostanza che le opere civili insistano in zona sismica non è sufficiente a escludere, di per sé, che la costruzione civile possa ritenersi “modesta”, ai fini della competenza del Geometra alla sua progettazione per le parti non interessate dalle strutture di cemento armato.        In tale ipotesi il requisito della “modestia” della costruzione civile deve essere valutato con maggiore rigore ma non escluso automaticamente”.

Chiari, dunque, i principi di diritto espressi dai Giudici di Palazzo Spada, e cioè che il Geometra è competente per la progettazione architettonica e direzione dei lavori di modeste costruzioni civili, nel rispetto della tutela dell’incolumità pubblica e con la possibilità, legittima possibilità, della cooperazione-collaborazione tra tecnici muniti di distinte competenze professionali, a patto che, sin dall’inizio, l’incarico sia affidato dal committente individualmente e separatamente e, ovviamente, sia altresì esternalizzato nei confronti della pubblica amministrazione.

Su questo aspetto si è pronunciato anche il Tribunale Amministrativo Regionale di Catania, che,  sconfessando l’orientamento prevalente manifestato dalla Corte di Cassazione, con la sentenza n. 1022 dello 22.4.2011, ha affermato che la progettazione di un modesto edificio civile può essere eseguita da un Geometra anche in zona sismica e nel caso di impiego di cemento armato.

Ciò premesso, il T.A.R. di Catania ha ricordato due sentenze della Cassazione (II, n. 17028/2006, e n. 19292/2009) che ha considerato nulli sul piano civilistico i contratti d’opera professionale stipulati da geometri in quanto aventi ad oggetto la realizzazione di opere in cemento armato.

I giudici siciliani hanno, però, affermato di non condividere la posizione della Suprema Corte, in quanto non tiene conto che anche le norme relative alle costruzioni in cemento armato, così come quelle dettate per le zone sismiche, fanno espresso richiamo per relationem alle competenze stabilite dall’ordinamento professionale dei geometri.

Il T.A.R. di Catania ha allora ricordato che in zona sismica, ai sensi dell’art. 17 della Legge n. 64/1974, possono essere eseguite costruzioni su progetto di ingegneri, architetti, geometri o periti edili iscritti nell’albo, nei limiti delle rispettive competenze.

Inoltre, l’art. 16 lett. m del R.D. 274/1929 (Regolamento per la professione di Geometra) contempla chiaramente – tra le varie ipotesi – le attività di “progetto, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili”.

Dunque, secondo i giudici, nei limiti del carattere “modesto” dell’edificio civile, la progettazione può essere eseguita in zona sismica anche da un Geometra.

Ma non solo: tale competenza permane anche (art. 2 Legge n. 1086/1971, ribadito anche dall’art. 64. co. 2, del T.U. Edilizia approvato con D.P.R. 380/2001) nelle ipotesi in cui il progetto (di edificio modesto) preveda l’impiego di cemento armato.

Nel caso di specie, il progetto architettonico – ossia, quello concernente l’aspetto estetico, la collocazione spaziale, e l’immagine dimensionale dell’edificio – è stato redatto da un Geometra (e poi sottoscritto “per presa visione” da un ingegnere); mentre tutte le altre tavole progettuali, che potremmo definire come veri “progetti strutturali”, sono state regolarmente redatte da un ingegnere.

Cioè, in altri termini, non siamo in presenza di un progetto ascritto solo al Geometra; ma di una progettazione effettuata a più mani, nella quale l’apporto dell’ingegnere risulta prevalente sul piano quantitativo e tecnico, mentre quello del progettista/Geometra è secondario e per certi versi atecnico, essendo limitato a definire l’aspetto esteriore dell’edificio.

Il T.A.R. Catania ha evidenziato come tutto ciò che attiene alla sicurezza, staticità e robustezza dell’edificio è stato regolarmente progettato da un tecnico laureato in ingegneria e che è giuridicamente irrilevante la circostanza che il Geometra abbia semplicemente confezionato l’aspetto esteriore della costruzione, lasciando correttamente all’ingegnere il compito di determinare gli aspetti tecnico/costruttivi del “disegno” proposto[32].

Se, dunque, viene ritenuta sufficiente dalla giurisprudenza da ultimo richiamata la “ratifica, con assunzione di responsabilità” ad opera di un tecnico laureato del progetto redatto da un Geometra, allora, a maggior ragione, risulterebbe essere legittimo ed ammissibile il progetto che un Geometra abbia redatto solo per la parte architettonica, allorquando lo stesso contempli gli elaborati tecnico strutturali firmati tutti da un Ingegnere.

A questo punto, addentrandoci nella materia di progettazione effettuata a più mani, e, quindi, nell’ambito della collaborazione tra titolari di diverse competenze professionali, è utile richiamare un orientamento secondo il quale, con la sentenza n. 361 del 18.4.2013 il Tribunale Amministrativo Regionale Lombardia, sezione staccata di Brescia, ha accolto il ricorso presentato dal Collegio dei Geometri e dei Geometri Laureati della Provincia di Bergamo contro l’operato dell’Ordine degli Architetti della Provincia di Bergamo.

In particolare, la questione verteva sull’annullamento di alcune note dell’Ordine degli Architetti di Bergamo che respingevano le richieste di designazione del complesso di professionisti per il collaudo di opere in cemento armato eseguite affidando a un Geometra la direzione lavori per il progetto architettonico.

Infatti, gli architetti di Bergamo hanno rilevato che partecipare al collaudo di opere in cemento armato in relazione alle quali i geometri, esorbitando dalle proprie competenze professionali, abbiano svolto attività di progettazione architettonica e di direzione lavori per il progetto architettonico, avrebbe rappresentato il sostegno di un abuso edilizio.

L’Ordine dei Geometri ha proposto una serie di censure, anzitutto a partire dalla presunta violazione dell’art. 67 comma 4 del DPR 380/2001, in quanto la designazione della terna di nomi tra cui viene scelto il collaudatore non sarebbe la sede idonea per esprimere valutazioni sul rispetto della competenza professionale del progettista e del direttore dei lavori, e nemmeno per anticipare giudizi sulla qualità dell’opera; e ancora, incompetenza assoluta, in quanto un ordine professionale non può stabilire i limiti della competenza di professionisti appartenenti ad altri ordini.

Infine, l’Ordine dei Geometri ha sostenuto la violazione dell’art. 16 del RD 274/1929, in quanto gli interventi edilizi in questione ricadrebbero nel concetto di modesta costruzione civile.

Sulla competenza dei geometri allora, il punto di partenza da cui sono partiti i giudici del T.A.R. è la disposizione che impone ai geometri di astenersi dalla progettazione e dalla direzione lavori aventi ad oggetto opere in cemento armato, con la sola eccezione delle piccole costruzioni accessorie in zona agricola.

Il T.A.R. ha, però, ammesso che la rigidità dell’interpretazione letterale, secondo cui le costruzioni civili in ambito non agricolo che comportino l’uso di cemento armato sarebbero sempre escluse dalla competenza dei geometri, anche quando si mantengano nei limiti delle modeste costruzioni, è attenuata dalla prassi di suddividere la progettazione e la direzione lavori in due segmenti, uno riferito alle opere in cemento armato e uno incentrato sugli aspetti architettonici, sempre che tale soluzione, sebbene si muova lungo un confine incerto, non si presti a comportamenti elusivi.

Tuttavia, secondo i giudici amministrativi, se lo scorporo delle attività professionali riguardanti il cemento armato è effettivo e non simulato, e ciascun professionista (Geometra da un lato, Architetto o Ingegnere dall’altro) riceve dal committente un incarico rientrante nel rispettivo ambito professionale assumendosi una responsabilità piena circa il contenuto della propria prestazione, con il solo vincolo di coordinarsi con gli altri professionisti dato il carattere unitario dell’edificazione, si apre la via verso una soluzione ragionevole consentita dall’art. 16 del RD 274/1929.

In tale prospettiva è, infatti, possibile trovare un punto di equilibrio tra la parte della norma che esclude il cemento armato dalla competenza professionale dei geometri in relazione alle costruzioni civili (lett. l) e quella che estende ai geometri la progettazione e la direzione lavori con riferimento alle costruzioni civili di modesta importanza (lett. m).

Poiché anche le costruzioni civili di modesta importanza possono richiedere l’impiego di cemento armato, non sarebbe corretto interdire in questi casi ai geometri una porzione rilevante della loro competenza professionale, quando sia invece possibile scorporare in modo chiaro ed effettivo dalla progettazione e dalla direzione lavori tutta l’attività riferibile al cemento armato, che richiede calcoli complessi.

Lo scorporo appare la soluzione preferibile anche alla luce del principio di proporzionalità secondo il quale non devono essere inflitte alla competenza professionale dei geometri limitazioni maggiori di quelle strettamente necessarie a garantire la sicurezza delle persone e degli edifici.

A riguardo è importante l’attenzione rivolta dai giudici alla questione attinente la necessità di separare questioni privatistiche e pubblicistiche, sottolineando che in ogni caso l’eventuale superamento del confine tra le competenze dei diversi ordini professionali rileva sul piano privatistico come causa di nullità dell’incarico professionale ma non su quello pubblicistico come vizio del permesso di costruire.

Affinché il titolo edilizio sia legittimo è sufficiente, da una parte, che i calcoli del cemento armato siano effettuati da un ingegnere o architetto, e, dall’altra, che il progetto redatto dal Geometra (o in relazione al quale il Geometra svolga la direzione lavori) non oltrepassi la tipologia delle modeste costruzioni civili.

Dunque, quando i calcoli provengano da un ingegnere o architetto si può presumere che sussistano adeguate garanzie per la sicurezza delle persone e degli edifici.

Di conseguenza l’interesse pubblico è pienamente tutelato e non si oppone alla realizzazione della costruzione, il che consente agli uffici comunali di limitarsi a verificare se l’opera sia effettivamente una modesta costruzione civile, tralasciando valutazioni di tipo privatistico sull’esistenza o meno di un valido incarico professionale tra il committente e il Geometra.

Dunque, quando il titolo edilizio risulti legittimo nel senso appena chiarito, non vi sono ragioni, secondo i giudici, per impedire il collaudo delle opere in cemento armato che compongono la costruzione assentita.

In altre parole, secondo questo orientamento, lo scorporo effettivo delle attività riferite agli aspetti architettonici da quelle connesse al cemento armato, che richiedono calcoli complessi, consente a ciascun professionista (Architetto o Ingegnere da un lato, Geometra dall’altro) di poter ricevere dal committente un incarico rientrante nel rispettivo ambito professionale assumendosi una responsabilità piena circa il contenuto della propria prestazione, con il solo vincolo di coordinarsi con gli altri professionisti dato il carattere unitario dell’edificazione.

Soffermandoci ora sul piano più strettamente di diritto amministrativo, la giurisprudenza non è univoca.

Il T.A.R. poc’anzi richiamato, infatti, in materia di competenza dei geometri, e in particolare in tema di collaborazione tra diversi professionisti, ha sottolineato la necessità di separare le questioni privatistiche da quelle pubblicistiche.

Secondo i giudici, come abbiamo visto, l’eventuale superamento del confine tra le competenze dei diversi ordini professionali rileva sul piano privatistico come causa di nullità dell’incarico professionale ma non su quello pubblicistico come vizio del permesso di costruire.

Affinché il titolo edilizio sia legittimo è sufficiente, da una parte, che i calcoli del cemento armato siano effettuati da un ingegnere o architetto, e, dall’altra, che il progetto redatto dal Geometra non oltrepassi la tipologia delle modeste costruzioni civili.

Analogamente si è espresso anche il Consiglio di Stato[33], il quale ha ribadito la necessità di rimarcare una netta distinzione tra nullità del contratto affidato al professionista (Geometra) non abilitato, e la supposta illegittimità del titolo abilitativo formato sul progetto redatto dal professionista incompetente.

Con riferimento a tale ultimo profilo, secondo i giudici di palazzo Spada non può trarsi dalla nullità del contratto d’opera professionale sotteso, la conseguenza indefettibile della illegittimità del titolo abilitativo rilasciato[34].

Altro e ben diverso orientamento, oggi maggioritario, afferma invece che la questione vada risolta avuto riguardo all’interesse pubblico sotteso al riparto di competenza professionale in capo al Geometra e quindi, alla possibile sussistenza di pericoli per la pubblica incolumità.

Il T.A.R. Campania[35], in merito alle competenze del progettista, ha invero dichiarato illegittimo il permesso di costruire rilasciato dal Comune per la realizzazione di una sopraelevazione al primo piano di un fabbricato, in quanto la progettazione di tale sopraelevazione era stata affidata ad un Geometra.

A tal proposito, il Tribunale ha rilevato che, prima del rilascio di un titolo edilizio, l’autorità comunale deve sempre accertare se la progettazione sia stata affidata a un professionista competente in relazione alla natura e importanza della costruzione, in quanto le norme che regolano l’esercizio e i limiti di applicazione delle professioni di Geometra, Architetto e Ingegnere sono dettate per assicurare che la compilazione dei progetti e la direzione dei lavori siano assegnati a chi abbia la preparazione adeguata all’importanza delle opere, a salvaguardia sia dell’economia pubblica e privata, sia dell’incolumità delle persone.

È dunque illegittimo, secondo il T.A.R., il titolo a costruire assentito sul progetto, redatto da un Geometra, che preveda strutture in cemento armato, se non siano specificate, con motivazione adeguata, le ragioni per cui le caratteristiche dell’opera e le sue modalità costruttive rientrano nella sfera di competenza professionale del progettista; in tal caso, spetterebbe al giudice amministrativo il sindacato sulla valutazione circa l’entità quantitativa e qualitativa della costruzione, al fine di stabilire se rientri o meno nella nozione di “modesta costruzione civile”, alla cui progettazione è limitata la competenza professionale del Geometra.

Ancora, i giudici del T.A.R. Lazio[36] hanno sostenuto che ai fini dell’autorizzazione amministrativa, il progetto di costruzione per la realizzazione di un fabbricato ad uso di civile abitazione redatto e sottoscritto da tecnico con qualifica di Geometra, contrasta con la normativa urbanistica e territoriale, non avendo, quindi, nessun valore legale; di conseguenza risulta annullato il titolo edificatorio e il contratto di prestazione d’opera stipulato con il professionista.

Recentemente, il T.A.R. Campania[37]si è pronunciato su una lite nata tra due vicini, laddove uno dei due aveva ottenuto il permesso di costruire e avviato la realizzazione di un fabbricato, mentre l’altro aveva impugnato tale permesso di costruire lamentando la sua illegittimità per una serie di ragioni, tra cui il fatto che il progetto allegato, riguardante una costruzione in cemento armato, fosse stato firmato da un Geometra, nonostante quest’ultimo si fosse avvalso della collaborazione di un architetto che aveva controllato la correttezza dei calcoli relativi alle strutture in cemento armato.

I giudici hanno accertato che il progetto allegato al permesso di costruire risultava sottoscritto da un Geometra, come tale non abilitato alla progettazione di costruzioni con cemento armato in base all’articolo 16, lett. m) del Regio Decreto 274/1929, della Legge 1086/1971, e della Legge 64/1974, che hanno rispettivamente disciplinato le opere in conglomerato cementizio e le costruzioni in zone sismiche

Una volta affermato che la progettazione di costruzioni civili con strutture in cemento armato è riservata a ingegneri e architetti, il T.A.R. ha aggiunto che non è neppure sufficiente la presenza di un ingegnere o un architetto che controfirmi o si limiti ad eseguire i calcoli: l’incarico di progettazione deve essere affidato fin dall’inizio all’ingegnere o all’architetto che se ne assumono la responsabilità.

Tornando allora al caso specifico, il T.A.R. ha appurato che il progetto era stato sottoscritto solo dal Geometra e che l’architetto indicato come cofirmatario dei calcoli risultava solo come direttore dei lavori e, quindi, sulla base di questi motivi, il permesso di costruire è stato giudicato illegittimo.

In conclusione, visto il più recente e maggioritario orientamento giurisprudenziale, da ultimo riportato e a cui ci sembra opportuno aderire, dobbiamo convenire che la competenza del tecnico progettista costituisce un elemento di validità del titolo edilizio.

Per quanto riguarda le conseguenze di natura penalistica, la norma che rileva è l’art. 348 c.p., figura delittuosa volta a tutelare l’interesse generale a che determinate professioni, in ragione della loro peculiarità e della competenza richiesta per il loro esercizio, siano svolte solo da chi sia provvisto di standard professionali accertati da una speciale abilitazione rilasciata dallo Stato.

In tema di abusivo esercizio di una professione, quindi, l’art. 348 cod. pen. è una norma penale in bianco, in quanto presuppone e rimanda all’esistenza di altre norme che determinano le condizioni oggettive e soggettive in difetto delle quali non è consentito, ed è quindi abusivo, l’esercizio dell’attività protetta.

In altre parole, si tratta di una norma che rimanda, per completezza, a disposizioni volte a determinare le professioni per le quali è richiesta la speciale abilitazione dello Stato e l’iscrizione in un apposito albo, con la conseguenza che, saldandosi dette norme con la previsione penale, resta esclusa alcuna violazione dei principi di determinatezza e tassatività della fattispecie[38].

Entrando nello specifico, il legislatore, con l’art. 12, 1° co., L. 11.1.2018, n. 3, in vigore dal 15.2.2018, ha elevato significativamente il livello di tutela al bene protetto, prevedendo che la pena della reclusione di sei mesi che, fino all’entrata in vigore della novella costituiva il massimo edittale, sia ora il minimo, con possibilità di irrogare una pena detentiva fino a 3 anni. A questa si aggiunge la pena pecuniaria da 10.000 a 50.000 euro.

La stessa legge ha introdotto, all’art. 348, un 2° e un 3° comma: il 2° comma prevede la pena accessoria della pubblicazione della sentenza di condanna, le sanzioni disciplinari e la confisca diretta delle cose che servirono e furono destinate a commettere il reato.

Quanto alle sanzioni disciplinari, l’art. 348, 2° co., stabilisce che, laddove il soggetto attivo del reato sia un professionista o comunque un soggetto che esercita un’attività che comporta l’inserimento in un albo o in un registro, sia trasmessa la sentenza di condanna all’Ordine competente ai fini dell’applicazione della interdizione da uno a tre anni dalla professione regolarmente praticata.

Infine, l’art. 348, 3° comma, sanziona il reato proprio commesso dal professionista laddove determini altri a commettere l’esercizio abusivo, ovvero diriga l’attività delle persone che sono concorse nell’esercizio abusivo.

Quanto alla titolarità del già menzionato interesse, la giurisprudenza[39] ha precisato che, trattandosi di un interesse a carattere generale, lo stesso spetta alla P.A., e non agli ordini professionali o alle associazioni di categoria volta a volta interessate.

Questi ultimi soggetti possono, tuttavia, costituirsi parte civile nel procedimento penale relativo al reato in commento, chiedendo il risarcimento del danno patrimoniale sofferto a causa della concorrenza sleale subita[40].

Se da una parte, dunque, è stato riconosciuto che soggetti passivi del reato siano sia lo Stato che i privati, i quali, a causa della violazione della presente norma, abbiano subito in via mediata e riflessa, un danno patrimoniale, nessun rilievo scriminante può avere il consenso liberamente prestato del privato all’esercizio abusivo della professione.

Comunque, la circostanza che il bene tutelato sia rappresentato dall’interesse generale a che determinate professioni vengano esercitate soltanto da soggetti in possesso di una speciale autorizzazione amministrativa, non esclude che possano assumere la veste di danneggiati dal reato quei soggetti che, in via mediata e di riflesso, abbiano subito un pregiudizio dal reato, ma non consente di riconoscere in capo ad essi la qualità di persone offese, che spetta solo allo Stato.

L’individuazione del bene protetto della norma incriminatrice consente anche di meglio cogliere i contorni della fattispecie: se, infatti, oggetto della tutela predisposta dell’art. 348 è l’interesse della P.A. a che determinate professioni vengano esercitate soltanto da chi, avendo conseguito una speciale abilitazione amministrativa, risulti in possesso delle qualità morali e culturali richieste dalla legge, ne deriva che la tutela in esame si estende soltanto agli atti tipici delle suddette professioni, in quanto alle stesse riservati in via esclusiva, e non anche agli atti che pur essendo in qualche modo connessi all’esercizio professionale difettano di tipicità nel senso anzidetto, perché suscettibili di essere posti in essere da qualsiasi interessato[41].

Come chiaramente evidenziato dalla lettura della disposizione in commento, il delitto di abusivo esercizio di una professione risulta integrato dall’esercizio di una professione in assenza dei requisiti richiesti all’uopo dalla legislazione statale.

È stato sottolineato dalla giurisprudenza che l’individuazione delle attività costituenti esercizio di una professione protetta non può prescindere dal dato normativo, ed ogni eventuale lacuna non può essere colmata dal giudice[42].

Se la determinazione delle materie di competenza di determinate professioni fosse ammissibile anche in assenza di un dato normativo, si avrebbe effettivamente una violazione dell’art. 25 Cost., oltre ad attribuirsi ai singoli professionisti ed alle loro corporazioni il potere di denotare, tramite l’estensione dei contenuti dell’attività professionale, l’area di applicazione del delitto in esame.

Secondo la giurisprudenza da ultimo citata, l’esame circa l’esistenza delle condizioni per la sussistenza del delitto sopra menzionate, va effettuato in concreto, verificando se, in relazione all’attività effettivamente svolta, il soggetto poteva dirsi legittimato secondo la legislazione statale.

In ogni caso, per atto di esercizio della professione deve intendersi quello tipico ed esclusivo di chi esercita quella determinata attività protetta, non potendo la norma essere applicata in presenza del semplice compimento di atti non tipici realizzabili da chiunque, anche se abbiano connessione con quelli professionali[43].

In proposito, tuttavia, la giurisprudenza è oscillante: se da un lato si ritiene che, affinchè sussista il delitto occorre che l’agente abbia concretamente posto in essere atti inerenti la professione abusivamente esercitata, non essendo perciò rilevante l’iscrizione nell’albo professionale, né l’allestimento di uno studio, trattandosi di meri atti prodromici[44], dall’altro vi sono diverse pronunce secondo cui non si necessita, per la sussistenza della fattispecie, dell’adozione di comportamenti riservati, in via esclusiva, a soggetti dotati di speciale abilitazione – i c.d. atti tipici della professione – essendo sufficiente anche la realizzazione di condotte caratteristiche a condizione che vengano compiute in modo continuativo e professionale[45].

Da ultimo questo secondo indirizzo è stato confermato nel 2020 dalla Cassazione[46], pur con la precisazione che, ove l’esercizio abusivo consista nello svolgimento di atti non attribuiti esclusivamente ad una determinata professione, tali atti siano univocamente individuati come di competenza specifica di essa, allorché lo stesso compimento venga realizzato con modalità tali, per continuità, onerosità e organizzazione, da creare, in assenza di chiare indicazioni diverse, le oggettive apparenze di un’attività professionale svolta da soggetto regolarmente abilitato.

Va detto comunque che anche le pronunce più severe subordinano l’esistenza del reato alla circostanza che l’attività posta in essere dall’agente abbia assunto rilevanza esterna[47].

Poiché il reato non tutela l’affidamento del singolo sulle capacità professionali e tecniche del soggetto cui si rivolge per lo svolgimento di attività inerenti professioni protette, bensì l’interesse generale sopra indicato, il delitto in parola è ritenuto sussistente anche in caso di possesso, in capo al soggetto non legittimato, dei requisiti tecnici ed attitudinali richiesti per l’esercizio della professione, quando non accertati e documentati mediante l’iscrizione all’apposito albo professionale, o tramite il possesso dell’abilitazione, ovvero nel caso in cui il soggetto, pur avendo superato l’esame di Stato necessario a conseguire la relativa abilitazione, non sia comunque iscritto nel relativo albo professionale[48].

È stato così riconosciuto che per la sussistenza del reato de quo è sufficiente l’esercizio in concreto di una attività per cui è richiesta una particolare abilitazione non posseduta, non rilevando l’attribuzione formale della attività ad un altro professionista abilitato, e, nel contempo, la sussistenza del reato non è esclusa dalla iscrizione all’Albo professionale, ove tale titolo sia invalido ovvero risultino mancanti i requisiti sostanziali prescritti per lo svolgimento della professione.

La Corte di cassazione a Sezioni Unite[49] nel 2012 ha ribadito che costituisce esercizio abusivo della professione il compimento senza titolo, anche occasionalmente e gratuitamente, di atti attribuiti in via esclusiva ad una determinata professione così come il compimento di atti che, pur non attribuiti singolarmente in via esclusiva, siano univocamente individuati come di competenza specifica di una data professione ed eseguiti con modalità tali da creare le oggettive apparenze di un’attività professionale[50].

Alla mancanza del titolo di abilitazione, viene equiparata, oltre all’ipotesi di invalidità dello stesso, l’interdizione temporanea dall’esercizio della professione, conseguente tanto ad una condanna per i delitti commessi con l’abuso di una professione, quanto all’esistenza di una situazione di incompatibilità derivante dalle condizioni soggettive dell’agente (con riferimento al possesso dello status di dipendente pubblico, ma non l’esercizio della professione in violazione delle regole di competenza territoriale). Come detto, non rileva – per escludere la sussistenza del reato – che il soggetto abbia superato l’esame di Stato necessario a conseguire la relativa abilitazione, laddove lo stesso non sia comunque iscritto nel relativo albo professionale[51].

In tema di modalità con cui può realizzarsi il delitto di abusivo esercizio di una professione, come abbiamo visto, particolare attenzione è stata dedicata alla professione di Geometra, nel tentativo di differenziarne i caratteri rispetto alle competenze dell’Ingegnere, da un lato, e dell’Architetto, dall’altro[52].

Non integra esercizio abusivo della professione di Geometra (ma, è da ritenersi di una professione tout court) la presentazione al cliente di un preventivo di parcella, trattandosi non già di un atto espressivo della competenza e del patrimonio di conoscenze tutelati dal legislatore attraverso l’individuazione della professione protetta, ma solo di un atto conseguente ed utile a quello tipico abusivamente posto in essere, che non assume autonomo rilievo qualora l’attività illecita non sia connotata da continuità e professionalità[53].

Assai dibattuta, invece, è la disciplina in caso di errore sulla normativa extra-penale, inerente cioè alla particolare abilitazione necessaria per lo svolgimento della singola professione.

La dottrina è nel senso di ritenere che l’errore in parola abbia ad oggetto una disposizione extra-penale non integratrice del precetto penale, con conseguente applicazione dell’art. 47, 3° comma che prevede l’esclusione della punibilità laddove l’errore sulla legge diversa dalla legge penale abbia cagionato un errore sul fatto che costituisce reato.

L’ultimo capoverso della norma, quindi, regola l’errore su di una legge extra-penale, la quale esclude la punibilità, ma solo quando ha determinato un errore sul fatto che costituisce il reato: con il termine “legge extra-penale” il legislatore ha inteso sia norme extra-giuridiche di natura etico-sociale, sempre che incidano sulla mente del soggetto in merito alla corretta rappresentazione del fatto di reato, sia norme non penali, come quelle civili ed amministrative, purché richiamate esplicitamente dalla norma.

Di opposto avviso è, invece, la giurisprudenza secondo cui l’errore sulla normativa in tema di iscrizione all’albo professionale, ovvero sui requisiti necessari per l’esercizio dell’attività professionale, non ha valenza scriminante, non incidendo, quindi, in merito alla corretta rappresentazione del fatto di reato[54].

Sentenza storica della Cassazione è la numero 6065 del 2015[55], la quale prende spunto dal caso concreto: un Geometra, precedentemente cancellato dall’Albo professionale d’appartenenza, aveva svolto, successivamente, e soprattutto di fatto, l’attività di direttore dei lavori celandosi dietro il collega titolare formale dell’incarico.

Da questo comportamento si configura, secondo la legge, il reato di esercizio abusivo della professione, in quanto il professionista tecnico, cancellato per dimissioni dall’Albo, svolgeva di fatto l’attività di direttore dei lavori per un progetto di ristrutturazione di un immobile, redigendo il calcolo metrico estimativo che serve a ottenere il permesso edilizio.

La Cassazione ha bocciato il ricorso affermando che, anche se il ruolo di direttore dei lavori era stato affidato ad un altro professionista, l’ex Geometra vi aveva preso comunque parte in via di fatto: secondo i giudici “l’esercizio abusivo della professione avviene quasi sempre in via di fatto, senza che venga meno la rilevanza penale della condotta”.

La suprema Corte ha giudicato infondato l’assunto secondo il quale sarebbe inidoneo un singolo atto – il computo metrico – ad integrare la condotta di esercizio abusivo della professione; più precisamente, per quanto riguarda il computo metrico, invece, la Cassazione ha osservato che la sua redazione è riservata a soggetti abilitati iscritti agli albi professionali, come geometri, periti, architetti e ingegneri. Ciò significa che non può occuparsene un soggetto che non appartenga a nessuna di queste categorie.

Da quanto esposto, quindi, emerge che sono riservate ai soli iscritti agli Albi le attività tipiche e di competenza specifica delle professioni regolamentate, con la conseguenza che commette il reato di esercizio abusivo della professione il soggetto che svolge attività “tipica e di competenza specifica” della professione regolamentata senza però essere iscritto all’Albo professionale.

 

Considerazioni finali

Alla luce di una lettura adattata alla evoluzione tecnica con riferimento al mutare della legislazione e delle conoscenze costruttive nel tempo, possiamo ora giungere alle nostre considerazioni finali.

Tenendo presente che il contenuto del R.D. 274/1929 (in particolare l’art. 16 con riferimento alle opere in cemento armato) garantiva l’incolumità delle persone, il cemento armato era un materiale che all’epoca veniva considerato innovativo e sperimentale e che, per queste ragioni, imponeva cautelativamente un maggiore livello di conoscenza, assicurata dalla categoria di tecnici laureati (=ingegneri e architetti).

Da questa fonte la giurisprudenza, già esaminata nelle pagine precedenti, ha attinto per dare prevalenza alla tesi della non competenza dei geometri alla progettazione e direzione dei lavori di costruzioni civili, anche modeste, con l’uso del cemento armato.

Il R.D. 16 novembre 1939 n. 2229 è stata la prima disposizione di legge che ha dettato “Norme per l’esecuzione delle opere in conglomerato cementizio semplice od armato” e all’articolo 1 recitava: “Ogni opera di conglomerato cementizio semplice od armato, la cui stabilità possa comunque interessare l’incolumità delle persone, deve essere costruita in base ad un progetto esecutivo firmato da un ingegnere, ovvero da un architetto iscritto nell’albo, nei limiti delle rispettive attribuzioni […]”.

La cautela si rileva, quindi, nella previsione della incolumità delle persone, riferimento che la giurisprudenza ricollega al contenuto dell’art. 16 lett. l) del RD 274/1929, e specificatamente alla competenza del Geometra di progettare con l’uso del cemento armato “piccole costruzioni accessorie in cemento armato che per la loro destinazione non possono comunque implicare pericolo per la incolumità delle persone”.

Questa prescrizione, a livello legislativo, ha avuto una evoluzione in “melius”, prima con la legge 5 novembre 1971 n. 1086 che riporta all’art. 2 “La costruzione delle opere di cui all’articolo 1 deve avvenire in base ad un progetto esecutivo redatto da un Ingegnere o Architetto o Geometra o perito industriale edile iscritti nel relativo albo, nei limiti delle rispettive competenze”.

L’evoluzione migliorativa prosegue poi con la L. 2 febbraio 1974 n. 64 “Provvedimenti per le costruzioni con particolari prescrizioni per le zone sismiche”, che all’art. 17 comma 2 dispone che: “Alla domanda deve essere unito il progetto, in doppio esemplare e debitamente firmato da un Ingegnere, Architetto, Geometra o perito edile iscritto nell’albo, nei limiti delle rispettive competenze, nonché dal direttore dei lavori”.

Infine, tali norme sono confluite nel vigente Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, approvato con DPR 6 giugno 2001 n. 380, che all’articolo 64, nella individuazione della figura del progettista, non richiama espressamente ingegnere, architetto, Geometra o perito edile, ma fa riferimento unicamente ai limiti delle competenze del tecnico abilitato.

È utile evidenziare che il legislatore, laddove ha inteso mantenere una riserva, lo ha fatto espressamente con l’articolo 67 T.U. Edilizia, in cui stabilisce che il collaudo statico deve essere eseguito da un ingegnere o da un architetto.

Dunque, il senso della norma dimostra che, nei limiti delle competenze, la progettazione e direzione dei lavori delle opere anche con l’uso del cemento armato, rientra nelle facoltà di Ingegnere, Architetto, Geometra o Perito edile, mentre il collaudo statico è di competenza riservata solo a Ingegneri e Architetti.

A livello giurisprudenziale, invece, l’evoluzione registrata è andata in “peius” a prescindere dallo sviluppo della legislazione.

Ad esempio, con il riferimento “pericolo per la incolumità delle persone” previsto solo alla lett. l) dell’art. 16 R.D. 274/1929, è stata cancellata la disposizione successiva della lett. m), senza fornire giustificazione al fatto che su una categoria di opere (costruzioni rurali e industrie agricole) è espressamente prevista la clausola della incolumità delle persone, mentre nella seconda categoria (modeste costruzioni civili) questa clausola non è riportata.

Ci si domanda allora, quale sia il valore dell’art. 12 Codice delle Preleggi, secondo cui, nell’applicare la legge “non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore”.

Proprio in riferimento a questa disposizione, non è allora corretto, dal punto di vista ermeneutico, che i due disposti, lettera l) e lettera m) art. 16 R.D. 274/1929, siano interpretati in modo combinato al fine di limitarne la portata.

A riguardo, condividendo l’orientamento giurisprudenziale meno restrittivo in materia, riteniamo sia possibile trovare un punto di equilibrio tra la parte della norma, che esclude il cemento armato dalla competenza professionale dei geometri in relazione alle costruzioni civili (lett. l) e quella che estende ai geometri la progettazione e la direzione lavori con riferimento alle costruzioni civili di modesta importanza (lett. m).

Poiché anche le costruzioni civili di modesta importanza possono richiedere l’impiego di cemento armato, non sarebbe corretto interdire in questi casi ai geometri una porzione rilevante della loro competenza professionale, quando sia invece possibile scorporare in modo chiaro ed effettivo dalla progettazione e dalla direzione lavori tutta l’attività riferibile al cemento armato, che richiede calcoli complessi.

Lo scorporo appare dunque la soluzione preferibile anche alla luce del principio di proporzionalità secondo il quale non devono essere inflitte alla competenza professionale dei geometri limitazioni maggiori di quelle strettamente necessarie a garantire la sicurezza delle persone e degli edifici.

In particolare, come ampiamente trattato fino a qui, risulta evidente che occorre compiere, volta per volta, una indagine di fatto delle concrete caratteristiche dell’intervento, comprendenti le difficoltà tecniche che la progettazione e l’esecuzione dell’opera concreta comportano, e delle capacità occorrenti per superarle, e ciò anche con riferimento al mutare delle conoscenze costruttive nel tempo.

A tal fine non possono essere prefissati criteri rigidi e fissi, ma è necessario considerare tutte le particolarità della concreta vicenda, anche alla luce dell’evoluzione tecnica ed economica del settore edilizio.

Tutto ciò premesso, per quanto attiene alla tematica relativa alla collaborazione professionale tra tecnici laureati (=architetti o ingegneri) e tecnici non laureati (=geometri), riteniamo che la stessa sia da considerare legittima, laddove ciascuno dei professionisti intervenga nelle proprie specifiche competenze professionali, sempre nel rispetto della incolumità pubblica: è qui che, a nostro parere, va individuata la ratio dell’intervento a più mani tra diversi professionisti che collaborano e cooperano ad un progetto edilizio.

Infatti da più parti si ritiene che il progetto vada visto non nella sua unicità, ma quale ideazione complessa di più elementi, anche se rientranti in unico disegno; in ragione di ciò, un complesso architettonico deve essere esaminato non come un unicum, ma quale unione di più elementi progettuali tra di loro strutturalmente e funzionalmente distinti[56].

Il disposto dell’art. 16 del R.D. n. 274/1929, e in particolare la lett. m), come abbiamo visto stabilisce a chiare lettere che rientrano nella competenza del Geometra: “progetto, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili”, senza la necessità di una collaborazione con un tecnico laureato.

Pertanto, solo ove non sia configurabile una “modesta costruzione civile” la competenza esula da quella del Geometra, essendo in questo caso necessario l’intervento di un tecnico laureato il quale non potrà limitarsi a controfirmare il progetto architettonico redatto dal Geometra stesso, dovendogli invece essere sin dall’inizio affidato uno specifico ed autonomo incarico, con un’autonoma e specifica assunzione di responsabilità, sia nei confronti del committente che della Pubblica Amministrazione.

In altre parole il Geometra è competente per la progettazione architettonica e direzione dei lavori di modeste costruzioni civili, nel rispetto della tutela dell’incolumità pubblica e con la legittima possibilità della cooperazione tra tecnici muniti di distinte competenze professionali, a patto che, sin dall’inizio, l’incarico sia affidato dal committente individualmente e separatamente e, ovviamente, sia altresì esternalizzato nei confronti della pubblica amministrazione.

In tal modo verrebbe, quindi, rispettato il  principio generale della collaborazione tra titolari di diverse competenze professionali.

Di fatto, in ogni professione esistono aree di competenza promiscua: la circostanza che una medesima materia sia devoluta a distinte professioni, implicandone il concorso, e quindi la sovrapposizione, non rappresenta di per sé un fatto eccezionale e costituisce un fenomeno tutt’altro che dubbio sotto il profilo della legittimità. Ciò è stato esplicitamente ammesso dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 29 del 26.1.1990, con riferimento alla concorrenza, nelle attività di laboratorio, di professionalità differenziate[57].

È quindi erroneo escludere in radice la liceità e la legittimità di un contestuale, ma distinto, incarico professionale per la redazione del progetto architettonico di una costruzione, da affidare al Geometra, e per la redazione di quello esecutivo e strutturale, da affidare al tecnico laureato[58].

Michele Pedoja          

Roberta Mangano

 

[1] Così I. CACCIAVILLANI, Ancora sulla << competenza >> di ingegneri, architetti, geometri, in Riv. Giur. Edil., 1989, parte I, pagg. 956, nota alla sentenza del T.A.R. del Veneto, Sez. I, 9.11.1988, n. 889;
[2] Così Cass. Civ., Sez. II, 17.10.1985, n. 5113; Corte Cost., 27.4.1993, n. 195;
[3] Così I. CACCIAVILLANI, op. cit.;
[4] In questo senso Cons. Stato, Sez. IV, 9.8.1997, n. 784;
[5] Cons. Stato, Sez. IV, 9 febbraio 2012, n. 686; Cass. civ., Sez. II, 2 settembre 2011, n. 18038; Cons. Stato, Sez. V, 28 aprile 2011, n. 2537;
[6] In questo senso, anche con riferimento a quello che si illustrerà di seguito, I. CACCIAVILLANI, op. cit.;
[7] Cfr., ex multis, Cons. St., Sez. IV, 19.2.1990, n. 93;
[8] In questo senso anche Cass. Civ., Sez. II, 28.7.1992, n. 9044;
[9] Si noti che sia la giurisprudenza amministrativa, che quella civile e penale, hanno molte volte sfruttato il riferimento alle cognizioni tecniche per giungere ad affermare la competenza del Geometra nella progettazione e direzione dei lavori, vedasi, ex multis, Cass. Civ., Sez. II, 17.10.1985, n. 5113, e Cons. St., Sez. IV, 9.8.1997, n. 784, cit;
[10]Così ANTONELLA LAI, in Incolumità Pubblica, Enciclopedia Treccani del Diritto;
[11]Cfr. Cass. Pen. Sez. III, n. 10125 del 16.10.1996;
[12] Così Cons St., Sez. V, 31.1.2001, n. 348; T.A.R. Abruzzi, Pescara,  n. 604 del 12.7.2002;
[13] Così Cons. St, Sez. V, 31.1.2001, n. 348; T.A.R. Veneto, Sez. II, n. 1166 del 5.6.1996;
[14] Nella fattispecie la Corte era stata chiamata a decidere una questione di illegittimità costituzionale dell’art. 348 c.p. sollevata dal Pretore di Treviso, nella parte in cui tale norma penale in bianco sarebbe stata integrata da una disposizione di natura esclusivamente regolamentare e priva di un adeguato grado di determinatezza: questione poi ritenuta inammissibile;
[15]In Giur. It., 1994, I, pagg. 2980 e segg.; nello stesso senso, ex multis: Cons. St., Sez. V, 13.1.1999, n. 25; Cons. St, Sez. V, 31.1.2001, n. 348; Cass. Pen., Sez. VI, 27.3.1995, n. 5416; Cassazione civile n. 13968  del 14.6.2007; Cassazione Civile n. 5203 del 27.2.2008;
[16]Si aggiunga che, in ossequio all’art. 57 L. 144/49 sul tariffario dei geometri, generalmente si ritengono modeste quelle costruzioni che non superano i 5000 mc e fino a due piani; in tal senso v. Cons. Stato n. 390 del 12.11.1985; Cons. Stato n. 348 del 31.1.2001; Cons. Stato n. 6747 del 30.10.2003.
[17]Così, in motiv., Cons St., Sez. V, 31.1.2001, n. 348, cit.; nello stesso senso T.A.R. Abruzzi Pescara, 12.7.2002, n. 604, cit.
[18]Così Cons. St, Sez. V, 31.1.2001, n. 348, cit.; Cons. St., Sez. IV, 9.2.1998, n. 225; T.AR. Lombardia, Sez. Milano, 30.7.1996, n. 1269; T.A.R. Veneto, Sez. II, 5.6.1996, n. 1166; Cass. Civ., Sez. II, 15.2.1996, n. 1157;
[19]Cons. Stato 22.5.2006 n. 3006 che ha statuito: “esula dalla competenza dei geometri la progettazione di costruzioni civili con strutture in cemento armato, trattandosi di attività che, qualunque ne sia l’importanza, è riservata solo agli ingegneri ed architetti iscritti nei relativi albi professionali”;
[20]Sul tema v.  Cass. Civ., Sez. II, 5.12.1987, n. 9044, Cass. Civ., Sez. II, 15.2.2005, n. 3021; T.A.R. Lazio – Roma, Sez. I, 26.7.2004, n. 7413;
[21]In questo senso Cass. Civ., Sez. II, 28.7.1992, n. 9044, Cass. Civ., Sez. II, 30.3.1999, n. 3046; T.A.R. Marchie, 15.12.1994, n. 339;
[22]Sulle opere in cemento armato che non devono implicare pericolo per la pubblica e privata incolumità, v. Cons. Stato n. 3085 del 13.6.2005, secondo cui “Anche quando è ammessa la competenza del geometra per la progettazione in strutture di cemento armato, tale competenza è comunque limitata alla opere di dimensioni minori, sicché per valutare l’idoneità del geometra a firmare il progetto di natura edilizia che comporta l’uso del cemento armato occorre considerare le specifiche caratteristiche dell’intervento, al fine di ammetterla solo se si tratti di opera di modeste dimensioni. La competenza dei geometri, infatti, è limitata alle sole costruzioni minori, di modeste dimensioni, con divieto di progetto di opere per cui vi sia impiego di cemento armato, tale da implicare un pregiudizio alle persone in caso di difetto strutturale, stante anche l’evidente favore che le varie norme pongono per la competenza esclusiva dei tecnici laureati”;
[23] Nello stesso senso, ex multis, Cons. St., Sez. V, 8.6.1998, n. 779, T.A.R. Abruzzi, Pescara, 12.7.2002, n. 604;
[24] Così in Giur. It., 1999, pagg. 1072 e segg., in nota a Cons. St., Sez. V, 13.1.1999, n. 24;
[25]Cass. Civ., sez. II, 9 maggio 2000, n. 5873;
[26]Cass. civ., n. 5203 del 27/02/2008;
[27]Cass. Civ. n. 100 del 08/01/2021;
[28]Cass. civ. n. 20438 del 29/07/2019;
[29]Cass. civ. Sez., n. 2038 del 24/01/2019;
[30]Cass. civ., Sez. II, 7 settembre 2009, n. 19292; Cass. civ., Sez. II, 13 gennaio 1984, n. 286; Cons. Stato, Sez. V, 10 marzo 1997, n. 248; Sez. IV, 14 marzo 2013, n. 1526;
[31]T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VIII, n. 4049 del 23.8.2016;
[32]Anche Cons. Stato, V, 83/1999: il Consiglio di Stato ha precisato il ruolo da attribuire, nella progettazione, all’intervento del tecnico laureato, così stabilendo: “In materia di progettazione delle opere private, lo scopo perseguito dalla disciplina legislativa che stabilisce i limiti di competenza dei geometri e periti edili e indica i progetti per i quali è invece necessario l’intervento di un ingegnere o di un architetto (art. 16 r.d. 11 febbraio 1929, n. 275, art. 1 r.d. 16 novembre 1939 n. 2229, l. 24 giugno 1923 n. 1395 e r.d. 23 ottobre 1925 n. 2537) consiste, non nel garantire una buona qualità delle opere sotto il profilo estetico e funzionale, ma unicamente nell’assicurare l’incolumità delle persone; pertanto, per le opere per le quali è prescritto l’intervento di un ingegnere o di un architetto, non è necessario che quest’ultimo abbia ideato il progetto assumendone la paternità, ma è sufficiente che, mediante la sottoscrizione, abbia effettuato la supervisione del progetto stesso elaborato da un geometra o da un perito, assumendone la responsabilità dopo aver verificato l’esattezza di tutti i calcoli statici delle strutture, nonché l’idoneità di tutte le soluzioni tecniche e architettoniche sotto il profilo della tutela della pubblica incolumità”;
[33] Cons. di Stato, IV Sez., 22.11.2012, n. 6036;
[34]Così Cons. di Stato , sez. V, 04 giugno 2003 , n. 3068;
[35]T.A.R. Campania (Salerno), n. 9772, 28/06/2010; anche T.A.R. Abruzzo, n. 1213 del 16/11/2010;
[36]T.A.R. Lazio, n. 7670/2011;
[37]T.A.R. Campania, n. 2684, 26/06/2020;
[38]Cass. Pen. n. 16566 del 3.4.2017; C., Sez. VI, 10.5-18.7.2018, n. 33464; C., Sez. II, 7.3.2017, n. 16566 che pure esclude un vizio della norma sotto il profilo della sufficiente determinatezza e della tassatività; cfr. anche Cass. pen., Sez. VI, 3.4.1995;
[39] Cass. Pen. Sez. VI, 18/10/1988, “L’interesse tutelato dal reato di cui all’art. 348 c. p. a che l’esercizio di determinate professioni sia consentito unicamente a chi è in possesso della prescritta abilitazione, ha carattere generale, onde la sua lesione riguarda in via diretta e immediata la p.a., la cui organizzazione è offesa dalla violazione delle norme che regolano appunto le professioni, mentre solo di riflesso tocca gli interessi c.d. professionali cioè particolari […]”; Cass. pen. Sez. II, n. 11078 del 12/10/2000; Cass., Sez. V, n. 3996 del 18.11.2004; Cass. pen. Sez. V, n. 32987 del 14/03/2017;
[40]Nel senso che anche il singolo possa costituirsi parte civile nel relativo procedimento penale, si veda Cass., Sez. V, n. 3996 del 18.11.2004; circa la mancata qualificazione del privato come persona offesa dal reato in questione (e, dunque, della sua non titolarità a proporre opposizione alla richiesta di archiviazione) v. Cass., Pen. Sez. V, 14.3.2017, n. 32987;
[41]Così Cass. Pen., Sez. II, 17.6.2016, n. 38752;
[42]Così Cass. pen., Sez. VI, 11.5.1990;
[43]Cass. Pen., Sez. VI, 11.5.1990;
[44]Cass. Pen., Sez. V, 18.2.2002; Cass. Pen., Sez. VI, 3.10.2001, con riferimento alla condotta di chi – senza esercitare abusivamente la professione di biologo, avendo messo a disposizione del pubblico un apparecchio per autodiagnosi, esegua in luogo dell’interessato quelle operazioni materiali necessarie per il funzionamento dello strumento, in quanto in questo caso l’acquisizione e la valutazione dei dati e la conseguente formulazione della diagnosi avvengono attraverso procedure informatiche che prescindono da qualsiasi intervento umano;
[45]C., Sez. VI, 8.10.2002, con riferimento alle attività cosiddette libere relative alla professione di ragionieri e periti commerciali, di cui all’art. 1, prima parte, D.P.R. 27.10.1953, n. 1068; Cass., S.U., 26.4.1990; Cass. pen. S.U. n. 11545 del 23/03/2012;
[46]Cass. Pen., Sez. IV,  n. 12282 del 12.2-2020;
[47]Cass. Pen., Sez. VI, 4.5.2000, con riferimento allo svolgimento di mansioni tecnico-burocratiche nell’istruttoria di pratiche di condono edilizio a supporto dell’Ufficio comunale;
[48]Così Cass. Civ., Sez. VI, 5.3.2004;
[49]Cass. pen. S.U., n. 11545 del 23/03/2012;
[50]In termini analoghi v., di recente, C., Sez. V, 13.1.2017, n. 7630 e C., Sez. VI, 3.11.2016, n. 51362;
[51]Così C., Sez. VI, 5.6.2006; C., Sez. VI, 15.2.2007; C., Sez. VI, 5.3.2004;
[52]In proposito, la giurisprudenza ha ritenuto precluso per il Geometra procedere alla progettazione e realizzazione di edifici con strutture di cemento armato, nonché procedere al restauro conservativo di un edificio sottoposto a vincolo, così C., Sez. VI, 12.2.2003; C., Sez. II, 26.9.2000; C., Sez. VI, 10.10.1995;C., Sez. VI, 13.12.1994;
[53]C., Sez. VI, 5.2.2014, n. 7086; anche in dottrina ci sono diversi contributi in proposito (Amato, Sulla competenza professionale del Geometra, in CP, 1993, 1934; Cicala, Legislazione circa le costruzioni in cemento armato ed ordine professionale degli ingegneri, in GM, 1997, 2, 137; Gallucci, Brevi note sulle competenze professionali dei geometri, in CP, 1996, 795);
[54]Cass. Pen., Sez. VI, 10.11.2009, n. 47028, secondo cui “Ai fini della configurabilità del delitto di abusivo esercizio di una professione, data la natura di norma penale in bianco riconosciuta all’art. 348 cod. pen., costituisce ignoranza inescusabile della legge penale la mancata conoscenza dei limiti di attività autorizzati dalla disciplina normativa del titolo professionale conseguito”;
[55]Cass. Pen., n. 6065 del 10/02/2015;
[56]Così CONANTONIO D’ELIA, Il tecnico laureato e quello non laureato: nuovi margini e prospettive di imputazione della responsabilità, in Giur. It., parte III, sez. I, 1997, pagg. 589 e segg., in nota a commento sentenza Cons. St., Sez. V, 10.3.1997, n. 248;
[57]Nella fattispecie chimici, biologi, medici;
[58]Così, in motiv., Cass. Pen., Sez. VI, 11.5.1995, n. 5416.
image_pdfStampa in PDF