La Corte dei conti ha un nuovo processo telematico, disciplinato con decreto del Presidente della stessa, 24 maggio 2022, n. 126. Esso è entrato in vigore il giorno 1 settembre 2022.

Prima di tale decreto, il processo telematico contabile era piuttosto embrionale: il deposito si risolveva inviando l’atto o i documenti con una p.e.c alla segreteria della sezione giurisdizionale competente. Alle consuete p.e.c di accettazione e di consegna seguiva poi una p.e.c inviata dalla segreteria che confermava il buon fine del deposito o chiedeva regolarizzazioni. Esisteva, poi, il fascicolo telematico della causa (c.d. F.O.L.) raggiungibile tramite un portale a cui era dato accesso, per il difensore costituito o per la parte, previa autenticazione di tipo spid.

La nuova disciplina non innova sostanzialmente nulla, quanto al fascicolo telematico su base F.O.L. e quanto ai modi di accedervi, ma porta significative novità, delle quali vorrei dare conto, sul versante dei depositi.

Benché la proliferazione di tanti processi telematici quante sono le giurisdizioni non sia da considerarsi un bene (giacché essa impone di spendere tempi di apprendimento e favorisce l’insorgere di barriere all’ingresso per gli avvocati che intendano affrontare una difesa nei giudizi di loro frequentazione non quotidiana), l’introduzione di questo nuovo rito telematico, infatti, è anche l’occasione per compiere alcune comparazioni, in modo da poterne ricavare spunti di riflessioni sulle migliorie da portare ai riti telematici già vigenti.

La mia esperienza del processo telematico contabile non è ancora approfondita né ho potuto verificare come funzioni il nuovo rito, se osservato dal versante delle segreterie e dei magistrati. La prospettiva, dunque, è limitata all’utilizzazione che ne può fare il difensore.

L’impressione, tuttavia, è che ci si trovi davanti al miglior processo telematico attualmente esistente, sì che alcune soluzioni potrebbero, forse, essere introdotte anche negli altri processi telematici e, per quel interessa soprattutto a noi amministrativisti, nel p.a.t.

Il deposito, innanzi tutto, avviene per il mezzo di una piattaforma costruita sul sito della Corte dei conti, denominata DAeD, alla quale si accede mediante autenticazione di tipo spid.

In detta piattaforma è previsto un format da compilare on line per inserirvi l’anagrafica della parte assistita e quella del difensore, nonché i dati relativi al materiale da depositare. Non è richiesto di per sé alcun foliario o alcun elenco dei documenti (sicché, se si desidera allegarli, occorrerebbe trattarli come se fossero un documento autonomo).

Questa è la prima e più significativa differenza rispetto al p.a.t.: non sono previsti, infatti, i moduli di deposito in formato .pdf attivo che, invece, sono previsti per i giudizi davanti ai T.A.R. e al Consiglio di Stato.

Si tratta di una caratteristica di non poco rilievo che, a mio giudizio, è positiva.

I moduli di depositi previsti per la giustizia amministrativa, infatti, si appoggiano su formati di file proprietari (cosa che non avviene per il p.c.t., in cui l’equivalente busta generata dai vari redattori è in formato di testo semplice) e, pertanto, la loro sorte è legata al futuro che la ditta proprietaria (nella fattispecie Adobe) intenderà riservare a loro.

Se, pertanto, Adobe decidesse, in futuro, di cessare lo sviluppo di quel tipo di file *.pdf attivo o se decidesse addirittura di sopprimerlo, il sistema della giustizia amministrativa ne uscirebbe sostanzialmente paralizzato.

Inoltre, quei moduli di deposito previsti per il p.a.t., una volta ricevuti dal S.I.G.A., attivano una serie di comandi, o macro, che operano in modo diretto sul database, andando a compilarne automaticamente i campi. Pertanto, i moduli si prestano, in prospettiva, a fungere da perfetti cavalli di Troia, per il caso in cui qualcuno riuscisse a inserirvi del pericoloso malware capace di danneggiare lo stesso database.

L’implementazione delle anagrafiche stesse nei format del processo telematico contabile, d’altra parte, è piuttosto facilitata. È sufficiente inserire il codice fiscale del difensore o della parte perché i restanti campi (contenenti nome, cognome, luogo di nascita) vengano automaticamente compilati, restando in bianco solo quello relativo all’indirizzo p.e.c. del difensore (giustamente, perché, nel tempo, esso potrebbe cambiare). Non è richiesto, invece, il numero di telefax che ormai è anacronistico (quanti telefax avete ricevuto negli ultimi anni?) e costoso (conservare un abbonamento telefax solo per potere indicare un recapito negli atti processuali è una spesa inutile per il professionista).  Curiosamente, è richiesto invece un account mail (semplice o p.e.c.) della stessa parte sostanziale, il che implica la necessità per la stessa di procurarsene uno e, successivamente, di vigilarlo.

La seconda caratteristica che distingue il processo telematico contabile da quello amministrativo (e anche da quello civile) è il fatto che il caricamento dei dati non avviene con la trasmissione di nessuna p.e.c. Semplicemente, i documenti e le memorie vengono caricati attraverso un servizio ftp aperto sulla medesima piattaforma e vengono così inviati direttamente tramite la stessa, senza bisogno di compilare buste e di spedire p.e.c. di deposito. Si tratta, in altri termini, di quel sistema che, nel processo amministrativo, viene denominato upload e che, in quel medesimo processo, è considerato del tutto eccezionale (mentre nel processo contabile è, a questo punto, istituzionalizzato).

Anche la rinuncia alla p.e.c. nel processo contabile (pur parziale, perché notificazioni e comunicazioni da parte della segreteria avverranno comunque per il tramite di essa) è un altro fattore, a mio giudizio, positivo. Sono sempre più convinto che la trasmissione di dati attraverso le p.e.c. sia un sistema fragile e insicuro. Quanto meno, esso limita la quantità di materiale che può essere trasferito.

Nel processo contabile, pertanto, basterà caricare sulla piattaforma i file contenenti i documenti e le memorie e quindi dare il comando di invio perché tutto sia spedito. A tal fine, non occorre ovviamente alcuna ulteriore autenticazione, essendo già stata verificata l’identità dello spedente con il preliminare accesso alla piattaforma compiuto tramite spid.

Prima di effettuare l’invio è possibile salvare in via provvisoria i dati e i file caricati, per effettuare un controllo preliminare o, se del caso, per completare il caricamento in un secondo momento, senza perdere il lavoro già fatto.

Se non sembrano esserci particolari preclusioni al tipo di file caricabili (vengono accettate sottoscrizioni digitali sia PAdES sia CAdES), occorre, tuttavia, prestare una certa attenzione alla denominazione dei file stessi: al sistema non piacciono alcuni caratteri speciali (accenti, parentesi…), di cui viene rifiutato il caricamento già in fase di compilazione dei vari format (il che lascia presupporre almeno un sistema di verifica automatica, se non addirittura di implementazione automatica nel database).

Una volta compiuto l’invio, il sistema genera una ricevuta automatica e dal contenuto analitico che indica il materiale depositato, la data, l’ora, le parti e il difensore. È possibile scaricare e quindi salvare detta ricevuta; il relativo file contiene una c.d. impronta hash che vale a dimostrarne l’autenticità in caso di contestazioni.

Terminata questa fase, il deposito è compiuto e altro non vi è da fare.

Sempre sulla piattaforma DAeD, peraltro, viene aperta una pagina relativa a ciascun deposito effettuato, alla quale può accedere tramite un link solo l’interessato per il mezzo della solita autenticazione spid. Tale pagina, relativa al singolo deposito effettuato, è separata dal fascicolo elettronico della causa (che, anzi, si trova nella piattaforma, essa stessa separata, denominata F.O.L.).

In detta pagina vengono riportate le attestazioni da parte della segreteria di accettazione formale dell’avvenuto deposito nonché le eventuali osservazioni sulla regolarità dello stesso (generalmente si tratta di regolarizzazioni dell’imposta di bollo: nel processo contabile non sono previsti contributi unificati e la vecchia imposta di bollo deve essere pagata con dei moduli F23).

Più o meno, tutta la fase di deposito si esaurisce in questo.

In definitiva, l’impressione è di trovarsi davanti a un sistema piuttosto semplice da utilizzare e con una curva di apprendimento rapida. Anche le interfacce sono chiare e non sembrano generare dubbi di sorta.

Alcune soluzioni scelte con il processo telematico contabile, per quanto detto, si dimostrano, secondo me, preferibili rispetto a quelle utilizzate in altri processi telematici e, in particolar modo, rispetto a quelle seguite per il p.a.t.

Certamente, questi miglioramenti sono da ricollegarsi al fatto che il processo telematico contabile è giunto per ultimo e quindi ha potuto godere dell’esperienza maturata altrove.

Tuttavia, è lo stesso processo telematico contabile che, a questo punto, può essere considerato un modello al quale, forse, anche i processi più risalenti potrebbero ispirarsi.

Francesco Volpe

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