Il d.l. 76/2020 consente di invitare gli operatori economici tenendo conto della loro ubicazione rispetto al luogo di esecuzione dell’appalto.

Il decreto legge n. 76 del 16 maggio 2020, convertito nella legge n. 120 dell’11 settembre 2020, ha introdotto inter alia alcune significative novità in tema di affidamento di appalti pubblici. Il cd. decreto semplificazioni -al fine di rilanciare l’economia e gli investimenti privati oltre che pubblici- ha, infatti, snellito le procedure per la scelta del contraente chiamato ad eseguire commesse (lavori, servizi e forniture) per le pubbliche amministrazioni.

A fronte di una contrazione del numero di appalti pubblici legata alla pandemia da Covid-19 pari -nel periodo marzo-maggio 2020 (rispetto allo stesso trimestre del 2019)- al 41% (Banca Dati Nazionale dei Contratti Pubblici – ANAC), il governo ha deciso di introdurre una disciplina derogatoria valida sino al 31 dicembre 2021 (rectius, per le procedure con determine a contrarre assunte entro tale data). Per importi fino a 150.000 euro (per i lavori) e 75.000 euro (nel caso di servizi e forniture, cui sono assimilati i servizi di ingegneria e architettura), le stazioni appaltanti potranno scegliere direttamente il contraente (senza cioè necessità di previa comparazione: è un affidamento diretto “puro”). Per quelli di valore superiore (fino alle cd. soglie di rilievo comunitario: 5,35 milioni di euro per i lavori; 214.000 euro per servizi e forniture), la scelta dell’appaltatore avverrà, invece, sulla base di un confronto tra 5, 10 o 15 operatori (a seconda dell’importo crescente della commessa e dell’oggetto dell’appalto) invitati dalla singola amministrazione. Proprio nella fase di invito vengono per la prima volta introdotti criteri di favore per le imprese locali. L’art. 1, c. 2, lett. b), del d.l. 76/2010 ricorda, infatti, che nella selezione dei candidati occorre tener conto «anche di una diversa dislocazione territoriale delle imprese invitate». Pur a fronte di una formulazione non particolarmente felice (difetto non emendato neppure in sede di conversione del decreto), l’intento del legislatore è chiaro: se il settore degli appalti pubblici vale circa l’11% del PIL nazionale (stime Commissione Europea 2014), per un concreto rilancio dell’economia occorre intervenire in primis sugli appalti di valore minore (numericamente superiori), più vicini alle micro, piccole e medie imprese radicate sul territorio. Vista la significativa incidenza negli appalti di importo modesto -specie nell’attuale momento emergenziale- dei costi legati all’operare fuori sede (spostamenti, pernottamenti, organizzazione rete fornitori, ecc.), il rischio -secondo taluni osservatori- è che in presenza di significativi ribassi d’asta da parte di imprese provenienti da lontano, a soffrirne sia poi la qualità della prestazione offerta, con conseguente pregiudizio per la collettività (ritardi nel completamento dei lavori, difetti esecutivi, ecc.). Anche per queste ragioni (si pensi -ad esempio- alle zone montane della nostra regione che per le loro caratteristiche morfologiche e climatiche amplificano le descritte criticità), la novella legislativa potrebbe rappresentare un importante passo in avanti. La Conferenza Stato-Regioni in un documento approvato lo scorso 17 dicembre e redatto dal suo organo tecnico ITACA (Istituto per l’Innovazione e la Trasparenza degli Appalti e la Compatibilità Ambientale) ha sottolineato gli effetti positivi che una dimensione “territoriale” degli inviti produrrebbe sul tessuto imprenditoriale locale, con ricadute economiche positive e conseguente rilancio dell’economia del territorio (cfr. «Indicazioni operative per l’applicazione delle norme in materia di contratti pubblici del d.l. n.76/2020, convertito nella legge n.126/2020 recante “misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale”»: in www.itaca.org). Senza ovviamente abbracciare interpretazioni che portino ad una chiusura completa del mercato “locale” (si veda il parere del MIT n. 790 del 13 novembre 2020), è indubbio che il d.l. semplificazioni -in particolare per appalti di importo ridotto- consenta alle Amministrazioni di previlegiare, in sede di invito, le imprese geograficamente più vicine. Ovviamente al crescere degli importi in gioco dovrà corrispondere anche un allargamento del “raggio chilometrico” (rispetto al luogo di esecuzione dell’appalto) entro cui individuare i soggetti da invitare. In questa prospettiva di proporzionalità della dimensione territoriale (in ordine crescente: comunale, provinciale, regionale), secondo una dinamica a cerchi concentrici che parta dai nostri comuni per allargarsi mano a mano che aumenta il valore dell’appalto, il legislatore ha intravisto uno degli strumenti per rilanciare l’economia, snellendo e accelerando le procedure di affidamento degli appalti. È curioso osservare come la novella sia di qualche settimana posteriore alla sentenza con cui la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 10, c. 4, legge Regione Toscana 16 aprile 2019, n. 18 che riservava la partecipazione alle gare, per una quota non superiore al 50 %, alle micro, piccole e medie imprese aventi sede legale e operativa nel territorio regionale (Corte Cost., 27 maggio 2020, n. 98).

La Consulta ha sottolineato che «La norma impugnata … contrasta con entrambi i parametri interposti invocati dal ricorrente: con l’art. 30, comma 1, cod. contratti pubblici perché viola i principi di libera concorrenza e non discriminazione in esso sanciti, e con l’art. 36, comma 2, dello stesso codice perché introduce una possibile riserva di partecipazione (a favore delle micro, piccole e medie imprese locali) non consentita dalla legge statale». Ma ciò che è precluso al legislatore regionale ai sensi dell’art. 117 c. 1, lett. e), Cost. («tutela della concorrenza») è naturalmente consentito a quello statale che, incidendo “temporaneamente” proprio sull’art. 36, c. 2, del d.lgs. 50/2016, ha dettato con il decreto semplificazioni una disciplina speciale motivata dalle finalità descritte in esordio. L’esperienza applicativa dirà se le auspicate ricadute sul tessuto locale saranno significative ed apprezzabili, tali magari da giustificare una proroga delle misure emergenziali oltre il 31 dicembre prossimo ovvero da rendere stabili -quantomeno per le fasce di importi meno consistenti e dunque prive di interesse transfrontaliero- alcune misure “propulsive” oggi previste in via eccezionale.

Alberto Gaz   

image_pdfStampa in PDF