Giuseppe Zanardelli tenne un discorso memorabile in occasione della prima adunanza annuale del Collegio degli Avvocati di Brescia. L’intervento, svolto il 15 febbraio 1875, spaziò su molti temi dell’avvocatura, disegnando traiettorie professionali che si riveleranno azzeccate. In particolare, colpisce come Zanardelli fosse consapevole che trattare materie differenti comportava sensibilità differenti e questo ben prima della istituzione della IV^ Sezione del Consiglio di Stato (cioè in relazione ad un contenzioso giuspubblicistico ancora confinato fuori da aule giudiziarie specialistiche).

Nelle sue parole si rinvengono gli embrioni di una caratterizzazione specialistica dell’avvocatura, anche se – al tempo – il perimetro delle iniziative processuali era prevalentemente quello dei Tribunali civili (art. 4 L. 20 marzo 1865, n, 2248, all. E). E sono parole alquanto elogiative per (quello che sarà poi chiamato) il foro amministrativo: tanto più significative se si pensa alla visione generalista delle competenze dell’avvocato che inevitabilmente imperava un secolo e mezzo fa.

Questioni che involvono i rapporti dell’individuo collo Stato, dello Stato colla Chiesa, o si riferiscono a tutti i diritti e doveri del cittadino di fronte al dedalo delle innumerevoli leggi civili, politiche, amministrative, finanziarie; tutti cotesti temi hanno di che, non soltanto occupare, ma stancare ed opprimere eziandio ogni sforzo di umana attività[1]. Il dedalo – come sappiamo – non si è semplificato nei decenni successivi e, lette in quest’ottica, le affermazioni di Zanardelli inducono un sorriso spontaneo nei colleghi del XXI secolo, adusi a maneggiare articoli di leggi finanziarie i cui commi raggiungono le quattro cifre. Non va però passato sottotraccia quanto Zanardelli metteva in luce, vale a dire l’inevitabilità di un “di più” di approccio riflessivo – fatto di ricerca, di studio, di confronto – per chi dissoda il campo giuridico-amministrativo.

Non si tratta solo di ricostruire sul piano sostanziale la disciplina rilevante ma di cimentarsi tra insidie processuali non comuni: “Oltre di che in moltissime di queste controversie si aggiungono le difficoltà nascenti dai conflitti delle giurisdizioni, i dubbi e gli agguanti creati dai modi imposti a procedere, le incertezze sulla convenienza di ampliare o restringere il campo della istruttoria o della discussione, i pericoli che una omissione, un oblio per quanto giustificato può irreparabilmente produrre … fra la sovranità del diritto e la tirannia della forma[2].

Si fa strada una tensione irrisolta nel modo di intendere l’opera professionale: si sa che “da essa in una parola dipendono il benessere, la pace, l’avvenire degl’individui e delle famiglie, la loro felicità o la loro rovina” e si è – al contempo – coscienti della “sterminata varietà e gravità di lavori, applicati a casi quasi sempre diversi, ad atti sulla cui interpretazione i giudici stessi trovansi sovente in disaccordo, a leggi diversamente intese da coloro stessi che le hanno fatte e che d’altronde si mutano e si aumentano ogni giorno[3].

Zanardelli indica una via per sciogliere (o attenuare) questa tensione e la individua nel non – deflettere dal coltivare la preparazione e la competenza professionale. Ai colleghi impegnati nel contenzioso amministrativo consiglia “di conoscere non solo il testo di tutte queste leggi civili, commerciali, politiche, ecclesiastiche, amministrative, finanziarie, ma il loro pensiero; ad esplicare il quale nelle relazioni che corrono tra i fatti i quali sono oggetto delle vostre disputazioni e tutti i fenomeni sociali in cui essi si svolsero, voi siete immancabilmente obbligati ad interrogare la filosofia del diritto, la legislazione comparata, la storia, la scienza dell’amministrazione e delle finanze, la statistica stessa e tutti quelli usi, quelle consuetudini, quelle norme in cui i fatti stessi ebbero origine e ragion d’essere, oltre alle tradizioni del foro, agl’innumerevoli responsi della giurisprudenza per cercarvi il messo efficace delle vostre dimostrazioni[4].

Questa dimensione “culturale”, co-essenziale alle esigenze del foro amministrativo, potenzia il ruolo professionale dell’avvocato “il quale ogni occasione, in ogni negozio della vita studia per quelli che non possono studiare[5].

Enrico Gaz

 

[1] G. ZANARDELLI, L’avvocatura – Discorsi (con alcuni inediti), Milano, Giuffrè, 2003, p. 24.

[2] Ibidem p. 25.

[3] Ibidem.

[4] Ibidem, p. 26.

[5] Ibidem.

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