Molta parte dell’impegno civile di fra Paolo Sarpi[1] fu indirizzata verso i temi politico-giuridici, diventando punto di indiscusso riferimento delle istituzioni della Serenissima. “Sarpi giurista[2] è una delle opere di Ivone Cacciavillani (di cui ricorre in questi giorni il secondo anniversario della morte[3]) alle quali era più legato. Rispetto al Sarpi l’avv. Cacciavillani non nutriva un interesse solo storico o erudito ma ne considerava il pensiero un faro per la professione. Definito “un vero gigante del pensiero giuridico, con particolare riguardo al settore oggi definito pubblico[4] vedeva nel Sarpi una sorta di icona del modo – tutto peculiare – con cui il foro veneto aveva interpretato e doveva a suo avviso (ancora) interpretare il servizio svolto. Spesso amava accostare il pensiero del Sarpi all’idea di “essere foro veneto”.

Ma possono trovarsi segni di continuità, di corrispondenza o di analogia tra un giurista pratico del secolo XVI e quelli del nostro tempo? E ciò, nonostante le radicali trasformazioni della società e dei costumi, dei riferimenti ideologici, delle dottrine giuridiche, delle regole dei processi e – soprattutto – nonostante la mutata conformazione dell’ordinamento e delle fonti del diritto?

In Sarpi era spiccato il senso della continua mutazione delle cose del mondo e delle trasformazioni determinate dall’evolversi delle circostanze.  Cacciavillani leggeva in questo un indizio della capacità del suo pensiero di trascendere i contesti di un’epoca e di rendere tramandabile l’esperienza dell’assistenza legale al di là delle contingenze storiche. C’è un punto che Cacciavillani considerava caratteristico dell’approccio veneziano alle “cose giuridiche”: la stretta aderenza al fatto.

Sarpi infatti scriveva: “ ….l’officio del consultore in jure è rispondere quel che è di raggione nel fatto o caso over negozio che gli vien proposto[5].  L’astrazione logica aveva piena cittadinanza nei percorsi didattici dove “per rispondere de jure nelle scole non si vi ricerca che una buona cognizione delle legi perché li casi si propongono in termini universali che non ricevono varietà e quel che una volta è ben discusso serve per sempre”. Però “a consultare nei casi particolari oltra la cognizione delle legi vi vuole esquisita notizia del fatto cioè il negozio con tutte le sue particolari circostanze et è regola di giureconsulti che qualonque minima variazione di circostanza muta tutta la raggione in jure[6].

La “esquisita notizia del fatto” marca uno stile forense di “realismo giuridico”: più sbilanciato sulla completezza dell’esposizione concreta che incline a presunte altezze intellettuali, più fondato su dimostrazioni piane e pratiche che su profondità scientifiche. Entro questa cornice, il compito del patrocinatore diventa quello di esporre le regole del diritto ad illustrazione della soluzione suggerita, non come sistema di principi o come frutto di astratta speculazione. Anzi, il “consulto” diventa l’esatto contrario del “trattato”: questo specula il sistema per scoprirne armonie o disfunzionalità, quello specula il sistema per vedere quanta realizzazione può legittimamente trovare in esso l’interesse di chi lo richiede.

Esaminando le vicende dall’angolo visuale dell’interesse del “servizio”, il “consultore” non insegue una verità assoluta, ma solo l’applicazione delle regole giuridiche al “caso” sottopostogli. Cacciavillani non esitava ad affermare che “il parere pro veritate è soltanto una finzione avvocatesca; esiste il parere espresso a chi lo richiede, del quale sostiene l’interesse entro le regole del diritto[7]. In questa direzione va inteso l’adempimento dei doveri di fedeltà, di diligenza e di competenza positivizzati dal Codice deontologico[8].

Alla fine, con un veloce semplicismo, potremmo sintetizzare il tutto richiamando l’eterna attualità del noto brocardo “narra mihi factum, dabo tibi ius”. Ma, così facendo, ci sfuggirebbe il retroterra fascinoso e pienamente coinvolgente che contraddistingue l’impegno forense e le sue strategie: sostare sulla “norma per ottenere il massimo effetto per il cliente, pur sempre nel quadro della legalità; ma con fantasia propositiva e tenacia defensionale. Professione tra le più alte possibili all’uomo: vedere, pensare e decidere per gli altri; in una immedesimazione totale col cliente che il giuramento di fedeltà impegna a servire[9].

Enrico Gaz

 

[1] Paolo Sarpi, 1552 – 1623.

[2] Cfr. I. CACCIAVILLANI, Sarpi Giurista, Padova, Cedam, 2002.

[3] Avvenuta il 17 febbraio 2021.

[4] Così in I. CACCIAVILLANI, Il “servizio Giustizia” nell’ordinamento della Serenissima, Vicenza, Rigoni, 2016, p. 97.

[5] P. SARPI, Carico di consultore in jure della repubblica, 15 settembre 1618, in P. SARPI, Dei consulti – Il carteggio con l’ambasciatore inglese sir. Dudley Carleton, a cura di G. e L. COZZI, Torino, Einaudi, 1979, p. 3.

[6] Ibidem.

[7] I. CACCIAVILLANI, I consulti di Paolo Sarpi sulla Vangadizza, Padova, Cedam, 1994, p. 19.

[8] Rispettivamente agli artt. 10, 12 e 14.

[9] I. CACCIAVILLANI, Sarpi Giurista, Padova, Cedam, 2002, pp. 13-14.

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