La tutela risarcitoria nei confronti delle pubbliche amministrazioni è terreno di contrapposizione tra giurisdizioni. Ed è da chiedersi quali ne siano gli effetti per chi, ritenendosi danneggiato, deve rivolgersi a un giudice (a parte la complicazione – primaria – di dover individuare il giudice fornito di giurisdizione senza finire alle Sezioni unite della Cassazione).

Il contrasto sul punto si è fatto evidente già vent’anni fa, sin dalla sentenza 500 del 1999 della Cassazione; che certo – nell’aprire il campo al risarcimento per la lesione degli interessi legittimi – non pensava che se ne dovesse occupare il giudice amministrativo. Ma le cose sono poi andate diversamente, dopo l’intervento della Corte costituzionale e il codice del processo amministrativo.

Alla fine, si era faticosamente giunti a un equilibrio instabile. In particolare: se il danno deriva da un provvedimento sfavorevole, il risarcimento va chiesto al giudice amministrativo; se da un provvedimento favorevole rivelatosi illegittimo, al giudice ordinario.

E’ però del 29 novembre scorso, con la sentenza 20/2021 qui riportata (e le coeve 19 e 21), la rottura di quell’equilibrio da parte dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, con la rivendicazione della giurisdizione del giudice amministrativo in entrambi i casi.

E’ una soluzione ragionevole, e scritta molto bene (a parte forse una deviazione sulla giurisdizione esclusiva che non sembra integrata nel percorso argomentativo). Il sistema viene ricostruito, in questa ma anche nelle altre due pronunce della plenaria, in modo davvero magistrale. E si giunge così a riconoscere che l’affidamento, nato in ambito civilistico, ha oggi assunto il ruolo di principio regolatore di ogni rapporto giuridico, anche di quelli di diritto amministrativo: ogni attività della pubblica amministrazione fa sorgere nel destinatario l’aspettativa – meritevole di tutela – al mantenimento nel tempo del rapporto giuridico che ne è sorto.

Meritevole di tutela, siamo d’accordo, se c’è un affidamento incolpevole. E il punto problematico sta nel fatto che, alla fine, venga negata l’esistenza di un affidamento incolpevole, e quindi la possibilità di tutela, se vi è la conoscibilità del vizio dell’atto: conoscenza che ben può conseguire all’aver ricevuto la notifica di un ricorso.

Insomma, se mi viene notificato un ricorso contro il provvedimento a me favorevole, sono “avvertito” della possibile illegittimità di quel provvedimento, e non posso fare affidamento su di esso. Ma questo vuol dire che tutte le volte che un giudice annulla un provvedimento favorevole – visto che lo fa su ricorso – il risarcimento è a rischio.

La sensibilità all’esistenza di un giudizio amministrativo è più marcata nel giudice amministrativo? Domanda non puramente accademica, se ne può derivare la vanificazione della tutela.

A parte, poi, la questione del termine entro cui va chiesto il risarcimento: la distinzione tra giudice ordinario e giudice amministrativo corrisponde di regola alla distinzione tra termini prescrizionali e termini – ben più brevi – decadenziali, e anche da ciò può derivare una limitazione della tutela risarcitoria.

In conclusione: dietro a un giudice c’è un sistema di regole e prima ancora di valori. Ed è compito nostro – come avvocati – capire come cambia la tutela quando cambia il giudice.

Stefano Bigolaro

Sentenza Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria n. 20/2021

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