Sommario: 1. Analisi generale della disciplina normativa statale vigente; 2. L’evoluzione della normativa statale e regionale; 3. La fascia di rispetto cimiteriale ridotta dopo la riforma del 2002; 4. La fascia di rispetto cimiteriale ridotta prima della riforma del 2002; 5. La deroga dell’art. 338, comma 7, R.D. n. 1265/1934 in rapporto alla nuova nozione di ristrutturazione edilizia; 6. Calcolo della distanza dal cimitero. Centro abitato ed edifici “sparsi”. Condono e sanatoria di edifici in fascia di rispetto cimiteriale. Competenze.
1. Analisi generale della disciplina normativa statale vigente.
Il 12 giugno del 1804 venne pubblicato, per volere di Napoleone Bonaparte, l’Editto di Saint Cloud, in forza del quale – tra varie misure di polizia mortuaria – era stato disposto anche il divieto di sepoltura entro le mura cittadine. L’Editto è stato uno degli spunti per i Sepolcri di Ugo Foscolo (editi nel 1806) e, molto meno poeticamente, ha informato l’ordinamento del Regno d’Italia, in particolare l’art. 338 del R.D. n. 1265/1934 (Testo unico delle leggi sanitarie), tutt’ora vigente, pur se con le molteplici modifiche apportate nel corso degli anni.
Merita osservare come il testo vigente dell’art. 338 del R.D. n. 1265/1934, risultante dall’ultima modifica avvenuta in forza della L. n. 166/2002, rechi plurime disposizioni normative, che vanno distinte, per non essere tra loro confuse.
Il comma 1 reca la disposizione di principio, che predica la collocazione dei cimiteri alla distanza di almeno 200 metri dal centro abitato ed il divieto di costruire nuovi edifici entro il raggio di 200 metri dal perimetro dell’impianto cimiteriale, come risulta dal vigente strumento urbanistico o in via di fatto.
Si tratta di un vincolo di carattere assoluto, imposto ex lege, avente natura conformativa, slegato dalla pianificazione urbanistica ed avente efficacia diretta, indipendentemente dallo strumento pianificatorio (Cons. St., sez. IV, 19.4.2021, n. 3144; id., 1.12.2020, n. 7617; Cons. St., sez. VI, 10.4.2020, n. 2370; id., 26.8.2019, n. 5863; TAR Campania, Napoli, sez. II, 10.6.2020, n. 2306).
La ratio del vincolo è triplice, come insegna la giurisprudenza (Cons. St., sez. IV, 19.4.2021, n. 3144; Cons. St., sez. II, 25.5.2020, n. 3317; id., 26.8.2019, n. 5862; Cons. St., sez. IV, 8.7.2019, n. 4692): (i) il rispetto della sacralità del luogo di sepoltura; (ii) le esigenze di tutela igienico-sanitaria; (iii) il mantenimento di un’area di possibile espansione del cimitero.
Sono fatte salve, però, le deroghe e le eccezioni previste dalla legge.
La prima deroga (art. 338, comma 2, T.U.L.S.) riguarda i cimiteri militari, per i quali non si applicano le disposizioni del primo comma, a condizione che siano trascorsi dieci anni dal seppellimento dell’ultima salma.
La seconda deroga (art. 338, comma 4, T.U.L.S.) attiene al potere del Consiglio comunale di approvare, previo parere favorevole della competente azienda sanitaria locale, la costruzione di nuovi cimiteri o l’ampliamento di quelli esistenti ad una distanza inferiore a 200 metri dal centro abitato, purché non inferiore a 50 metri, ove ricorrano le seguenti condizioni: (a) sia accertato dal Consiglio comunale che non vi siano alternative; (b) l’impianto cimiteriale sia separato dal centro urbano da strade pubbliche (almeno di livello comunale) o da fiumi, laghi o dislivelli naturali rilevanti, ovvero da ponti o ferrovie.
Fattispecie opposta è la terza deroga (art. 338, comma 5, T.U.L.S.), che prevede la riduzione della fascia in avvicinamento rispetto ai cimiteri esistenti; possono essere autorizzati l’ampliamento di edifici esistenti o la costruzione di nuovi edifici entro la fascia di rispetto cimiteriale, ossia a distanza inferiore a 200 metri, a condizione che: (i) la fascia di rispetto cimiteriale venga ridotta con apposita deliberazione di Consiglio comunale; (ii) non vi ostino ragioni igienico-sanitarie e sussista in tal senso il previo parere favorevole della competete azienda sanitaria locale; (iii) la riduzione sia finalizzata alla realizzazione di un’opera pubblica o all’attuazione di un intervento urbanistico.
Quarta ed ultima deroga (art. 338, comma 7, T.U.L.S.) è data dalla possibilità di realizzare entro la fascia di rispetto – e senza alcuna riduzione di essa – interventi di recupero o interventi funzionali all’utilizzo di edifici esistenti, tra cui anche l’ampliamento di essi entro il 10%, i cambi di destinazione d’uso e gli interventi edilizi di cui all’art. 31, lettere a), b), c) e d) della L. n. 457/1978, oggi art. 3, comma 1, lettere a), b), c) e d), del D.P.R. n. 380/2001, intendendosi sussistente un rinvio dinamico al Testo unico dell’edilizia.
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2. L’evoluzione della normativa statale e regionale.
2.1. Il testo originario dell’art. 338 T.U.L.S. disponeva che:
“I cimiteri debbono essere collocati alla distanza di almeno duecento metri dai centri abitati. È vietato di costruire intorno agli stessi nuovi edifici e ampliare quelli preesistenti entro il raggio di duecento metri.
Il contravventore è punito con l’ammenda fino a lire 1000 e deve inoltre, a sue spese, demolire l’edificio o la parte di nuova costruzione, salvi i provvedimenti di ufficio in caso di inadempienza.
Il prefetto, quando abbia accertato che a causa di speciali condizioni locali non è possibile provvedere altrimenti, può permettere la costruzione e l’ampliamento dei cimiteri a distanza minore di duecento metri dai centri abitati.
Il prefetto inoltre, sentito il medico provinciale e il podestà, per gravi e giustificati motivi e quando per le condizioni locali non si oppongano ragioni igieniche, può autorizzare, di volta in volta, l’ampliamento degli edifici preesistenti nella zona di rispetto dei cimiteri.
I provvedimenti del prefetto sono pubblicati nell’albo pretorio per otto giorni consecutivi e possono essere impugnati dagli interessati nel termine di trenta giorni.
Il Ministero per l’Interno decide sui ricorsi, sentito il Consiglio di Stato”.
La norma originaria, quindi, consentiva deroghe, per così dire, “puntuali”, caso per caso, ma non contemplava la possibilità di una riduzione generalizzata della fascia di rispetto.
L’art. 1 della L. 17 ottobre 1957, n. 983, poi, ha significativamente modificato il comma 5 dell’art. 338 T.U.L.S., che disponeva:
“Può altresì il Prefetto, su motivata richiesta del Consiglio comunale, deliberata a maggioranza assoluta dei consiglieri in carica, e previo conforme parere del Consiglio provinciale di sanità, quando non vi si oppongano ragioni igieniche e sussistano gravi e giustificati motivi, ridurre l’ampiezza della zona di rispetto di un cimitero, delimitandone il perimetro in relazione alla situazione dei luoghi, purché nei centri abitati con popolazione superiore a 20.000 abitanti il raggio della zona non risulti inferiore ai 100 metri ed almeno a 50 metri per gli altri Comuni”.
La disposizione, quindi, transita dalla previgente possibilità di deroga puntuale, caso per caso, alla facoltà di riduzione generalizzata della fascia di rispetto, alle condizioni e nei limiti previsti.
Infine, l’art. 28, comma 1, lett. a) e b), della L. 1° agosto 2002, n. 166 ha novellato i commi 1, 4, 5, 6 e 7 dell’art. 338 T.U.L.S., per arrivare al testo oggi vigente, i cui contenuti sono già stati illustrati, ma su cui tornerò.
2.2. Quanto, invece, alla legislazione regionale, è sufficiente ricordare l’art. 41, comma 4-bis, della L.R. n. 11/2004, siccome aggiunto dall’art. 4, comma 1, della L.R. n. 4/2015, ai sensi del quale:
<<Nelle aree di cui al comma 1, lettera e), oggetto di riduzione della zona di rispetto ai sensi dell’art. 338, comma 5, del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265 “Approvazione del testo unico delle leggi sanitarie” e successive modificazioni, l’attuazione degli interventi urbanistici, pubblici o privati, compatibili con le esigenze di pubblico interesse attinenti al profilo sanitario, urbanistico e di tranquillità dei luoghi, di cui al medesimo comma 5, è consentita previa approvazione da parte del consiglio comunale di un piano urbanistico attuativo con le procedure di cui all’articolo 20. Tale disposizione si applica anche ai comuni non dotati di PAT>>.
Tale norma regionale, quindi, giustificava la possibilità di interventi urbanistici privati, con la necessaria intermediazione dello strumento urbanistico attuativo. E questa era la corrente interpretazione nella vigenza dell’art. 338 T.U.L.S., post riforma del 2002 e dell’art. 41, comma 4-bis, della L.R. n. 11/2004.
Mette conto rilevare, però, che, mentre l’art. 338 T.U.L.S. non è più stato modificato dopo la riforma del 2002, l’art. 41, comma 4-bis, della L.R. n. 11/2004 è stato invece riscritto ad opera dell’art. 63, comma 4, della L.R. 31 dicembre 2016, n. 30 ed ora dispone che:
<<Nelle aree di cui al comma 1, lettera e), oggetto di riduzione della zona di rispetto ai sensi dell’art. 338, comma 5, del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265 “Approvazione del testo unico delle leggi sanitarie” e successive modificazioni, l’attuazione di opere pubbliche o di interventi urbanistici aventi rilevanza pubblica di cui al medesimo comma 5, è consentita dal consiglio comunale, acquisito il parere della competente azienda sanitaria locale, previa valutazione dell’interesse pubblico prevalente e della compatibilità degli interventi con le esigenze di tutela relative agli aspetti igienico-sanitari, ambientali, urbanistici e di tranquillità dei luoghi>>.
Il testo della normativa regionale ora vigente sembra essere stato adeguato all’art. 338, comma 5, T.U.L.S.; rimane conservata la possibilità di interventi urbanistici “aventi rilevanza pubblica”, anche se “previa valutazione dell’interesse pubblico prevalente”; la valutazione della rilevanza pubblica dell’intervento urbanistico ed il richiamo alla prevalenza dell’interesse pubblico caratterizzano la vigente disposizione regionale, ma non osta alla possibilità di attuare interventi urbanistici, ove essi abbiano rilevanza pubblica e l’interesse pubblico sotteso all’intervento sia valutato dall’Amministrazione come prevalente. Salvo le peculiarità evidenziate, per il vero, la disciplina regionale vigente non sembra discostarsi significativamente dalla disciplina statale del pari vigente, successivamente alla riforma del 2002.
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3. La fascia di rispetto cimiteriale ridotta dopo la riforma del 2002.
Giova affrontare ora il tema della riduzione della fascia di rispetto cimiteriale dopo la riforma del 2002, quindi sulla base della vigente disciplina nazionale e regionale.
3.1. Sia la legge statale, sia la legge regionale consentono la riduzione della fascia di rispetto al fine di realizzare un’opera pubblica o di attuare un intervento urbanistico.
Chiaro è il riferimento all’opera pubblica, meno chiara è la locuzione “attuazione di un intervento urbanistico”. Quest’ultima pare sottintendere la necessità che gli interventi siano necessariamente assistiti da uno strumento urbanistico o, comunque, che l’intervento sia a scala urbanistica.
Sembra, però, evidente l’intenzione del legislatore di distinguere le due fattispecie, ossia l’opera pubblica e l’intervento urbanistico.
La prima (opera pubblica) ha sovente il prodromo nel vincolo preordinato all’espropriazione previsto nello strumento urbanistico generale, ai sensi degli articoli 8 e 9 del DPR n. 327/2001. Ciò vale anche ove il vincolo venga apposto tramite procedimenti semplificati: in conferenza di servizi o con accordo di programma, ai sensi dell’art. 10, comma 1, del DPR n. 327/2001 o con variante semplificata, ai sensi degli articoli 10, comma 2 e 19 commi 2 e seguenti, del DPR n. 327/2001, posto che sempre di variante urbanistica si tratta.
In definitiva, la realizzazione dell’opera pubblica costituisce l’attuazione di un intervento urbanistico, dovendo l’opera pubblica essere prevista dallo strumento urbanistico generale, ove viene cristallizzato il vincolo espropriativo.
Peraltro, anche laddove l’Amministrazione fosse già proprietaria dell’area, sulla quale realizzare l’opera pubblica, parimenti l’opera pubblica dovrebbe essere prevista nello strumento urbanistico, essendo necessaria la sua espressa localizzazione all’interno del Piano.
Si può, quindi, fondatamente sostenere che la realizzazione dell’opera pubblica in fascia di rispetto cimiteriale costituisca necessariamente l’attuazione di un intervento urbanistico, nel caso in cui l’area non sia di proprietà pubblica, come nel caso in cui l’area sia già di proprietà pubblica.
Se la realizzazione dell’opera pubblica costituisce necessariamente attuazione di un intervento urbanistico (ovviamente pubblico), allora il riferimento normativo “o all’attuazione di un intervento urbanistico” deve essere altro rispetto all’opera pubblica, altrimenti si tratterebbe di una ridondante allitterazione. Ed il riferimento dovrebbe necessariamente andare all’intervento urbanistico privato, tanto se previsto in sede di strumento urbanistico generale, quanto se previsto in sede di strumento urbanistico attuativo (conforme allo strumento urbanistico generale).
Anche la vigente norma regionale non pare affatto escludere la riduzione del vincolo cimiteriale rispetto agli interventi urbanistici privati, laddove sussista l’interesse pubblico rinforzato (“rilevante” e “prevalente”).
D’altra parte, molteplici sono le fattispecie, nelle quali l’intervento privato può essere d’interesse pubblico. Si pensi, a titolo d’esempio, agli accordi ex art. 6 della L.R. n. 11/2004, al permesso di costruire in deroga, ai sensi dell’art. 14 del DPR n. 380/2001 (circa la configurabilità dell’interesse pubblico rispetto ad un intervento privato in tema di permesso di costruire in deroga, si veda Cons. St., sez. IV, 5 giugno 2015, n. 2761). Si pensi anche, in termini più generali, alle convenzioni urbanistiche, che sono qualificabili come accordi sostitutivi del provvedimento, ai sensi dell’art. 11 della L. n. 241/1990, necessariamente volti al perseguimento del pubblico interesse.
Donde, ed in sintesi, la corretta interpretazione dell’art. 338, comma 5, del R.D. n. 1265/1934 nel testo oggi vigente e dell’art. 41, comma 4 bis, della L.R. n. 11/2004 appare essere la seguente:
(i) la regola è costituita dall’inedificabilità assoluta entro la fascia di rispetto cimiteriale estesa ex lege;
(ii) la fascia di rispetto cimiteriale può essere ridotta ex 338, comma 5, T.U.L.S. con la ivi prevista procedura e solo ricorrendo due fattispecie tassative (a) per la realizzazione di un’opera pubblica; (b) per la realizzazione di un intervento urbanistico privato, a condizione che venga motivato il rilevante interesse pubblico in ossequio sia al necessario interesse pubblico, che deve sovrintendere ad ogni trasformazione urbanistica, sia alla rilevanza pubblica oggi richiesta dall’art. 41, comma 4-bis, della L.R. n. 11/2004; così come – sempre in base alla disciplina regionale – devono essere riconosciuti il prevalente interesse pubblico (non semplicemente rilevante, quindi) e la compatibilità degli interventi con le esigenze di tutela relative agli aspetti igienico-sanitari, ambientali, urbanistici e di tranquillità dei luoghi;
(iii) non si ravvisano elementi interpretativi, né testuali, né logico-sistematici, per escludere in radice l’ammissibilità di interventi urbanistici privati, ritenendo ammissibile solo la realizzazione di opere pubbliche strettamente intese.
3.2. Va detto, invero, che rispetto all’illustrata prospettazione, cui ritengo di accedere, taluna giurisprudenza più recente ha espresso considerazioni critiche, accogliendo un’interpretazione molto restrittiva, che limita la riduzione della fascia di rispetto cimiteriale al solo caso di realizzazione di opere pubbliche.
3.2.1. Con espresso riferimento ai provvedimenti di riduzione della fascia di rispetto cimiteriale (assunti dopo il 2002), è stato affermato dalla giurisprudenza, da un lato, che la riduzione del vincolo cimiteriale “non può applicarsi a fattispecie relative all’edilizia residenziale privata” (T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, 15 luglio 2019, n. 9358, confermata da Cons. St., sez. IV, 1.12.2020, n. 7617; il principio è richiamato anche da Cons. St., sez. IV, 19.4.2021, n. 3144), dall’altro, nelle stesse pronunzie appena citate, è stato parimenti affermato che la delibera consiliare di riduzione della fascia di rispetto cimiteriale ha natura regolamentare e può essere disapplicata dal giudice amministrativo in qualsiasi momento (sulla disapplicazione, si vedano: Cons. St., sez. V, 4 febbraio 2019, n. 821 e Cons. St., sez. VI, 24 ottobre 2017, n. 4894).
L’interpretazione restrittiva, cui aderisce la sentenza del T.A.R. Lazio, Roma, n. 9358/2019 (confermata da Cons. St., n. 7617/2020), vieta i provvedimenti di riduzione della fascia di rispetto per opere, che non siano pubbliche in senso stretto; ma va osservato – e la notazione appare rilevante – che nel caso di specie l’Azienda sanitaria si era opposta alla riduzione della fascia di rispetto ed, infatti, il Comune aveva impugnato il diniego dell’Azienda sanitaria, sostenendo che la fascia era già stata ridotta con provvedimento di Consiglio comunale. Il che forse spiega le ragioni delle pronunzie, che hanno ritenuto di offrire una lettura assai restrittiva della norma, per dare prevalenza all’interesse pubblico, di cui è tutrice l’Azienda sanitaria, anziché all’interesse del privato e dell’Amministrazione, volto a realizzare edifici residenziali, pur se di edilizia residenziale pubblica.
3.2.2. Tant’è vero ciò, che si rinvengono altre pronunzie, le quali, invece, affermano la possibilità di riduzione del vincolo cimiteriale anche su istanza del privato (T.A.R. Veneto, sez. II, 27.7.2009, n. 2226, confermata da Cons. St., sez. II, 8.7.2019, n. 4727) o che, premesso l’anzi visto (sub § 3.2.1.) orientamento giurisprudenziale, riconoscono “situazioni particolari e inidonee per interferire con le esigenze cui la fascia di rispetto è preordinata; situazioni che potrebbero quindi legittimare la deroga “una tantum” anche in favore di interventi di edilizia privata” (T.A.R. Marche, sez. I, 19.2.2018, n. 125), ovvero ancora che, premesso il vincolo di inedificabilità assoluta in linea di principio, riconoscono la derogabilità del vincolo, ai sensi dell’art. 338 T.U.L.S. “in ipotesi eccezionali e comunque solo per considerazioni di interesse pubblico, in presenza delle condizioni specificate al quinto comma del medesimo articolo” (T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. I, 5.12.2019, n. 1029). Tra le altre pronunzie in tal senso, si vedano anche T.A.R. Sardegna, sez. II, 20.3.2009, n. 322 e T.A.R. Veneto, sez. II, 6.4.2006, n. 861.
La sintesi del dibattito sulla portata dell’art. 338, comma 5, del R.D. n. 1265/1934 è stata efficacemente rappresentata da ancor più recente giurisprudenza (T.A.R. Lombardia, Milano, sez. II, 6.4.2022, n. 772), di cui merita citare un significativo passaggio circa l’interpretazione della locuzione “intervento urbanistico”. La citata sentenza ricorda che:
<<Le modifiche normative apportate nel 2002 segnano l’insorgenza di un dibattito sulla portata della previsione di cui all’art. 338, co. 5, R.D. n. 1265/1934 che, come visto, si riferisce alla possibilità di realizzare opere pubbliche o di attuare un intervento urbanistico. Secondo una parte della giurisprudenza l’espressione “intervento urbanistico” potrebbe ritenersi riferita solo alle opere pubbliche o di pubblica utilità al fine di non snaturare la ratio su cui riposa la previsione legale (Consiglio di Stato, sez. V, 29 marzo 2006, n. 1593; Id., 3 maggio 2007, n. 1934). Altra parte della giurisprudenza ricomprende nell’alveo applicativo della regola in esame anche le opere realizzate dai privati (cfr.: T.A.R. per l’Abruzzo – sede di Pescara, sez. I, 22 febbraio 2007, n. 189; T.A.R. per la Sardegna, Sez. II, 20.03.2009, n. 322; Id., 18 maggio 2007, n. 973)>>.
La giurisprudenza citata, invero, accede all’indirizzo interpretativo più restrittivo.
Cercando di trarre una sintesi, che pure dev’essere tratta, ritengo – per le ragioni sopra esposte – che la fascia di rispetto cimiteriale possa – oggi, in forza della disciplina vigente – essere ridotta non solo per opere pubbliche, ma anche per interventi urbanistici privati, a condizione che essi siano di rilevante e prevalente interesse pubblico, sussistendo le condizioni di cui all’art. 338, comma 5, T.U.L.S. ed all’art. 41, comma 4-bis, della L.R. n. 11/2004 e previa attenta verifica caso per caso. Tuttavia, l’orientamento restrittivo di parte della giurisprudenza consiglia comunque prudenza, anche in relazione alle conseguenze di carattere risarcitorio, che potrebbero derivare in capo al Comune – il quale dovesse autorizzare la riduzione e, conseguentemente, convenzionare, ad esempio, un piano attuativo, per indi rilasciare i titoli edilizi – nell’ipotesi in cui venisse annullata (o, ancora peggio, disapplicata a distanza di molto tempo) la delibera consiliare di riduzione con il consequenziale travolgimento dei provvedimenti successivi.
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4. La fascia di rispetto cimiteriale ridotta prima della riforma del 2002.
Diversa è la fattispecie dei provvedimenti di riduzione della fascia di rispetto cimiteriale ante 2002, sulla base di risalenti provvedimenti.
Il testo dell’art. 338, comma 5, T.U.L.S., vigente prima del 2002 (precisamente, tra il 1957 ed il 2002), recitava che:
“Può altresì il Prefetto, su motivata richiesta del Consiglio comunale, deliberata a maggioranza assoluta dei consiglieri in carica, e previo conforme parere del Consiglio provinciale di sanità, quando non vi si oppongano ragioni igieniche e sussistano gravi e giustificati motivi, ridurre l’ampiezza della zona di rispetto di un cimitero, delimitandone il perimetro in relazione alla situazione dei luoghi, purché nei centri abitati con popolazione superiore a 20.000 abitanti il raggio della zona non risulti inferiore ai 100 metri ed almeno a 50 metri per gli altri Comuni”.
Il testo oggi vigente, invece, recita che:
“Per dare esecuzione ad un’opera pubblica o all’attuazione di un intervento urbanistico, purché non vi ostino ragioni igienico-sanitarie, il consiglio comunale può consentire, previo parere favorevole della competente azienda sanitaria locale, la riduzione della zona di rispetto tenendo conto degli elementi ambientali di pregio dell’area, autorizzando l’ampliamento di edifici preesistenti o la costruzione di nuovi edifici. La riduzione di cui al periodo precedente si applica con identica procedura anche per la realizzazione di parchi, giardini e annessi, parcheggi pubblici e privati, attrezzature sportive, locali tecnici e serre”.
Il tema oggetto di scrutinio, pertanto, è il seguente, ossia se le fasce di rispetto, ridotte in forza di legittimi provvedimenti amministrativi – assunti prima della L. n. 166/2002, in base all’art. 338, comma 5, T.U.L.S. nel testo vigente a seguito della modifica introdotta dall’art. 1 della L. n. 983/1957 – debbano essere considerate tamquam non essent dopo la riforma del 2002, con il conseguente effetto di riespansione automatica della fascia di rispetto dei 200 metri; oppure se esse siano da considerare valide ed efficaci, perché medio tempore la riduzione si è consolidata e la L. n. 166/2002, recando precetti diversi e non avendo effetto retroattivo, potrebbe essere applicata solo pro futuro, ossia in riferimento ai provvedimenti riduttivi assunti successivamente alla sua entrata in vigore.
4.1. La prima tesi.
Secondo un primo approccio interpretativo, potrebbe essere sostenuto che la norma sia sostanzialmente ripropositiva del precetto previgente e che si imponga sui provvedimenti di riduzione, siccome fonte normativa sopravvenuta e prevalente rispetto ai provvedimenti di riduzione della fascia di rispetto cimiteriale, aventi natura di provvedimenti amministrativi o, al più, di regolamenti.
La conseguenza sarebbe l’inefficacia dei provvedimenti di riduzione del vincolo assunti ante 2002, stante la prevalenza della sopravvenuta legge n. 166/2002; diversamente detto: la riespansione automatica ex lege del vincolo per effetto diretto ed immediato della riforma (in tal senso T.A.R. Campania, Napoli, sez. II, 7.9.2018, n. 5423). Giova ricordare che il giudice amministrativo partenopeo si è espresso in modo tranchant nella ricordata pronuncia, laddove ha affermato che: “Parimenti, parte ricorrente non può giovarsi della disciplina comunale di settore contenuta nell’ordinanza sindacale n. 86/2001, che ha ridotto la fascia di rispetto cimiteriale a soli 100 metri, dal momento che tale disciplina è stata superata dal nuovo testo dell’art. 338 del regio decreto n. 1265/1934, come introdotto dalla legge n. 166/2002, il quale ha definitivamente fissato in 200 metri l’estensione dell’area vincolata. Si osserva, per la precisione, che la predetta riforma legislativa, per il suo carattere totalmente innovatorio, non può non aver comportato l’abrogazione delle regolamentazioni comunali in tema di fascia cimiteriale emanate nella vigenza del precedente quadro normativo, con la conseguenza che tali discipline, al pari di quella di specie, devono intendersi attualmente prive di qualsiasi efficacia ed imperatività”.
In sostanza, la tesi, muovendo dalla prevalenza dell’art. 338, comma 5, T.U.L.S., a seguito della novella introdotta con L. n. 166/2002, porta a ritenere nulli o inefficaci i provvedimenti di riduzione assunti in precedenza, con effetto di riespansione automatica, senza necessità di alcun provvedimento amministrativo, della fascia di rispetto fino a 200 metri. Da ciò deriva, a cascata, il necessario diniego delle richieste di rilascio di titoli edilizi su aree collocate all’interno della fascia di rispetto, ossia fino a 200 metri. Anche a voler accedere alla tesi prospettata, non consiglierei comunque alle amministrazioni comunali di pensare ad eventuali annullamenti di titoli edilizia medio tempore rilasciati, essendo ben difficile ipotizzare la sussistenza dei presupposti per il provvedimento d’annullamento, come prescritti dall’art. 21-nonies della L. n. 241/1990.
4.2. La seconda tesi.
4.2.1. La sinossi del vecchio (ante 2002) e del nuovo testo (post 2002) dell’art. 338, comma 5, R.D. n. 1265/1934 svela come il precetto sostanziale non sia certo identico, comunque, l’argomento, su cui si basa la prima tesi interpretativa, non è stato condiviso da altra giurisprudenza (T.A.R. Veneto, sez. II, 12.3.2015, n. 300), che non accede alla tesi della disapplicazione del provvedimento riduttivo della fascia di rispetto, provvedimento che dev’essere al contrario osservato dall’Amministrazione, salvo espresso atto contrario, che la stessa decidesse di assumere.
Per il vero, nessuna delle ricordate pronunzie sembra aver affrontato il tema (forse non sollevato nello strumentario dei ricorsi), che ritengo, viceversa, importante.
Il tema è quello dell’efficacia della legge nel tempo, in forza del principio generale, affermato dall’art. 11 delle Disposizioni preliminare al codice civile (c.d. preleggi), in base al quale la nuova disciplina vale solo per il futuro e non ha efficacia retroattiva, salvo che la novella non abbia espressamente statuito la propria retroattività.
Declinando il principio fondamentale, anzi visto, alla riduzione delle fasce di rispetto cimiteriale, si ha che: (i) la L. n. 166/2002 non reca alcuna disposizione, che renda applicabile retroattivamente le modifiche introdotte all’art. 338 T.U.L.S.; (ii) la novella, quindi, non può disporre se non per il futuro, ossia per i provvedimenti di riduzione delle fasce di rispetto, da assumere successivamente all’entrata in vigore della riforma (quindi dopo il 2002); (iii) restano validi ed efficaci i provvedimenti riduttivi assunti nel vigore del previgente testo dell’art. 338 T.U.L.S.; (iv) la nuova disciplina, di conseguenza, si applica alle fasce cimiteriali non ancora ridotte, quelle ridotte essendo transitate all’esterno del vincolo; (v) non si può sostenere alcuna tacita riespansione delle fasce di rispetto a 200 metri, in presenza di provvedimento espressi di riduzione della fascia.
Questa è l’interpretazione, che preferisco; a voler diversamente opinare, nulla potrebbe essere autorizzato e realizzato dopo il 2002 entro la fascia di rispetto cimiteriale ridotta, sulla base di provvedimenti assunti precedentemente all’entrata in vigore della L. n. 166/2002.
Inoltre, non si può non tener conto delle molteplici situazioni di legittimo affidamento, ingenerate dai risalenti provvedimenti riduttivi, che hanno condotto all’approvazione degli strumenti urbanistici generali (quindi della zonizzazione), dei piani attuativi ed al rilascio dei titoli edilizi.
Del pari, non si può non tener conto dell’effetto conformativo in senso ampliativo rispetto al diritto di proprietà, comportato dai provvedimenti di riduzione delle fasce di rispetto cimiteriale, e delle rilevanti implicazioni anche sotto il profilo della fiscalità comunale e statale.
4.2.2. Va, inoltre, ricordato che la tesi, cui ritengo di accedere, ha trovato autorevole conferma anche nella giurisprudenza del Consiglio di Stato (sez. IV, 18.5.2016, n. 2003), che ha affermato quanto segue: (i) la fascia di rispetto cimiteriale ridotta non può essere considerata tamquam non esset, con la conseguente restaurazione della fascia di rispetto nella sua totale estensione, senza necessità di un atto formale da parte dell’Amministrazione; (ii) il provvedimento di riduzione della fascia di rispetto giammai può essere qualificato nullo, in forza del noto principio di tassatività delle ipotesi di nullità del provvedimento amministrativo, ai sensi dell’art. 21-septies della L. n. 241/1990, il caso in esame non rientrando in alcuna delle fattispecie tipiche previste dalla norma in parola; (iii) al contrario, l’Amministrazione comunale deve assumere provvedimenti formali, per incidere in senso espansivo sulla fascia di rispetto cimiteriale ridotta; (iv) tali provvedimenti formali servono per chiarire il destino dei suoli, posto che, in difetto d’adozione del provvedimento formale, il certificato di destinazione urbanistica verosimilmente attesterebbe l’edificabilità dell’area sita entro la fascia di rispetto cimiteriale ridotta.
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5. La deroga dell’art. 338, comma 7, R.D. n. 1265/1934 in rapporto alla nuova nozione di ristrutturazione edilizia. Calcolo della distanza dal cimitero. Centro abitato ed edifici “sparsi”. Condono e sanatoria di edifici in fascia di rispetto cimiteriale. Competenze.
5.1. L’art. 338, comma 7, del R.D. n 1265/1934 consente – all’interno della fascia di rispetto cimiteriale e senza alcun provvedimento di riduzione di essa – gli interventi di recupero o funzionali rispetto all’utilizzo dell’edificio stesso, ove esso sia esistente. In particolare, sono consentiti: (i) i cambi di destinazione d’uso (con o senza opere, è da ritenersi); (ii) l’ampliamento dell’edificio esistente entro il 10%; (iii) gli interventi edilizi di cui all’art. 31, comma 1, lettere a), b), c) e d), della L. n. 457/1978, da ritenersi oggi riferiti all’art. 3, comma 1, lettere a), b), c) e d), del D.P.R. n. 380/2001.
Si pone un problema interpretativo, derivante, da un lato, dalla possibilità di ampliare entro il limite del 10% l’edificio esistente in fascia di rispetto cimiteriale, dall’altro, dalla nuova nozione di ristrutturazione edilizia, che, in base al vigente art. 3, comma 1, lett. d), del D.P.R. n. 380/2001, ora comprende anche gli ampliamenti, che comportino un incremento di volumetria non necessariamente limitato entro il 10%.
È da chiedersi, quindi, se, in base alla vigente nozione di ristrutturazione, si possa ampliare un edificio esistente in fascia di rispetto cimiteriale anche oltre il limite del 10%, ad esempio perché si invochino le (maggiori) percentuali di ampliamento derivanti dall’art. 6 della L.R. n. 14/2019.
Ritengo che il limite del 10% sia dato da norma speciale, ossia dall’art. 338, comma 7, del R.D. n 1265/1934, che prevale rispetto alle disposizioni generali sopravvenute (qual è l’art. 3, comma 1, lett. d), del D.P.R. n. 380/2001). Inoltre, proseguendo con l’esempio del Piano Casa, è sostenibile che la fascia di rispetto cimiteriale costituisca un vincolo di inedificabilità, di cui all’art. 33 della L. n. 47/1985 (infra, sub § 5.4), con la consequenziale inapplicabilità di Veneto 2050, in forza di quanto disposto dall’art. 3, comma 4, lett. f), della L.R. n. 14/2019.
La questione, poi, potrebbe anche allargarsi con riferimento alla nozione di ristrutturazione edilizia in fascia di rispetto cimiteriale, ove l’area fosse sottoposta a vincolo paesaggistico ex lege. Il tema, per il vero, è stato oggetto di discordanti interpretazioni dottrinali e giurisprudenziali, sulle quali non mi soffermo.
È però questa l’occasione, per ricordare che l’art. 28, comma 5 bis, del D.L. n. 17/2022, aggiunto in sede di conversione dalla L. n. 34/2022 (in vigore dal giorno 29.4.2022), ha modificato l’art. 3, comma 1, lett. d), sesto periodo, del D.P.R. n. 380/2001, precisando che tra gli “immobili sottoposti a tutela” non sono compresi quelli soggetti a vincolo paesaggistico ex lege, ai sensi dell’art. 142 del D.Lgs. n. 42/2004.
Va anche ricordato come oggetto di modifica sia stato l’art. 10, comma 1, lett. c), del D.P.R. n. 380/2001, con l’inserimento di una seconda parte, essendo stata aggiunta la seguente locuzione: “e, inoltre, gli interventi di ristrutturazione edilizia che comportino la demolizione e ricostruzione di edifici situati in aree tutelate ai sensi dell’art. 142 del medesimo codice di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, o il ripristino di edifici, crollati o demoliti, situati nelle medesime aree, in entrambe i casi ove siano previste modifiche della sagoma o dei prospetti o del sedime o delle caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell’edificio preesistente oppure siano previsti incrementi di volumetria”.
5.2.1. Merita approfondire un altro tema, che consiste nel calcolo della distanza dal cimitero, al fine di comprendere come computare i limiti fissati dalle disposizioni normative in esame.
Viene in considerazione una distanza di tipo radiale (200 metri, come emerge dalla lettera dell’art. 338, comma 1, T.U.L.S. “entro il raggio di 200 metri”), misurata dal “perimetro dell’impianto cimiteriale” (sempre in base dell’art. 338, comma 1, T.U.L.S.).
L’interpretazione maggiormente accreditata avvalora il calcolo della distanza dal muro di cinta del cimitero, costituendo esso il perimetro del cimitero (Cass. Pen., sez. III, 12.2.2020, n. 5507), anche se si interpongano strade (Cons. St., sez. IV, 22.11.2013, n. 5571).
5.2.2. Altro aspetto riguardante il computo della distanza dal cimitero attiene alla differenza sussistente tra la formulazione dell’art. 338, commi 4 e 5, del R.D. n. 1265/1934.
Il comma 4 (espansione del cimitero) prevede che la distanza minima possa essere ridotta, fermo il rispetto del limite inderogabile di 50 metri.
Il comma 5, invece, (riduzione della fascia) non prevede alcuna distanza minima, potendosi astrattamente ridurre la fascia di rispetto da 200 a 0 metri.
Per il vero, nella prassi nessuno pare dubitare che anche con riferimento al comma 5 la riduzione possa avvenire salvo il limite inderogabile di 50 metri e così pare sostenere anche la giurisprudenza (Cons. St., sez. IV, n. 3144/2021, cit.; T.A.R. Veneto, sez. II, 11.4.2019, n. 458, sentenza che risulta però appellata), con pronunzie che leggono la distanza minima in senso, per coì dire, bilaterale.
5.3. La fascia di rispetto cimiteriale opera anche rispetto ai c.d. edifici “sparsi”, pur se non costituiscono un agglomerato urbano ovvero un centro abitato propriamente inteso (T.A.R. Lazio, n. 329/2017; Cons. St., sez. V, n. 1933/2007; Cass. Pen., sez. III, 12.2.2020, n. 5507).
5.4. Con riferimento ai condoni edilizi di edifici abusivamente realizzati in fascia di rispetto cimiteriale, l’opzione interpretativa maggioritaria e, direi, consolidata, predica l’inedificabilità assoluta in fascia di rispetto cimiteriale, ai sensi dell’art. 33, comma 1, lett. d), della L. n. 47/1985, donde l’inapplicabilità del condono edilizio su dette aree (Cons. St., sez. VI, 20.7.2021, n. 5458; C.G.A. 30.9.2021, n. 819; Cons. St., sez. IV, 8.7.2019, n. 4692).
Similmente, è difficile ipotizzare – in linea generale – che entro la fascia di rispetto cimiteriale, quale vincolo d’inedificabilità assoluta, si possa ottenere l’accertamento di conformità, ai sensi degli articoli 36 e 37 del D.P.R. n. 380/2001 (T.A.R. Veneto, sez. II, n. 458/2019).
Vi potrebbe essere, però, accesso al condono ed alla sanatoria, nei casi in cui l’abuso edilizio attenga agli interventi realizzabili in fascia di rispetto cimiteriale, ai sensi dell’art. 338, comma 7, R.D. n. 1265/1934, senza alcuna necessità di riduzione della fascia di rispetto. In tali ipotesi opera, infatti, la deroga normativa, per cui l’insistenza dell’immobile in fascia di rispetto cimiteriale non osta al condono o alla sanatoria; ferma resta, nel secondo caso, la necessaria sussistenza della doppia conformità urbanistica, presupposto indispensabile (Cons. St., Ad. Plen., 7.9.2020, n. 17) per accedere alla sanatoria stessa.
Resta il problema del condono o della sanatoria entro la fascia cimiteriale ridotta, problema al quale va data risposta a seconda degli orientamenti – sopra illustrati – cui si ritenga di accedere.
In tema di condono e sanatoria va quindi fatta un’analisi della singola fattispecie caso per caso, anche a seconda del momento della realizzazione dell’abuso edilizio in rapporto alla disciplina normativa vigente.
5.5. Conclusivamente, sulle competenze giova osservare che sono coinvolti: (i) il Consiglio comunale (per i provvedimenti di riduzione o di riespansione della fascia di rispetto cimiteriale), che agisce con semplice delibera (non avente natura urbanistica); (ii) l’Azienda sanitaria, il cui parere – preventivo, obbligatorio e vincolante, rispetto alla delibera di Consiglio comunale – attesta il nulla osta igienico-sanitario; (iii) il dirigente comunale, che mantiene compiti di polizia urbanistico-edilizia, da esercitare anche con riferimento alle eventuali irregolarità edilizie commesse all’interno della fascia di rispetto cimiteriale.
Alessandro Veronese