Il recente arresto dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (2 luglio 2012, n. 12) in tema di decorso del termine per l’impugnazione dell’aggiudicazione è di rilievo non solo sotto questo profilo, ma anche per l’autorevole interpretazione della – strettamente connessa – disciplina dell’accesso agli atti in relazione al procedimento di scelta del contraente.

Il supremo consesso della giustizia amministrativa (Cons. St., Ad. Plen., n. 10/2020) è già intervenuto assai di recente sull’accesso agli atti in rapporto agli appalti, con importanti affermazioni in tema di qualificazione dell’istanza di accesso, di concretezza ed attualità dell’interesse all’accesso agli atti in fase di esecuzione del contratto e di applicabilità dell’accesso civico generalizzato anche ai contratti pubblici.

Con la sentenza n. 12/2020 l’Adunanza Plenaria è tornata ad occuparsi di accesso agli atti ed appalti, addivenendo ad una costruzione ermeneutica di rilievo all’un tempo teorico e pratico.

L’art. 79, comma 5-quater, del D.Lgs. n. 163/2006, siccome introdotto dall’art. 2 del D.Lgs. n. 53/2010, fermi i divieti ed i differimenti di cui all’art. 13 del medesimo codice dei contratti pubblici, contemplava l’accesso agli atti informale – posto che non era necessaria alcuna istanza scritta, né alcun provvedimento di ammissione – stabilendo il termine di dieci giorni, per esitare la richiesta d’accesso. Termine inferiore rispetto all’ordinario (fissato in trenta giorni dall’art. 25, comma 4, della L. n. 241/1990); termine speciale, che si coordinava con il termine accelerato di trenta giorni per la proposizione del ricorso, sì che l’ostensione documentale potesse aversi prima dello spirare del termine per l’impugnazione.

In particolare, la riforma del “vecchio codice”, introdotta con il D.Lgs. n. 53/2010, ha coniato il rito accelerato, incidendo anche sull’art. 79 del D.Lgs. n. 163/2006 con l’addizione del comma 5-quater, ossia con l’introduzione dell’accesso informale e del relativo termine (parimenti accelerato) di dieci giorni.

Con il “nuovo codice” dei contratti pubblici il legislatore si è dimenticato del termine speciale e della sua funzione ed ha abrogato l’art. 79 del D.Lgs. n. 163/2006 (quindi anche il suo comma 5-quater), pur se l’art. 120, comma 5, c.p.a. continua a farvi riferimento.

Insomma, un difetto di coordinamento normativo, che ha complicato non poco la vita del ricorrente (e del suo avvocato), senza che il legislatore avesse avvertito la necessità di intervenire al riguardo. Difetto di coordinamento, che ha complicato, altresì, la vita dei giudici, i quali hanno dovuto dirimere la ricevibilità dei ricorsi in rapporto al principio di piena conoscenza del provvedimento da impugnare, dando infine vita alla raffinata opzione interpretativa offerta dall’Adunanza Plenaria n. 12/2020 in commento.

Rispetto ad essa merita soffermarsi in particolare sull’accesso agli atti relativamente alle informazioni di gara e sulla soluzione offerta dall’Adunanza Plenaria.

Vero è che l’art. 79 del “vecchio codice” è stato abrogato dal “nuovo codice”, il quale riserva all’art. 76 la disciplina della “informazione dei candidati e degli offerenti”, ma tanto la sopravvivenza dell’accesso informale, quanto il termine accelerato, per dare riscontro alla domanda di accesso agli atti, sono parimenti rinvenibili nel vigente ordinamento giuridico.

Infatti, abrogato l’art. 79, comma 5-quater, del “vecchio codice”, rimane la disciplina generale dell’accesso informale, contenuta nell’art. 5 del D.P.R. n. 184/2006, ossia nel regolamento attuativo in materia di accesso ai documenti amministrativi. La norma regolamentare, invero, disciplina le modalità esecutive dell’accesso informale in termini generali, ma non prevede alcun termine, che però l’Adunanza Plenaria rinviene nel termine di quindici giorni, di cui all’art. 76, comma 2, del “nuovo codice”, ritenuto applicabile anche all’accesso informale, attesa l’eadem ratio.

La sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 12/2020, quindi, ha individuato nella lettura combinata dell’art. 5 del D.P.R. n. 184/2006 e dell’art. 76, comma 2, del D.Lgs. n. 50/2016 le disposizioni di chiusura, che consentono di affermare – anche nel vigore del “nuovo codice” – sia la sussistenza dell’accesso informale, sia il termine di quindici giorni (quale termine massimo) di riscontro alla domanda d’accesso.

Non sempre, infatti, il profilo del committente contiene tutte le informazioni, che dovrebbe avere ed alcune informazioni ivi non sono neppure previste (informazioni affatto secondarie, quali le offerte dei concorrenti o le giustificazioni delle offerte, come ricorda la stessa Adunanza Plenaria); di talché, nonostante lo sforzo di trasparenza rinvenibile nell’art. 29 del “nuovo codice”, ancora più importante è lo sforzo interpretativo dell’Adunanza Plenaria, che ha affermato l’applicabilità dell’accesso informale <<esercitabile – anche quando si tratti di documenti per i quali la legge non prevede espressamente la pubblicazione – non oltre il termine previsto dall’art. 76, prima parte del comma 2, del “secondo codice”>>.

Certo, la conoscenza delle informazioni afferenti alla gara tramite la consultazione del profilo del committente e la conoscibilità delle informazioni non contenute nel profilo del committente attraverso l’accesso (informale) rilevano ai fini del dies a quo, per proporre l’impugnazione avverso il provvedimento di aggiudicazione.

Conforta ora sapere che anche nel vigore del “nuovo codice” sussiste il diritto di accesso informale agli di gara, così come esiste il termine massimo (di quindici giorni), per esitare la domanda di accesso. Ciò anche a prescindere dall’impugnazione.

Alessandro Veronese

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