Il mio intervento si propone di fornire nozioni e spunti di analisi utili anche a chi non tratta spesso la materia dei contratti pubblici. Nello specifico la mia relazione avrà ad oggetto l’individuazione (i) della disciplina normativa applicabile all’accesso nell’ambito dei contratti pubblici; (ii) l’individuazione dei soggetti legittimati ad esperire tale accesso; (iii) gli atti accessibili in fase di individuazione del soggetto affidatario dei contratti e in fase di esecuzione dei contratti; (iv) una breve analisi sulla questione del segreto tecnico/industriale o commerciale relativamente all’ostensibilità delle offerte tecniche ed economiche dei partecipanti ad una procedura di gara pubblica; ed infine (v) un breve accenno alla dilazione dei termini per la proposizione di un ricorso avverso l’aggiudicazione ad altro soggetto in caso di accesso agli atti

(vi) Quanto alla tutela del terzo, da intendersi quale soggetto potenzialmente pregiudicato dalla presa visione e divulgazione degli atti dallo stesso prodotti ad un diverso soggetto e quindi alla necessità di operare un bilanciamento tra contrapposti interessi, sarà un tema che verrà approfondito nella relazione successiva, dal collega Donà.

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(i) DISCIPLINA NORMATIVA.

Le norme che regolano l’accesso agli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici sono contenute nell’art. 53 d.lgs. n. 50 del 2016 (di seguito il Codice), che richiama la disciplina generale di cui agli artt. 22 ss. L. 241/1990, ma vi aggiunge speciali e specifiche disposizioni derogatorie in punto di differimento, di limitazione e di esclusione della pretesa ostensiva. Ciò in considerazione delle peculiari esigenze di riservatezza che si manifestano e assumono rilievo nel contesto delle procedure evidenziali.

Il rinvio operato dall’art. 53 del Codice alla disciplina generale della L. 241/1990 viene letto dalla giurisprudenza maggioritaria non in termini di differenziazione di discipline, bensì di complementarietà, nel senso che le disposizioni di carattere generale e speciale contenute nella L. 241/1990 devono trovare applicazione tutte le volte in cui non si rivengono disposizioni derogatorie nel Codice: queste ultime, infatti, trovano la propria ratio nel particolare regime giuridico di tale settore dell’ordinamento. Tali ultime norme vengono pertanto definite come una “sorta di microsistema normativo” all’interno delle coordinate generali tracciate dalla legge n. 241/1990 (cfr. ed esempio Tar Lazio, sez. II, n. 4945/2019 che richiama Cons. Stato, sez. V, n. 3079/2014).

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(ii) soggetti legittimati all’accesso documentale.

In base all’art. 22 della L. 241/1990, la legittimazione attiva ad accedere ai documenti amministrativi è ancorata all’accertamento della sussistenza di un interesse diretto, concreto ed attuale all’accesso. L’art. 53 del Codice non specifica i soggetti legittimati all’accesso, limitandosi a menzionare esclusivamente la figura del “concorrente”.

La giurisprudenza ha chiarito che i concorrenti alla gara hanno titolo ad accedere agli atti di gara, atteso che la partecipazione alla procedura attribuisce all’operatore economico un interesse qualificato all’accesso agli atti della procedura stessa, purché la documentazione richiesta sia effettivamente funzionale alla difesa dei diritti del richiedente.

La giurisprudenza ha infatti qualificato come giuridicamente tutelabile e rilevante l’interesse del concorrente non arrivato primo in graduatoria o addirittura escluso a scrutinare la legittimità della procedura ad evidenza pubblica cui ha preso parte, anche valutando la corretta valutazione dell’ammissione degli altri concorrenti che lo precedono in graduatoria e la corretta valutazione delle loro offerte. Ciò in ragione dell’utilità concreta che potrebbe conseguire, ad esempio il rinnovo dell’intera gara o l’attribuzione di un punteggio maggiore ma anche un minor punteggio alla contro interessata che lo precede in graduatoria (cfr. Cons. Stato sent. n. 3392/2022; Tar Veneto sent. n. 240/2022).

Analogamente, la giurisprudenza successiva all’Ad. Plen. n. 10/2020, sembra aver superato i precedenti contrasti riconoscendo la sussistenza in capo ad un partecipante alla gara di un interesse diretto, concreto ed attuale ai sensi dell’art. 22 L. 241/1990 ad avere accesso agli atti esecutivi di un contratto pubblico, con riferimento a vicende che potrebbero condurre alla risoluzione per inadempimento del contratto affidato all’aggiudicatario e/o allo scorrimento della graduatoria o alla riedizione della gara pubblica, purché tale istanza non si traduca in una generica volontà da parte del terzo istante di verificare il corretto svolgimento del rapporto contrattuale (cfr. Cons Stato sent. n. 931/2022).

Sul punto occorre però considerare che l’art. 53 del Codice, dai commi dal 2 al 6 pone specifici limiti all’accesso e alla divulgazione degli atti, salva la deroga esplicita riferita alla difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura nella quale è stata richiesta l’ostensione di offerte contenenti segreti tecnici o commerciali.

Il consentire l’accesso agli atti deve presupporre quindi un accurato controllo in ordine alla effettiva utilità della documentazione richiesta, allo specifico fine di verificare la sussistenza del concreto nesso di strumentalità tra la documentazione oggetto dell’istanza di accesso e la tutela difesa in giudizio degli interessi della stessa impresa ricorrente, quale partecipante alla procedura di gara pubblica il cui esito è controverso.

Peraltro, come ha chiarito l’Ad. Plen. 4/2021 con riferimento all’ accesso difensivo ai sensi dell’art 24 comma 7 della L. 241/1990, anche nell’ambito dei contratti pubblici non può considerarsi sufficiente nell’istanza di accesso un generico riferimento a non meglio precisate esigenze probatorie e difensive, siano esse riferite a un processo già pendente oppure ancora instaurando. In difetto dell’allegazione di un collegamento tra il documento richiesto e le esigenze difensive è legittimo il diniego di accesso, in quanto, in tale ipotesi, il relativo esercizio si presenta pretestuoso o temerario.

Tuttavia, dall’altro lato, lo stesso giudice amministrativo in più occasioni ha ricordato che la PA detentrice del documento e il giudice amministrativo adito ex art 116 cpa non devono svolgere ex ante alcuna ultronea valutazione sull’ammissibilità, sull’influenza o sulla decisività del documento richiesto nell’eventuale giudizio instaurato, perché un tale apprezzamento compete, se del caso, solo all’autorità giudiziaria investita della questione e non di certo alla PA o al giudice, salvo il caso di un evidente, assoluta, mancanza di collegamento tra il documento richiesto e le esigenze difensive paventate, ovverosia quando si tratti all’evidenza di un illegittimo o pretestuoso o temerario esercizio dell’accesso.

Nel bilanciamento con i profili di riservatezza (specificamente tutelati dal comma 6 lett a dell’art 53 citato) va rammentato che la partecipazione alle gare di appalto pubbliche comporta l’accettazione implicita da parte del concorrente delle regole di trasparenza ed imparzialità che caratterizzano la selezione. Ciò comporta la conseguenza che il diritto di accesso agli atti di una gara di appalto debba essere riconosciuto anche quando vi sia l’opposizione di altri partecipanti controinteressati per la tutela di segreti tecnici e commerciali, sia pure con determinati limiti, su cui mi soffermerò tra breve.

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(iii) ATTI ACCESSIBILI.

La disciplina dell’accesso recata dal Codice implica, come sopra chiarito, un implicito riconoscimento del diritto di accesso a tutti gli atti afferenti al procedimento concorsuale ed anche alla fase esecutiva, salvo i divieti posti dall’art. 53 più volte citato.

(a) Quanto alla fase di scelta dell’affidatario del contratto di appalto, a titolo esemplificativo la giurisprudenza ammette l’accessibilità:

– agli atti delle procedure di scelta del contraente sia in capo ai soggetti partecipanti alla gara, sia in capo ai soggetti esclusi o non invitati. L’interesse qualificato viene ravvisato nel vantaggio che il ricorrente trarrebbe dalla presa visione del documento, essendo lo stesso strumentale alla difesa del suo diritto a conseguire il bene della vita cui aspira, ovverosia l’aggiudicazione del contratto;

– alla delibera con cui l’amministrazione opta per la procedura negoziata o per il dialogo competitivo (sottraendosi di fatto alle ordinarie procedure ad evidenza pubblica), in capo agli operatori economici che avrebbero avuto i requisiti per partecipare all’aggiudicazione dell’appalto ove l’amministrazione avesse indetto una procedura aperta o ristretta;

– degli atti di revoca o annullamento dell’aggiudicazione, in capo al soggetto risultato aggiudicatario;

-delle offerte dei concorrenti, sia pure con i limiti della tutela della riservatezza per esigenze connesse a segreti tecnici o commerciali e con differimento delle tempistiche per la loro ostensibilità, giustificate dalla salvaguardia della libera concorrenza e della trasparenza. La ratio del differimento, in particolare del contenuto delle offerte, fino all’aggiudicazione, è di evitare una conoscenza del contenuto delle stesse da parte dei concorrenti in un momento in cui non è ancora divenuta definitiva la scelta della migliore offerta, allo scopo di impedire turbative delle operazioni di gara e delle valutazioni di competenza del seggio di gara. In altri termini, il differimento dell’accesso mira ad evitare qualsiasi forma di agevolazione a condotte intese a turbare la regolarità e genuinità del confronto concorrenziale. Per completezza ricordo che l’inosservanza del differimento comporta per i soggetti della stazione appaltante, quali incaricati di pubblico servizio, le conseguenze penali dell’art. 326 c.p. (Rivelazione ed utilizzazione di segreti d’ufficio).

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(b) Il tema dell’accessibilità agli atti esecutivi dei contratti pubblici è stato oggetto di contrasto giurisprudenziale, che sembra essere stato risolto dall’Ad. Plen. con la pronuncia n. 10 /2020, sebbene permangano alcuni profili di criticità, che verranno infra enucleati.

In estrema sintesi l’Adunanza Plenaria citata ha statuito i seguenti principi:

1) La Pubblica Amministrazione ha il potere-dovere di esaminare l’istanza di accesso agli atti e ai documenti pubblici, formulata in modo generico o cumulativo dal richiedente senza riferimento ad una specifica disciplina, anche alla stregua della disciplina dell’accesso civico generalizzato, a meno che l’interessato non abbia inteso fare esclusivo, inequivocabile, riferimento alla disciplina dell’accesso documentale.

2) È ravvisabile un interesse concreto e attuale, ai sensi dell’art. 22 della L. 241/1990, e una conseguente legittimazione, ad avere accesso agli atti della fase esecutiva di un contratto pubblico da parte di un concorrente alla gara.

3) La disciplina dell’accesso civico generalizzato, fermi i divieti temporanei e/o assoluti di cui all’art. 53 del Codice, è applicabile anche agli atti delle procedure di gara e, in particolare, all’esecuzione dei contratti pubblici.

Tanto precisato, l’Ad. Plen. 10/2021 ha riconosciuto l’accesso documentale anche in relazione agli atti propri della fase esecutiva del contratto affidato all’aggiudicatario, nei limiti in cui l’istanza sia funzionale a contestare vicende che potrebbero condurre alla risoluzione per inadempimento del contratto affidato all’aggiudicatario e/o allo scorrimento della graduatoria o alla riedizione della gara pubblica.

Come si traduce questo in termini concreti? In base alla giurisprudenza successiva alla plenaria citata, sembra doversi concludere che l’interesse debba essere concretizzato almeno in maniera minima, non essendo sufficienti generici riferimenti a possibili vizi nell’esecuzione del contratto. Ad esempio, il Consiglio di Stato con sent. n. 2050/2021 ha ritenuto integrare tali elementi di concretezza il sospetto avanzato dall’istante secondo cui l’aggiudicatario avrebbe fornito alla stazione appaltante un mezzo con caratteristiche difformi rispetto a quelle previste dal capitolato di gara e, ciò nonostante, accettato. Tale differenza tra prestazioni oggetto dello schema di contratto messo a gara e le prestazioni poi richieste in concreto all’esecutore è stata ipotizzata pertanto sulla base di precisi e circostanziati elementi fattuali. In questo caso l’istanza non è stata ritenuta volta ad una verifica generica della regolare esecuzione delle prestazioni oggetto del contratto, bensì orientata all’obiettivo riscontro dei fatti adombrati, che laddove confermati avrebbero portato alla conferma di un inadempimento contrattuale in capo all’aggiudicatario e la conseguente risoluzione del contratto.

Vi segnalo però che di recente il Tar Veneto e il Trga Trento non hanno riconosciuto l’interesse all’acceso documentale in capo al soggetto che ad esempio, pur avendo partecipato alla gara, non aveva poi impugnato l’aggiudicazione ad altro soggetto o pur avendola impugnata, era risultato soccombente e non aveva proposto appello. In altri termini, la mancata contestazione dell’intervenuta aggiudicazione avrebbe radicalmente privato di interesse l’istante a conoscere gli atti esecutivi

Quanto al contenuto, in tema di appalti pubblici di lavori sembra ammissibile l’accesso agli atti di contabilità redatti dal DL e previsti dal DM 49/2018; è stato inoltre consentito dalla giurisprudenza l’accesso alle fatture emesse dall’aggiudicatario e anche al mastrino contabile riepilogativo delle fatture emesse e dei preventivi (eventualmente oscurando i dati sensibili); risulterebbero egualmente ostensibili gli atti di affidamento di lavori/servizi/forniture complementari o supplementari; le varianti in corso di esecuzione; le modifiche al contratto.

Quanto ai limiti posti dall’art 53, il co. 5 lett b) e lett c) esclude espressamente l’accesso ai pareri legali acquisiti dalle stazioni appaltanti funzionali alla soluzione di liti, potenziali o in atto, relative al contratto pubblico, nonché alle relazioni riservate del direttore dei lavori, del direttore dell’esecuzione e dell’organo di collaudo sulle domande e sulle riserve del soggetto esecutore del contratto.

La ratio di tale sottrazione si rinviene nella tutela dell’esigenza di impedire la divulgazione di atti che, quando riferibili ad un contenzioso attuale o potenziale con l’appaltatore, sono investiti da specifiche esigenze di riservatezza volte a tutelare le ragioni di ordine patrimoniale della stazione appaltante, la quale è legittimata a negare l’accesso per tutelare sé stessa rispetto alle pretese del privato.

In tale caso, tuttavia, è possibile ricorrere all’accesso difensivo di cui all’art. 24 co. 7 L. 241/1990, dimostrando che tali documenti sono strettamente necessari, indispensabili e strumentali alla difesa in giudizio dei propri interessi? A mio parere il limite a tale impostazione potrebbe ravvisarsi nel comma 6 dell’art 53, che ha un contenuto molto più restrittivo dell’art. 24 co. 7, perché ammette la deroga ai divieti di ostensione previsti dai commi precedenti dell’articolo citato ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi solo con riferimento ai segreti tecnici e commerciali. Pertanto, dato il rapporto di complementarietà e non di differenziazione che intercorre tra la disciplina generale (L. 241/1990) e speciale (art. 53 del Codice), le preclusioni delle lett. b e c non potrebbero essere superate applicando i caratteri dell’accesso difensivo di cui al co. 7 dell’art. 24, perché il legislatore non sembra aver ammesso tale possibilità nell’ambito dei contratti pubblici (operando una sorta di insindacabile bilanciamento dei contrapposti interessi). Dall’altro lato, però, sembra sostenibile argomentare che la deroga ai divieti di ostensione è testualmente limitata alla sola fase di individuazione dell’aggiudicatario, concludendo che laddove la norma non si sia pronunciata (fase di esecuzione), ritornerebbero ad applicarsi i principi generali dell’ordinamento in applicazione del tradizionale canone ermeneutico “Ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit”. Quindi per la fase esecutiva potrebbero essere invocabili i criteri dell’ordinario accesso difensivo, ma il tema è aperto al dibattito.

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(iv) OPPOSIZIONE DEL SEGRETO TECNICO- COMMERCIALE.

Nel bilanciamento con i profili di riservatezza tutelati dal Codice, va rammentato che la partecipazione alle gare di appalto pubbliche comporta, come più sopra già chiarito, l’accettazione implicita da parte del concorrente delle regole di trasparenza ed imparzialità che caratterizzano la selezione.

Tuttavia, l’art. 53 co. 5 lett a) sancisce che “sono esclusi il diritto di accesso e ogni forma di divulgazione in relazione […] alle informazioni fornite nell’ambito dell’offerta o a giustificazione della medesima che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici o commerciali”.

La ratio legis è quella di assicurare nell’ambito della gara pubblica la corretta competizione tra imprese, facendo sì che il diritto di accesso – per quanto garantito dal principio di pubblicità e trasparenza della condotta delle P.A. – non venga usato in modo emulativo, ad esempio da parte di contendenti che potrebbero formalizzare l’istanza allo scopo precipuo di giovarsi di specifiche conoscenze industriali o commerciali acquisite e detenute da altri.

Dalla lettura della norma citata si evince che il divieto di ostensibilità è in ogni caso subordinato all’espressa allegazione da parte del soggetto offerente di una “motivata e comprovata dichiarazione”, mediante la quale dimostri l’effettiva sussistenza di un segreto industriale o commerciale meritevole di salvaguardia, non consentendo quindi l’accesso. Ciò comporta, quale logico corollario, che la presentazione di una istanza di accesso impone alla stazione appaltante di coinvolgere, nel rispetto del contraddittorio, il concorrente controinteressato, nelle forme di cui alla disciplina generale del procedimento amministrativo, e richiede una motivata valutazione delle argomentazioni offerte, ai fini dell’apprezzamento dell’effettiva rilevanza per l’operatività del regime di segretezza.

In altri termini, la legge non pone una regola di esclusione basata su una presunzione assoluta valevole ex ante, ma impone una valutazione in concreto dei motivi addotti a difesa del segreto, in modo che possa non essere in maniera preclusiva escluso l’accesso al concorrente ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto.

Di conseguenza, l’opposizione (anche parziale) all’ostensione dei documenti richiesti non può essere articolata in termini generici senza alcun preciso riferimento, ad esempio, alle caratteristiche dell’oggetto dell’appalto o alle particolarità dell’offerta proposta, non assolvendo così all’onere motivazionale appena ricordato.

Inoltre, la stazione appaltante deve svolgere una autonoma valutazione, non essendole consentito di aderire in modo acritico ai rilievi formulati (a maggior ragione se in termini generici) dall’aggiudicataria. Quindi, se spetta all’offerente indicare le parti dell’offerta che contengano detti segreti tecnici o commerciali, con una motivata e comprovata dichiarazione, dall’altro lato la stazione appaltante deve condurre un autonomo e discrezionale apprezzamento di tali motivazioni, sotto il profilo della validità e della pertinenza delle ragioni prospettate a sostegno dell’opposto diniego (cfr. Tar Napoli, Sez. II, 30 gennaio 2020, n. 437).

Quanto al contenuto del segreto tecnico e commerciale, la sommaria analisi di alcuni casi giurisprudenziali, sembra portare a ritenere che vi sia una variegata e non uniforme interpretazione di tale concetto.

Parte della giurisprudenza ritiene che il legislatore con tale istituto avrebbe inteso “ escludere dall’ostensibilità degli atti di gara quella parte dell’offerta o delle giustificazioni della anomalia che riguardano le specifiche e riservate capacità tecnico-industriali o in genere gestionali proprie dell’impresa in gara (il know how), vale a dire l’insieme del “saper fare” e delle competenze ed esperienze, originali e tendenzialmente riservate, maturate ed acquisite nell’esercizio professionale dell’attività industriale e commerciale e che concorre a definire e qualificare la specifica competitività dell’impresa nel mercato aperto alla concorrenza. Si tratta, del resto, di beni essenziali per lo sviluppo e per la stessa competizione qualitativa, che sono prodotto patrimoniale della capacità ideativa o acquisitiva della singola impresa” (cfr. Cons. di Stato, sent. n. 64/2020).

Un altro orientamento, più restrittivo, ritiene che il segreto tecnico -commerciale opposto dal controinteressato sembrerebbe sussistere solo laddove sia possibile applicare la definizione normativa contenuta nell’art.98 del codice della proprietà industriale e pertanto non sarebbero ostensibili le sole informazioni aziendali e commerciali e le esperienze sulle applicazioni tecnico industriali dotate di requisiti di segretezza e rilevanza economica tali da essere state assoggettate, dal legittimo detentore, a specifiche misure di protezione.

Ed ancora: non qualsiasi elemento di originalità dell’offerta è riconducibile alla categoria dei segreti tecnici o commerciali , perchè è inevitabile che ogni operatore possieda elementi che differenziano la propria organizzazione e la propria offerta in una procedura comparativa, ma la qualifica predetta deve essere riservata ad elaborazioni e studi ulteriori, di carattere specialistico, che trovino applicazione in una serie indeterminata di appalti, in grado di differenziare il valore del servizio/prodotto offerto solo a condizione che i concorrenti non ne vengano mai a conoscenza (cfr. Tar Salerno sent. n. 270/2020).

Ad esempio, le tariffe agevolate offerte in sede di gara non costituiscono segreto commerciale, perchè sarebbero comunque destinate ad essere conosciute in caso di aggiudicazione del servizio. Analogo discorso vale per particolari modalità di manutenzione o gestione dei prodotti collegati al servizio offerto, considerando che in caso di aggiudicazione dello stesso dovrebbero comunque essere rese note ai fruitori del servizio.

Oltre all’individuazione dei limiti nel concreto del segreto tecnico e commerciale, altro tema dibattuto è la portata applicativa della deroga stabilita dal sesto comma dell’art. 53, secondo cui sono accessibili anche le offerte coperte da segreto qualora l’istante abbia motivato la propria istanza per la difesa dei propri interessi giuridicamente rilevanti.

Secondo la giurisprudenza più recente del Consiglio di Stato (che si discosta da quella dei Tar) tale deroga deve essere intesa nel senso che il discrimine tra interesse emulativo/esplorativo, insufficiente a giustificare la deroga all’esigenza di protezione dei segreti tecnici e commerciali della concorrente incorporati nella documentazione relativa all’offerta tecnica, ed interesse genuinamente difensivo, atto idoneo invece a superare la suddetta barriera opposta dal legislatore al soddisfacimento dell’interesse ostensivo, coincide con l’intervenuta ( o meno) istaurazione di un giudizio inerente gli atti della gara cui l’istanza di accesso si riferisce (cfr. Cons Stato sent. n. 5286/2021).

La pretesa dell’intervenuta instaurazione del giudizio avverso gli atti lesivi della procedura di gara si presta, però, alla critica di altra parte della giurisprudenza, secondo cui subordinare l’accesso alle offerte tecniche alla dimostrazione della stretta indispensabilità del documento ancorandola alla deduzione e/o alla prova di specifici motivi di impugnazione, in realtà darebbe luogo ad una inversione logica, non potendosi, in assenza della conoscenza del contenuto dell’offerta tecnica, dedursi motivi di ricorso se non nella forma generica ed inammissibile del “ricorso al buio”, con inaccettabile compressione del diritto di difesa (cfr. Tar Genova, sent. n. 557/2021).

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(v) TERMINI PER IMPUGNAZIONE

L’istituto dell’accesso agli atti è uno degli strumenti che l’ordinamento riconosce al soggetto che voglia contestare gli atti di una procedura di gara da cui è stato escluso o di cui non è risultato aggiudicatario per avere le informazioni utili per valutare la probabilità di accoglimento del proprio ricorso.

Considerando che il termine per impugnare gli atti lesivi di una procedura di gara è di 30 giorni dalla piena conoscenza dell’atto lesivo, la giurisprudenza si è lungamente interrogata sul dies a quo di decorrenza del termine suddetto.

Sul punto vi segnalo l’intervento dell’Adunanza Plenaria che con la sentenza n. 12/2020 ha chiarito i seguenti principi di diritto:

a) il termine per l’impugnazione dell’aggiudicazione decorre dalla pubblicazione generalizzata degli atti di gara, tra cui devono comprendersi anche i verbali di gara, ivi comprese le operazioni tutte e le valutazioni operate dalle commissioni di gara delle offerte presentate, in coerenza con la previsione contenuta nell’art. 29 del d.lgs. n. 50 del 2016;

b) le informazioni previste, d’ufficio o a richiesta, dall’art. 76 del d.lgs. n. 50 del 2016 e che devono essere date dalla stazione appaltante entro 15 giorni dall’istanza, nella parte in cui consentono di avere ulteriori elementi per apprezzare i vizi già individuati ovvero per accertarne altri, consentono la proposizione non solo dei motivi aggiunti, ma anche di un ricorso principale;

c) la proposizione dell’istanza di accesso agli atti di gara comporta la ‘dilazione temporale’ quando i motivi di ricorso conseguano alla conoscenza dei documenti che completano l’offerta dell’aggiudicatario ovvero delle giustificazioni rese nell’ambito del procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta.

Tuttavia, sul concorrente vi è un onere di tempestiva proposizione dell’istanza di accesso agli atti, non potendo essergli consentito, rinviando nel tempo l’istanza, posticipare a suo gradimento il termine ultimo per l’impugnazione dell’aggiudicazione, anche laddove il ricorso dipenda esclusivamente dalla conoscenza dell’offerta della contro interessata, non soggetta a pubblicazione o comunicazione da parte della stazione appaltante agli altri concorrenti.

Flavia Degli Agostini

*Il testo riprende e sviluppa l’intervento tenuto al Seminario svoltosi in Rovigo il 17 giugno 2022, dal titolo “I “diritti” di accesso: teoria e pratica, andata e ritorno” e organizzato dell’Associazione Veneta degli Avvocati Amministrativisti.

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