E’ un vero privilegio partecipare a questa festa per Ivone, e per me in particolare partecipare poter parlare di Ivone come Collega, perché ciò presuppone un accostamento che non può che rendermi orgoglioso. Senza spingermi a dire che non ne sono degno, perché farei un torto a Ivone, perché proprio la prima qualità di Ivone Collega che va ricordata è la sua generosità.

Ivone Collega generoso

La generosità di Ivone è nota, così come è noto il suo distacco dall’utilitas materiale.

La figlia Chiara[1] l’ha definito utopista (ma non ingenuo, l’ingenuità è una debolezza che l’avvocato non può permettersi).

Ma è soprattutto la sua generosità di Collega e verso i Colleghi quella che maggiormente qui rileva.

Personalmente ne sono stato beneficiario su più fronti, anche extraprofessionali, ma sul piano professionale essenzialmente mi ha colpito la sua generosità nella condivisione del lavoro e la totale assenza di gelosia o protagonismo nella divisione dei compiti.

Ricordo un’udienza alla quale l’ho accompagnato da giovane procuratore – probabilmente per un occasionale impedimento di mio padre, che normalmente lo affiancava nelle discussioni romane – nella quale, su sua insistenza, mi son dovuto riservare una parte della discussione: lui avrebbe parlato del fumus e io del periculum.

E ricordo quanto mi incoraggiò, e i complimenti finali.

Ricordo anche di molte sue iniziative in favore di Colleghi in difficoltà.

Ma era un gesto di generosità anche la Crociera giuridica, che ci ha accompagnato per molti anni, a mezzo della quale Ivone ha condiviso con noi la riconoscenza di un cliente, l’armatore della barca che ci ospitava, che non sapeva più come sdebitarsi con Ivone[2].

Ivone Collega Faro

Come il faro è un punto di riferimento per i navigatori, per non perdere la rotta, così Ivone è un punto di riferimento per i Colleghi, ai quali indica importanti regole di comportamento, per non perdersi e per adempiere pienamente alla missione.

Nella prefazione di Enrico Gaz agli Scritti in onore di Ivone Cacciavillani si osserva che “Nell’impegno forense di Ivone Cacciavillani si respira quasi un senso religioso, come una sorta di vocazione messianica”.

Ivone, con il suo esempio, con il suo comportamento e con le sue azioni, coraggiose spesso ai limiti del pericolo personale, ha indicato ai Colleghi che non bisogna deflettere mai dai propri doveri, e che un avvocato non si piega dinanzi alle apparenti difficoltà ad adempiere pienamente alla propria funzione.

Sono ormai celebri, perché sono riportati in alcuni suoi scritti e molto se ne è parlato, alcuni episodi di ribellione a quelle condizioni di difficoltà o persino di inferiorità che Ivone percepiva come un vulnus alla imparzialità e parità di trattamento e alla pienezza del contraddittorio, in danno della realizzazione della missione dell’avvocato di fare tutto il possibile per salvaguardare l’interesse del proprio assistito.

Per accennare ad alcuni di questi, limitandoci a quelli che più direttamente coinvolgono la funzione dell’avvocato:

  • La questione del “foglio di lumi” d’udienza e la impossibilità di replicare al procuratore generale[3];
  • Le critiche alla qualificazione del processo di costituzionalità in termini di “giusto processo”, con la denuncia del “costume di marginalizzazione della funzione difensiva nel giudizio di costituzionalità”, di “mortificazione dell’effettività del contraddittorio” e di “isolazionismo delle decisioni, assunte in una solitudine del tutto appartata e sganciata dal processo[4];
  • L’esortazione al coraggio, ricordando il rilievo di Nigro[5], secondo il quale dietro a ogni révirement giurisprudenziale c’è un “pazzo d’avvocato” che ha osato dedurre argomentazioni e motivi contrastanti con la giurisprudenza consolidata[6], e sottolineando l’iniquità dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115/2002, che sanziona con il pagamento di un ulteriore contributo unificato il rigetto del ricorso per Cassazione;
  • A Ivone il coraggio non mancava. Come quella volta (nell’ambito di un giudizio di responsabilità per danno erariale) che Ivone, per protestare del fatto – contrario all’elementare principio di parità delle parti – che anche il procuratore generale si ritirasse in camera di consiglio con la Corte (“incredibile prassi”), si sia accodato al drappello costituito dai giudici componenti il collegio e dal procuratore intenzionato anche lui a entrare, venendo bloccato solo all’ultimo dal Cancelliere, ma poi ottenendo – all’esito di un parlottamento giustamente definito “grottesco” – che anche il procuratore non partecipasse alla camera di consiglio. L’incredibile prassi è stata poi fortunatamente abbandonata, come ricorda lo stesso Ivone[7].
  • In questo ambito, l’esaltazione della tutela dei diritti civici e la segnalazione della particolare iniquità dell’addebito delle spese di soccombenza, considerando che si tratta per lo più di questioni nuove con funzione di apripista e che con la condanna “si innescherebbe un meccanismo dissuasivo dal tentare per non correre il rischio di condanna a pesanti spese di causa, con l’inaridimento di quella spinta alla rivoluzione in senso socialmente aperto rappresentata dalla difesa dei diritti civici[8].
  • L’indicazione del dovere di fedeltà verso il cliente, trattando ogni causa come se fosse l’ultima senza minimamente preoccuparsi delle conseguenze future per la propria carriera[9], anche laddove la difesa imponga “l’assunzione di prese di posizione dure e severe contro i giudici prevaricatori del loro dovere[10], e gli scrupoli nel sollevare eccezioni contro l’operato di Colleghi, magari di antica frequentazione e amicizia[11].
  • il giusto atteggiamento dell’amministrazione, che esercita una funzione e perciò dovrebbe sempre costituirsi per collaborare “come espressione del dovere generale di leale collaborazione con tutte le autorità preposte alla gestione e al controllo della funzione[12], e nella difesa non può lasciarsi andare a rancore e non può – meno ancora della difesa della parte privata – scendere a livelli di dispetto o addirittura di inganno, e deve sempre mantenersi su un piano che se nel processo non può essere ovviamente per definizione imparziale – dovendo comunque egli curare l’interesse della parte (sia pure pubblica)[13] – deve tuttavia essere lo specchio della imparzialità sostanziale a monte del proprio assistito (Ivone è un assertore del dovere generale dell’autotutela della P.A.);
  • Per gli avvocati amministrativisti, l’esortazione a sperimentare il modulo dell’avvocato procedimentalista (che fa un po’ il pendant dell’avvocato d’affari per i civilisti), ritenendo che l’avvenire della specialità professionale stia nel trasferirsi dal processo (con le sue inefficienze – e critica al codice del 2010) al procedimento, all’iter di formazione dell’atto amministrativo, nel quale l’intervento del difensore agguerrito e tecnicamente preparato, capace di non solo tener testa al funzionario istituzionalmente protervo e tirainlungo, ma di imporgli il ritmo del provvedere, può dare frutti bene maggiori e concreti del ricorso contro l’atto finale negativo. A patto di diventare un “ingegnere del procedimento[14].

Ivone Collega Paladino della “dignità di toga”

Quando Ivone nel 2017 mi suggerì di organizzare gli Scritti in onore di Luigi Manzi, che poi vennero pubblicati nel 2018 in una raccolta dal titolo La professione del giurista, in verità aveva suggerito come tema (e titolo della raccolta in fieri) La dignità di toga.

A me piacque tantissimo, ma via via che raccoglievo le adesioni e gli scritti mi rendevo conto che questi si allargavano oltre la cerchia dell’ambito strettamente forense, estendendosi (quanto meno) all’ambiente accademico non togato.

Sicché optai per un titolo più ampio – appunto, “La professione del giurista” – che includesse tutti.

Quando fui poi però chiamato, l’anno successivo, a partecipare a mia volta agli Scritti in onore di Ivone Cacciavillani promossi dagli amici veneti ho concentrato il mio contributo proprio sulla dignità di toga nel pensiero e nell’attività forense di Ivone, attingendo non solo alla mia esperienza con lui ma anche ai suoi scritti, che sono davvero una miniera di spunti di rispetto e di amore per la toga.

Una rapida (non esaustiva) rassegna:

  • Il problema dell’esame di reclutamento, sintetizzato nello stupore di Ivone – quale Commissario d’esame – di sentirsi rispondere dal candidato: “ma questo non è scritto sul libro”, e di dover rispondere al giovane che “il suo mestiere sarà di trovare soluzioni non scritte sul libro, ma costruite, forgiate col ragionamento e con l’elaborazione personale del suo caso” (problema cui ha messo mano e – speriamo – rimedio la nuova prova pratica di soluzione di una questione che viene ora esperita).
  • La denuncia del c.d. diritto all’Arca di Noè: è difficilissimo entrare nell’Avvocatura ma una volta entrati il sistema disciplinare è talmente inefficiente che “il lassismo dell’autodichia ordinistica avalla ogni nefandezza della condotta professionale[15]. E’ invece fondamentale che gli Ordini vigilino sul permanere dei presupposti per l’iscrizione, come presupposto dell’affidabilità, necessaria per la conclusione del contratto di prestazione d’opera intellettuale. Ivone punta l’indice sulla “corrività di sorvolare su violazioni deontologiche … in cui non sarebbe arbitrario ravvisare una delle non secondarie cause del pauroso decadimento etico di questo nostro sofferto mestiere[16]. E formula delle proposte di riforma del procedimento disciplinare – alcune delle quali adottate, come sostanzialmente quella dei Consigli Distrettuali di Disciplina – e persino una proposta di regolamento per il patteggiamento disciplinare[17];
  • L’ineluttabilità della specializzazione, con una proposta di regolamento per il riconoscimento delle specialità professionali[18];
  • La possibilità della pubblicità professionale come veicolo di captazione della clientela, dalla quale deriva la necessità che gli ordini assumano precisa funzione di controllo della veridicità della pubblicità stessa, onde non diventi strumento fraudolento di accalappiamento della clientela. “Esso rappresenta subito lo strumento di turbativa della correttezza generale della professione[19], ed è inderogabile dovere dell’Ordine intervenire nella specifica materia (art. 35 Codice deontologico), al fine di tutelare il cittadino da possibili raggiri degli iscritti, pur nella difficoltà delle valutazioni di merito, qual è tipicamente il controllo della meritevolezza dei colleghi;
  • Studio Legale impresa? Ivone è ovviamente consapevole, ma anche in qualche misura rassegnato[20] al fatto che vi sono due moduli di base della professione forense: quello personalizzato riconducibile alla legge professionale del 1933, connotato dall’intuitus personae e legato alla persona del titolare (o dei titolari, o del titolare e dei suoi più stretti collaboratori), e quello aziendalistico, articolato su decine o addirittura centinaia di impiegati. Una delle spinte verso il modulo aziendalistico è data dalla settorializzazione dell’ordinamento: in un ordinamento costellato di settori ad alta specializzazione occorre una struttura complessa e organizzata per rispondere a tutte le domande della clientela, Ivone diffida dei tuttologi. Inoltre, i sistemi o settori, oltre ad essere disciplinati nei dettagli più minuti, sono spesso scoordinati. La collaborazione di tipo orizzontale resta nel modulo del rapporto personale individuale retto dall’intuitus personae; la collaborazione di tipo verticale opera invece attraverso il modulo aziendalistico, ove un Coordinatore assegna gli affari o segmenti degli affari a Operatori che sarebbe improprio definire Avvocati, poiché difettano del principale tratto caratteristico del professionista, che è appunto l’intuitus personae. Il rapporto con il cliente instaura dei contratti d’opera intellettuale nel primo caso e dei contratti più vicini all’appalto di servizi nel secondo (art. 1655 c.c.: si assume il compimento di un servizio “con organizzazione dei mezzi necessari e gestione a proprio rischio”).
  • L’ignobile sentenza. Così Ivone definiva la sentenza della VI Sezione del Consiglio di Stato n. 1164/2016, la quale – dice Ivone – “mi declassa a mero imprenditore con insopportabile lesione dell’onor di Toga[21], stabilendo, in estrema sintesi, che il CNF, nel frangente, è qualificabile come “associazione di imprese”. Vibrante lo sdegno di Ivone[22]: il lavoro autonomo esercitato nel paradigma delle professioni intellettuali è soggetto a privativa legale, rientra nella disciplina ordinistica e sfugge alla disciplina dell’impresa, peraltro in perfetta coerenza con l’ordinamento europeo; le funzioni tutelate dal CNF assolvono al perseguimento della solidarietà sociale e della giustizia nell’ambito di un ordinamento che riconosce un ruolo fondamentale in tal senso all’esercizio dell’attività forense, per una “missione antica”.
  • Il regime tariffario: Ivone indica il regime tariffario come “elemento essenziale dell’etica ordinistica”. La “solita” sentenza – accogliendo l’appello incidentale dell’AGCM – aveva addirittura ribaltato il giudizio assolutorio (nel merito) del TAR, ritenendo perciò sanzionabile il comportamento del CNF che, preso atto della intervenuta abrogazione della obbligatorietà delle tariffe minime, con propria circolare aveva in un primo momento affermato che un compenso irrisorio – pur legittimo civilisticamente nel rapporto col cliente – lede comunque la dignità dell’avvocato e si discosta dall’art. 36 Cost., costituendo altresì illecito deontologico; ma poi aveva ritirato detta circolare, relegandola alla sezione “storica” nel sito istituzionale. Secondo il Consiglio di Stato, raggiungendo “l’acme dello sviamento giurisprudenziale[23], ben aveva fatto l’AGCM a sanzionare comunque il CNF e male aveva fatto il TAR ad assolverlo in primo grado. Ivone punta l’indice sulla deriva innescata dalla anarchia tariffaria, sui “compensi vili, assolutamente inadeguati ad uno standard prestazionale minimale e quindi captatori della clientela più sprovveduta[24]. Peraltro, il tema dei compensi da ultimo ha registrato delle novità: la conferma per legge dell’equo compenso[25]; l’annullamento di un bando per la costituzione di un elenco di avvocati per l’affidamento di incarichi di patrocinio legale per violazione del principio dell’equo compenso[26]; l’affermazione della vincolatività dei parametri posti dal decreto 55/2014 nella liquidazione delle spese di lite[27];
  • Gli affidamenti procedimentalizzati degli incarichi, che sviliscono la rilevanza dell’intuitus personae. Nel 2010 Ivone scriveva: “Nemmeno da prendere in considerazione lo sciagurato parere della Sezione Controllo della Corte dei conti, circa la necessità della gara per l’affidamento di incarichi professionali forensi da parte di soggetti pubblici[28]. E diceva bene, per il pesante vulnus che l’imposizione della procedimentalizzazione dell’affidamento degli incarichi professionali arreca al principio dell’intuitus personae. La questione è nota, l’art. 17 del codice degli appalti esclude dal campo di applicazione del codice, e quindi dell’affidamento tramite procedura concorsuale, i servizi legali, ma poi si opera tradizionalmente la distinzione tra incarichi per la difesa in una controversia specifica e incarichi di consulenza continuativa, con la distinzione tra contratti d’opera (nel primo caso) e appalti di servizi (nel secondo caso). Sono anche intervenute le Linee Guida Anac n. 12 del 24.10.2018. Sul punto si segnala la sentenza della Corte dei conti – Lazio, n. 509/2021[29], che ha chiarito che l’affidamento di incarichi difensivi non necessita di procedura di affidamento concorsuale.
  • La correttezza espressiva e lo stile: L’incidenza dell’uso smodato ed esclusivo del computer sul degrado culturale dei giovani che si affacciano alla professione. La “massimite”, consistente nell’argomentar solo per massime e non per ragionamenti. La massima anestetizzante, trovata la quale si abdica alla necessità di approfondire sviluppare il ragionamento, si pensa di aver vinto la causa (senza considerare che, anche s tacere del rischio che la sentenza sia stata massimata male, o che non sia del tutto pertinente al caso, una massima che ci dia ragione la si trova ormai sempre). La massima eversiva: adattata con quale ritocchino al testo, l’omissione o l’aggiunta di una parolina che la rende pienamente calzante, “tentativo di eversione del vero giuridico, violazione del dovere di lealtà”[30]. Le allegazioni incongrue, consistenti nell’ingigantimento degli atti oltre misura con la trascrizione di altri atti o di porzioni smisurate di sentenze, in una sorta di libido nocendi o autolesionismo difensivo[31]. Ma ce n’è ovviamente anche per i giudici, di sovente rei di narcisismo motivazionale[32].

Ivone Collega che ha realizzato la sua missione, adempiendo alla sua “vocazione messianica

L’ultima lezione Ivone ce la dà nel momento in cui ci troviamo tutti riuniti, in questa come in altre numerose occasioni passate (e future), a parlare di lui, a ricordare quanto di bello ha fatto e quanta ricchezza di temi ci ha lasciato.

E’ qui che abbiamo la consapevolezza e la consolazione che con la serietà, con l’impegno, con l’amore, con la rettitudine, e naturalmente una buona dose di talento e con l’aiuto del Signore si possono raggiungere risultati e riconoscimenti che ci rendono immortali.

Andrea Manzi

* Il testo riproduce e amplia l’intervento tenuto al Convegno dell’8 aprile 2022, svoltosi in Padova e organizzato dall’Associazione Veneta Avvocati Amministrativisti e dall’Unione Giuristi Cattolici di Padova, dal titolo “L’eredità di Ivone Cacciavillani – L’uomo, l’avvocato, lo storico, il credente, il cittadino”.

[1] Nella prefazione agli Scritti in onore di Ivone Cacciavillani, del 2018.
[2] Se ne parla in Di aula in aula – Sessant’anni di Toga, del 2016.
[3] Nel giudizio di Cassazione non era data possibilità di replica alle conclusioni del pubblico ministero, spesso invece necessaria. Ivone ha più volte lottato in udienza in Cassazione per avere comunque la parola per ultimo dopo il p.m., e ha anche fieramente incassato un provvedimento di rigetto espresso della sua richiesta, motivato in ultima analisi con l’esistenza della facoltà di presentare i c.d. lumi d’udienza ai sensi dell’art. 379, ultimo comma, c.p.c. (S.U., ord. 29 ottobre 1999, n. 403). Se ne parla ne Il disagio costituzionale e ne Il diritto morente.
In realtà la motivazione dell’ordinanza mette a nudo un problema ben più serio e ben più grave, che è quello della irrilevanza della discussione da parte dell’avvocato secondo un certo modo di pensare, ed è questo che ha dato giustamente più fastidio a Ivone:
Secondo la Corte, il diritto di difesa “può dispiegarsi pienamente nei modi previsti dalla vigente legge, senza che dall’ordine degli interventi possa derivare alcun pregiudizio alla difesa delle parti; infatti, vertendo la discussione solo sulle difese già proposte, non è consentito alle parti, e perciò anche al pubblico ministero, portare alla cognizione del giudice fatti o motivi nuovi e diversi da quelli trattati, onde l’assoluta irrilevanza, sotto il profilo del parametro costituzionale invocato, dell’ordine della discussione orale; va infatti sottolineato che le conclusioni motivate del pubblico ministero, così come le difese svolte dagli avvocati delle parti, hanno una funzione semplicemente illustrativa delle posizioni già assunte negli atti precedenti, secondo uno schema nel quale il principio del contraddittorio è pienamente rispettato.
Il diritto di difesa, anche nei casi quali quello esaminato dal giudice a quo, può quindi compiutamente essere esercitato, una volta osservate le norme sopra illustrate, contenute nel Libro II, Titolo III, Capo III cod. proc. civ., tanto più che le osservazioni scritte (di cui è consentito il deposito ex art. 379, quarto comma, cod. proc. civ.) costituiscono l’ultimo atto inserito nel fascicolo processuale e configurano un mezzo non inidoneo per portare a conoscenza del giudice le considerazioni difensive delle parti private sulle conclusioni orali del pubblico ministero”.
Opinione del tutto inaccettabile in linea generale, ma ancor più considerando che la legge (art. 370 c.p.c.) consente alla parte resistente di essere “resistente orale”.
[4] Da Il disagio costituzionale: L’azione non può essere promossa dalla parte in via diretta, e la pendenza di precedente questione identica preclude usualmente una nuova rimessione, ma al tempo stesso è inammissibile l’intervento – ad adiuvandum od opponendum – nel giudizio di costituzionalità già pendente delle parti coinvolte in queste altre cause “pregiudicate”.
[5] Se ne parla in Discorso sull’Avvocatura, del 2002.
[6] Così come al coraggioso attore che ha sfidato quella che la stessa Cassazione ha definito la “giurisprudenza granitica” in materia di irrisarcibilità delle lesioni degli interessi legittimi e ha così contribuito a innovare il nostro ordinamento instaurando la lite che ha dato luogo alla sentenza n. 500/1999 delle S.U., piuttosto che una sanzione al doppio del contributo unificato pare debba essere attribuito un encomio.
[7] Di aula in aula – Sessant’anni di Toga, del 2016.
[8] Se ne parla ne Il diritto morente, del 2004.
[9] Principio ispirato dall’episodio della discussione del prof. Benvenuti in Consiglio di Stato, al termine della quale il Maestro, che aveva eccepito vizi attinenti alla composizione del Collegio del TAR del Veneto, gli confidò: “vedi, oggi non mi son fatto amici a Venezia, ma per me ogni causa è sempre l’ultima che faccio”. Episodio riportato in Testamento d’Avvocato, del 2010.
[10] Se ne parla in Discorso sull’Avvocatura, del 2002.
[11]A fronte della gravità delle conseguenze che dall’eccezione potessero derivare a carico del collega/amico non resta all’avvocato che o chiedere ed ottenere l’autorizzazione del proprio cliente a pretermettere l’eccezione o rinunciare al mandato defensionale”; da Il diritto morente, del 2004.
[12] Se ne parla ne Il diritto morente, del 2004.
[13]Il sollevare eccezioni anche peregrine, rivendicare il rispetto puntiglioso delle formalità anche più astruse ed esoteriche, è dovere etico del difensore, dal momento che la sua funzione è non tanto assicurare il buon andamento della giustizia, ma la difesa del suo cliente (qui jure suo utitur nemini injuriam facit)”; da Il diritto morente, del 2004.
[14] Si veda Testamento d’Avvocato, del 2010.
[15] Se ne parla in Discorso sull’Avvocatura, del 2002.
[16] In Testamento d’Avvocato, del 2010.
[17] In Testamento d’Avvocato, del 2010.
[18]  In Testamento d’Avvocato, del 2010.
[19]  In Testamento d’Avvocato, del 2010.
[20] Quanto meno dal 2010, si veda la Introduzione di Testamento d’Avvocato, del 2010.
[21] Così Ivone nella corrispondenza con il CNF.
[22] Chi non abbia letto la lettera al CNF del 16 marzo 2017 potrà leggere il commento “Studio legale impresa?” nel sito UNAA.
[23] Così in “Studio legale impresa?”.
[24] Così in “Studio legale impresa?”.
[25] Art. 13-bis della legge 247/2012.
[26] TAR Campania – Napoli, n. 1114/2022, su ricorso dell’Ordine degli Avvocati di Roma.
[27] Cass., sez. II, ordinanza 31 agosto 2018, n. 21487.
[28] In Testamento d’Avvocato, del 2010.
[29] Per una volta, non rivelatasi perciò “Corte dei torti”.
[30] In Testamento d’Avvocato, del 2010.
[31] In Testamento d’Avvocato, del 2010.
[32] Lo sconsiglio di Stato, del 2012.
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