In piena crisi economica, particolarmente aggressiva nei confronti del settore edilizio, con la legge regionale 8 luglio 2009, n.14 (“Intervento regionale a sostegno del settore edilizio e per favorire l’utilizzo dell’edilizia sostenibile e modifiche alla legge regionale 12 luglio 2007, n. 16 in materia di barriere architettoniche”), il Veneto approvò il c.d. Piano Casa. Lo stesso conteneva disposizioni di carattere eccezionale –con deroghe significative alla normativa urbanistica- per offrire delle misure volte al sostegno del settore edilizio, promuovendo sia interventi di ampliamento degli edifici che interventi finalizzati al miglioramento della qualità abitativa, anche attraverso l’utilizzo dell’edilizia sostenibile nonché delle fonti di energia rinnovabile: al fine, appunto, di ricostituire e rivitalizzare il patrimonio edilizio. La legge, come precisava la successiva circolare della Giunta regionale, pur avendo contenuti incidenti significativamente sulla disciplina urbanistico-edilizia, voleva essere “prima di tutto, una legge economico-finanziaria” mirante “a promuovere gli investimenti privati per il recupero e la riqualificazione del patrimonio edilizio esistente nel territorio regionale, in modo generalizzato e capillare, attraverso microinterventi idonei ad alimentare soprattutto il mercato delle piccole e medie imprese del settore edilizio”.

L’efficacia del Piano Casa era previsto fosse per un periodo limitato di tempo. Ma, continuando la crisi, la stessa venne via via prorogata (ed il Piano modificato, almeno nelle intenzioni, in melius) oltrechè da talune specifiche disposizioni di leggi e leggine, dapprima da un secondo Piano Casa, la L.R. 8 luglio 2011, n.13, e, quindi da un terzo Piano Casa, la L.R. 29 novembre 2013, n.32: finchè, il 31 marzo 2019, è scaduta definitivamente.

Avendo, peraltro, in questo decennio, la L.R. 14/2009 prodotto significativi e benefici effetti per molte aziende (circa il 90 dei lavori), la Regione Veneto ha deciso –eliminandone la “temporaneità”, anche se durata due lustri- di mettere a regime, in via definitiva, gli aspetti positivi del Piano Casa.

E’ stata così approvata, non appena cessati gli effetti dello stesso, la legge regionale 4 aprile 2019, n.14 (“Veneto 2050: politiche per la riqualificazione urbana e la rinaturalizzazione del territorio e modifiche alla legge regionale  23 aprile 2004, n.11 <<Norme per il governo del territorio e in materia di paesaggio>>”), subito definita “Piano Casa quater”.

Ciò perché, come si legge nella Relazione della Seconda commissione regionale al Consiglio, la nuova legge “si pone in continuità con la legge regionale n.14 del 2009 (c.d. <<Piano Casa>>), in quanto mira a sostenere il settore edilizio”.

Ma la stessa relazione, subito dopo, precisa che, peraltro, la legge “intende decisamente” anche superare il Piano stesso “in coerenza e attuazione della legge regionale per il contenimento del consumo del suolo (legge regionale n.14 del 2017)”. Questo è del resto subito precisato dall’art. 1 della legge qui in esame, laddove afferma che “la Regione del Veneto, nell’ambito della finalità di contenimento di consumo di suolo nonché di rigenerazione e riqualificazione del patrimonio immobiliare, promuove misure volte al miglioramento della qualità della vita delle persone all’interno delle città e al riordino urbano mediante la realizzazione di interventi mirati alla coesione sociale, alla tutela della disabilità, alla qualità architettonica, alla sostenibilità ed efficienza ambientale con particolare attenzione all’economia circolare e alla bioedilizia, alla valorizzazione del paesaggio, alla rinaturalizzazione del territorio veneto e al preferibile utilizzo agricolo del suolo, alla implementazione delle centralità urbane, nonché alla sicurezza delle aree dichiarate di pericolosità idraulica o idrogeologica”. E per tali finalità, la legge “in particolare, promuove politiche per la densificazione degli ambiti di urbanizzazione consolidata, mediante la demolizione di manufatti incongrui e la riqualificazione edilizia ed ambientale, contemplando specifiche premialità e incrementi volumetrici connessi all’utilizzo di crediti edilizi da rinaturalizzazione”.

Che si voglia operare nell’ambito delle finalità di contenimento del consumo del suolo di cui alla L.R. 6 giugno 2017, n.14 (“Disposizioni per il contenimento del consumo di suolo e modifiche della legge regionale 23 aprile 2004, n. 11 <<Norme per il governo del territorio e in materia di paesaggio>>”), si comprende subito, anche visivamente, dalla rubrica della L.R. n.14/2019 che, inizia con le parole “Veneto 2050”: anno, appunto, che la legge del 2017, in attuazione dell’obiettivo comunitario, si pone come data ultima per l’azzeramento definitivo del consumo del suolo in Veneto.

Evidente, dunque, l’intendimento di dare attuazione concreta e più specifica alla legge per il contenimento del consumo del suolo: con la quale, come disponeva, fin dal 2004, l’art. 2, comma 2, lett d), della L.R. n.11, si era voluto quantomeno auspicare “l’utilizzo di nuove risorse territoriali solo quando non esistano alternative alla riorganizzazione e riqualificazione del tessuto insediativo esistente”. E per far ciò –e pur tra tante deroghe ed eccezioni-, in vista del lontano raggiungimento dell’obiettivo di incremento zero della quota netta di consumo del suolo entro il 2050- frattanto, come evidenziato nella relazione al Consiglio, si era stabilito di mirare, “nel breve periodo, al contenimento del consumo del suolo promuovendo da subito il passaggio dall’urbanistica dell’espansione all’urbanistica della riqualificazione e della rigenerazione del tessuto insediativo esistente, dal consumo del suolo agricolo naturale al suo recupero e valorizzazione, nella consapevolezza delle funzioni ecosistemiche che lo stesso garantisce e del suo essere una risorsa limitata e non rinnovabile”.

E nel solco di tali aspettative si muove, con nuove disposizioni, precisazioni ed approfondimenti, la L.R. n.14 del 2019.

Dunque: continuità, e senza limiti temporali, con il Piano Casa per favorire l’edilizia, ma in coerenza con la legge regionale di contenimento del consumo del suolo. Ancora deroghe –sia pur in taluni casi parzialmente ridotte- alle norme edilizie ed agli strumenti ordinari di pianificazione del territorio, con significative possibilità di ampliamenti e deroghe ai parametri edilizi (articoli 6, 7 – ma le volumetrie dei sottotetti recuperande a fini abitativi ai sensi dell’art. 5, comma 3, della recentissima L.R. 23 dicembre 2019, n.51, non sono computabili ai fini dell’applicazione di tali articoli –  e 11), ma finalizzate alla riqualificazione edilizia, ambientale ed urbanistica. Ancora premialità, in termini di incrementi volumetrici e di superfice ed incentivi, ma collegata alla qualità tecnologica, alla sostenibilità ecologica ed energetica ed alla sicurezza degli edifici sui quali si interviene.

Ed in particolare, come ben, riassumendo, evidenzia la Relazione al Consiglio regionale, favor per la “rinaturalizzazione del suolo occupato da manufatti incongrui” –i criterii per la cui identificazione, “anche su istanza di soggetti privati” (art.2, comma 1, lett. b), sono indicati, nell’ambito del Piano di assetto del territorio, dal Comune: che, poi, con il Piano degli interventi, li individua in concreto (art. 16, comma 1)- “mediante la loro demolizione e il riconoscimento di specifici crediti edilizi da rinaturalizzazione”.

Questi avrebbero dovuto essere disciplinati dalla Giunta regionale entro 4 mesi:  nei 12 successivi, i Comuni essendo tenuti ad approvare la variante al proprio strumento urbanistico (e successivamente a riprovvedere in tal senso con cadenza annuale) per l’individuazione in concreto dei manufatti incongrui la cui demolizione sia di interesse pubblico (art.4) ed il suolo in cui insistono verrà rinaturalizzato.

Operazioni, queste, tutte “idonee a favorire processi di densificazione degli ambiti di urbanizzazione consolidata, ovvero di quella che comunemente viene indicata come <<la città costruita>>. In tal modo si intende favorire <<la pulizia del territorio>> da elementi di degrado urbanistico, contribuendo al riordino urbano con conseguente miglioramento della qualità della vita all’interno delle città”.

Le finalità volute dal legislatore regionale “appaiono ictu oculi indubbiamente positive: ma i continui richiami, riferimenti e rinvii delle e tra la L.R. 11 del 2004 e le tre leggi regionale n.14 (Piano Casa del 2009, legge sul contenimento del consumo del suolo del 2017 e Veneto 2050 del 2019: e si ricorda, per chi non sia favorevole alle leggi in oggetto, che il numero 14, ne “La smorfia napoletana”, significa “ ‘o ‘Mbriaco, l’ubriaco; per chi invece sia fautore delle leggi stesse, che il numero Karmico 14 rappresenta la libertà ed il costante cambiamento…) andrebbero indubbiamente meglio coordinati, magari in un testo unico o facendo rientrare tutte le previsioni –ben collegate tra di loro- nell’ambito della L.R. n.11 del 2004.

Nello stesso, la Regione dovrebbe tener conto anche di quanto potrebbe essere previsto dai  due coevi decreti leggi pure stranamente emanati –come la L.R. n.14- nello scorso mese di aprile: il c.d. Decreto “Sblocca Cantieri” (D.L. 18 aprile 2019, n.32, così come convertito dalla L. 14 –il numero torna!- giugno 2019, n. 55) ed il c.d. Decreto “Crescita” (D.L. 30 aprile 2019, n. 34, così come convertito dalla L. 28 giugno 2019, n. 58).

Invero, nel primo di essi, oltre a significative “disposizioni in materia di semplificazione della disciplina degli interventi strutturali in zone sismiche (art.3), vengono anche dettate importanti “norme in materia di rigenerazione urbana” (art. 5): “al fine di concorrere a indurre una drastica riduzione del consumo di suolo e a favorire la rigenerazione del patrimonio edilizio esistente, a incentivare la razionalizzazione di detto patrimonio edilizio, nonché a promuovere e agevolare la riqualificazione di aree urbane degradate con presenza di funzioni eterogenee e tessuti edilizi disorganici o incompiuti, nonché di edifici a destinazione non residenziale, dismessi o in via di dismissione, ovvero da rilocalizzare, tenuto conto anche della necessità di favorire lo sviluppo dell’efficienza energetica e delle fonti rinnovabili e di assicurare il miglioramento e l’adeguamento sismico del patrimonio edilizio esistente, anche con interventi di demolizione e ricostruzione”.

Ed il Decreto Crescita prevede, “sino al 31 dicembre 2021”, come incentivo per la valorizzazione edilizia, “un regime di tassazione agevolata… per avviare un reale processo di rigenerazione urbana” (art.7) , e contributi ai Comuni per favorire interventi di efficientamento energetico e sviluppo territoriale sostenibile (art. 30).

Chi vivrà vedrà. Intanto –mentre il termine per l’adeguamento dei Comuni alla legge sul contenimento del consumo di suolo ed allo schema di Regolamento edilizio tipo, già “rideterminato” al 31 dicembre 2019 dall’art. 17 della legge “Veneto 2050”, è stato nuovamente prorogato al 30 settembre 2020 dall’art. 1 della legge regionale 23 dicembre 2019, n. 49- continuiamo anche ad attendere dalla Giunta regionale, con riferimento alla rinaturalizzazione, la disciplina per i crediti edilizi, con la prima vera attuazione, con riferimento agli stessi, di quanto previsto fin dal 2004, con la legge regionale n.11: ma, evidentemente, la fretta reale è minore di quella dichiarata!

Marino Breganze de Capnist

 

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