I tempi di crisi, quale l’attuale, spingono, a mio avviso, a dover ri-organizzare lo “Studio Legale” sul fondamento di un decalogo di norme (ovviamente di matrice organizzativo – aziendalistica) sulle quali ho cercato – per un paio di mesi – di riflettere e che qui di seguito esplicito, se e per quanto utili ai lettori del nostro sito propriamente allorquando la ben nota emergenza sanitaria impone a tutti Noi un ulteriore (e, purtroppo, notevole) “salto di qualità”.

Prescindo dalla individuazione di un concetto specifico di “Studio Professionale” e, nel nostro caso, di “Studio Legale” giacchè le nozioni potrebbero essere alquanto diverse fra loro qualora si prediliga la prospettiva meramente giuridica ovvero quella imprenditoriale – aziendale ovvero, ancora, quella culturale.

A mio avviso uno “Studio Legale”, infatti, dovrebbe essere retto dalle norme giuridiche, come è nei fatti; organizzato in base a norme di matrice organizzativo – aziendalistica ed, infine, avere una propria “storia culturale”.

Uno “Studio Legale”, infatti, non è solamente il tòpos, il luogo in cui i potenziali Assistiti possono reperire i Professionisti ma è anche la “storia culturale”, il percorso comune, durato per anni e in taluni casi per decenni dei Professionisti fra loro; la condivisione quotidiana, la dialettica delle idee, il contraddittorio serrato, le diversità (financo caratteriali), le strategie processuali, ma anche la sintesi e, soprattutto, i “Valori” che uno Studio Legale esprime.

Quindi, uno “Studio Legale” non è solamente l’edificio murario che lo ospita ma è molto, molto di più.

E, pertanto, se così è, a parte l’impossibilità di sopprimere lo “Studio Legale” come tale, come lo abbiamo finora conosciuto alla luce della normativa deontologica e quantomeno delle norme del Codice di procedura penale (le cc.dd. garanzie di libertà del difensore), il tòpos, il luogo di lavoro dei Professionisti va, per contro, e proprio ora potenziato per non perdere (per Noi e per le Generazioni future) quella “Cultura del lavoro intellettuale” che nulla come uno Studio Legale esprime.

L’attuale pàndemia, con la conseguente crisi economica attuale e futura, che inevitabilmente colpisce e colpirà anche il mondo delle Professioni intellettuali, ci spinge fortemente ad una profonda rimeditazione del concetto di “Studio Legale”, rimeditazione che, ferme le norme giuridiche di riferimento e la “storia culturale dello Studio Legale”, non può che operare sulla leva organizzativa – aziendalistica.

Ciò premesso, sintetizzo il mio pensiero per punti al fine di rendere più agevole la lettura trattandosi di norme non giuridiche bensì prese a prestito dalla scienza dell’organizzazione aziendale, e non solo.

  1. Il fondamento portante del tutto è costituito e dato dal fatto, a mio avviso, che le parti Assistite non sono tutte uguali fra loro ed hanno, quindi, esigenze ed aspettative diverse. Esse richiedono, al giorno d’oggi e ciò sarà inevitabilmente ampliato dall’emergenza sanitaria, stimoli ed offerte di servizi professionali sempre più personalizzati. Nel particolare caso dei servizi, ossia dell’offerta di un bene intangibile e non maneggiabile (quale quello in cui si sostanzia il frutto della competenza e dell’organizzazione di uno Studio Legale, lavoro intellettuale per eccellenza) le variabili di scenario che spingono l’Assistito a richiedere una certa prestazione ad un certo Studio risultano solo in parte dettate da necessità oggettive od impellenti;
  2. Infatti, a quanto esposto sub a), si debbono aggiungere considerazioni di stampo emotivo ed emozionale, di importanza niente affatto trascurabile quali ad esempio: 1) la qualità relazionale organizzazione – parte Assistita; 2) la disponibilità e reperibilità degli Avvocati; 3) l’esperienza maturata dagli Avvocati che compongono lo Studio Legale e la loro esperienza professionale; 4) l’immagine dello Studio Legale; 5) la reputazione dell’organizzazione e la sua risaputa efficienza; 6) il grado di competenza e di specializzazione dei Professionisti; 7) la cortesia e l’affabilità di tutte le risorse operative in ogni luogo esse si vengano a trovare; 8) la credibilità e la fiducia verso lo Studio Legale; 8) i metodi di lavoro utilizzati; 9) al giorno d’oggi assolutamente fondamentale è la velocità di esecuzione dell’opera intellettuale commissionata, quale che essa sia; 10) gli strumenti (anche e soprattutto informatici e telematici utilizzati) e le formule di fatturazione adottati; 11) la trasparenza e la correttezza nel rapporto con la parte Assistita; 12) il rapporto qualità della prestazione intellettuale – prezzo richiesto; 13) la disponibilità delle risorse operative a lavorare secondo lo schema classico dell’attività libero – professionale ed intellettuale (e così, se necessario, anche i sabati e le domeniche); 14) la costante informazione della parte Assistita in merito all’andamento della propria posizione defensionale. Tutte queste caratteristiche debbono presiedere all’attività libero professionale svolta all’interno di uno Studio Legale efficiente ed efficace; inoltre esse, quali norme cogenti e di principio, debbono essere accettate da parte di tutte le risorse operative;
  3. Ciò posto, viene a delinearsi, quindi, uno scenario di bisogni (ossia di esigenze ed aspettative) espressi ed impliciti della parte Assistita in relazione ad un prodotto – servizio tangibile ma anche, e soprattutto, in merito ad aspetti correlati alla realizzazione/erogazione del servizio medesimo ed alle modalità di esecuzione della prestazione. Si tratta di elementi tutti che risultano determinanti per la scelta da parte dell’Assistito, tanto che quest’ultimo si orienta verso lo Studio Legale che ad essi offre maggiore valenza;
  4. Ai fini della “conquista” e della successiva “fideizzazione” della parte Assistita necessita: 1) capire bene i contenuti delle problematiche sottoposte e dell’incarico defensionale affidato e, in particolare, le finalità e gli obiettivi reali perseguiti dalla parte Assistita; 2) assicurare una competenza ed una performance idonea ed adeguata alla soluzione dei problemi ed al raggiungimento degli obiettivi della parte Assistita; 3) avere le capacità di letteralmente “anticipare” possibili problemi e complicazioni, nell’espletamento del mandato, al fine di adottare le opportune e consequenziali strategie, anche processuali oltre che extra-processuali; 4) fungere da punto di riferimento costante e sempre presente per la parte Assistita, anche ai fini della necessaria costante informazione scritta ed orale, nonché collaborazione con Tecnici di parte, C.T.U. e così via; 5) garantire l’assoluta qualità del servizio da prestare, utilizzando le risorse migliori e ciò in sintonia con la persona ed i bisogni della parte Assistita; 6) utilizzare stime di costi ragionevoli ed adeguati all’importanza dell’incarico defensionale (non necessariamente bassi); 7) essere molto rapidi e solleciti nei tempi di risposta;
  5. Al fine di mantenere la parte Assistita, quale proprio “cliente”, bisogna sempre essere propositivi con essa. Non è, pertanto, sufficiente capire il problema attuale, del quale viene richiesta (solitamente) una rapida, efficiente ed efficace soluzione, ma anche sviluppare una particolare capacità, idonea a comprendere esigenze ed aspettative future. E ciò al fine di essere pronti a soddisfarle prima di altri nell’ambito del classico evolversi dell’economia di mercato concorrenziale.

A mio meditato avviso, se saremmo capaci di fare tutto ciò il futuro, anche in tempi difficili come l’attuale, non ci potrà che arridere.

Si sottolinea che il presente modesto contributo riflette, come sempre, le opinioni, meditate ma del tutto personali, di colui che lo ha redatto.

Giovanni Attilio De Martin

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