Succede che la nomina del primo presidente della Corte di Cassazione, adottata con provvedimento del Consiglio Superiore della Magistratura sia stata annullata dal Consiglio di Stato (sent. n. 268/2022). Il giudice amministrativo ha sindacato l’esercizio del potere di nomina esercitato dal CSM, ritenendo le motivazioni, che hanno condotto alla nomina, irragionevoli e gravemente carenti. A stretto giro il CSM ha provveduto nuovamente a nominare il medesimo primo presidente.

La Corte di Cassazione è giudice del riparto della giurisdizione, in particolare decide se la cognizione di una determinata controversia appartenga al giudice ordinario o al giudice amministrativo. L’art. 111 della Costituzione, infatti, consente l’impugnazione delle sentenze del Consiglio di Stato (giudice amministrativo d’ultima istanza) avanti la Corte di Cassazione solo per ragioni inerenti alla giurisdizione.

Succede sempre più di sovente che la Corte di Cassazione tenda a dilatare il perimetro della sua giurisdizione nei confronti delle sentenze del Consiglio di Stato. Caso recente è dato dal rinvio alla Corte di Giustizia U.E. della questione pregiudiziale attinente al potere della Cassazione di sindacare le sentenze del Consiglio di Stato, ove il giudice amministrativo di ultimo grado non abbia correttamente applicato il diritto dell’unione. La Corte di Giustizia (Grande Sezione, sent. 21 dicembre 2021, in C-497/2020) ha ritenuto conforme alla disciplina europea l’impossibilità di impugnare per cassazione le sentenze del Consiglio di Stato, se non per motivi attinenti alla giurisdizione.

Si percepisce non già una fisiologica dialettica tra diverse giurisdizioni, ma una forte contrapposizione, che non giova affatto, tanto meno nell’attuale contingenza.

Non intendo nemmeno pensare che la contrapposizione sia dettata da ragioni estranee alla funzione strettamente giurisdizionali: se così mai fosse, la gravità sarebbe inaudita.

Ma anche a voler ritenere che così non sia, comunque le disfide attorno all’esercizio del potere giurisdizionale denotano una situazione di generale incertezza. È sempre più difficile comprendere a quale giudice votarsi.

Vi è una situazione di caos normativo, oramai palese e non più affrontabile con semplici proclami propagandistici di semplificazione, specie quando, tentando di semplificare, si complica ulteriormente. S’aggiungono le tenzoni attorno al perimetro della giurisdizione.

La speranza è che il nostro ordinamento abbia gli anticorpi, per sconfiggere l’attuale situazione di dannosa complessità e di pericolosa incertezza.

L’auspicio è che tra i due contendenti alla funzione di primo presidente della Corte Cassazione (Pietro Curzio ed Angelo Spirito) abbia vinto il migliore. Ancor di più, che per individuare la corretta interpretazione delle norme e dei confini giurisdizionali l’interprete possa contare solo sulle proprie capacità giuridiche e non debba votarsi allo Spirito, quello Santo.

Alessandro Veronese

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