Sommario: I. Il caso – II. Le principali questioni giuridiche affrontate dalla sentenza – II.1. I presupposti per definire il giudizio con sentenza in forma semplificata – II.2. L’irricevibilità del ricorso ex art. 120, comma 2-bis CPA – II.3. L’infondatezza nel merito del ricorso – III. Brevi riflessioni conclusive.

I. IL CASO

La sentenza in commento concerne una gara indetta ai sensi del D.Lgs. 50/2016 (nuovo Codice dei contratti pubblici, di seguito “Codice”) avente ad oggetto l’affidamento dei lavori di restauro di alcune opere d’interesse culturale.

All’esito delle verifiche previste dal Codice la Stazione appaltante disponeva, con apposito provvedimento, l’ammissione di tutti i concorrenti alla procedura.

A seguito della valutazione delle offerte veniva poi approvata la graduatoria finale, in cui risultava come prima classificata l’ATI avente come mandante la società T. – con cooptazione da parte dell’impresa C. – e, come seconda classificata, la società G..

La Stazione appaltante adottava dunque il provvedimento di aggiudicazione definitiva nei confronti dell’ATI prima classificata.

La società seconda classificata, ritenendo illegittimo il provvedimento di aggiudicazione, lo impugnava dinanzi al TAR Veneto chiedendone l’annullamento sulla base di tre motivi di diritto, ovvero:

1) violazione dell’art. 92 del dPR 207/2010 perché l’impresa C. avrebbe dichiarato la propria partecipazione alla gara in qualità di cooptata ma, al tempo stesso, avrebbe anche sottoscritto l’impegno a costituirsi in ATI con la società T., rendendo contraddittoria la sua modalità partecipativa come cooptata o come offerente;

2) violazione dell’art. 146 del Codice perché l’impresa C., costituita in data 24.11.1993, avrebbe fatto valere l’esecuzione di lavori svolti, evidentemente da un differente soggetto, tra l’ottobre 1987 ed il giugno 1988, in violazione della citata disposizione in base alla quale i lavori svolti nel settore dei beni culturali “sono utilizzati, per la qualificazione, unicamente dall’operatore che li ha effettivamente eseguiti”;

3) violazione dell’art. 80 del Codice in quanto uno dei soci che compongono la società T. avrebbe barrato, nel documento unico di gara europeo, entrambe le caselle corrispondenti alla dichiarazione di aver subito e di non aver subito condanne penali, con conseguente invalidità della dichiarazione resa.

La ricorrente chiedeva inoltre l’annullamento del contratto eventualmente stipulato con l’ATI aggiudicataria e la condanna dell’Amministrazione al risarcimento dei danni subiti in ragione dell’illegittima aggiudicazione della gara.

Nella camera di consiglio dell’8 marzo 2018 il Collegio comunicava alle parti la possibile definizione del giudizio con sentenza in forma semplificata ex art. 60 del D.Lgs. 104/2010 (di seguito CPA).

Con la sentenza in commento – resa in forma semplificata – il TAR dichiarava il ricorso irricevibile per tardività relativamente al primo ed al terzo motivo di gravame e lo respingeva con riguardo al secondo motivo ed alla domanda di risarcimento, sulla base delle ragioni di diritto che saranno esaminate nel corso della presente trattazione.

 

II. LE PRINCIPALI QUESTIONI GIURIDICHE AFFRONTATE DALLA SENTENZA

II.1. I presupposti per definire il giudizio con sentenza in forma semplificata

La sentenza de qua appare di particolare interesse in considerazione del fatto che i giudici veneziani hanno ritenuto nella specie sussistenti i presupposti per definire il giudizio con sentenza in forma semplificata.

In proposito non ci si può esimere dal rammentare come sia stata proprio la giurisprudenza “creativa” del TAR Veneto, ancor prima dell’adozione del CPA, ad introdurre nell’ordinamento la possibilità che, su concorde richiesta delle parti e previa rinuncia alla domanda cautelare ed ai termini a difesa, il giudizio fosse definito con sentenza breve in un’udienza di merito fissata a breve distanza dalla camera di consiglio[1].

I caratteri fondanti di tale istituto d’origine giurisprudenziale, successivamente puntualizzati dall’intervento della Corte Costituzionale[2], sono stati infine incardinati negli artt. 60 e 74 CPA, in ossequio ai generali principi di economia e di speditezza dei mezzi processuali[3].

Più nel dettaglio il citato art. 60 CPA dispone che l’organo giudicante, nella camera di consiglio volta alla decisione della domanda cautelare, possa definire direttamente il giudizio – a patto che siano trascorsi 20 giorni dall’ultima notificazione del ricorso e che sia stata accertata la completezza del contraddittorio e dell’istruttoria – con sentenza in forma semplificata salvo che una delle parti, necessariamente “sentite” sul punto[4], dichiari la propria intenzione di presentare ulteriori atti processuali.

Inoltre, l’art. 74 CPA stabilisce che il Giudice possa adottare una sentenza in forma semplificata qualora “ravvisi la manifesta fondatezza ovvero la manifesta irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità o infondatezza del ricorso”, precisando che in tal caso la motivazione della sentenza può consistere in un sintetico richiamo al punto di fatto o di diritto ritenuto risolutivo ovvero ad un precedente giurisprudenziale conforme.

Orbene, nella specie, il TAR Veneto ha ritenuto di poter procedere alla definizione immediata del giudizio sul presupposto della “manifesta irricevibilità” per tardività del ricorso, quantomeno relativamente al primo e al terzo motivo.

Si tratta invero di una decisione del tutto condivisibile alla luce delle novità introdotte in materia d’impugnativa dei provvedimenti di ammissione dal D.Lgs. 50/2016 – di cui meglio si dirà infra[5] – che rendevano evidente l’irricevibilità dei citati motivi di gravame.

Viceversa, maggiori problemi presenta la scelta di ricorrere ad una sentenza breve in relazione al secondo motivo di ricorso, considerando che la definizione immediata del giudizio richiede, ex art. 74 CPA, che il merito della controversia risulti manifestamente infondato alla luce di una completa istruttoria sui punti salienti della controversia. D’altronde, diversamente opinando, tale strumento correrebbe il rischio di assurgere a mero “espediente per chiudere il processo in tempi brevi[6], con conseguente compressione delle esigenze difensive delle parti.

Ebbene, il rigetto nel merito del secondo motivo di gravame – del cui contenuto si è detto al precedente par. I – ha richiesto all’organo giudicante un’attività d’interpretazione normativa e di valutazione del materiale probatorio che, da un lato, sembra escludere la sussistenza di una “manifesta infondatezza” del motivo stesso e, dall’altro lato, mal si attaglia ad una pronuncia ex art. 60 CPA, in particolar modo considerando i pochi precedenti giurisprudenziali sul punto[7].

Tale circostanza, tuttavia, non poteva ritenersi idonea a comportare l’impugnabilità della sentenza de qua in sede di appello.

Infatti, com’è noto, la giurisprudenza ha più volte ribadito il principio secondo cui la parte che – pur informata dell’intenzione del Collegio di procedere ai sensi dell’art. 60 CPA – non abbia formulato alcuna contestazione al riguardo non può ritenersi legittimata ad appellare, sotto tale profilo, la decisione resa dall’organo giudicante, pena l’inammissibilità del relativo motivo di gravame[8].

In conclusione, si ritiene che la scelta di procedere ad una decisione in forma semplificata pur in presenza di un motivo di gravame che non appare, prima facie, manifestamente infondato possa ritenersi non del tutto in linea con il modello processuale previsto dal CPA: tuttavia, tale scelta trova il suo fondamento sia nella consapevolezza del fatto che – in assenza di contestazioni al riguardo in sede di camera di consiglio – le parti non avrebbero potuto ricorrere in appello avverso tale decisione sia nelle esigenze di celerità ed efficacia dei mezzi processuali che costituiscono la ratio dell’istituto della definizione immediata del giudizio.

II.2. L’irricevibilità del ricorso ex art. 120, comma 2-bis CPA

Il secondo profilo d’interesse della pronuncia in commento consiste nella dichiarazione d’irricevibilità in parte qua del ricorso, considerando che quest’ultima si fonda sulle novelle legislative previste dal D.Lgs. 50/2016.

Com’è noto, il Codice ha introdotto un nuovo rito in ordine al contenzioso riguardante le ammissioni e le esclusioni dalle procedure d’affidamento, il cosiddetto rito “super-accelerato”. La scelta del legislatore delegato è stata quella di inserire la disciplina di tale specifico rito all’interno dell’art. 120 CPA, al fine di mantenere integro il corpus normativo del CPA stesso[9].

Orbene, per quanto d’interesse in questa sede, il citato comma 2-bis dispone che il provvedimento che determina le esclusioni e le ammissioni dei concorrenti debba essere oggetto d’apposita impugnativa entro 30 giorni dalla sua pubblicazione sul profilo del committente della Stazione appaltante, ai sensi dell’art. 29 del Codice.

A sua volta, il predetto art. 29 specifica che il provvedimento di ammissione dei concorrenti – oltre ad essere pubblicato sul profilo della Stazione appaltante – deve anche essere comunicato ai partecipanti alla procedura con le modalità previste dall’art. 5-bis del D.Lgs. 82/2005 (Codice dell’amministrazione digitale), in base al quale l’unico canale legittimo di comunicazione tra la P.A. e le imprese è quello telematico, dovendosi ritenere esclusa la possibilità di ricorrere ai tradizionali strumenti quali le comunicazioni cartacee e via fax[10].

Tornando al caso di specie, il TAR Veneto, muovendo da quanto previsto dal combinato disposto delle citate disposizioni, ha dunque dichiarato l’irricevibilità per tardività del ricorso in relazione al primo ed al terzo motivo di gravame in considerazione della circostanza, invero non puntualmente esplicitata nella pronuncia, secondo cui detti motivi – essendo volti a contestare il possesso, da parte dei soggetti aggiudicatari, dei requisiti di partecipazione alla procedura – avrebbero dovuto essere fatti valere impugnando tempestivamente il provvedimento con cui era stata disposta l’ammissione dei concorrenti alla gara.

Pertanto, una volta decorso il termine decadenziale per impugnare l’atto di ammissione dei concorrenti – correttamente comunicato via PEC ai partecipanti e pubblicato sul profilo del committente – le censure volte a far valere l’asserita carenza dei requisiti di partecipazione non potevano che essere dichiarate irricevibili, essendo volte a reintrodurre, surrettiziamente, delle contestazioni concernenti un provvedimento divenuto inoppugnabile.

D’altronde – come evidenziato dal Consiglio di Stato nel parere sul correttivo al nuovo Codice (D.Lgs. 217/2017) – l’introduzione della novella di cui all’art. 120, comma 2-bis CPA è volta proprio a consentire “la definitiva cristallizzazione delle offerte ammesse alla selezione all’esito della fase di ammissione[11] in modo da evitare che l’eventuale accoglimento del ricorso possa far “regredire” il procedimento alla fase di ammissione dei partecipanti, in violazione dei principi di efficienza ed economicità dei procedimenti di gara[12].

È, dunque, proprio in quest’ottica che trova compiuta giustificazione tanto la disposizione prevista dal citato art. 120, comma 2-bis del Codice quanto la pronuncia d’irricevibilità parziale recata dalla sentenza in commento che, sotto questo profilo, costituisce la concreta attuazione della nuova normativa in materia di rito super-accelerato.

II.3. L’infondatezza nel merito del ricorso

Quanto al merito della controversia il TAR Veneto – dopo aver ritenuto comunque infondati, per completezza espositiva, i motivi di gravame già dichiarati irricevibili – ha proceduto all’esame del secondo motivo del ricorso, avente ad oggetto una pretesa violazione dell’art. 146 del Codice consistente nella circostanza che l’impresa C. avrebbe dichiarato di aver svolto dei lavori di restauro che, tuttavia, sarebbero stati eseguiti prima della costituzione dell’impresa.

In proposito il TAR – richiamando quale precedente conforme, ai sensi dell’art. 74 CPA, la sentenza n. 13565/2010 del TAR Sicilia, benché resa dal Tribunale siciliano in relazione alla previgente disciplina (art. 253 del D.Lgs. 163/2006) – ha evidenziato che l’art. 146 del Codice reca una specifica disciplina, derogatoria rispetto a quella generale[13], in base alla quale ciò che rileva, nel settore dei beni d’interesse culturale, non è il soggetto giuridico incaricato dei lavori ma il soggetto che ha “materialmente eseguito” le opere di restauro.

In base all’interpretazione letterale del citato art. 146 il Collegio ha, quindi, statuito la legittimità dell’operato della Commissione di gara che aveva positivamente valutato dei lavori “materialmente eseguiti” su dei beni culturali non direttamente dall’impresa C. – non ancora costituita all’epoca della realizzazione dell’intervento di restauro – ma da soggetti specializzati successivamente confluiti in detta impresa.

Si tratta, d’altronde, di una decisione che – benché non trovi numerosi precedenti nella giurisprudenza amministrativa[14] – si pone comunque in linea con quanto previsto dagli artt. 9-bis e 29, comma 6 del Codice dei beni culturali (D.Lgs. 42/2004), i quali dispongono, rispettivamente, che gli interventi di tutela, protezione e conservazione dei beni culturali devono essere affidati a figure specializzate nei singoli settori e che gli interventi di manutenzione e restauro su tali beni devono essere eseguiti in via esclusiva da soggetti individuati come “restauratori di beni culturali”.

 

III. BREVI RIFLESSIONI CONCLUSIVE

La sentenza in commento sembra evidenziare una tensione tra la delicatezza e la relativa novità delle tematiche giuridiche ivi contemplate – sia sotto il profilo del rito che sotto quello del merito – ed il mezzo prescelto, ovvero quello della sentenza breve, che non ha consentito all’organo giudicante un particolare approfondimento delle citate tematiche.

La scelta di procedere alla definizione immediata del giudizio in sede cautelare, in altri termini, ha privilegiato le esigenze di economia e speditezza dei mezzi processuali – di particolare rilievo nelle controversie in materia di appalti[15] – rispetto alle esigenze difensive della parte ricorrente, tenendo conto che, come già evidenziato, la pronuncia di “manifesta infondatezza” del secondo motivo di gravame suscita qualche perplessità a fronte dell’attività d’interpretazione delle norme e di valutazione del materiale probatorio posta in essere dal TAR[16].

Tale scelta, tuttavia, non ha inciso, a parere di chi scrive, sulla sostanziale correttezza della pronuncia in commento.

Infatti, quanto alla pronuncia di parziale irricevibilità del ricorso, quest’ultima appare in linea con gli orientamenti in merito all’applicazione dell’art. 120, comma 2-bis CPA che si stanno consolidando nella giurisprudenza amministrativa[17].

Inoltre, il rigetto nel merito del secondo motivo di gravame sembra aver operato una corretta applicazione delle disposizioni normative di riferimento, avuto riguardo sia alla disciplina prevista dal Codice dei contratti pubblici (art. 146) sia ai generali principi previsti dal Codice dei beni culturali in materia d’interventi di tutela e conservazione dei beni culturali[18].

L’interesse della pronuncia in commento, conclusivamente, discende più dai profili procedurali – ex artt. 60, 74 e 120, comma 2-bis CPA – che da quelli di merito, atteso che non sembrano sussistere particolari dubbi sulla correttezza sostanziale della decisione assunta dal TAR.

Francesco Coronidi

Sentenza

*Con la presente nota a sentenza, il dott. Francesco Coronidi si è classificato secondo nella edizione 2018 del Premio “Enrico Guicciardi”. Per una lettura integrale del provvedimento commentato si rimanda alla sentenza allegata.

 

[1] Cfr. TAR Veneto, Sez. I, 19.2.1994, n. 155, in Foro It., 1994, vol. III, pag. 353. Sulle peculiarità del cosiddetto “rito breve veneziano” si veda Comporti G.D., Il giudice amministrativo alla prova delle dinamiche di mercato nelle gare pubbliche, in Giur. It., 2016, vol. 11, pag. 2479 e ss.

[2] Si veda Corte Cost., 10.11.1999, n. 427, in Foro It., 2000, vol. I, pag. 746.

[3] Si veda, tra le varie, Cons. di Stato, Sez. VI, 12.11.2013, n. 5393.

[4] Si rammenta che a norma dell’art. 60 CPA le parti devono solamente essere “sentite” dall’organo giudicante, senza che vi sia la necessità di acquisire il loro consenso (cfr. Police A., Le decisioni in forma semplificata (cosiddetto giudizio immediato), in Il nuovo diritto processuale amministrativo, a cura di Cirillo G.P., Padova, 2014, pag. 552). La scelta di ricorrere a una decisione in forma semplificata deve, allo stato, ritenersi – differentemente da quanto previsto nel “rito abbreviato veneziano” – sostanzialmente svincolata dal volere delle parti, tanto che il Giudice può procedere ai sensi dell’art. 60 CPA anche qualora le parti non siano presenti alla camera di consiglio (cfr. Cons. di Stato, Sez. III, 19.2.2018, n. 1046).

[5] Cfr. infra, par. II.2.

[6] Patroni Griffi F., Forma e contenuto della sentenza amministrativa, in Dir. Proc. Amm., 2015, pag. 32.

[7] Cfr. infra, par. II.3.

[8] Cfr. Cons. di Stato, Sez. III, 27.9.2018, n. 5548.

[9] Al riguardo si veda Boscolo E., Il rito superspeciale sulle esclusioni e ammissioni dei concorrenti, in Giur. It., 2017, vol. 1, pag. 175 e ss.

[10] In relazione alle novità in materia di amministrazione digitale introdotte nel 2016 (D.Lgs. 179/2016) e nel 2017 (D.Lgs. 217/2017) sia consentito richiamare le riflessioni di Boccia C., Contessa C. e De Giovanni E. (a cura di), Il Codice dell’Amministrazione digitale commentato e annotato per articolo, La Tribuna, 2018.

[11] Cfr. Cons. di Stato, Comm. Spec., 1.4.2016, parere n. 855.

[12] Principi che appaiono pienamente rispettati nel rito in materia di appalti che – come rilevato dal Presidente Pajno nella relazione per l’inaugurazione dell’anno giudiziario 2017 – ha raggiunto elevati livelli di tempestività nelle decisioni che lo distinguono dagli altri riti accelerati ponendolo tra i procedimenti più efficienti d’Europa (Cfr. Travi A., Per un giudizio amministrativo effettivo ed efficace: limiti del sistema e proposte operative, in Giur. It., 2017, vol. 4, pag. 985 e ss.).

[13] Cfr. Cons. di Stato, Sez. V, 4.10.2018, n. 6114.

[14] Come indirettamente dimostrato dal richiamo operato dalla sentenza ad un precedente giurisprudenziale risalente, ovvero la sentenza del TAR Sicilia, Palermo, n. 13565 del 26.10.2010.

[15] Si veda supra, nota n. 12.

[16] Si veda supra, par. II.1.

[17] Sul punto, tra le varie, Cons. di Stato, Sez. V, 1.10.2018, n. 5613.

[18] Si veda supra, par. II.3.

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