Nell’ordinanza pubblicata in data 8 marzo 2017 il T.A.R. per il Lazio, Sede di Roma, Sezione III^ bis, si è dovuto pronunciare anche sulle conseguenze derivanti dal deposito telematico del ricorso effettuato in modalità apparentemente contrastanti con le formalità previste dal C.p.a., dal Regolamento e dalle specifiche tecniche del processo amministrativo telematico contenute nell’ormai noto DPCM 40/2016.

Il ricorrente, nel dicembre 2016, dopo aver effettuato la notifica cartacea del ricorso aveva provveduto ad iscriverlo a ruolo con modalità telematiche considerando che, come a tutti noi ben noto, il 1 gennaio 2017 è entrato in vigore tutto l’impianto normativo e tecnico che il Legislatore ha predisposto per rendere possibile il deposito telematico degli atti dinanzi ai T.A.R. ed al Consiglio di Stato.

Prima di soffermarci sulla fattispecie presa in considerazione da parte del T.A.R. per il Lazio è bene rammentare come la giurisprudenza precedente, su questioni simili od identiche, fosse stata assolutamente rigida se è vero come è vero, ad esempio, che il T.A.R. per la Calabria, con l’ordinanza n. 18/2017 depositata il 26 gennaio 2017, aveva dichiarato nulla la costituzione telematica in considerazione del fatto che l’atto del difensore risultava privo della sottoscrizione digitale e che la copia informatica della procura alle liti risultava priva dell’attestazione di conformità.

I commentatori dell’ordinanza T.A.R. Calabria sottolineavano come, se da una parte era vero che, dal 1 gennaio 2017  tutti gli atti e i provvedimenti del Giudice, dei suoi Ausiliari, del Personale degli Uffici Giudiziari e delle parti dovevano essere sottoscritti con firma digitale, così come disposto dall’articolo 136, comma II^ bis del C.p.a. e dall’Articolo 9, comma I^, D.M. 16 febbraio 2016 n. 40, era però anche vero che, ai sensi dell’articolo 6, comma V^, delle specifiche tecniche del citato D.M., la firma digitale PAdES, che il difensore  appone al “Modulo Deposito Ricorso” e al “Modulo Deposito Atto”, doveva intendersi estesa a tutti i documenti (ricorso, costituzione, allegati) in esso contenuti.

Quindi, in presenza di tale norma che non poteva e non può essere ignorata e quindi deve essere applicata, era ed è assolutamente plausibile sostenere che l’atto di costituzione, dovesse intendersi comunque sottoscritto digitalmente avendo, il difensore, sottoscritto digitalmente il “Modulo” che quell’atto conteneva.

Quanto poi alla copia informatica della procura alle liti, allegata si al “Modulo” ma priva dell’attestazione di conformità, pur essendo vero che l’articolo 8 del Regolamento al comma II^ prevede che “Nei casi in cui la procura è conferita su supporto cartaceo, il difensore procede al deposito telematico della copia per immagine su supporto informatico, compiendo l’asseverazione prevista dall’Articolo 22, comma II^, del CAD con l’inserimento della relativa dichiarazione nel medesimo o in un distinto documento sottoscritto con firma digitale” il T.A.R. per la Calabria avrebbe dovuto comunque applicare quanto disposto dal comma III^ del citato articolo 22 del Codice dell’amministrazione digitale: “Le copie per immagine su supporto informatico di documenti originali formati in origine su supporto analogico nel rispetto delle regole tecniche di cui all’articolo 71 hanno la stessa efficacia probatoria degli originali da cui sono tratte se la loro conformità all’originale non è espressamente disconosciuta”.

In quella circostanza, considerato che parte ricorrente non aveva effettuato disconoscimento ai sensi dell’art. 22, comma III^, CAD, il T.A.R. per la Calabria non poteva ritenere non conforme all’originale cartaceo la copia informatica (scansione) allegata dal difensore nel “Modulo”.

Il T.A.R. per il Lazio, Sezione III^ bis (Presidente il Dott. Riccardo Savoia ed Estensore la Dott.ssa Ines Simona Immacolata Pisano), si è trovato a pronunciarsi sulle conseguenze di un ricorso depositato telematicamente privo di firma digitale, allegato quale scansione (copia informatica) dell’originale cartaceo, privo altresì di attestazione di conformità della copia informatica all’originale cartaceo dal quale la copia informatica è stata ottenuta e, da ultimo, carente anche del deposito di copia cartacea del ricorso in copia conforme a quanto depositato in telematico.

Con grande competenza e buon senso il Presidente e l’Estensore, risolvono tutte le questioni poste all’attenzione del Collegio dando dimostrazione di come l’adeguata conoscenza non solo del C.p.a. ma anche e soprattutto del Codice dell’amministrazione digitale e del regolamento e delle specifiche tecniche del PAT (DPCM 40/2016) consente di pronunciare decisioni nelle quali sia possibile avere rispetto sia, in generale, del diritto sia, in particolare, dei diritti delle parti e dei loro difensori.

Passiamo in rassegna il modo in cui sono state valutate le anomalie poste all’attenzione del Collegio.

1) Copia informatica del ricorso depositata priva di firma digitale:

Sul punto il T.A.R. Lazio rileva che “il presente ricorso è stato depositato data 4 gennaio 2017, successiva all’entrata in vigore del PAT, mediante sottoscrizione con firma digitale del Modulo di deposito ricorso, secondo quanto prescritto dall’art.6, comma 5, dell’All. A al D.P.C.M. n.40/2016, che espressamente prevede che la firma digitale PADES si intende estesa a tutti i documenti contenuti … che tale locuzione … deve intendersi riferita, in senso onnicomprensivo, a tutti gli atti di parte allegati con il Modulo, che ove non sottoscritti ex ante dovranno ritenersi firmati soltanto al momento della sottoscrizione di invio del Modulo di deposito…”.

Di grande rilevanza è il passaggio dell’ordinanza ora trascritto in quanto afferma la validità e l’efficacia di quanto indicato dall’art.6, comma V^, dell’All. A) al D.P.C.M. n.40/2016, e quindi che la firma digitale PADES apposta nel Modulo deposito ricorso si estende anche ai documenti informatici allegati nel modulo e quindi se, come nel caso di specie, il documento informatico contenente il ricorso non risultasse direttamente firmato digitalmente, comunque così dovrà essere considerato non appena apposta la firma digitale al Modulo che quell’atto contiene.

2) Copia informatica del ricorso depositata priva di attestazione di conformità:

Il T.A.R. per il Lazio, pur dando atto del fatto che ai sensi dell’art. 136 comma II^ del C.p.a, la copia informatica del ricorso analogico sottoscritto con firma autografa, deve essere sempre “accompagnata” dalla relativa attestazione di conformità, rileva però che, ciò nonostante, “…la tempestività della sottoscrizione dell’atto e la sua validità giuridica, unitamente a quella della documentazione allegata, non sono in discussione”.

Il Collegio è in grado di fare tale affermazione considerando che “…la copia informatica di documento analogico, ove priva di autenticazione, ai sensi dell’art.22 comma 3 del CAD, espressamente applicabile al PAT per effetto dell’art. 2 comma 6, del CAD come sostituito dall’art. 2, comma 1, lett. c), D.Lgs. 26 agosto 2016, n. 179 – ha la stessa efficacia probatoria dell’originale da cui è tratto se la conformità all’originale non è espressamente disconosciuta e, secondo la giurisprudenza formatasi con riferimento alle tradizionali riproduzioni fotografiche “cartacee” disciplinate dagli artt. 2712 e 2719 c.c. (Cass. civ. Sez. lavoro, 06-09-2001, n. 11445)”, di cui la copia informatica costituisce la versione “moderna”, in mancanza di disconoscimento, non è consentito al Giudice contestare, oltre al valore giuridico dell’atto di parte, la provenienza della sottoscrizione…”.

Inoltre, il Collegio ritiene che “il ricorrente debba essere rimesso in termini al fine di depositare in giudizio la copia informatica autenticata dell’originale analogico, delle procure e delle notifiche effettuate con le tradizionali modalità cartacee, ai sensi dell’art.136 comma 2 ter C.p.a., eventualmente anche in modalità up-load ai sensi di quanto previsto dall’art.136 comma 2 quater C.p.a.”.

Per il T.A.R. Lazio Sezione III^ bis, quindi, è insussistente il problema relativo alla nullità dell’atto per mancanza di sottoscrizione e per mancanza di attestazione di conformità; ritiene però di dover affrontare altra questione, quella dell’ammissibilità o meno del deposito dell’atto di parte in formato non consentito dalle regole tecniche e più precisamente dall’art.12, comma 1, lett. a) del DPCM n. 40/2016. A tale proposito ritiene che “in mancanza di espressa sanzione stabilita dal legislatore, analogamente a quanto ritenuto in casi analoghi dalla più recente giurisprudenza civile (v. Tribunale, Milano, sez. IX civile, sentenza 03/02/2016 n° 1432), può essere consentita la regolarizzazione onerando parte ricorrente del deposito di copia informatica dell’originale cartaceo, in formato PDF sottoscritto con firma digitale…”.

Il Collegio motiva la decisione anche in considerazione di quanto disposto dall’art. 37 del C.p.a. nel rispetto del quale il Giudice può disporre, anche d’ufficio, la rimessione in termini per errore scusabile in presenza di oggettive ragioni di incertezza su questioni di diritto ritenute nel caso di specie sussistenti anche in considerazione del fatto che “il ricorso è stato redatto in forma cartacea nel mese di dicembre 2016 in cui, malgrado la L. n.197/2016 fosse già entrata in vigore, non era del tutto inverosimile l’evenienza di un ulteriore proroga dell’entrata in vigore del PAT, già rinviata negli ultimi due anni per ben 4 volte, così che ben ha potuto il difensore cadere in errore circa l’immediata vigenza dell’obbligo del rispetto della forma digitale”.

3) Mancato deposito di copia cartacea del ricorso in copia conforme a quanto depositato in telematico:

pur riconoscendo il dovere della parte di fornire copia cartacea del ricorso conforme a quanto depositato in telematico, non esita il T.A.R. per il Lazio a prendere le distanze dall’ordinanza n. 880/2017 del Consiglio di Stato  secondo cui “Il deposito di una copia cartacea d’obbligo, previsto dall’Art.  7, comma 4, D.L. 31 agosto 2016, n. 168,  è condizione per l’inizio del decorso del termine dilatorio di 10 giorni liberi a ritroso dall’udienza camerale (ovvero 5 nei casi di termini dimidiati), di cui all’art. 55, comma 5, c.p.a., con conseguente impossibilità che, prima dell’inizio di tale decorso, sia fissata detta udienza (ovvero, comunque, che, in caso di fissazione comunque avvenuta, il ricorso cautelare sia trattato e definito in un’udienza camerale anteriore al completo decorso del medesimo termine); nel giudizio di merito, il suddetto deposito è precondizione per il corretto esercizio della potestà presidenziale di fissazione dell’udienza ex art. 71, comma 3, c.p.a.”.

Il T.A.R. per il Lazio ritiene invece che la conseguenza dedotta del Consiglio di Stato, con riferimento al mancato deposito in giudizio della copia cartacea conforme all’originale notificato “non sia normativamente prevista e dunque la cui osservanza non era preventivamente predicabile e che comunque l’effettivo onere di parte ricorrente di sottostare a tale adempimento risulta poco chiaro alla luce del tenore dell’art.13 bis, comma 4, n.t.a. del c.p.a. (che sembrerebbe ricomprendere le ipotesi di copia cartacea dell’atto originale informatico ma non la copia cartacea autentica nei casi, eccezionali ma comunque ancora possibili: si pensi, ad esempio, al caso della traslatio judicii), in cui l’originale del ricorso sia stato redatto in modalità analogica), il Collegio ritiene del pari di consentire al ricorrente la regolarizzazione…”.

Il contenuto dell’ordinanza resa dal Tar Lazio, Sezione III^ bis, è di notevole rilevanza e importanza, avendo sicuramente tracciato un pregevole orientamento nel risolvere alcune anomalie riferibili non al diritto sostanziale, né al diritto processuale amministrativo propriamente inteso ma al rispetto e/o all’interpretazione delle modalità tecniche con le quali gli atti devono essere depositati dal gennaio 2017 in grado di sostituire quello più penalizzante che aveva caratterizzato le decisioni nei primi due mesi dell’anno.

E’ il T.A.R. Calabria, con la sentenza pubblicata il 15 marzo 2017 nel procedimento n. 91/2017 a confermare l’importanza dell’ordinanza in disamina atteso che, nell’affrontare la medesima questione affrontata dal T.A.R. per il Lazio, la risolve con le stesse argomentazioni richiamando, quale precedente, proprio l’ordinanza del T.A.R. per il Lazio n. 3231/2017 dell’8 marzo 2017.

Il presente modesto contributo, redatto prendendo spunto anche dal lavoro di altri colleghi, attesta le effettive difficoltà applicative del sistema del PAT soprattutto ai suoi albori e la necessità che le questioni pratiche che via via si manifestano siano necessariamente risolte con buon senso e ragionevolezza da parte dei Collegi Giudicanti, nel rispetto della legge ma nel contestuale necessario rispetto dei diritti di tutti gli attori del processo, in primis dei difensori delle parti cui il PAT fa indubbiamente obbligo di numerosissimi e nutriti incombenti dapprima non di loro competenza. Fortunatamente ora l’introduzione del cc.dd. Tavolo Tecnico è di giovamento a tali fini per tutti gli attori del processo amministrativo, proprio sotto il profilo della ricerca di una omogenea prassi processuale condizione ineludibile affinchè si manifesti l’effettiva certezza del diritto quantomeno sotto il profilo della parità di condizioni di accesso al sistema della giustizia amministrativa.

Giovanni Attilio De Martin

 

* Per una lettura integrale del provvedimento commentato si rimanda all’ordinanza allegata.

Ordinanza n. 3231_2017

 

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