Viviamo il periodo dell’emergenza sanitaria, che impone anche la sospensione delle attività produttive; essa non opera per tutte le imprese indistintamente e contempla un sindacato discrezionale in capo allo Stato, con competenza amministrativa attribuita ai Prefetti.

Il D.P.C.M. 22 marzo 2020, pubblicato in G.U. 22 marzo 2020, edizione speciale n. 76, è entrato in vigore il successivo 23 marzo 2020 e prevede ulteriori limitazioni, in specie con riferimento alle attività produttive.

Tre giorni dopo è stato adottato il Decreto Legge 25 marzo 2020, n. 19, pubblicato in G.U. 25 marzo 2020, S.G. n. 79 ed entrato in vigore il successivo 26 marzo 2020. 

L’art. 1 del D.L. n. 19/2020 consente l’adozione di misure straordinarie di limitazione di attività e di circolazione per periodi predeterminati, ciascuno di durata non superiore a trenta giorni, ma reiterabili e modificabili anche più volte sino al 31 luglio 2020, ossia fino al termine dello stato d’emergenza dichiarato con D.P.C.M. 31 gennaio 2020.

Ai sensi dell’art. 2 del D.L. n. 19/2020, l’adozione di dette misure avviene tramite Decreto del Presidente del Consiglio di Ministri, su proposta del Ministro della salute, sentiti il Ministro dell’interno, il Ministro della difesa ed il Ministro dell’economia e delle finanze, nonché gli altri Ministri competenti per materia. Se, poi, le misure emergenziali dovessero riguardare esclusivamente una o più Regioni, dovranno essere sentiti i Presidenti delle Regioni interessate. Se dovessero riguardare l’intero territorio nazionale, sarà sentito il Presidente della Conferenza delle Regioni e delle Provincie autonome.

Il Decreto Legge in parola viene verosimilmente a costituire la copertura normativa dei provvedimenti emergenziali, assunti con strumento non legislativo, tra cui anche il D.P.C.M. 22 marzo 2020. 

L’art. 1, comma 2, del D.L. n. 19/2020 ed, in particolare, la lett. z), prevede che possano essere assunte limitazioni o sospensioni delle attività produttive con uno o più Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, ai sensi dell’art. 2 del D.L. n. 19/2020 e fatte salve le misure già assunte (nello specifico) con il D.P.C.M. 22 marzo 2020, che continuano ad applicarsi nei termini originariamente previsti e per come ancora vigenti, secondo quanto espressamente disposto dall’art. 2, comma 3, del D.L. n. 19/2020. 

Il D.P.C.M. 22 marzo 2020, pertanto, continua ad applicarsi sino al 3 aprile 2020, salvo eventuali proroghe, che potranno essere disposte con lo stesso strumento non legislativo anche per tutta la durata dell’emergenza (quindi sino al 31 luglio 2020). Il provvedimento in parola è di straordinario impatto per l’evidente compressione di diritti costituzionali, tra cui il diritto al lavoro (art. 4 Costituzione) ed il libero esercizio dell’attività di impresa (art. 41 Costituzione), ritenuti recessivi rispetto alla tutela della salute, diritto del pari costituzionalmente tutelato (art. 32 Costituzione) ed, allo stato, ritenuto prevalente.

L’art. 1, comma 1, lett. a), del D.P.C.M. 22 marzo 2020 ha imposto la sospensione delle attività produttive, ad eccezione di quelle indicate nell’Allegato 1 e di quelle contemplate dall’art. 1, comma 1, lettere c), d), f), g) ed h). Per le attività commerciali resta fermo quanto previsto dal D.P.C.M. 11 marzo 2020 e dall’ordinanza del Ministro della salute 20 marzo 2020. L’Allegato 1, peraltro, costituisce disposizione – per così dire – “mobile”, posto che può essere modificato dal Ministro dello sviluppo economico, sentito il Ministero dell’economia e delle finanze, come espressamente statuito dall’art. 1, comma 1, lett. a), del D.P.C.M. 22 marzo 2020. Ciò è avvenuto per il tramite del D.M. 25 marzo 2020, che ha in parte modificato l’Allegato 1.

Le imprese, la cui attività è stata sospesa per effetto del Decreto in commento, devono cessare la produzione entro il 25 marzo 2020, financo la spedizione della merce in giacenza, secondo il disposto dell’art. 1, comma 4.

Possono continuare la produzione le imprese, la cui attività sia compresa tra quelle di cui all’Allegato 1, che contiene la descrizione delle attività per settore merceologico con il relativo codice Ateco. Dette imprese possono, quindi, proseguire l’attività, senza dover rendere alcuna comunicazione, ma – ai sensi dell’art. 1, comma 3, del D.P.C.M. 22 marzo 2020 – debbono rispettare il protocollo delle misure per il contrasto ed il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro, protocollo sottoscritto il 14 marzo 2020 tra Governo e parti sociali. 

Sempre nel rispetto del ricordato protocollo sono consentite anche altre attività d’impresa, diverse da quelle comprese nell’Allegato 1, ossia:

  1. le attività, che, sebbene sospese, siano organizzate in modalità di lavoro a distanza. Esse non richiedono alcuna comunicazione al Prefetto;
  2. le attività funzionali ad assicurare la continuità delle filiere, di cui all’Allegato 1, nonché dei servizi di pubblica utilità e dei servizi essenziali, ai sensi della L. n. 146/1990. In tali casi, però, la continuazione dell’attività produttiva dev’essere preceduta da una comunicazione al Prefetto della provincia, ove ha sede l’attività produttiva stessa e nella documentazione devono essere indicate le imprese o le amministrazioni destinatarie dei prodotti e dei servizi, per dar prova della continuità delle filiere produttive; 
  3. le attività, che erogano servizi di pubblica utilità, nonché servizi essenziali, di cui alla L. n. 146/1990; esse possono proseguire senza alcuna comunicazione al Prefetto. Resta sospesa l’apertura al pubblico dei musei, degli istituti e luoghi di cultura, ai sensi dell’art. 101 del D.Lgs. n. 42/2004, nonché dei servizi di istruzione, ove non prestati a distanza. 
  4. le attività di produzione, trasporto, commercializzazione e consegna di farmaci, tecnologia sanitaria e dispositivi medico-chirurgici, nonché di prodotti agricoli ed alimentari e di ogni altra attività funzionale a fronteggiare l’emergenza. Anche le attività indicate possono proseguire senza alcuna comunicazione al Prefetto;
  5. le attività degli impianti a ciclo continuo, dalla cui interruzione derivi un grave pregiudizio all’impianto stesso o un pericolo di incidenti. Non è soggetta a comunicazione la continuazione delle attività anzidette, se finalizzate alla prestazione di un servizio pubblico essenziale. Le altre attività a ciclo continuo come sopra qualificate sono soggette invece a comunicazione al Prefetto;
  6. le attività dell’industria dell’aerospazio e della difesa, nonché le attività di rilevanza strategica per l’economia nazionale. La prosecuzione di queste attività, invero, non è soggetta a comunicazione, ma ad autorizzazione del Prefetto.

La prosecuzione delle attività produttive può avvenire – a seconda dei casi – senz’altro o previa comunicazione al Prefetto o previa sua autorizzazione.

Nel secondo e nel terzo caso, alla comunicazione o alla richiesta di autorizzazione consegue un procedimento amministrativo, affidato alla competenza del Prefetto, cui spetta assumere il provvedimento inibitorio o il diniego di autorizzazione. Il Prefetto può sospendere l’attività, assumendo un provvedimento amministrativo di carattere inibitorio, ove rilevi che non sussistano i presupposti per la continuazione dell’attività. Fino all’adozione del provvedimento inibitorio la prosecuzione dell’attività avviene legittimamente.

La comunicazione resa al Prefetto non ha una forma tipica; andrà provata la sussistenza dei presupposti, che consentono la continuazione dell’attività. Può darsi anche il caso di una prosecuzione parziale dell’attività, con la sospensione di alcune linee di produzione. Così come appare legittima la riconversione dell’attività (in toto o in parte), sì da esitare prodotti funzionali alla gestione dell’emergenza.

Diverso è il caso dell’autorizzazione, che implica l’adozione di un provvedimento espresso, abilitante l’esercizio dell’attività, la quale, in attesa o in difetto dell’autorizzazione, non potrà proseguire. Nei casi soggetti a comunicazione, invece, l’attività produttiva prosegue ed il potere prefettizio è di controllo e di eventuale inibizione, assimilabile ad una sorta di segnalazione certificata di inizio attività ai sensi dell’art. 19 della L. n. 241/1990, ma senza alcun limite temporale per l’adozione del provvedimento inibitorio, la cui assunzione sconta una finestra temporale comunque limitata, corrispondente alla durata della misura emergenziale (sino al 3 aprile 2020). 

In sintesi: nuove competenze amministrative in capo ai Prefetti, chiamati ad esercitare nuove attribuzioni. Nuovi procedimenti e nuovi provvedimenti (inibitori, d’assenso o di diniego), sui quali potrà essere chiamato a pronunciarsi il Giudice amministrativo, tra tutela della salute, diritto al lavoro, libertà d’impresa e – non sempre facile – interpretazione del D.P.C.M. 22 marzo 2020.

Alessandro Veronese

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