Cari amici, cortesi auditori,
è con gratitudine che prendo la parola per porgere i saluti dell’Unione nazionale alla cui genesi ed iniziative l’Associazione veneta ha offerto -da sempre tenacemente- stimoli ed impulsi. Un’Associazione, quella veneta, che per prima quarant’anni fa ha intuito la necessità, superando gli egoismi ed i personalismi, di salvaguardare un foro di alto prestigio sempre rispettoso degli altrui ruoli e dei principi deontologici.

Il primo Presidente è stato il Prof. Feliciano Benvenuti. La sua guida ed il suo insegnamento non sono caduti nel vuoto. Anzi nonostante il passare del tempo coloro che hanno rilevato il testimone, hanno accentuato l’anelito iniziale. Non posso a questo punto non menzionare l’apporto, offerto, dall’amico Stefano Bigolaro e non solo e non tanto per l’encomiabile impegno profuso in innumerevoli iniziative, ma soprattutto per l’equilibrio nelle scelte, per la capacità riflessiva e di mediazione che ha sempre manifestato anche nelle relazioni esterne.

L’Associazione veneta per suo merito e di tutti i componenti del Direttivo è diventata una casa giuridica comune della cui costruzione ci sentiamo partecipi.

Questo elogio mi sento di formulare alla fine del suo mandato per quanto ha fatto con l’esempio e la parola. Ma il successore prescelto non sarà, con questo viatico, certo da meno.

Espresse queste convinte digressioni, rimaniamo incerti e timorosi di fronte ad una pandemia non ancora debellata che ha colpito molti di noi negli affetti, privandoci dei tradizionali rapporti sociali.

Il computer ha sostituito i colloqui personali, il nostro andirivieni nelle aule giudiziarie. Lo studio concepito come tradizionale punto di lavoro e di contatto, anche tra colleghi, va rimodulato a fronte di strutture di interconnessione raffinate, che postulano personale anche di segreteria sempre più adeguato. Certo si è aperto un nuovo scenario che non verrà meno con il ritorno alla vita tradizionale.

Ritengo errato abbandonare una strada che la pandemia ci ha indotti a percorrere, adeguando ad essa il nostro modo di pensare ed agire, pur assillati dal dubbio del ruolo illusorio di una personale presenza.

Gli impegni, d’altro canto, che il legislatore ci pone sono ormai pressanti. La specializzazione è diventata un imperativo. Al D.M. n. 163 del I° ottobre 2020, che ha dettato nuove norme in materia di specializzazione indicando i tre settori fondamentali (civile, penale ed amministrativo) ed al loro interno gli indirizzi acquisibili (tre per ogni settore) si è accompagnata ora la nota, inviata dal Consiglio nazionale. Nota che in materia di specializzazione per comprovata esperienza, chiarisce molti aspetti operativi, rimessi alla verifica, anche istruttoria, del Consiglio dell’Ordine competente. L’avvocato dovrà, in sintesi, autocertificare di aver maturato un’anzianità ininterrotta all’albo di almeno 8 anni e di aver esercitato negli ultimi 5 anni in modo continuativo e prevalente l’attività professionale nel settore prescelto, dimostrando di aver ricevuto affidamenti fiduciari, giudiziari ed extragiudiziari almeno pari a 10 per anno, per un totale di almeno 50 incarichi. Si tratta di un approccio contabile forse lontano dalle esigenze di una professione che si affaccia al terzo millennio. L’Unione nazionale era ed è convinta che, per quanto concerne l’ambito amministrativo, la specializzazione avrebbe dovuto involgere solo il settore, senza frantumarsi in ben 8 indirizzi (o sottosettori). L’Unione si è, peraltro, scontrata con l’orientamento giurisprudenziale e con la posizione del Consiglio di Stato. Ciò però non le impedirà, da un lato, di battersi affinché il titolo di specializzazione acquisito in un indirizzo piuttosto che in un altro, non risulti strumento ineludibile degli affidamenti, conferibili dalla P.A., dall’altro di divenire interlocutore prezioso nell’effettuazione dei corsi da triangolare con le Università e con i singoli Consigli dell’Ordine, utilizzando le Associazioni federate presenti nel territorio. E tutto ciò nell’intento di “regionalizzare” le attività formative onde ridurre gli spostamenti e contenere al massimo gli oneri che i discenti devono sopportare. Un lavoro assiduo, non interrotto dalla pandemia, che ha visto l’Unione interlocutrice costante ed efficace del Consiglio di Presidenza del Consiglio di Stato al quale sono state indicate, è bene ricordarlo, le recepite modalità di partecipazione alle udienze per via telematica. Il confronto è tutt’ora aperto sulle scelte, una volta superato il Covid, di abbandonare o meno l’approccio telematico. Particolare attenzione va posta nel contempo sull’utilizzo dei giovani laureati da inserire nelle strutture dell’apparato giudiziario al fine di velocizzare le fasi processuali, riducendo l’arretrato che grava sui TAR e sul Consiglio di Stato. La necessità di eliminare l’arretrato, deve prescindere da valutazioni e giudizi disattenti e superficiali. Si parla di ben 100.000 ricorsi pendenti avanti i TAR. Uno sguardo perplesso è rivolto egualmente ai contenuti delle molteplici riforme introdotte dai nuovi decreti legge. Riforme, oggetto del presente convegno, sulle quali l’Unione è stata audita dalle commissioni di giustizia parlamentari. L’impegno è totale, consapevoli che l’Unione esprime una voce ormai ineludibile nel panorama della giustizia e dell’apparato amministrativo. Sforziamoci affinché, con il Vostro aiuto, questa presenza diventi sempre più persuasiva ed audace.

Godiamoci, quindi, questa piccola finestra di libertà che la pandemia ci concede. L’avvocatura ha in sé le forze per rigenerarsi, affrontando e superando tutte le sfide, ivi compresa, non per sua colpa, la palpabile freddezza con cui la società civile guarda, senza distinzioni, all’attuale mondo della giustizia.

D’altro canto occorre abbandonare la mitizzazione del processo e del giudizio. Risulta opportuno volgersi preventivamente all’apparato e alla struttura amministrativa di cui gli avvocati devono divenire, nel solco europeo, coesecutori, vigili e competenti ingegneri del procedimento. Non si dimentichi che il processo ha ad oggetto atti cristallizzati e definiti. Il Giudice conosce e valuta, in termini di formale legittimità, il passato; al contrario il procedimento, che si snoda in più fasi, involge il presente per modellare il futuro. Veleggiamo con lo spirito di Ulisse precursori del nuovo, aiutati, se del caso, dall’adeguamento e rafforzamento delle ADR ben consapevoli, comunque, che la battaglia, prolungata e persa sull’equo compenso, mette a nudo la fragilità tutta, e non solo economica, della attuale realtà professionale.

Un augurio di buon lavoro.

Avv. Franco Zambelli

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