Chiedo, preliminarmente, venia se quanto scriverò non risulterà troppo approfondito, ma il tempo di valutazione è stato ridotto. D’altro canto, ritengo che un primo commento sulla nuova regolamentazione del processo amministrativo, in questa fase di provvedimenti legislativi contingenti, possa essere immediatamente utile.

Primo punto da tenere presente è l’efficacia abrogativa operata dal’art. 84, comma 11, d.l. 17 marzo 2020, sul precedente art. 3, d.l. 8 marzo 2020, n. 11.

Poiché la nuova disposizione, in altre parti dell’art. 84, disciplina espressamente fattispecie processuali venutesi a costituire sin dal giorno 8 marzo, si deve intendere che detto effetto abrogativo abbia natura retroattiva. Pertanto, ogni considerazione in merito all’interpretazione del regime introdotto dal precedente art. 3 viene integralmente destituita di rilevanza.

Per restare, ancora, a questioni di immediata valutazione, l’art. 84 ripete l’esenzione (fino al 30 giugno 2020) dell’obbligo di consegnare le copie di cortesia; a riguardo dello stesso incombente ribadisce anche (questa volta senza termine finale) che il deposito possa avvenire anche a mezzo del servizio postale (comma 9).

È ugualmente non problematica la ripetizione della previsione secondo la quale i rinvii delle udienze di merito che si renderanno necessari in forza della nuova disposizione di legge non determineranno aumento dei carichi di lavoro dei magistrati (comma 10).

Passando, infatti, al regime delle udienze, esso risulta attualmente il seguente.

Quanto alle udienze di merito già fissate fino al giorno 15 aprile, esse sono rinviate d’ufficio e ope legis, senza necessità di un provvedimento del giudice, il quale, invece, si renderà necessario per la determinazione di una nuova udienza in “data successiva” (comma 1, terzo periodo).

Tuttavia, le udienze di merito e camerali, già fissate nel periodo compreso tra il giorno 6 aprile e il giorno 15 aprile 2020 potranno essere ugualmente trattate (senza discussione orale e “sulla base degli atti depositati”) purché vi sia la concorde volontà di tutte le parti costituite che, a tal fine, ne debbono fare istanza congiunta entro due giorni liberi prima della data fissata per la teorica udienza. Segnalo che la disposizione richiama esplicitamente le parti costituite. Pertanto, in caso di mancanza costituzione di una delle parti intimate, la domanda potrà essere comunque esaminata se ne faccia istanza chi, invece, si sia già costituito. In tesi, dunque, anche il solo ricorrente. 

L’ipotesi, evidentemente, avrà particolare applicazione nel caso delle udienze camerali, anziché di quelle per il merito (in cui è probabile che, data la vicinanza delle date di udienza, le parti che abbiano interesse a costituirsi lo abbiano già fatto). 

A riguardo delle domande da definirsi con rito camerale, soggette al regime appena descritto, segnalo che esse debbono intendersi quelle relative ai riti speciali (silenzi, accesso, ottemperanza), perché, invece, il rito camerale cautelare è soggetto a disciplina a sé che mi accingo ad esporre.

Quanto alle domande cautelari, invero, la loro trattazione collegiale viene ugualmente differita a data posteriore al 15 aprile 2015.

Tuttavia, le domande cautelari collegiali già introdotte (sia che sia già stata fissata l’udienza, sia che non lo sia stata) o che saranno introdotte entro il termine del 15 aprile 2015 vengono convertite in una sorta di nuovo e speciale rito cautelare monocratico. 

Invero, esse, anche senza istanza delle parti, verranno decise con decreto del presidente o del magistrato delegato, “con il rito dell’art. 56 c.p.a.” e, pertanto, i relativi decreti (tanto di accoglimento, quanto di rigetto) saranno subordinati, nella loro provvisoria efficacia, ad una udienza collegiale di eventuale conferma, da fissarsi appunto “immediatamente” dopo il 15 aprile. 

Solo nel caso in cui la misura cautelare monocratica sia stata interinalmente concessa, il giudice potrà fissare l’udienza collegiale (da svolgersi sempre sula base degli atti depositati e senza trattazione orale) già dal giorno 6 aprile. 

Se, tuttavia, una delle parti ne faccia istanza entro due giorni liberi prima, il giudice sarà tenuto, senza alcuna propria discrezionalità (comma 2, ultimo periodo: “la trattazione collegiale è rinviata”) a rinviare la trattazione collegiale a data successiva il 15 aprile.

Detta conversione ope legis della domanda cautelare collegiale in domanda monocratica non trasforma, tuttavia, integralmente, il rito collegiale in rito monocratico. Infatti, il relativo decreto decisorio viene pronunciato “nel rispetto dei termini di cui all’articolo 55, comma 5”, cioè dei termini dilatori di venti giorni dalla notifica della domanda e di dieci giorni dal deposito della stessa che si applicano quando si svolge l’ordinario rito cautelare collegiale. 

Si tratta, dunque, di una domanda collegiale trattata in modo monocratico. 

Ciò porta a considerare che il giudice, nel valutare il periculum in mora, debba considerare sufficienti i presupposti dell’art. 55, comma 1, c.p.a.; non già quelli più severi dell’art. 56 c.p.a., sussistendo i quali resta salva la possibilità di chiedere le ordinarie misure cautelari provvisorie, esplicitamente confermate dall’art. 84, comma 2, ultimo periodo, nell’inciso “salvo che ricorra il caso di cui all’articolo 56, comma 1, primo periodo, dello stesso codice ”.

Stabilito cosa accadrà fino al giorno 15 aprile, va sottolineato, a questo punto, che anche dopo tale data si assisterà ad un regime speciale, definito dal comma 5. 

In linea generale, l’art. 84 suggerisce che il giudice debba preferibilmente rinviare a data posteriore al 30 giugno 2020 tutte le controversie le cui udienze siano state fissate entro tale periodo (comma 4, lett. e). Per i presidenti dei Tribunali amministrativi e per i presidenti di Sezione del Consiglio di Stato, tuttavia, detta previsione non costituisce alcun obbligo; anzi, anche prima del 30 giugno dovranno essere comunque trattate le domande cautelari, le domande inerenti i riti elettorali e le controversie dichiarate urgenti con decreto unilaterale e assumibile d’ufficio del giudice stesso perché “di grave pregiudizio per le parti”. 

Fino al 30 giugno 2020, in ogni caso, la trattazione delle domande, sia di merito sia cautelari, continuerà a svolgersi sulla base degli atti depositati e senza trattazione orale. 

È significativo, al proposito, che venga conservato il potere, in caso di domanda cautelare, di definire il processo con sentenza resa in forma semplificata, ai sensi dell’art. 60 c.p.a., ma (ed è questa la particolarità da segnalare, perché di dubbia legittimità a fronte della tutela costituzionale del diritto di difesa) anche senza che ne sia stato dato preavviso alle parti.

Per le medesime “udienze”, la cui trattazione è compresa tra il giorno 15 aprile e il giorno 30 giugno 2020, alle parti è concesso il potere di depositare “brevi note” fino a due giorni liberi prima della data fissata. Ritengo, tuttavia, che tali note non sostituiscano e non possano sostituire le ordinarie memorie conclusionali e di replica previste dall’art. 73 c.p.a., delle quali occorre interessarsi, perché rilevanti anche ai fini della sospensione dei termini processuali.

Vigendo l’art. 3 del d.l. n. 11/2020, infatti, chi scrive aveva sostenuto che la sospensione dei termini processuali incidesse anche sui termini a ritroso. Ciò stando, siffatta sospensione, una volta cessata, avrebbe avvicinato il termine di deposito alla data di udienza, con la conseguente possibile violazione dello stesso art. 73, se l’udienza fosse stata matenuta. Il che suggeriva il rinvio anche delle udienze fissate fino alla data del 2 maggio 2020 (computata sommando quaranta giorni – cioè il primo termine a ritroso, previsto per il deposito dei documenti – alla data del 22 marzo 2020, in cui, secondo il precedente decreto-legge sarebbe venuto meno il periodo di sospensione). 

Diversa era stata l’interpretazione resa dal Consiglio di Stato (attraverso note di proprie commissioni consultive e dello stesso Presidente), il quale reputò, invece, che fosse sostanzialmente sospeso il solo termine per la notificazione dei ricorsi introduttivi. Non dovevano ritenersi sospesi i termini a ritroso e neppure il termine di deposito dei ricorsi stessi, trattandosi di attività che il difensore avrebbe potuto svolgere in via telematica, senza necessità di accedere agli uffici giudiziari.

L’art. 84 del nuovo decreto-legge sembra avere superato la diatriba. Il comma 2, secondo periodo stabilisce, infatti, che fino al 15 aprile 2020 sono sospesi “tutti i termini processuali”, senza eccezione. 

È vero che lo stesso periodo potrebbe, se letto isolatamente, creare dei dubbi, nella parte in cui esso stabilisce che la previsione avvenga “secondo quanto previsto dalle disposizioni di cui all’articolo 54, commi 2 e 3, del codice del processo amministrativo”. E poiché l’art. 54 c.p.a. era stato appunto interpretato, in quanto riferito alle attuali contingenze, nel modo sopra ricordato, la tesi del Consiglio di Stato potrebbe, sulla base di tale inciso, continuare ad avere dignità.

Se avanzata,  essa tuttavia, sarebbe smentita in virtù di una interpretazione sistematica del comma 2 con il successivo comma 5, dove si precisa, quanto alle controversie di merito le cui udienze siano state fissate nel periodo compreso tra il 15 aprile e il 30 giugno 2020, che “il giudice, su istanza proposta entro lo stesso termine dalla parte che non si sia avvalsa della facoltà di presentare le note, dispone la rimessione in termini in relazione a quelli che, per effetto del secondo periodo del comma 1, non sia stato possibile osservare e adotta ogni conseguente provvedimento per l’ulteriore e più sollecito svolgimento del processo. In tal caso, i termini di cui all’articolo 73, comma 1, del codice del processo amministrativo sono abbreviati della metà, limitatamente al rito ordinario”.

Detto disposto, da un lato, chiarisce che le “brevi note” da depositare entro due giorni prima dell’udienza e di cui ho già parlato non sostituiscono le ordinarie memorie, dal momento che la parte può decidere liberamente di non avvalersene. Chiarisce, implicitamente, altresì che, nel periodo di sospensione dei termini vigente sino al giorno 15 aprile 2020, debbono considerarsi interrotti anche i termini a ritroso. Diversamente, non si saprebbe spiegare in che modo “per effetto del secondo periodo del comma 1” (cioè per effetto della prevista sospensione dei termini processuali) le parti non possano rispettare i termini di udienza e abbiano quindi diritto alla rimessione in termini (e, conseguentemente, al rinvio dell’udienza, sia pure con la possibilità della dimidiazione dei termini stabiliti dall’art. 73 c.p.a.).

A conclusione di questa prima, breve, lettura, va infine ricordato che l’art. 84 ripete le clausole relative alla sospensione dei termini prescrizionali e decadenziali relative alla fattispecie sostanziale e la eventualità della remissione nei termini processuali di decadenza che non sia stato possibile rispettare in ragione delle limitazioni di accesso materiale agli uffici giudiziari.

Si tratta di una previsione la cui applicazione concreta è difficile da immaginarsi (per quanto attiene ai termini processuali essa potrebbe concernere le controversie cautelari, elettorali o dichiarate urgenti non rinviate a data posteriore al 30 giugno), ma che costituisce una norma di chiusura e di principio di opportuna prudenza.

Francesco Volpe

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