L’art. 25 del D.L. 137/2020 ha provveduto a ripristinare, per il periodo compreso tra il 9 novembre 2020 e il 31 gennaio 2021, lo strumentario processuale ideato in piena pandemia da SARS-CoViD-2 e costituito, per quale che attiene alla Giustizia amministrativa, dall’art. 4 del D.L. 28/2020.

In buona sostanza, essendo stata sospesa per motivi contingenti la possibilità di dare udienza more solito ai difensori delle parti fisicamente presenti nelle aule di Giustizia, al fine di salvaguardare le insopprimibili esigenze di difesa e consentire la celebrazione dei processi (che, diversamente avrebbero dovuto continuare a rimanere congelati, come inizialmente in effetti era avvenuto, con la sola esclusione delle cause urgenti, per effetto di quanto previsto dall’art. 84 del D.L. 18/2020) il Legislatore ha inteso trovare un ‘punto di equilibrio’ ammettendo che le udienze potessero tenersi con l’ausilio di collegamenti telematici.

A tal riguardo, pur rimanendo confermato che, nell’arco temporale suindicato, “gli affari in trattazione passano in decisione, senza discussione orale, sulla base degli atti depositati, ferma restando la possibilità di definizione del giudizio ai sensi dell’articolo 60 del codice del processo amministrativo, omesso ogni avviso” (cfr., comma 2, dell’art. 25 del D.L. 137/2020), si è però ripristinata la possibilità di discutere oralmente la vertenza (sia in sede cautelare, che nel merito) stando seduti dinanzi ad uno schermo.

Tuttavia, è da dire che l’accesso all’udienza da remoto non discende, per così dire, automaticamente dal deposito dell’istanza di fissazione di udienza, come di norma avviene nel processo amministrativo (ex art. 71 C.P.A.), ma necessita della formulazione di una richiesta ad hoc.

Difatti, prevede l’art. 4 sopra richiamato che “può essere richiesta la discussione orale con istanza depositata entro il termine per il deposito delle memorie di replica, ovvero per gli affari cautelari, fino a cinque giorni liberi prima dell’udienza in qualunque rito”, sicché una specifica richiesta, e anche tempestiva, è sempre necessaria.

Tra l’altro, come in ultima chiarito dall’Avviso del Segretariato Generale della Giustizia Amministrativa dell’11 novembre 2020, siffatta richiesta deve avvenire “con atto separato – e non in seno al ricorso o ad altro scritto difensivo – nel quale sia chiaramente e inequivocabilmente espressa la volontà di discutere la causa”, avendo cura di indicare il numero di cellulare dell’avvocato che discuterà per un contatto diretto in caso sorgessero disguidi in occasione della convocazione in udienza (si rinvia all’Avviso stesso, reperibile sul sito della giustizia amministrativa, per ulteriori dettagli di natura operativa).

Come noto, poi, l’udienza viene accordata con certezza solamente se tutti i difensori sono effettivamente concordi nel discutere, altrimenti spetta sempre al Presidente valutare il contenuto dell’istanza e delle eventuali opposizioni ovvero, ove lo ritenga, disporre la fissazione d’ufficio emettendo apposito decreto.

Un punto delicato rimane, però, quello del deposito delle note di udienza.

In effetti, l’art. 4 in commento dispone testualmente che “in alternativa alla discussione possono essere depositate note di udienza fino alle ore 12 del giorno antecedente a quello dell’udienza stessa”: di talché, ad un’attenta lettura, l’introduzione di note d’udienza è consentita non quale alternativa all’istanza di discussione, bensì quale alternativa alla discussione stessa.

Un tanto, nella sostanza, postula che, prima di procedere a dimettere in giudizio le note in questione:

i) l’istanza di discussione sia stata regolarmente proposta entro i termini fissati;

ii) sia stato, conseguentemente, assunto il decreto presidenziale che dispone la discussione da remoto.

Dunque, appare chiaro che, in assenza tali preliminari passaggi, il deposito di note d’udienza appare definitivamente precluso e non può certamente essere consentito, pena la palese violazione del contraddittorio processuale tra le parti in lite.

Sul punto, è appena il caso di ricordare che, come ampiamente noto, la violazione del contraddittorio tra le parti produce riflessi potenzialmente dirompenti sullo svolgimento del processo e sull’attività giurisdizionale, potendo condurre anche alla relativa nullità.

Tant’è vero, ad esempio, che “l’omessa comunicazione al procuratore costituito di una delle parti dell’anticipazione dell’udienza disposta d’ufficio determina la nullità di tutti gli atti successivi del processo, e della sentenza che lo concluda, per violazione del principio del contraddittorio ex art. 101 c.p.c., riferibile ad ogni atto o provvedimento ordinatorio dello svolgimento del processo” (Cass. civile sez. II, 28 settembre 2018, n. 23542 in deiure.it): trattasi di ipotesi, per certi aspetti simile a quella in esame, dal momento che una delle parti è posta in condizione di partecipare al processo (col deposito di note d’udienza) mentre l’altra, viceversa, rimane privata di un’analoga possibilità di difesa con evidente violazione del principio di parità delle parti in processo sancito all’art. 111 Cost.

D’altronde, il deposito di siffatte note trova la sua ratio nel fatto che il difensore, in luogo di avventurarsi in una discussione telematica che magari non è in grado (anche solo per scarsità di mezzi informatici) o non vuole sostenere, può decidere di affidare l’estrema difesa ad una trattazione scritta.

In proposito, vale la pena di ricordare che le “Linee Guida sull’applicazione dell’art. 4 del D.L. 28/2020 e sulla discussione da remoto”, vergate dal Presidente del Consiglio di Stato lo scorso 25 maggio 2020, avevano chiarito in relazione alle note d’udienza alternative alla discussione (cfr. punto 4.1) che “si tratta di inedita ed eccezionale misura, alternativa al contraddittorio orale, fruibile dalle parti solo nell’ambito del rito di cui all’art. 4 del d.l. n. 28/2020 e dunque, solo quando le parti, singolarmente o congiuntamente, abbiano chiesto la discussione, o il presidente l’abbia disposta d’ufficio”.

Anzi, le richiamate Linee Guida hanno altresì evidenziato che dette note, oltre a dover essere necessariamente ‘brevi’ in quanto succedanee alla trattazione orale, vanno preferibilmente depositate in anticipo rispetto alla data d’udienza “in modo da consentire alle controparti una replica informata”.

Per l’effetto, il difensore la cui controparte processuale abbia optato per le note d’udienza non viene ovviamente privato della facoltà di discutere, potendo questi replicare agli argomenti che il suo avversario ha, invece, deciso di affidare al testo scritto.

In conclusione, quel che non pare comunque ammissibile, poiché evidentemente lesivo della normale dialettica processuale, è assistere ad un deposito di note d’udienza senza che sussista, nel medesimo procedimento, il preventivo decreto presidenziale che dispone la fissazione dell’udienza stessa (d’altro canto è anche intuibile che, se non vi fosse un’udienza di qualche tipo, le note d’udienza non avrebbero alcun senso di esistere).

Una tale attività, difatti, oltre che censurabile sotto il profilo processuale potendo condurre all’emissione di ordinanze e sentenze affette da insanabile nullità in quanto lesive del principio del contraddittorio processuale, potrebbe forse prestarsi anche a censure di ordine deontologico (ad esempio, per la violazione dei canoni di cui all’art. 19 e all’art. 53.2 del CDF).

Meglio, in definitiva, non procedere ad affrettati depositi di note d’udienza che potrebbero, paradossalmente, avere effetti contrari alle migliori intenzioni difensive.

Stefano Canal

 

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