Con conclusioni divergenti, le pronunce in rassegna provano a risolvere il nodo dell’unificazione di più fattispecie criminose nel reato continuato ex art. 81 c.p., ai fini della candidabilità alle elezioni amministrative, ai sensi di quanto previsto dal d.lgs. n. 235/2012. In particolare, è sottoposta all’attenzione della giurisprudenza la necessità di chiarire se l’amministrazione possa sciogliere il cumulo giuridico dei reati unificati dal vincolo della continuazione, allorquando solo una delle fattispecie concorrenti comporterebbe l’incandidabilità del condannato, in presenza di una condanna superiore ad dato limite di pena.

Il Tribunale amministrativo veneto deduceva – invero con una formula piuttosto apodittica – l’unitarietà del reato continuato ai sensi dell’art. 81, comma 2, c.p. ai fini extrapenali della sentenza di condanna. In particolare, l’applicazione del cumulo giuridico delle pene dei reati unificati dal vincolo della continuazione, in luogo del loro cumulo materiale, “non consente l’operazione inversa, non consente cioè di utilizzare la pena irrogata in applicazione dell’istituto della continuazione ai fini dell’individuazione della pena che sarebbe stata irrogata autonomamente per ciascuno dei reati: la disciplina dell’art. 81 è ispirata al favor rei, sicché la pena cumulativa irrogata in applicazione del predetto istituto non può essere utilizzata a ritroso per determinare la pena che sarebbe stata concretamente determinata per ciascuno dei distinti reati[2].

Così facendo il T.A.R. Veneto si discostava dall’interpretazione degli effetti dell’art. 81 c.p., prevalsa in ambito penale, dove il principio del favor rei e l’esclusiva finalità garantistica che soggiace alla codificazione dell’istituto avevano indotto la giurisprudenza ad un’applicazione dinamica del reato continuato: agli effetti penali della sentenza, infatti, il giudice è chiamato ad interpretare il vincolo della continuazione come reato unico o come pluralità di reati privilegiando la variante da cui discendano conseguenze sanzionatorie più favorevoli al condannato[3].

In difformità dalle conclusioni del collegio regionale, il Consiglio di Stato[4], adito in sede di gravame, ha ritenuto di applicare l’art. 81 cpv. secondo il criterio ermeneutico dinamico del favor rei invalso in sede penale, sulla scorta che solo la separata considerazione delle varie fattispecie in continuazione avrebbe consentito l’effettiva applicazione delle cause di incandidabilità in conformità ai canoni di tassatività e stretta interpretazione che contraddistinguono le eccezionali limitazioni al diritto di elettorato passivo e discendono dalla riserva assoluta di legge di cui all’art. 51 Cost.

Sennonché il C.d.S. ricostruisce l’inferenza argomentando a partire dalla circostanza che, nel caso concreto, la sentenza penale effettivamente distingueva la quantificazione della pena comminata per l’imputazione principale e l’aggravio addizionato per le fattispecie satelliti, legate dal vincolo della continuazione. Considerata l’assenza di precedenti e l’attitudine nomofilattica della massima, l’arresto pone il tema dell’applicazione amministrativa delle conseguenze extrapenali sfavorevoli derivanti dalla sentenza di condanna. La sentenza pone infatti in capo alla commissione elettorale circondariale l’onere di individuare criteri egualitari per sciogliere il cumulo giuridico derivante dal reato continuato, in particolare nelle fattispecie in cui la sentenza non distingua le singole porzioni di pena comminate per ciascun reato satellite. D’altronde, la trasposizione dei canoni ermeneutici della materia penale nell’ambito della disciplina elettorale cozza con la diversità dei principi di riferimento, in considerazione del fatto che l’assiologica preferenza accordata dal diritto penale al percorso interpretativo più favorevole al reo non corrisponde necessariamente all’obiettivo di assicurare una rigorosa uguaglianza nei presupposti di accesso alle cariche pubbliche previsto dall’art. 51 Cost.

L’esito problematico di un simile conflitto risulta evidente nell’ipotesi in cui – in applicazione dei criteri statuiti dal C.d.S. – il totale ripristino del diritto di elettorato passivo ben potrebbe conseguire al solo fatto che, anziché aver posto in essere isolatamente il reato rilevante ai fini della candidabilità, il reo vi abbia provveduto nell’ambito di un disegno criminale più ampio, implicante anche un’incriminazione più grave, tale da comportare la qualificazione del primo a titolo di reato satellite unito nel reato continuato, con conseguente attenuazione del trattamento sanzionatorio.

Francesco Dalla Balla

*  Sentenza 3020_2019 CDS

Sentenza 552_2019 T.A.R.

 

[1] Il testo ripropone in abstract il più ampio commento F. DALLA BALLA, L’incandidabilità presuppone lo scioglimento amministrativo del vincolo della continuazione, in Giustamm.it, n. 5/2019, al quale si rinvia.

[2] T.A.R. Veneto, sent. 4 maggio 2019, n. 552, in Giustamm.it.

[3] E. M. AMBROSETTI – M. LOMBARDO, Art. 81, in Codice penale commentato, in leggiditalia.it.

[4] Cons. St., sent. 9 maggio 2019, n. 3020, in Giustamm.it.

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