Il tema affidatomi: “Le città motore del futuro nel P.T.R.C.: la rete regionale di città e le azioni comunali di riordino insediativo” è un tema particolarmente caro agli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori italiani in quanto è stato il tema centrale dell’ultimo nostro Congresso Nazionale “Abitare il Paese – Città e territori per il futuro prossimo” e di tutte le azioni successive.

Va dato atto al P.T.R.C. di aver posto tra i propri temi centrali la “risorsa città quale motore del futuro”.

Non era scontato, visto che, ad esempio, il suddetto tema non è minimamente affrontato nel primo P.T.R.C. del 1992 un piano che, come ricordava questa mattina il Prof. Calegari, era più incentrato su prescrizioni e vincoli, e neppure è affrontato dall’art. 24 della L.R. 11/2004 – Contenuti del Piano Territoriale Regionale di Coordinamento.

Negli otto obiettivi riportati al primo comma dell’art. 24 non c’è infatti alcun riferimento alla città e tantomeno alla “città motore del futuro” di cui al titolo IX delle Norme Tecniche del P.T.R.C..

Riassumo brevemente, prima di sviluppare alcuni approfondimenti, una sintesi dell’articolato e della Relazione illustrativa sullo specifico punto in discussione.

Il capitolo 14 della Relazione del P.T.R.C. “Città motore del futuro” evidenzia che una delle sfide della pianificazione urbanistica si realizza, ogni giorno, nel raggiungere l’armonia del vivere uomo-ambiente ed è per questo che sono indispensabili previsioni lungimiranti tese a compiere scelte pianificatorie puntuali ed equilibrate non legate alla logica imperante del consumo di suolo.

Il Veneto è descritto, tradizionalmente, come una regione policentrica, ad urbanizzazione diffusa. Manca una grande città metropolitana che caratterizza altre regioni quali, ad esempio: Piemonte, Lombardia, Liguria, Lazio, Campania.

L’art. 62 delle Norme Tecniche del P.T.R.C. – rete di città – individua l’organizzazione del sistema insediativo veneto come una rete di città costituita:

  1. dalla piattaforma metropolitana dell’ambito centrale (Vicenza, Padova, Venezia, Treviso);
  2. dall’ambito occidentale di rango metropolitano (Verona, Garda);
  3. dall’ambito pedemontano;
  4. dall’ambito esteso tra Adige e Po;
  5. dall’ambito delle città alpine;
  6. dall’ambito delle città costiere.

 

Ai fini di razionalizzare lo sviluppo insediativo del Veneto in un’ottica di competizione internazionale, di sostenibilità e di incremento della qualità della vita, il P.T.R.C.:

  1. incentiva l’uso consapevole del territorio;
  2. promuove le strategie di rafforzamento della rete di città;
  3. favorisce la crescita e il rafforzamento delle relazioni tra le città capoluogo e le medie città venete;
  4. favorisce le strategie di sviluppo urbano che minimizzano il consumo di suolo;
  5. favorisce una copianificazione unitaria per meglio declinare le peculiarità e potenzialità intrinseche dei territori.

 

Nelle “aree ad alta densità insediativa” (tav. 08), ricadenti nella piattaforma metropolitana dell’ambito centrale, nell’ambito occidentale di rango metropolitano e nell’ambito pedemontano, il P.T.R.C. stabilisce che gli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica:

  1. perseguono la densificazione edificatoria;
  2. individuano le misure per favorire il recupero, la riqualificazione e riconversione di aree e/o insediamenti degradati e/o inutilizzati, anche attraverso l’utilizzo dei crediti edilizi;
  3. contemplano l’utilizzo di nuove risorse territoriali esclusivamente quando non esiste alternativa alla riorganizzazione e riqualificazione del tessuto insediativo esistente.

 

In merito alle azioni sulla città, l’art. 63 del P.T.R.C. prevede che i Comuni predispongano piani, programmi, azioni, volti a:

  1. riorganizzare complessivamente l’accessibilità alla città, diversificando i modi di trasporto, privilegiando le reti di trasporto pubblico;
  2. tutelare e rivitalizzare i centri storici per evitare processi di abbandono;
  3. promuovere la riorganizzazione delle centralità, elevando la dotazione degli standard di servizi esistenti e introducendone di nuovi, riqualificare le aree di degrado economico e sociale e i siti urbani abbandonati, dotando le periferie di spazi pubblici;
  4. riqualificare i quartieri periferici;
  5. attivare politiche relative alla residenza, per contenere il disagio abitativo;
  6. valorizzare il verde urbano;
  7. incentivare i servizi di prossimità.

 

L’art. 64 – Riordino del sistema insediativo e criteri di progettazione -promuove l’attuazione delle direttive e delle indicazioni della comunità europea secondo le indicazioni relative a:

  1. adattamento e mitigazione;
  2. governance del territorio;
  3. pianificazione urbanistica;
  4. sperimentazione e sistema di monitoraggio avanzato;
  5. educazione ai cambiamenti climatici in rapporto alle città e al territorio.

 

Sulla scorta dei suddetti obiettivi gli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica devono provvedere al riordino degli insediamenti esistenti secondo criteri che riguardano:

  1. le aree produttive, nell’ottica di ridurne il numero;
  2. le aree commerciali, al fine della riorganizzazione complessiva delle sedi viarie e degli spazi privati;
  3. le aree residenziali con obiettivi di qualità paesaggistica e con la definizione di alti livelli prestazionali.

 

Gli obiettivi che ho sintetizzato, ritengo siano tutti sostanzialmente condivisibili e appropriati; non sembrano però andare oltre a dichiarazioni di intenti piuttosto ovvie e scontate, tra l’altro non adeguatamente tradotte a livello normativo, senza indicare strategie concrete per l’attuazione dei suddetti obiettivi.

Le opzioni relative ai “nuovi traguardi per una crescita di qualità” si ispirano, come riportato a pag. 13 della Relazione Illustrativa del P.T.R.C., allo “schema di sviluppo dello spazio europeo” approvato a Potsdam nel maggio del 1999, e cioè al triplice obiettivo: società, economia, ambiente, declinato in tre finalità politiche:

  • la coesione economica e sociale;
  • la salvaguardia delle risorse naturali e del patrimonio culturale;
  • una competitività più equilibrata dello spazio europeo.

 

Da allora sono trascorsi più di 20 anni, come molti, troppi, ne sono trascorsi dall’avvio della Variante al P.T.R.C. con la pubblicazione del “Documento Programmatico Preliminare” avvenuta nel lontano 2004.

Nel frattempo è cambiato il mondo: stiamo vivendo trasformazioni epocali a livello internazionale, con un cambio di passo che sta investendo le abitudini e gli stili di vita.

Da molto tempo ai Convegni sulle città parliamo di rigenerazione urbana, di contenimento del consumo di suolo, di economia circolare, di città policentrica, di inclusione sociale.

Sono slogan che ripetiamo, tutti d’accordo, in merito ai quali però, salvo rare eccezioni, non vengono avviate azioni strutturali concrete.

Anche nel nuovo P.T.R.C. si parla, tra l’altro, di contenimento del consumo di suolo; a pag. 210 della Relazione si indicano le azioni per attuarlo; se ne parla al futuro: “la Giunta Regionale, sentita la competente Commissione Consiliare, stabilirà la quantità massima di consumo di suolo ammesso nel territorio regionale”; ma la Commissione Consiliare si è già espressa in data 23.03.2018 e la Giunta Regionale ha già deliberato in data 15.05.2018.

Nella stessa pagina della Relazione viene evidenziata l’istituzione di un fondo regionale per la rigenerazione urbana e demolizione delle opere incongrue.

In effetti, l’art. 10 della L.R. 14/2017 ha previsto l’istituzione di un fondo regionale per le suddette finalità; un fondo che esiste già da tre anni, peccato che sia stato, fino ad oggi, finanziato con 200.000 euro all’anno.

Rigenerare costa di più rispetto a costruire su aree di espansione. L’operatore economico, potendo scegliere, continuerà ad investire in aree di espansione, fintantoché non verrà attuata una politica di riequilibrio dei costi e una politica fiscale che favorisca la rigenerazione accompagnata da una politica di incentivi seri, come quelli, ad esempio, della Regione Emilia-Romagna che, con la Legge urbanistica n° 24/2017, ha previsto un primo stanziamento di 37 milioni di euro entro il 2020 a fronte di un impegno complessivo di 100 milioni, a fondo perduto, per favorire gli interventi di rigenerazione.

In ogni caso è certamente importante l’intervenuta approvazione del P.T.R.C., con la quale si chiude finalmente un iter sofferto, durato troppi anni.

Ma ancora più importante sarà avviare, subito, un cambio di paradigma per ricostruire su nuove basi, con le persone al centro del progetto e con una visione proiettata al 2050 la relazione tra economia e società.

È indispensabile, ritengo, un salto culturale, in primis da parte della politica; capire che nel mondo stanno avvenendo trasformazioni epocali, che siamo di fronte ad un modello nuovo di città, che non è questione solo di norme e di standard quantificativi.

I giovani, solo per fare un esempio, sono più interessati a pagare per usare, piuttosto che per comprare casa, auto.

La dinamica demografica, caratterizzata da perdita di popolazione, invecchiamento, bassi tassi di natalità, riduzione della composizione media delle famiglie determina, oltre a ridotte capacità di mantenimento e di innovazione del patrimonio costruito, diverse relazioni tra dimensioni dell’alloggio e dimensione della famiglia.

In sostanza, uno scenario demografico in calo determina un nuovo rapporto con lo spazio costruito.

La pandemia di Covid-19 (naturalmente il P.T.R.C., vista la tempistica, non poteva prevederlo) ha fatto emergere, oltre alle drammatiche conseguenze sanitarie, una serie di domande sul come si vivrà dopo, quale convivenza sarà possibile, quale sarà il futuro delle città e quello dell’abitare.

Il virus, oltre ad avere costretto ad una lunga clausura, ha imposto tra noi una distanza, un vuoto (che diventa un muro) di almeno un metro, che impone nuovi comportamenti su: lavoro, shopping, tempo libero, spazi comuni e servizi pubblici.

Passate le prime settimane di “reclusione” e sgomento, è da subito divenuta chiara la necessità di ripensare a nuove forme di convivenza e a strutture adeguate per viverle: la città che conosciamo è stata messa in discussione ma, nello stesso tempo, con la vivacità e la capacità di resilienza e di rigenerazione che della città sono il fondamento, ha messo in atto nuovi protocolli di comportamento sociale, ha cercato misure e ipotesi diverse e sperimentali. E nel pensare al futuro della città, le filosofie di riferimento sono resilienza, qualità della vita, sostenibilità, ambiente, uguaglianza, smart working, tutte tematiche che dovrebbero essere concretamente centrali nel progetto di un nuovo, a mio giudizio, urgente P.T.R.C.

Un P.T.R.C. che prefiguri strategie per città a misura d’uomo, coerente con i 17 goals dell’agenda urbana dell’ONU (non basta citarli in relazione), del patto di Amsterdam, della dichiarazione di Davos sulla Baukultur, strategie che trovano oggi la loro sintesi nel “New European Bauhaus” e cioè il nuovo impegno europeo per la rivoluzione verde dell’economia europea, un passo che segue il Green Deal 2050, verso una cultura green europea.

Un P.T.R.C. che magari promuova, solo a titolo di esempio, la città dei 15 minuti a misura d’uomo e rispettosa dell’ambiente, lanciata dalla Sindaca di Parigi, affinché ogni cittadino possa raggiungere in un quarto d’ora a piedi o in bicicletta, i servizi necessari per mangiare, divertirsi e lavorare. Una proposta per quartieri residenziali integrati con servizi, verde, uffici e fabbriche.

Nel secolo scorso, per evitare la prossimità tra le fabbriche (grandi, rumorose, inquinanti) e le residenze, si separavano i quartieri dove si lavorava da quelli dove si viveva e quindi, poi, anche dalle zone dei grandi centri commerciali.

È nata da qui la città dei flussi, degli spostamenti continui, i centri che di giorno si riempiono e di notte si svuotano: da qui derivano molti dei problemi urbani.

Per avere quartieri residenziali integrati con servizi, verde, uffici e fabbriche, è necessaria, oggi più che mai, una rivoluzione urbanistica, e cioè un grande ripensamento circa la localizzazione di alcune funzioni pubbliche e collettive che, tradizionalmente, non hanno mai varcato i confini della città centrale e che potrebbero e dovrebbero e favorire il policentrismo delle città.

Il tutto con un mix di funzioni che permetterebbero di aumentare la qualità della vita, di alleggerire la congestione e quindi l’inquinamento, nonché di ridurre fenomeni di pendolarismo.

Lo scorso mese di ottobre la Presidentessa della Commissione Europea Ursula Von der Leyen, ha annunciato il New European Bauhaus, il piano per lo sviluppo sostenibile dell’Unione Europea, ovvero il nuovo progetto ambientale economico e culturale, parte integrante del Next Generation U.E.; il bilancio a lungo termine dell’Unione, unito all’iniziativa Next Generation U.E., costituirà, con un impegno di 1.800 miliardi di euro, il più ingente pacchetto di misure di stimolo mai finanziato dalla U.E. per agevolare la ripresa e per far fronte agli effetti della pandemia a livello comunitario.

Il progetto ha l’ambizioso obiettivo di rendere l’Europa il primo continente a impatto climatico zero nel 2050. Questo richiederà ben più che una semplice riduzione delle emissioni. Serve un modello economico che restituisca al pianeta ciò che gli viene sottratto, basato su un’economia circolare alimentata da energie rinnovabili.

La qualità più importante del New Bauhaus è il legame che vuole instaurare tra il mondo della scienza e della tecnologia e quello della cultura e dell’arte, troppo spesso fino ad oggi considerate marginali nel progetto città.

La strategia dell’Unione ha l’obiettivo primario di ridurre le emissioni e la povertà energetica, portando vantaggi economici, ambientali e sociali, ma allo stesso tempo vuole anche creare una nuova estetica del Green Deal in grado di combinare la buona architettura e il design di qualità con la sostenibilità.

Nelle parole della Presidente della Commissione Europea, il Bauhaus non rappresenta solo un progetto ambientale o economico. Deve essere un nuovo progetto culturale per l’Europa, un movimento basato sulla sostenibilità, l’inclusività e l’estetica che aiuti ad avvicinare i cittadini al green deal in materia innovativa e antropocentrica, rendendolo più attraente.

Cosa prevede, quindi, il New Bauhaus?

Deve dimostrare che ciò che è necessario può essere anche bello, che lo stile e la sostenibilità vanno di pari passo.

Dobbiamo quindi abbandonare strade a noi familiari e cambiare la nostra prospettiva.

Il nuovo Bauhaus, ha sottolineato Ursula Von Der Leyen, creerà le condizioni necessarie per farlo.

I prossimi due anni vedranno nascere i cinque progetti iniziali del Bauhaus in diversi Paesi della nostra Unione.

Tutti saranno improntati alla sostenibilità, ciascuno con sfumatura diversa.

I loro temi spazieranno dai materiali da costruzione naturali all’efficienza energetica, dalla demografia alla mobilità orientata al futuro, all’innovazione digitale efficiente, ma il tutto sempre in combinazione con la cultura e l’arte.

Questi laboratori creativi e sperimentali, autentici punti di attracco per le industrie europee, costituiranno il punto di partenza di una rete europea e mondiale che punterà a massimizzare l’impatto economico, ecologico e sociale.

L’auspicio è che il nuovo Bauhaus lanci un movimento creativo e interdisciplinare che sviluppi norme estetiche e funzionali, in sintonia con le tecnologie di punta, l’ambiente e il clima.

L’obiettivo è stimolare il dibattito su nuovi metodi di costruzione e nuovi moduli di progettazione.

In sostanza dipende da noi fornire una risposta che sappia rendere più bello e umano il nostro XXI secolo.

L’auspicio è che questi obiettivi comunitari, concreti ed innovativi, supportati, come abbiamo visto, dal più ingente impegno di spesa mai finanziato dall’Unione Europea, veda il governo della nostra Regione, attore protagonista del progetto comunitario, coinvolgendo l’intera filiera del governo del territorio.

È una occasione unica, irripetibile, un treno che passa solo una volta e dal quale non possiamo permetterci di rimanere a terra.

arch. Giuseppe Capocchin

 

* Intervento tenuto nel corso del XXI Convegno dell’Associazione Veneta degli Avvocati Amministrativisti sul tema: “Le nuove norme tecniche del piano territoriale regionale di coordinamento del Veneto 2020”, svoltosi a Castelfranco Veneto il 27 novembre 2020.

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