LA MODIFICA LEGISLATIVA

Come è noto, in materia di responsabilità erariale, è intervenuto il decreto-legge 16 luglio 2020 n.76, convertito con modificazione nella legge 11 settembre 2020 n.120, il cui art. 21, secondo comma, prevede che: “Limitatamente ai fatti commessi dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino al 31 dicembre 2021, la responsabilità  dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti in materia di contabilità  pubblica per l’azione di responsabilità  di cui all’articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, è limitata ai casi in cui la produzione del danno conseguente alla condotta del soggetto agente è da lui dolosamente voluta. La limitazione di responsabilità prevista dal primo periodo non si applica per i danni cagionati da omissione o inerzia del soggetto agente.

In tema poi di accertamento del cd. elemento soggettivo, sempre il d.l. cit. (art. 21, primo comma) ha specificato che: “La prova del dolo richiede la dimostrazione dell’evento dannoso”.

Un intervento legislativo del genere si caratterizza, da un lato, sotto il profilo della riduzione dell’ambito giurisdizionale del giudizio di responsabilità affidato alla Corte dei conti, alla quale verrebbe impedito il sindacato su comportamenti connaturati da colpa grave e, dall’altro, sotto il profilo della espressa transitorietà della “deroga”, però per il solo secondo comma.

L’originaria previsione dell’art. 1 della legge 14 gennaio 1994 n.20 (“La responsabilità  dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti in materia di contabilità pubblica è personale e limitata ai fatti e alle omissioni commessi con dolo o colpa grave…..”) mantenuto in vigore dal nuovo Codice di Giustizia contabile approvato con d.lgs. 26 agosto 2016 n.174, oggetto poi dei correttivi di cui al d.lgs. 7 ottobre 2019 n.114, risulterebbe sospesa fino al 31 dicembre 2021.

 

LA RATIO DELLA NORMA

Se la ratio di queste modifiche è il tentativo di superare la cd. paura di firmare, freno all’azione amministrativa che in questo periodo emergenziale dovrebbe esser ancor più rapida ed incisiva, non è detto che la modifica legislativa di cui si discute possa raggiungere tale scopo.

In primo luogo, la decretazione d’urgenza poggiando solo su relazioni introduttive, difetta dell’ausilio dei lavori preparatori che invece caratterizzano l’attività legislativa ordinaria e questo non è senza conseguenze.

L’incipit della norma in esame recita “Limitatamente ai fatti commessi dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino al 31 dicembre 2021….” ma tale previsione, apparentemente chiara e temporalmente ben posizionata, in realtà non tiene conto della natura dell’azione amministrativa che non necessariamente è ascrivibile ad un solo soggetto né si materializza in un unico momento.

Spesso gli atti amministrativi sono atti a formazione progressiva dove più soggetti devono esprimere la propria volontà per lo specifico profilo di competenza e, questo, deve essere coordinato con il momento temporale causativo del danno erariale azionabile nonché con l’esordio del quinquennio prescrizionale.

In altri termini si potrebbe verificare il caso in cui due distinti soggetti potrebbero essere chiamati in giudizio il primo per una “firma” rilasciata nel 2021, sindacabile solo dopo l’accertamento del dolo nel comportamento dell’autore, il secondo per una ulteriore “firma” di competenza, apposta nel 2022 a conclusione del procedimento, circostanza, questa, sindacabile anche per mera colpa grave.

Sempre in via di ipotesi, l’effetto concreto di una iniziativa dolosa, posta in essere nel 2021 e volta a sottrarre valori a favore dell’autore, potrebbe invece concretizzarsi attraverso mandati di pagamento emessi nel 2022.

In tal caso la Procura attrice, con riguardo al concreto depauperamento patrimoniale, potrebbe collocare temporalmente il fatto, sposando la tesi del concreto depauperamento, come “commesso” nel 2022 e quindi sindacabile in termini ordinari di dolo o colpa grave.

In altri termini il fatto contabile-amministrativo è oggettivamente è più complesso del fatto civilistico e di questo il Legislatore d’urgenza non ha tenuto conto.

 

PRIMI RISCONTRI GIURISPRUDENZIALI

La natura sostanziale o procedurale della modifica è già stata portata all’attenzione della giurisprudenza contabile di Appello per la quale (Sez. I^ n.234 del 2 settembre 2020) trattasi di intervento di natura sostanziale e non processuale e, quindi, l’art. 21 in esame è inapplicabile a fatti pregressi anteriori l’entrata in vigore del decreto-legge stesso (17 luglio 2020), principio ovviamente già applicato anche in sede regionale (Sez. Giurisd. Lombardia n.152 del 6 ottobre 2020).

Per quanto concerne invece le valutazioni di merito, la natura stessa del giudizio di giudizio di responsabilità contabile presuppone dapprima il concreto verificarsi dei presupposti definibili (mutuando lo schema penalistico) in condotta, nesso causale ed evento e successivamente l’accertamento di quanto sopra, a cura della Procura erariale soggetto attrice, nei limiti della prescrizione dell’azione e, questo, determina un intervento del Giudice contabile temporalmente distante dai fatti di causa.

Considerata la natura transitoria della norma e, verosimilmente, la durata della stessa in una logica contiguità del permanere dello stato di emergenza nazionale, occorrerà del tempo prima che venga portata all’attenzione di una Sezione regionale una questione datata “2021”.

 

L’ILLECITO CONTABILE post art. 21

Senza affrontare in questa sede le problematiche relative alla individuazione del novero dei soggetti sottoposti all’azione risarcitoria della Corte dei conti che sul punto non viene intaccata, rilevante è invece la qualificazione del comportamento sindacabile.

L’ultimo inciso del secondo comma dell’art. 21 recita: “La limitazione di responsabilità  prevista dal primo periodo non si applica per i danni cagionati da omissione o inerzia del soggetto agente.

Quanto sopra richiama il concetto penalistico di fatto-reato commisso mediante omissione o ritardo colpevole.

Come interpretare questa “limitazione”? Si tratta di un invito a procedere comunque (partendo dal presupposto che non vi sia alcun intendo doloso alla base della scelta amministrativa del soggetto agente) proprio per non incorrere in una responsabilità omissiva a titolo di mera colpa grave?

Con tutte le difficoltà di ogni prognosi futura, il problema si sposta sulla prova del dolo richiesta dalla modifica dell’art. 27, comma primo, per il quale: “La prova del dolo richiede la dimostrazione dell’evento dannoso”.

Modifica che non è temporanea, rispetto al secondo comma, ma è a regime in quanto interviene sulla previsione generale di cui all’art.1, comma primo, della legge 14 gennaio 1994 n.20 (Disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti) che oggi deve leggersi: “La responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della  Corte  dei  conti  in  materia di contabilità  pubblica  è personale e limitata ai fatti e alle omissioni commessi  con dolo o colpa grave, ferma restando l’insindacabilità  nel merito delle scelte discrezionali. La prova del dolo richiede la dimostrazione della volontà dell’evento dannoso………”.

 

L’ACCERTMENTO DEL DOLO NEL PROCESSO CONTABILE

Si tratta di un passaggio molto dibattuto in quanto il riscontro di un dolo comportamentale incide non solo sul dies a quo prescrizionale ma proprio sulla sussistenza del dolo azionabile.

Sul primo aspetto (prescrizione) in materia di responsabilità amministrativo-contabile, ai sensi dell’art. 1, comma secondo, della l. cit. “il diritto al risarcimento del danno si prescrive in cinque anni decorrenti dalla data in cui si è verificato il fatto dannoso, ovvero, in caso di occultamento doloso, dalla data della sua scoperta”.

Per giurisprudenza consolidata della Corte dei conti (cfr. da ultimo Sez. Giurisd. Lombardia 4 agosto 2020 n.118), ai fini della decorrenza del termine prescrizionale, in ossequio all’art. 1, comma secondo cit. ed e in correlazione all’art. 2935 c.c., non è sufficiente il compimento della condotta illecita, ma occorre altresì un evento dannoso avente i caratteri della concretezza, dell’attualità e della conoscibilità obiettiva da parte dell’Amministrazione danneggiata, che può intervenire anche successivamente ad eventuali esborsi finanziari, proprio a causa degli occultamenti dolosi del danno erariale.

Sul secondo aspetto (dolo azionabile) la modifica legislativa sembrerebbe allinearsi ad un orientamento della giurisprudenza contabile che si è più volte espressa nel senso di ritenere necessario per la sussistenza del dolo che l’agente si prefiguri l’evento pregiudizievole.

Tale evento pregiudizievole si compone, come detto, di condotta ed evento, più esattamente di un illecito a condotta libera ma pur sempre un illecito di evento connaturato dall’elemento soggettivo, sia esso considerato in chiave normativa (colpa) o psicologica (dolo).

L’opposto orientamento per certi versi esasperava la nozione di dolo contrattuale e riteneva invece sufficiente, ai fini della contestazione del dolo, la consapevole violazione degli obblighi di servizio, giudicando invece irrilevante la volontaria produzione dell’evento.

Ovviamente tutto questo, ad oggi, non ha ancora riscontro giurisprudenziale.

 

LA MODIFICA COME TEMPOREANEA ESENZIONE DI RESPONSABILITA’

La non sottoposizione al giudizio della Corte dei conti, non vuol dire necessariamente esenzione di responsabilità.

Il dipendente pubblico (od altro soggetto che abbia avuto maneggio di denaro pubblico) può essere, altresì, destinatario delle ordinarie azioni civilistiche di danno.

La diversità di funzione e di presupposti delle due azioni esclude ogni censura in punto di ne bis in idem (Cass. SS.UU. nn.21742 del 27 agosto 2019 e 16722 del 5 agosto 2020) come riportato dal Giudice di legittimità, investito del regolamento preventivo di giurisdizione.

La Cassazione ha ribadito che l’azione contabile ha una funzione prevalentemente sanzionatoria e si caratterizza per una combinazione di elementi restitutori e di deterrenza non implicando necessariamente “il ristoro completo del pregiudizio subito dal patrimonio danneggiato dalla mala gestio dell’amministratore o dall’omesso controllo del vigilante”.

Diversamente l’azione civile “è finalizzata al pieno ristoro del danno, con funzione riparatoria ed integralmente compensativa, a protezione dell’interesse particolare della singola amministrazione attrice”.

L’eventuale duplicazione di giudicati, parziale o totale, nella parte in cui lo stesso titolo di danno sia stato accertato sia in sede contabile che ordinaria, si risolve nella fase della esecuzione che terrà conto delle statuizioni, ai fini di un unicum risarcimento per gli stessi fatti materiali.

Quanto sopra sembra contrastare con la voluntas del Legislatore che, si presuppone nel tentativo di superare la titubanza dell’amministratore pubblico nell’adottare celermente i provvedimenti necessari, finisce per sottrarre al giudizio erariale vicende che invece avrebbero trovato una composizione più attenta e mirata tramite istituti sconosciuti al giudice ordinario.

Si tratta:

  • della insindacabilità dei comportamenti connaturati da colpa lieve;
  • dell’uso del potere riduttivo per i fatti non dolosi;
  • della insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali;
  • della applicazione della compensatio lucri cum damno, in termini più ampi di quelli concessi al giudice ordinario;
  • della riduzione del danno per l’apporto causale di soggetti non evocati in giudizio;
  • della applicazione dei benefici del rito monitorio e del rito abbreviato;
  • della operatività del termine quinquennale di prescrizione;
  • della non trasmissione agli eredi se non in caso di riscontrato arricchimento.

Senza entrare nella disamina di tali istituti, estranei a questa tavola rotonda, non si può non comprendere il valore ed il perché degli stessi.

La specialità di una giurisdizione è tale sia nei confronti dei soggetti che sono destinatari che nei soggetti chiamati a governare il processo speciale.

Come è noto, il reclutamento nelle Magistrature di secondo grado (nella specie la Corte di conti) avviene richiedendo, come condizione preliminare di ammissione all’esame e non come mero titolo di preferenza, una professionalità maturata successivamente ai corsi di studi.

Si tratta (in generale) di riservare la funzione di giudice contabile a soggetti che provengono dallo stesso ambito lavorativo dei soggetti potenzialmente convenibili in giudizio, avendo quindi nel bene e nel male una buona conoscenza della realtà dell’apparato amministrativo pubblico.

In definitiva il compito del Giudice contabile non è tanto e solo quello di quantificare in astratto l’esatto ammontare del danno reclamato dall’Erario (per il tramite della Procura) ma soprattutto di individuare l’ammontare del “giusto” danno da risarcire, tenendo conto di tutte le condizioni oggettive e soggettive della fattispecie e la normativa, di cui si discute in questa sede, con la sottrazione alla giurisdizione della Corte dei conti, potrebbe non andare verso questa direzione.

Carlo Greco

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