Il recente articolo di Stefano Baccarini, “Status e carriere dei giudici amministrativi” – pubblicato su Giustamm, luglio 2017, oltreché sul rinnovato sito dell’Associazione veneta degli avvocati amministrativisti  – offre lo spunto per una riflessione.

C’è da domandarsi se le questioni connesse al meccanismo di nomina del Presidente del Consiglio di Stato siano chiare e rese comprensibili all’opinione pubblica.

Sono questioni,  infatti, che incidono su temi fondamentali del nostro ordinamento, e che non possono essere confinate al dibattito specialistico.

Le cose come sembrano

Probabilmente è controintuitivo,  il mondo della giustizia amministrativa.

La nomina a Presidente del Consiglio di Stato del Consigliere più anziano – come da tradizione – deve sembrare anacronistica, una specie di gerontocrazia. Suona meglio auspicare che sia premiato il merito. E magari a qualcuno possono venire in mente le suggestioni di altre vicende più note, ma non pertinenti, come quando a Giovanni Falcone fu preferito Antonino Meli perché aveva una maggiore anzianità di servizio[1].

Insomma, può sembrare moderna e anzi doverosa una svolta rispetto al criterio dell’anzianità.

E poi, nella percezione diffusa, vedere che – a differenza di Stefano Baccarini – alcuni Consiglieri di Stato che aspirano alla presidenza si siano rivolti alla stessa magistratura amministrativa cui appartengono per contestare le scelte compiute non fa neanche una buona impressione[2]: viene da pensare a una “casta”.

Ma un giudice è un giudice

Alcune cose però – che all’interno del nostro settore paiono evidenti – devono essere spiegate all’opinione pubblica, ad evitare che sia indotta in errore.

Serve, insomma, che siano messe a fuoco le nozioni più “basic”.

Il Consiglio di Stato è (anche) un giudice. Anzi, è il massimo giudice amministrativo. Un giudice, cioè, che si pronuncia sugli atti delle amministrazioni, che li può annullare se illegittimi per dare tutela a chi da essi è leso.

Un giudice, per sua natura, è imparziale; o non è un giudice.

Il giudice dell’amministrazione deve essere imparziale anche rispetto all’amministrazione, che davanti a lui – anche se portatrice di un interesse pubblico – è una parte, in posizione di parità con le altre parti (se no, non è un giusto processo).

Il Consiglio di Stato è uno strano giudice

Il Consiglio di Stato è, però, un giudice con molte peculiarità.

Non fa solo il giudice. Esercita funzioni consultive. Concorre a formare gli atti normativi, che poi si troverà ad applicare o anche a dover annullare.

Già questo è un passaggio delicato, che impone di considerare se e come vi debba essere una separazione tra chi esercita la funzione consultiva e chi quella giurisdizionale.

I Consiglieri di Stato, poi, tradizionalmente hanno spesso incarichi extragiudiziali (senza detrimento della loro carriera come Consiglieri). Incarichi a fianco del potere esecutivo, che si collegano a un rapporto di fiducia del potere esecutivo nei loro confronti.

Un quarto dei Consiglieri di Stato è infine di nomina governativa.

E, sotto altro profilo, il potere politico sovente esterna il proprio fastidio per le sentenze del giudice amministrativo (basti pensare, ad esempio, alle ultime sentenze sui direttori di museo).

Anzi, spesso manifesta una volontà di intervenire sul giudice amministrativo (per ridurne le competenze, se non addirittura per abolirlo) in reazione a specifiche pronunce. Ciò che tende a somigliare a una intimidazione.

Insomma, il rapporto è stretto, e fatto di vari aspetti.

Chi nomina il Presidente

In questo quadro, la designazione del Presidente del Consiglio di Stato veniva tradizionalmente effettuata all’interno della stessa giustizia amministrativa, da ultimo mediante il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa (organo di autogoverno della magistratura).

La norma ora vigente (l’art. 22 L. 186/1982) attribuisce infatti la nomina al Presidente della Repubblica su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, sentito il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa.

Ma appunto, sino ad oggi la scelta effettiva era del Consiglio di presidenza, che esprimeva un nome (di regola, il Consigliere con maggiore anzianità), poi ratificato.

Ma, contrariamente alla tradizione, la nomina dell’ultimo Presidente del Consiglio di Stato non è stata decisa dal Consiglio di presidenza.

Al Consiglio di presidenza è stata chiesta una lista di cinque nomi e, nell’ambito di essa, il Presidente del Consiglio dei Ministri ha indicato il Presidente del Consiglio di Stato.

I modi e le conseguenze

Non c’entrano ovviamente le persone, il cui valore non si discute (del resto, nel 1928, l’ultima volta che un Presidente del Consiglio dei Ministri – quello dell’epoca – scelse direttamente un Presidente del Consiglio di Stato, l’incarico fu dato niente meno che a Santi Romano…).

Però c’entrano i modi: è una svolta importante se il potere politico rivendica l’esercizio effettivo della scelta di chi è al vertice della giustizia amministrativa.

C’entrano le conseguenze: se è il potere politico a decidere chi è il Presidente del Consiglio di Stato, chiunque ambirà in futuro a quella carica potrà essere indotto a tener conto di chi la attribuisce e di quali sono i suoi interessi e desideri.

Il dogma non è l’anzianità

Insomma, l’anzianità non è necessariamente un male.

Specie se a essa si contrapponga una meritocrazia in cui il merito non può essere valutato in base a criteri quantificabili, e soprattutto non è valutato da un soggetto indipendente, ma dall’esecutivo (che – nel sistema della giustizia amministrativa – è una delle parti in causa).

L’opinione pubblica deve avere gli elementi per comprendere: un metodo che – in generale – potrebbe sembrare moderno, in concreto non è quello che sembra.

E forse l’intero sistema della giustizia amministrativa va ripensato, e allontanato dal potere politico, proprio per garantire il “dogma”: che non è quello dell’anzianità di servizio, ma quello dell’indipendenza del giudice amministrativo.

Stefano Bigolaro

 

[1] Cfr. Giovanni Maria Jacobazzi, “Consiglio di Stato, la nomina che ha rotto il tabù dell’anzianità“, su Il Dubbio del 27.6.2017.

[2] Cfr. ad es. Giorgio Meletti, “Consiglio di Stato, caso istituzionale da grande declino“, su Il Fatto quotidiano del 25.6.2017

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