La figura di Luigi Manzi è ben presente nel mio percorso professionale per due distinte ragioni, la prima più personale, legata alla sua lunga amicizia con mio padre, la seconda più strettamente professionale, legata alla mia collaborazione con lo Studio dell’avv. Ivone Cacciavillani.

La cosa che accomuna le due esperienze è la grande amicizia che Luigi Manzi ha sempre  dimostrato in ogni sua attività nei confronti miei e dei due maestri che ho sopra citati.

Questo è un dato che credo vada evidenziato, pur in uno scritto che è dedicato ad onorarne la figura professionale.

Mi sembra infatti superfluo e fuori luogo soffermarmi sulle qualità professionali dell’avvocato Luigi Manzi, manifestate in tutti gli anni di svolgimento della professione: superfluo, perché le sue qualità sono ben note e non sarebbe certo il mio contributo utile a vieppiù illustrarle; fuori luogo, perchè non son certo io -ex-giovane procuratore “di bottega” (come direbbe Ivone Cacciavillani)- a poter dare testimonianza di una magnifica carriera quasi sessantennale.

Preferisco invece soffermarmi su un aspetto personale che mi ha colpito, sin dall’inizio del rapporto con l’avv. Luigi Manzi, e che continua a costituire tutt’ora un fondamentale insegnamento per lo svolgimento della professione di avvocato.

Si tratta come detto di un aspetto particolare, se si vuole marginale, ma che mi ha colpito come (allora) giovane avvocato e che continua ad essere ben presente nella mia mente nel quotidiano svolgersi dell’attività.

Mi riferisco alla telefonata che regolarmente si riceve dall’avv. Luigi Manzi, nell’imminenza di un’udienza a Roma, avanti al TAR del Lazio o al Consiglio di Stato, nella quale egli fosse chiamato a comparire in vece dell’avvocato “dominus” della causa.

Ebbene, specificatamente nel periodo nel quale ho svolto la mia attività collaborando con l’avv. Ivone Cacciavillani e con la prof. Chiara, che risale ormai a quasi trent’anni fa, e durante il quale –come è facile comprendere- ero sostanzialmente l’ultimo arrivato in una compagine di formidabili professionisti, sempre l’avv. Luigi Manzi voleva parlare della causa con colui che aveva redatto materialmente gli atti.

Arrivava quindi la telefonata “della sera prima”, nella quale venivano poste le questioni più disparate, relative al tema della causa in discussione, venivano affrontate le tesi difensive sollevate dalle altre parti nelle memorie, veniva in sostanza sviscerata -da parte di chi avrebbe dovuto recarsi materialmente in udienza in sostituzione del “dominus”- ogni possibile problematica che avrebbe potuto insorgere l’indomani nel corso dell’udienza.

Ecco, devo dire che quelle telefonate, e quindi quel modo di intendere la professione di avvocato in ogni suo più specifico particolare, è sempre rimasta impressa in me come esempio di comportamento esemplare da tenere sempre presente nello svolgimento della propria attività.

E proprio perché quel particolare –la telefonata serale- ancora oggi emerge immediato nella mia mente quando ho il piacere di parlare ed incontrare l’avv. Luigi Manzi, ho voluto soffermarmi su questo aspetto in un modestissimo contributo volto ad onorarne alla carriera professionale.

Francesco   Mazzarolli

 

*Il presente intervento riprende l’analogo contributo pubblicato in “La professione del giurista – Scritti in onore di Luigi Manzi” – Editoriale scientifica, Napoli, 2018

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