In base alle previsioni di cui all’art. 61 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (legge finanziaria 2003), fu istituito, a decorrere dal 2003, un  Fondo  per le aree sottoutilizzate (FAS), coincidenti con l’ambito territoriale delle aree depresse, e con finalità di riequilibrio economico e sociale, da ripartirsi con apposite delibere del CIPE. Le stesse devono essere adottate sulla base del criterio generale di destinazione territoriale delle risorse disponibili e destinate in primis ad investimenti pubblici e ad “incentivi, secondo criteri e metodi volti a massimizzare l’efficacia complessiva dell’intervento e la sua rapidità e semplicità”.

Con il Decreto legislativo 31 maggio 2011, n. 88, art. 4, contenente “Disposizioni in materia di risorse aggiuntive ed interventi speciali per la rimozione di squilibri economici e sociali, il Fondo, pluriennale, ha  assunto la denominazione di “Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) ed è stato destinato in primo luogo a garantire la complementarietà delle relative risorse con quelle di cui ai fondi strutturali dell’Unione europea  e finalizzato a dare unità programmatica e finanziaria all’insieme degli interventi  aggiuntivi a finanziamento nazionale rivolti al riequilibrio economico e sociale tra le diverse aree del Paese.

La gestione del FSC è stata dall’art. 7, commi 26 e 27 , del  D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito nella legge 30 luglio 2010, n. 122, attribuita al presidente del Consiglio dei Ministri, e quindi -con D.P.C.M. 25 febbraio 2016, istitutivo della “Cabina di regia” (sic!), quale “sede di confronto tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano nonché per le città metropolitane” per la programmazione del Fondo sviluppo e coesione  e la definizione dei piani operativi per ciascuna area tematica nazionale -, delegata al Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri.

E con la Legge di stabilità 2014, la L. 27 dicembre 2013, n.147, art. 1, comma 6 (di 748 commi: insano more solito!) è stata determinata la dotazione del Fondo (54.810 milioni euro) per il periodo di programmazione 2014-2020 e stabilito che “il complesso delle risorse è destinato a sostenere esclusivamente interventi per lo sviluppo anche di natura ambientale, secondo la chiave di riparto 80 per cento nelle aree del Mezzogiorno e 20 per cento nelle aree del Centro-Nord”.

Quindi, con la legge di stabilità 2015, la L. 23 dicembre 2014, n. 190, art. 1, comma 703 (su 735), sono state fissate le modalità pratiche per l’utilizzo delle risorse assegnate per il periodo di programmazione 2014-2020  e stabilito (lett.d) che “nelle more dell’individuazione delle aree tematiche  e dell’adozione dei piani operativi, l’Autorità politica per la coesione può sottoporre all’approvazione del CIPE un piano stralcio per la realizzazione di interventi di immediato avvio dei lavori, con l’assegnazione delle risorse necessarie”. Tali assegnazioni (lett. i) “consentono a ciascuna amministrazione l’avvio delle attività necessarie all’attuazione degli interventi e delle azioni finanziati”.

Così –ed evidentemente in considerazione del rilievo che cultura e turismo hanno in una realtà come quella italiana, ed anche se, proprio per questo,  la somma stanziata appare assai contenuta rispetto al totale del Fondo-, su proposta del Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, in qualità di Autorità politica per la coesione, il CIPE, con delibera 1° maggio 2016, pubblicata nella G.U. 13 agosto 2016, n. 189, ha approvato il Piano stralcio “Cultura e turismo”, presentato dal MIBACT, competente alla sua realizzazione, per un valore di 1.000 milioni di euro da finanziare a carico delle risorse del Fondo sviluppo e coesione.

Il Piano stralcio su “Cultura e turismo” –sulla cui attuazione dovrà riferire annualmente al CIPE il “Ministero dei beni culturali, ambientali e del territorio” (per vero inesistente: ma forse il nomen del Ministero è una crasi dei nomina di due Ministeri…!)-, non certo a caso abbinati, è stato voluto, come si legge nella Delibera, “al fine di valorizzare l’interdipendenza tra turismo e cultura”, “considerato che l’obiettivo strategico  del Piano è il potenziamento dell’offerta culturale e dei sistemi di fruizione turistica”: e ciò in quanto “un’offerta integrata di cultura e turismo genera indubbiamente  maggior valore aggiunto di un’offerta turistica tout court”.

E quanto questo sia assolutamente vero, è dimostrato dal fatto che già un secolo fa, nella sua memorabile introduttiva relazione parlamentare (“Per la tutela delle bellezze naturali e degli immobili di particolare interesse storico”) a quella che sarebbe divenuta la legge n. 778 del 1922, presentata al Senato del Regno il 25 settembre 1920, Benedetto Croce evidenziava che “difendere e mettere in valore, nella più larga misura possibile, le maggiori bellezze d’Italia, quelle naturali e quelle artistiche”, si deve fare per “alte ragioni morali e non meno importanti ragioni di pubblica economia”.

Orbene, gli interventi proposti dal Piano stralcio afferiscono a tre “rilevanti macroaggregati”.

1) Il primo concerne il  sistema museale italiano, per un valore totale di 645 milioni di euro (sui complessivi 1.000 del Piano stralcio).

Si tratta in gran parte (ma non solo) di interventi di grande spessore volti al recupero di strutture dismesse e degradate ed al rafforzamento dei grandi Musei autonomi: e la delibera già individua tutti gli interventi da realizzare con assegnazioni variabili dai 2 milioni per il Portico del Santuario di San Luca a Bologna ai 70 per l’ex carcere borbonico di Santo Stefano a Genova.

2) Il secondo macroaggregato riguarda i sistemi territoriali turistico-culturali (cammini, percorsi, aree vaste), di varia natura, pure tutti individuati e per i quali sono stati disposti stanziamenti (ad esempio, 20 milioni per la via Francigena e 70 per il Ducato Estense) per complessivi 185 milioni di euro.

3) Indefinito è, allo stato, invece, il terzo macroaggregato, che riguarda “interventi di completamento particolarmente significativi e nuovi interventi di particolare strategità  -questi ultimi da individuare con successivo decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (DPCM)- cui va destinata una riserva complessiva di 170 milioni di euro”.

E nell’ambito di tale riserva, 150 milioni di euro sono assegnati a favore di interventi, non superiori a 10 milioni di euro, afferenti al progetto di recupero di luoghi culturali dimenticati, denominato <<Bellezz@-Recuperiamo i luoghi culturali dimenticati>>.

A parte l’ “originalità” dell’indicazione, alla fine del sostantivo “bellezza”, della chiocciola utilizzata su internet soprattutto  per gli indirizzi di posta elettronica, in luogo della vocale “a”, appare di indubbio interesse l’idea di valorizzare i luoghi culturali dimenticati, davvero numerosissimi e presenti un po’ ovunque in Italia. E’ per questo, si suppone, che la delibera del CIPE non li ha individuati direttamente, il che avrebbe comportato una scelta davvero difficile, ma ha previsto lo siano sulla base delle segnalazioni pervenute dal territorio. E gli interventi  selezionati “dovranno privilegiare, per quanto possibile, la diffusività territoriale. Pertanto, l’accesso al finanziamento potrà essere circoscritto ad un solo intervento per Comune richiedente”.

Per le segnalazioni comportanti finanziamenti in misura superiore ai 150 milioni stanziati, si era previsto che gli interventi fossero individuati da una apposita Commissione da nominarsi con D.P.C.M., e “composta  da due  rappresentanti della Presidenza del Consiglio dei Ministri, da un rappresentante  del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, da un rappresentante del Ministero dell’economia e delle finanze e da un rappresentante del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti”: a conferma dell’interconnessione tra cultura e turismo e degli effetti consequenziali della stessa sull’economia.

E dato che sono pervenute dal territorio circa 140.000 segnalazioni (per l’esattezza 139.689 e-mail) e che pertanto l’assegnazione dei 150 milioni di euro stanziati sarebbe risultata insufficiente per il loro totale accoglimento, con D.P.C.M. del 19 giugno 2017 è stata istituita la prevista Commissione per la selezione degli interventi e sono stati fissati dei criteri, per vero assai generici,  di selezione delle segnalazioni pervenute e, quindi, di valutazione degli interventi selezionati.

La Commissione  è pervenuta ad un elenco di 310 interventi conformi alla delibera CIPE del 1 maggio 2016 e al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 19 giugno 2017 e ad un elenco di 271 interventi selezionati  fino a concorrenza delle risorse disponibili (che vanno dai 2.000 euro per il cancelletto ligneo di balaustra scolpito policromo in Chiesa di S. Caterina d’Alessandria a Paternò ai 2 milioni di euro per il Tempietto dei Segusini e ex Chiesa di S. Pietro –opere della memoria- di Mel).

Come si legge ora nel D.P.C.M. 27 settembre 2018 (“Progetto <<Bellezz@-Recuperiamo i luoghi culturali dimenticati>>”), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 265 del 14 novembre 2018, le modalità di erogazione del finanziamento e di verifica dell’esecuzione  degli interventi afferenti al progetto saranno regolate con apposita convenzione, da adottarsi ai sensi dell’art. 15 della legge n. 241 del 1990, “ tra  gli enti attuatori e il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo” (oggi però non più esistente con tali compiute competenze!), assegnatario delle risorse in base alla delibera CIPE del 1 maggio 2016.

Ma poiché “risulta che non tutti i Comuni sono stati messi nelle condizioni di fornire tutta la documentazione richiesta (sic!), e ritenendosi “necessario provvedere al completamento dell’istruttoria con l’acquisizione di tutti gli elementi utili ai fini dell’accesso al finanziamento”, con il D.P.C.M. del 27 settembre 2018, anziché all’uopo incaricare l’esistente Commissione, si è ritenuto “necessario”istituirne un’altra diversa (i cui membri saranno individuati con successivo D.P.C.M.)  -burocrazia imperat!- “al fine di completare…l’individuazione degli enti attuatori che accedono alla fase successiva di stipula delle convenzioni. A tale scopo gli enti attuatori degli interventi dal numero 1 al numero 271 (su 310 selezionati) di cui all’elenco allegato al D.P.C.M. , dovranno, entro 6 mesi dal 14 novembre 2018 (e intanto il tempo passa…), presentare una dichiarazione recante le indicazioni e gli allegati specificati nell’art. 2 del Decreto (e che evidentemente da molti enti già erano stati presentati, visto che il presupposto del Decreto stesso è proprio che “non tutti i Comuni” sono stati messi nelle condizioni di fornire tutta la documentazione richiesta).

E qualora, all’esito della verifica di tale documentazione, emerga che in talune richieste la stessa è incompleta, incoerente o non conforme, ciò determinerà l’esclusione dell’ente che l’ha  presentata e le somme non erogate saranno destinate agli ulteriori interventi ( dopo il 271°) di cui all’elenco allegato al Decreto.

Ma ciò che va notato è che la nuova (inutilmente, dato che già ve ne era una), nominanda Commissione valutatrice sarà composta, come la precedente, da due rappresentanti della Presidenza  del Consiglio dei Ministri e da uno ciascuno per i Ministeri dei Beni e delle attività culturali, dell’ Economia e Finanze e delle Infrastrutture e dei Trasporti.

Nessun riferimento vi è però più al Turismo, nonostante, come già ricordato, il progetto fosse finalizzato alla valorizzazione dell’interdipendenza tra turismo e cultura, e a tal fine, la competenza per la realizzazione del piano fosse stata affidata –non a caso- al Ministero dei Beni e delle attività culturali e del Turismo.

E’ vero che con decreto legge 12 luglio 2018, n.86, convertito nella legge 9 agosto 2018, n. 97, le funzioni esercitate dal MIBACT in materia di turismo sono state trasferite al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, “ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza” di procedere in tal senso “al fine di favorire una politica integrata di valorizzazione del Made in Italy e di promozione coerente e sostenibile del Sistema Italia” (sic!).

Ma una volta fatta questa scelta (discutibile, anche se si afferma essere di così straordinaria necessità ed urgenza da procedere con decreto legge!), quantomeno nella Commissione per l’attuazione del progetto <<Bellezz@-Recuperiamo i luoghi culturali dimenticati>> avrebbe ora potuto esser chiamato anche un rappresentante del Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali e del Turismo!

Ma forse la coerenza sarebbe parsa eccessiva…

Marino Breganze de Capnist

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