1. La vicenda scrutinata dal TAR Veneto.

Nella sentenza in commento il TAR Veneto ha dichiarato illegittimo il decreto del Ministero dello Sviluppo Economico (MISE) che disponeva l’annullamento d’ufficio ex art. 21-nonies l. 241/1990 ss.mm.ii. di un precedente finanziamento pubblico, sulla base del fatto che ab origine tale contributo violava la disciplina specifica posta dal diritto dell’UE.

Il TAR Veneto ha accolto entrambi i motivi di ricorso: da un lato, l’autotutela era tardiva poiché intervenuta oltre il termine di 18 mesi dall’entrata in vigore della cd. Legge Madia e, comunque, a distanza di sette anni dal provvedimento che si voleva annullare; dall’altro, sussisteva il legittimo affidamento del privato che, dopo aver ricevuto la somma di più di ottocentomila euro, si adeguava a tutte le prescrizioni poste dal Ministero (nello specifico, aveva rottamato i suoi quattro navigli da pesca per costruire due nuove e più moderne imbarcazioni).

Il presente elaborato, in approfondimento della seconda censura accolta dal TAR, vuole approfondire l’istituto del legittimo affidamento del privato nei con-fronti della P.A. e la sua incidenza nella legittimità dell’agere amministrativo.

 

2. Dalle origini dell’affidamento nel diritto privato al legittimo affida-mento pubblicistico.

Nell’ordinamento italiano, il principio dell’affidamento ha trovato le sue prime elaborazioni nelle discipline privatistiche e, tra queste in particolare, nel diritto commerciale, ove più era sentita l’esigenza di proteggere gli operatori economici che avessero confidato in una società apparente[1].

L’affidamento, perciò, nasce come rimedio posto a tutela dell’apparenza: secondo una risalente e autorevole opinione, tutte le volte che un soggetto crea per fatto proprio un’apparenza giuridica a sé sfavorevole non può opporre il vero stato di fatto e diritto, difforme dall’apparenza, al terzo che abbia confidato (ma secondo alcuni, che abbia confidato senza propria colpa) nell’apparenza ingannevole[2].

Si ha apparenza in presenza di uno scostamento tra verità dei fatti e rappresentazione che di tale verità si sia formata nella mente di un soggetto (in di-sparte ogni speculazione filosofica sull’esistenza di una verità oggettiva).

È chiaro che non si può apprestare tutela per ogni “svista” in cui cadano i privati: ciò che attribuisce dignità e protezione giuridica all’apparenza è la buona fede.

La tutela dell’affidamento potrà essere chiesta in presenza di un comporta-mento altrui non ispirato alla correttezza dei rapporti (buona fede oggettiva) e che ingeneri nel soggetto con cui intrattiene un rapporto giuridico l’erroneo convincimento (buona fede soggettiva) che la realtà sia come appare[3].

La tutela dell’affidamento consisterà nella produzione degli effetti giuridici che sarebbero derivati dalla fattispecie concreta, se essa si fosse presentata come rappresentata dal soggetto in capo al quale è maturato l’affidamento e non come essa realmente è avvenuta.

Ad esempio, il terzo in buona fede che abbia acquistato a titolo oneroso da un incapace naturale può fare salvo il proprio acquisto (art. 1445 c.c.); ancor più eclatante, è possibile acquistare la proprietà di un bene mobile da parte di chi non ne sia proprietario, purché sussista in capo all’acquirente il possesso del bene, un titolo astrattamente idoneo e la buona fede (art. 1153 c.c.)[4].

Si discute se la tutela dell’affidamento abbia come ratio la protezione della sfera giuridica individuale del soggetto che creda di poter contare su un nego-zio valido ed efficace; oppure la protezione della dinamicità degli scambi e della regolarità delle contrattazioni commerciali[5].

Si può dire che le esigenze dell’ordinamento corporativo cui faceva riferimento il Codice civile del 1942 mirino allo stesso risultato che perseguono le istanze di protezione della personalità, uguaglianza sostanziale e solidarietà sociale di cui alla Costituzione repubblicana.

Così concepito, l’affidamento potrebbe risultare peregrino rispetto all’agire iure imperii dell’Amministrazione nei confronti dei privati.

Se questo era in effetti l’atteggiamento della dottrina di primo Novecento, ancorata alla concezione dell’Amministrazione come potere autoritario sovraordinato rispetto ai privati[6], la Carta costituzionale ha permesso una nuova ricostruzione del rapporto giuridico amministrativo tra P.A. e privati alla luce del legittimo affidamento del privato[7], consacrata poi nell’opera del Merusi[8].

Il principio del legittimo affidamento è stato poi riconosciuto come principio generale dell’ordinamento comunitario dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’UE[9], in quanto tale applicabile nell’ordinamento italiano, anche al di sopra della legge ordinaria, in forza degli artt. 11 e 117 Cost., valevole in tutti i rapporti tra UE e Stati Membri, tra poteri di uno Stato Membro, tra poteri e cittadini.

Con particolare riguardo al legittimo affidamento del privato nei rapporti con l’Amministrazione, la Corte di Giustizia ha affermato che esso sorge laddove: la P.A. abbia emanato un atto favorevole, o non abbia emanato un atto sfavorevole; sia decorso un certo tempo nel quale il privato si sia comportato con lealtà e prudenza; la P.A. tenga una condotta che incide sull’affidamento ma-turato medio tempore nel privato[10].

Ad oggi, è pacifico che il legittimo affidamento sia un istituto spendibile anche nel diritto amministrativo, fatte salve le inevitabili differenze rispetto al consimile istituto di diritto civile[11].

Infatti, l’affidamento civilistico nasce dalla delusione della fiducia riposta dal soggetto nel comportamento altrui generativo di un danno.

Invece, la violazione del legittimo affidamento nei confronti della P.A. emerge dalla contraddittorietà di due (o più) atti o comportamenti del potere amministrativo, il primo dei quali aveva ingenerato nel privato un interesse alla stabilità in certi termini e non in altri del rapporto giuridico amministrativo. Secondo alcuni Autori, la buona fede del privato sarebbe requisito essenziale per il sorgere del legittimo affidamento[12]; secondo altri, poiché il privato stesso rimane estraneo al procedimento decisionale della P.A., la buona fede rileva solo se egli inizialmente avesse presentato dichiarazioni false o mendaci, soccorrendo poi una diversa valutazione di attualità dell’interesse[13].

A onor del vero, la prima impostazione sembra quella suffragata dall’Adunanza Plenaria, che ha ritenuto assimilabili le nozioni di affidamento legittimo e affidamento incolpevole[14].

 

3. Il legittimo affidamento del privato nei procedimenti di autotutela de-molitoria di un provvedimento a lui favorevole.

Tornando alla sentenza in commento, ci si deve chiedere in che modo il legittimo affidamento del privato destinatario del finanziamento pubblico possa rilevare ai fini dell’illegittimità del provvedimento di annullamento d’ufficio emanato dal Ministero.

Il TAR Veneto ha sottolineato che, anche se il finanziamento pubblico si rivelava illegittimo ab origine per contrarietà al diritto dell’UE, esso non è annullabile in autotutela in virtù della posizione qualificata di affidamento del privato, il quale dava integrale esecuzione alle prescrizioni di cui al provvedimento iniziale con una corretta destinazione dei fondi.

Si deve perciò riflettere sulla relazione tra il legittimo affidamento che il privato riponga sulla conservazione di un provvedimento amministrativo favorevole (ma illegittimo) e la successiva determinazione della P.A. di procedere all’annullamento d’ufficio di detto atto.

Secondo una prima ricostruzione, il legittimo affidamento del privato osterebbe in via diretta e immediata all’emanazione dell’annullamento d’ufficio del provvedimento favorevole.

Questa tesi però, se avallata, renderebbe costantemente inapplicabile l’isti-tuto dell’autotutela a tutti i provvedimenti favorevoli.

Infatti, tra l’emanazione di un atto favorevole e l’eventuale sopravvenire del suo annullamento d’ufficio, il privato confida sempre nella legittimità dell’atto iniziale.

Di conseguenza, l’unica ipotesi di autotutela praticabile diverrebbe quella nei confronti di un provvedimento illegittimo per dichiarazioni false o mendaci del privato, poiché in quel caso non può darsi affidamento, ma solo un illecito tentativo di trarre in inganno l’Amministrazione – prospettiva troppo ristretta e comunque non in linea con il dettato normativo.

Si deve concludere, perciò, che il legittimo affidamento del privato non può ex se comportare l’illegittimità dell’annullamento d’ufficio di un provvedimento favorevole.

Secondo una diversa e qui condivisa ricostruzione, il legittimo affidamento innerva l’interesse privato alla conservazione del provvedimento illegittimo favorevole che deve essere ponderato dalla P.A. nella propria valutazione discrezionale in ordine all’an dell’autotutela[15].

L’interesse privato alla conservazione del provvedimento si contrappone all’interesse pubblico alla eliminazione dello stesso atto in quanto illegittimo: il primo, se supportato dal legittimo affidamento, può vincere sul secondo e così portare l’Amministrazione a determinarsi negativamente sull’esercizio del potere di autotutela ex art. 21-nonies l. 241/1990.

Così congegnato, il legittimo affidamento del privato non comporta che la discrezionalità amministrativa della P.A. debba sempre propendere per il di-niego di autotutela: infatti, esso rappresenta solo uno – per quanto rilevante – dei molteplici interessi in gioco.

Inoltre, in questo modo si evita di confondere il legittimo affidamento con l’interesse legittimo oppositivo: il primo descrive lo stato soggettivo in cui il privato confida nella stabilità dell’azione amministrativa; il secondo consiste nella situazione giuridica soggettiva in cui versa il privato rispetto all’autotutela di un provvedimento favorevole[16].

Invero, la conservazione di quest’ultimo non è monopolio dell’interesse privato, bensì risponde anche ad un particolare interesse pubblico, consistente nell’esigenza di certezza del diritto[17].

Applicando questi concetti al caso di specie, il legittimo affidamento del privato leso dall’autotutela del MISE traeva la propria qualificazione dalla sua precedente e pedissequa esecuzione delle prescrizioni apposte dal Ministero al (generoso) finanziamento, nonché dal consistente tempo trascorso (sette anni)[18].

Con particolare riguardo a quest’ultimo profilo, ci si chiede quale peso ricopra lo scorrere del tempo in materia di legittimo affidamento.

Secondo alcuni, il legittimo affidamento sorge solo ove sia trascorso un certo tempo dopo l’emanazione del provvedimento favorevole[19].

Secondo altri, il legittimo affidamento nasce scintilla iuris fin dall’emanazione stessa, crescendo poi di rilevanza, ai fini dell’eventuale successiva pondera-zione in sede di autotutela, in proporzione allo scorrere del tempo[20].

Si ritiene questa seconda tesi preferibile, poiché il rilascio del provvedimento favorevole converte istantaneamente l’interesse legittimo pretensivo che il privato vantava rispetto alla sua emanazione in interesse legittimo oppositivo ad ogni atto o comportamento che possa caducare quello stesso atto, il quale è innervato dal legittimo affidamento del privato: fatto ed effetto giuridico non possono che nascere insieme[21].

Si noti che in questo modo, la lesione del legittimo affidamento trova tutela all’interno e non al di fuori dell’amplissimo genus del principio di legalità[22].

Questa tesi rischia di introdurre una ratio diversa e parallela al canone della legalità dell’agire amministrativo, consentendo in ipotesi all’Amministrazione di conservare provvedimenti illegittimi e passibili di autotutela, in nome del legittimo affidamento, anche non qualificato, dei privati destinatari, trascurando così gli altri interessi pubblicistici in gioco.

Riconducendo invece il legittimo affidamento entro l’alveo degli interessi privati che la discrezionalità amministrativa deve correttamente ponderare con l’interesse pubblico, l’annullamento d’ufficio emanato in spregio al legittimo affidamento potrebbe essere censurato secondo il tradizionale vizio di eccesso di potere; se poi fosse violato il termine fissato dall’attuale art. 21-nonies l. 241/1990, si potrebbe invocare anche la violazione di legge.

 

4. Conclusioni. Mamonàs.

Nel caso scrutinato dal TAR Veneto, non è difficile intuire che il Ministero intendeva procedere all’annullamento d’ufficio sia per rimediare ad una viola-zione del diritto dell’UE, sia per recuperare pubblico danaro.

In effetti, negli ultimi anni i costi dello Stato e delle altre Amministrazioni Pubbliche, i cui bilanci sono zavorrati da un immenso debito pubblico, si sono imposti all’attenzione dell’opinione pubblica e financo del legislatore costituzionale.

Ad esempio, il cittadino che volesse accostarsi all’art. 97 Cost., ove sono contenuti i principi fondanti l’azione amministrativa, non incontra più per primi i canoni dell’imparzialità e del buon andamento (scivolati al comma 2), bensì l’esigenza che le PP.AA. assicurino “l’equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito pubblico” (comma 1, introdotto dalla l. cost. 1/2012, in vigore dall’esercizio finanziario 2014).

Un analogo principio è ripetuto all’art. 119 Cost., ove trova base giuridica l’autonomia finanziaria degli Enti territoriali.

Seppure sia indubbio che lo Stato sociale abbia dei costi ingenti che non possono condurre al default del Paese, ci si chiede se l’esigenza finanziaria possa davvero prevalere su qualunque altro interesse pubblico, al punto tale che ogni provvedimento diviene legittimo, se teso a recuperare pubblico danaro.

A titolo di aneddoto, si consideri il caso del Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione siciliana che, in riforma di una sentenza del TAR Palermo, ha ricordato che il provvedimento di autotutela intervenuto a distanza di sette anni è illegittimo, anche se proteso a recuperare un co-finanziamento regionale che non doveva essere concesso[23].

Ancora, vi è un filone giurisprudenziale per cui l’atto in autotutela teso a recuperare somme illegittimamente erogate non dovrebbe essere motivato sul punto, stante l’evidente primazia dell’interesse erariale[24].

Mamonàs è il termine greco che i Vangeli di Matteo e di Luca utilizzano per indicare la ricchezza, quale padrone radicalmente alternativo a Dio.

Ai fini che qui interessano, ci si concede questa citazione per sottolineare come l’agire amministrativo debba senz’altro confrontarsi con le esigenze di sostenibilità del debito pubblico e del costante miglioramento della finanza pubblica.

Tuttavia, il privato cittadino che debba accostarsi all’Amministrazione non può essere prevaricato dalle istanze finanziarie: egli deve poter contare sul fatto che i provvedimenti ampliativi della sua sfera giuridica siano rilasciati in modo legittimo e, in caso contrario, almeno a partire dalla cd. legge Madia, che tali provvedimenti (su cui magari ha fondato un’impresa o più in generale un progetto di vita) non possano essere annullati d’ufficio oltre un termine ragionevole comunque non superiore a 18 mesi[25].

L’annullamento d’ufficio deve essere utilizzato come strumento per la miglior sistemazione dell’interesse pubblico.

In linea puramente astratta e teorica, quest’ultimo è per definizione pregiudicato da un precedente provvedimento contra legem.

Tuttavia, l’interesse del privato alla conservazione di un provvedimento favorevole costituisce uno degli interessi che devono essere ponderati dall’Amministrazione per trovare quell’interesse pubblico “di risulta” – composito rispetto a tutti gli interessi in gioco[26] – che permette di orientare in un senso o nell’altro la discrezionalità amministrativa, anche tollerando la permanenza di un provvedimento illegittimo, se il suo eventuale annullamento d’ufficio risultasse controproducente.

Alberto Antico

Sentenza

*Nota a TAR Veneto, Sez. III, 17 giugno 2019, sent. n. 725

 

[1]R. SACCO, voce Affidamento, Enc. dir., 1958.

[2] M. D’AMELIO, voce Apparenza del Nuovo dig. it., citato da R. SACCO, op. cit.

[3] G. GRASSO, Sul rilievo del principio del legittimo affidamento nei rapporti con la Pubblica Amministrazione, in www.sspa.it; F. TRIMARCHI BANFI, Affidamento legittimo e affidamento incolpevole nei rapporti con l’amministrazione, in Dir. proc. amm., 3, 2018, ove si citano le icastiche parole di P. TRIMARCHI, La responsabilità civile: atti illeciti, rischio, danno, 2017: “idoneità della condotta e giustificazione dell’affidamento essendo le due facce della stessa medaglia”.

[4] Peraltro, in questo caso la tutela appare maggiore rispetto alla mera fictio iuris di adeguamento degli effetti giuridici a quelli che il soggetto in buona fede credeva di ottenere: infatti egli, convinto di compiere un acquisto a titolo derivativo, in forza dell’art. 1153 c.c. ottiene un acquisto a titolo originario. Secondo A. CONCAS, L’acquisto a non domino, caratteri e disciplina giuridica, 2014, in www.diritto.it, ciò è dovuto alla rilevanza che il diritto civile attribuisce al possesso.

[5] V.A.M. BALBO, L’apparenza del diritto, in www.diritto.it.

[6] E. GUICCIARDI, Recensione a K. H. Schmitt, Treu und Glauben im Verwaltungsrecht. Zugleish ein Beitrag zur juristischen Methodenlehre, in Arch. giur. dir. pub., 1936, ricordato da G. GRASSO, op. cit.

[7] F. BENVENUTI, Funzione amministrativa, procedimento, processo, in Riv. trim. dir. pub., 1952; M. NIGRO, Studi sulla funzione organizzatrice della pubblica amministrazione, 1966; G. BERTI, La pubblica amministrazione come organizzazione, 1968; F. MODUGNO, voce Funzione, Enc. dir., XVIII, 1969; F. BENVENUTI, Per un diritto amministrativo paritario, in AA.VV., Studi in memoria di Guicciardi, 1975; G. MELIS, Storia dell’Amministrazione italiana, 1996, ricordati in G. GRASSO, op. cit.

[8] F. MERUSI, L’affidamento del cittadino, 1970, volume riedito con l’aggiunta di lavori successivi con il titolo Buona fede e affidamento nel diritto pubblico. Dagli anni “trenta” all’“alternanza”, 2001, come ricordato da G. GRASSO, op. cit. Del Maestro MERUSI, op. cit., si citano le seguenti parole, che non hanno perso nulla in attualità: Egli spiegava che il giudizio amministrativo “verte sull’idoneità del comportamento della P.A. a determinare una situazione di affidamento, sulla “ragionevolezza” dell’affidamento asserito, sulla “ragionevole” prevalenza dell’interesse pubblico sopraggiunto ri-spetto alla situazione di affidamento in precedenza determinata, in altre parole su “sintomi” che hanno come punto di riferimento il parametro inespresso del principio di buona fede sulla base del quale abbiamo visto realizzarsi la tutela dell’affidamento”.

[9] L’arresto apripista è stata la cd. sentenza Töpfer, sent. Corte di Giustizia, 03 maggio 1978, causa 12/77. A seguire, cfr. ex multis le sentt. Corte di Giustizia, 3 maggio 1978, causa 112/77; 21 settembre 1983 in cause riunite 205-215/82; 19 maggio 1983, causa 289/81; 17 aprile 1997, causa C-90/95; 26 febbraio 1987, causa 15/85; 20 giugno 1991, causa C-248/89. In materia, si legga il con-tributo di M. BACCI, L’evoluzione del principio del legittimo affidamento nel diritto dell’Unione Euro-pea e degli Stati membri, in www.masterdirittoprivatoeuropeo.it, 6, 2015.

[10] Cfr. G. GRASSI, op. cit.; M. BACCI, op. cit.

[11] F. TRIMARCHI BANFI, op. cit. Le differenze tra i due tipi di affidamento sono descritte in modo peculiare nella sent. TAR Sardegna, Sez. II, 09 aprile 2019, n. 332: “Nell’affidamento secondo buona fede, la fiducia riposta nell’altrui correttezza non assume rilevanza giuridica se non nel momento nel quale l’affidamento è stato deluso e chiede riparazione. Invece, la tutela dell’affidamento legittimo è strutturata in modo da prevenirne la delusione. La fiducia del privato, nel rapporto con l’amministra-zione, sarà delusa se nel procedimento amministrativo, non viene assicurato il contraddittorio, non viene assicurata una adeguata istruttoria, in linea generale non vengono rispettate le garanzie procedimentali, non viene assegnato il giusto peso all’interesse del privato, non viene motivato il provvedimento amministrativo in modo congruo”.

[12] L’essenzialità del requisito della buona fede in capo al privato destinatario di un provvedimento della P.A. è descritta da A. REGIO, L’esercizio del potere di annullamento d’ufficio e la lesione del legittimo affidamento: profili sostanziali, in Ordines, 1, 2018.

[13] F. TRIMARCHI BANFI, op. cit.

[14] Cfr. sent. Cons. St., Ad. Plen., 17 ottobre 2017, n. 8, commentata da L. BERTONAZZI, Annulla-mento d’ufficio di titoli edilizi: note a margine della sentenza dell’adunanza plenaria del Consiglio di Stato n.8/2017, in Dir. proc. amm., 2, 2018; M. LO CURTO, La ritrosia della giurisprudenza amministrativa nell’applicazione del binomio tempo-motivazione alla luce dei principi di legittimo affidamento e certezza del diritto (nota a Cons. St. ad. plen., 17 ottobre 2017, nn. 8 e 9), in Foro amm., 5, 2018.

[15] Cfr. F. TRIMARCHI BANFI, op. cit.: “Nel rapporto amministrativo l’interesse materiale cui è finalizzata la tutela dell’affidamento non riceve protezione diretta: quell’interesse sarà soddisfatto se il confronto tra gli interessi in gioco risulterà favorevole al privato, secondo la logica della tutela dell’interesse legittimo che si correla al potere amministrativo discrezionale”; ma anche E. FURIAN, L’affidamento nei confronti della pubblica amministrazione, in www.filodiritto.com: “Il tema del legittimo affidamento nei confronti della Pubblica Amministrazione pone la necessità di contemperare due interessi spesso contrapposti. Da una parte, quello del privato, che vuole mantenere quel vantaggio che l’azione amministrativa gli ha garantito; dall’altra parte, quello vantato dalla stessa P.A. alla realizzazione dei principi di buon andamento ed imparzialità, a cui deve essere ispirata l’azione amministrativa in base all’articolo 97 della Costituzione”.   

[16] Cfr. sent. TAR Toscana, Sez. III, 24 agosto 2015, n. 1168: “L’affidamento non costituisce un’auto-noma situazione giuridica soggettiva qualificabile in termini di diritto soggettivo, trattandosi, al contrario, di una regola di comportamento che deve essere osservata dalle parti in ogni rapporto giuri-dico, a prescindere dalla qualificazione di quest’ultimo in termini di diritto soggettivo o di interesse legittimo. L’affidamento arricchisce il contenuto delle situazioni giuridiche che fanno capo ai soggetti che sono parti di un rapporto giuridico, assumendo contenuto e qualificazione diversi a seconda delle diverse situazioni sulle quali esso incide in particolare, nel rapporto giuridico tra potere autoritativo da una parte e interesse legittimo dall’altra, è a questa situazione giuridica soggettiva che l’affidamento inerisce, arricchendola. Pertanto, la lesione dell’affidamento provocato dall’esercizio scorretto del potere determina sempre la lesione della situazione giuridica sostanziale tipica che si instaura fra il cittadino e la p.a. quando la seconda esercita le proprie potestà pubblicistiche, vale a dire l’interesse legittimo; senza che possa distinguersi (e senza che tale distinzione sia utile ai fini risarcitori) fra il caso in cui l’esercizio scorretto del potere abbia determinato la reiezione di un’istanza e quello in cui ne sia invece conseguito l’accoglimento”.

[17] Cfr. A. REGIO, op. cit.

[18] F. TRIMARCHI BANFI, op. cit., analizza i diversi requisiti richiesti dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione e dal Consiglio di Stato per avere un legittimo affidamento “qualificato”.

[19] Danno conto di questa tesi F. TRIMARCHI BANFI, op. cit.; M. BACCI, op. cit.

[20] A. REGIO, op. cit.

[21] Cfr. A. FALZEA, Ricerche di teoria generale del diritto e di dogmatica giuridica (II. Dogmatica giuridica), 1997, citato da A. REGIO, op. cit.: “Se in un dato tempo si compie il fatto, nel tempo successivo l’atto assume valore giuridico. Poiché il valore condizionato è l’effetto, ne deriva che il tempo dell’effetto giuridico è posteriore al tempo del fatto giuridico. Tuttavia la dottrina comunemente insegna che l’effetto giuridico sorge nello stesso tempo in cui il fatto giuridico giunge a compimento, il momento in cui si conclude il fatto è anche il momento in cui si apre e si inizia l’effetto”.

[22] La sentenza del TAR Veneto in commento sembra porre su due piani diversi il principio di legalità e il principio del comportamento secondo buona fede, laddove afferma: “In base all’art. 97 Cost., la P.A. è tenuta ad improntare la sua azione non solo agli specifici principi di legalità, imparzialità e buon andamento, ma anche al principio generale di comportamento secondo buona fede” (enfasi aggiunta). Sulla stessa linea, cfr. ad es. la sent. TAR Lazio – Roma, Sez. I, 16 maggio 2012, n. 4455.

[23] Cfr. sent. C.G.A.R.S., 22 agosto 2019, n. 767: «Il Tar ha disatteso la censura relativa alla mancata osservanza del termine ragionevole per l’esercizio del potere di autotutela sulla base del rilevo che “il provvedimento di revoca era da ritenersi sostanzialmente vincolato”, una volta riscontrata l’insussistenza di un requisito di ammissibilità, essendo recessivo il fattore tempo rispetto all’interesse pubblico, in re ipsa, al corretto uso delle risorse. Tale conclusione, diffusamente criticata dall’appellante, non può essere condivisa. Il provvedimento di autotutela è, per sua natura, un atto di carattere discrezionale, quanto alla valutazione dei contrapposti interessi pubblico e privato; atto riguardo a quale il fattore tempo è configurato dalla norma come limite – “entro un termine ragionevole”, nella precedente versione dell’art. 21-nonies l. n. 241/1990, “comunque non superiore a diciotto mesi”, attualmente – e, quindi, rileva di per sé, indipendentemente dal “peso” e dalla natura (finanziaria, urbanistica o altro) degli opposti interessi, che certamente rilevano nella valutazione complessiva, ma non sino al punto di assorbire ed elidere il limite che il legislatore ha inteso stabilire e, recente-mente, rafforzare, in funzione dell’esigenza di certezza delle situazioni giuridiche».

[24] Cfr. sentt. Cons. St., Sez. III, 13 maggio 2015, n. 2380 e 3 dicembre 2015, n. 5486, commentate da F. TRIMARCHI BANFI, op. cit. In merito, l’Adunanza Plenaria n. 8/2017 ha invece parlato di “onere motivazionale … attenuato”, di fronte ad interessi pubblici particolarmente pregnanti.

[25] Cfr. ex multis sent. Cons. St., Sez. VI, 04 ottobre 2017, n. 4626. Approfondiscono la portata “rivoluzionaria” di questa riforma G.M. FARALLI, Le novità introdotte dalla legge Madia in materia di autotutela, in R. GIOVAGNOLI (a cura di), Approfondimenti di diritto amministrativo, 2018; A. RE-GIO, op. cit.

[26] Cfr. ex multis D. SORACE, Diritto delle amministrazioni pubbliche. Un’introduzione, 2016; E. CAN-NADA-BARTOLI, voce Interesse (dir. amm.), Enc. dir., XXII, 1972; F. TRIMARCHI BANFI, op. cit.

image_pdfStampa in PDF