La pronuncia del Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 3664/2017 (vedi in calce) fa il punto sulla portata oggettiva e soggettiva del giudicato civile in un giudizio amministrativo, esaminando, in particolare, il profilo della giurisdizione in materia di impugnativa di dinieghi edilizi resi nel corso di procedimenti di esecuzione di sentenze civili.

Vanno brevemente ricordati i fatti.

Con sentenza del Tribunale civile, confermata in sede di giudizio d’appello e di Cassazione, veniva disposta la demolizione parziale di un immobile, perché costruito in difformità dalle norme sulle distanze legali.

Per l’esecuzione del giudicato i proprietari dell’immobile confinante promuovevano un distinto giudizio civile ex art. 612 c.p.c. Nell’ambito di tale giudizio d’esecuzione il Tribunale civile dava incarico al CTU di acquisire tutte le autorizzazioni necessarie all’adempimento del giudicato. Il CTU chiedeva quindi al Comune il rilascio del titolo edilizio.

Il Comune però rigettava l’istanza, e i confinanti impugnavano avanti il TAR Veneto il diniego.

Il TAR Veneto, con sentenza breve n. 1431/2016, dichiarava il difetto di giurisdizione del G.A. Secondo il TAR, la questione, anche se comprendeva l’obbligo del Comune di rilasciare o meno il permesso di costruire (rectius, permesso di demolire), rientrava comunque nell’ambito di ciò che doveva essere fatto per dare esecuzione a sentenze del Tribunale civile, non rilevando la circostanza che fosse necessario l’intervento di parti terze, quali appunto il Comune, e l’emanazione di provvedimenti amministrativi.

In altre parole, secondo il TAR, la giurisdizione del Giudice ordinario si fondava sul fatto che la questione oggetto del giudizio era se il Comune dovesse rilasciare il permesso di costruire per eseguire la sentenza del Tribunale civile, e non invece se il Comune potesse rilasciare il permesso.

Il percorso logico-giuridico seguito dal TAR non è stato condiviso dal Consiglio di Stato, che ha invece ritenuto che sussista la giurisdizione del G.A. indipendentemente dalla circostanza che sia pendente un giudizio civile per l’esecuzione del giudicato ex art. 612 c.p.c.

Al riguardo il Consiglio di Stato ha confermato il principio secondo cui, “in presenza di un giudicato civile, a questo deve essere data esecuzione e, dunque, l’amministrazione non può esimersi dal rilasciare il titolo edilizio necessario” (cfr. anche Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 1482/2013 e Sez. V, n. 856/1990).

Ma ha ritenuto che ciò non escluda affatto la giurisdizione del G.A.: l’atto oggetto di impugnativa è un vero e proprio provvedimento amministrativo, dotato dei requisiti propri della tipicità, nominatività e imperatività, riguardo al quale il Giudice amministrativo ha giurisdizione esclusiva ex art. 133, comma 1, lettera f) del c.p.a.

La richiesta del titolo edilizio innesca insomma un procedimento amministrativo, che si conclude con un provvedimento amministrativo, sulla cui cognizione di legittimità vi è la giurisdizione del giudice amministrativo: pur se occasionati dal giudizio di esecuzione civile pendente, in ogni caso il procedimento amministrativo e il provvedimento conclusivo di esso mantengono la loro autonomia in termini di atti qualificabili come amministrativi.

Da ciò, secondo il Consiglio di Stato, discende la giurisdizione del G.A.

Alessia Meggiolaro

 

Vedi sentenza CdS 3664 del 2017

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