Sommario: I – I fatti di causa; II – Le finalità dell’attività pianificatoria; III – La discrezionalità nell’attribuzione di destinazione; IV – La partecipazione dei privati e l’obbligo di motivazione; V – Considerazioni conclusive.

I. I FATTI DI CAUSA

La fattispecie che ha originato il contezioso sfociato nella sentenza in commento vede la parte ricorrente, proprietaria di un terreno sito in un contesto edificato alle porte di Cortina d’Ampezzo, contestare all’amministrazione il fatto di non aver mai riconosciuto a detto terreno la capacità edificatoria che afferma competergli, e ciò tanto in sede di adozione del piano da parte del Comune, quanto in sede di approvazione dello stesso da parte della Regione.
La scelta strategica di pianificazione adottata dal Comune è stata quella di escludere in via generale una nuova edificazione residenziale nel territorio del Comune, salva la circoscritta deroga per le nuove edificazioni da eseguirsi sulle sole aree di proprietà comunale e regoliera, da destinare al soddisfacimento delle esigenze abitative dei residenti. Più nello specifico il Comune, nell’adozione del piano regolatore generale, qualificava il fondo di parte ricorrente – nel quale è esistente un parcheggio interrato – come area di interesse paesaggistico “A/3” e confermava tale determinazione anche a fronte delle osservazioni presentate dal ricorrente. La Giunta Regionale al contrario, recependo il parere espresso dalla Commissione Tecnica Regionale, proponeva delle modifiche al piano del Comune, manifestando di ritenere fondate le osservazioni fatte dal privato ricorrente volte ad evidenziare “le effettive caratteristiche dell’area”, giudicando “maggiormente coerente una classificazione di tipo residenziale o per servizi stradali assumendo parametri edilizi coerenti con le limitrofe zone residenziali”. A fronte della proposta di modifica il Comune si esprimeva in senso parzialmente favorevole proponendo la classificazione come zona residenziale consolidata “B/1”, cioè di area totalmente edificata e non ulteriormente edificabile, escludendo così in concreto lo svolgimento di qualsiasi attività edilizia.

II. LE FINALITÀ DELL’ATTIVITÀ PIANIFICATORIA

Prima di addentrarsi nell’analisi dei problemi giuridici sottesi alla decisione in commento, pare opportuno soffermarsi brevemente sul contesto in cui si inserisce l’attività amministrativa sottoposta al vaglio dell’autorità giudiziaria.
L’attività di “governo del territorio” è attribuita dall’art. 117 Cost. alla competenza legislativa concorrente di Stato e Regioni, pertanto, in mancanza di una legge quadro dello Stato che detti i criteri e gli obiettivi da seguire, la legislazione regionale in tale ambito deve svolgersi nel rispetto dei principi fondamentali risultanti in modo espresso, o anche implicitamente desumibili, dalla egislazione statale1. La normativa di riferimento ai fini del giudizio in esame è dunque sia di fonte statale, dettato in particolare la L. n. 241 del 1990 in tema di procedimento amministrativo e
la L. n. 1150 del 1942, c.d. legge urbanistica, sia di fonte regionale, dettato dalla L. Reg. del Veneto n. 61 del 1985 contenente le specifiche norme per l’assetto e l’uso del territorio, nonché le modalità e le procedure di approvazione del piano regolatore generale. Ciò detto, va precisato che la legge in materia di pianificazione è una legge “di forma”, e non “di contenuto”, limitandosi a prescrivere le regole ed i passaggi da seguire nel procedimento di formazione del piano, senza indicarne puntualmente i contenuti e gli scopi: a tal fine si rende necessario un vaglio che, con riferimento al singolo piano adottato, sia diretto a verificarne il rispetto dei limiti e criteri che, come sopra precisato, sono posti dalla legge statale alla potestà regionale.
Nel caso in esame il Giudice Veneto si è dunque soffermato innanzitutto sull’assorbente questione della legittimità dell’utilizzo, da parte del Comune di Cortina, del piano regolatore allo scopo di soddisfare le esigenze abitative della popolazione residente. A giustificazione di una simile scelta sta il fatto che, a fronte dell’espansione delle aree edificate, l’amministrazione ha riscontrato il rischio sempre più attuale e concreto di un progressivo spopolamento dovuto al costo degli immobili che, notoriamente, nel comune di Cortina d’Ampezzo è fra i più elevati d’Italia.

Sul punto la pronuncia in commento si pone sulla scia dei precedenti pronunciamenti giurisprudenziali consolidatisi a partire dalla assai nota sentenza del Consiglio di Stato n. 2710 del 20122. Detta pronuncia, proprio con riferimento allo stesso P.R.G. di Cortina d’Ampezzo, ha infatti recepito quella che da tempo era la posizione della dottrina sul contenuto della nozione di “governo del territorio”, statuendo che questo non possa essere inteso “solo come coordinamento delle potenzialità edificatorie connesse al diritto di proprietà” ma deve essere inteso come “intervento degli enti esponenziali sul proprio territorio in funzione dello sviluppo complessivo ed armonico del medesimo (…) in relazione alle effettive esigenze di abitazione della comunità ed alle concrete vocazioni  ei luoghi, sia di valori ambientali e paesaggistici, sia di esigenze di tutela della salute e quindi della vita salubre degli abitanti, sia delle esigenze economico – sociali della comunità radicata sul  erritorio, sia, in definitiva, del modello di sviluppo che si intende imprimere ai luoghi stessi, in considerazione della loro storia, tradizione, ubicazione e di una riflessione “de futuro””. Tale  tatuizione trova origine non solo nella nuova formulazione dell’art 117 Cost., che a seguito della l. Cost. 3 del 2001 ha sostituito all’espressione “urbanistica” quella più ampia di “governo del  erritorio”, ma affonda le sue radici anche in orientamenti dottrinali e giurisprudenziali più risalenti che, muovendo da precisi riferimenti normativi 4 , hanno nel corso del tempo fatto emergere una sempre più ampia nozione di urbanistica. La pronuncia in commento conferma dunque che la disciplina dell’uso dei suoli può ben realizzare anche “finalità economico-sociali della comunità locale” e che dunque, quelle perseguite dal Comune di Cortina, non sono finalità esorbitanti da quelle tipiche dello strumento pianificatorio.

Il limite che la giurisprudenza riconosce a tale potere – che ictu oculi appare assai ampio – è quello dato dal rapporto con gli analoghi interessi di altre comunità territoriali, regionali e dello Stato nel rispetto e nell’attuazione dei valori costituzionali ed in particolare del principio di sussidiarietà 5.

III. LA DISCREZIONALITÀ NELL’ATTRIBUZIONE DI DESTINAZIONE

Posta la legittimità in astratto dell’utilizzo da parte del Comune di Cortina del P.R.G. al fine di risolvere il problema abitativo dei cittadini residenti, il Tribunale Veneto è stato chiamato a valutare la legittimità delle modalità concrete dell’azione amministrativa e quindi della singola scelta destinatoria adottata nella fattispecie in esame.
A tal proposito va detto che il sistema della pianificazione, consistendo nell’assegnazione di differenti destinazioni d’uso ai vari terreni che compongono il territorio, presenta il carattere affatto  eculiare di essere attività di per sé discriminatoria: non è infatti configurabile quale legittima pretesa degli amministrati quella di veder riconoscere ai propri terreni la medesima omogenea destinazione d’uso. Tenuto conto che l’attribuzione di una determinata destinazione ha un fortissimo impatto sul valore dei beni, appare naturale che sia avvertita come pressante l’esigenza di un controllo sulle scelte operate dall’amministrazione in tale ambito, ed è proprio intorno ai limiti del potere di scelta del pianificatore che, come nel caso in esame, ruota il thema decidendum  principale del contenzioso in materia di urbanistica.
Assodato il fatto che l’attività di pianificazione non è attività vincolata, perché la legge non ne predetermina i contenuti, si pone il problema di quale sia l’ampiezza del potere di scelta dell’amministrazione 6.
Parte della dottrina, avallata anche da diverse pronunce giurisprudenziali 7, fra le quali giova ricordare la sentenza della Corte Costituzionale n. 38/1966 8 , ha affermato che l’amministrazione sia vincolata nelle proprie scelte dalle condizioni obiettive dei luoghi, e che quindi goda di una discrezionalità di tipo tecnico 9, con la conseguenza che in caso di attribuzione di una destinazione in contrasto con lo stato dei luoghi e la loro “naturale vocazione” sarebbe inficiata la validità dell’azione amministrativa.
La pronuncia in commento si discosta da tale orientamento e mostra di confermare l’opposta posizione sostenuta da altra giurisprudenza, affermando infatti che “la qualificazione di un’area in termini di lotto incluso in zone edificata non comporta affatto la necessaria attribuzione di destinazione edilizia dello stesso”, richiamando sul punto sia la già menzionata sentenza del Consiglio di Stato n. 2710 del 2012, che un proprio precedente pronunciamento 10 . Seguendo questa impostazione il Tribunale mostra di ritenere del tutto legittima la decisione dell’amministrazione di prescindere dalle caratteristiche del contesto in cui è sito il terreno di parte ricorrente e ribadisce che “le scelte di pianificazione urbanistica relative ad un determinato terreno od immobile  appartengono alla sfera degli apprezzamenti di merito dell’amministrazione”, negando la sindacabilità delle valutazioni circa la “idoneità delle aree a soddisfare con riferimento alle possibili
destinazioni, specifici interessi urbanistici” a meno che non si sia in presenza di ipotesi di errori di fatto o di abnormi illogicità. Il Tribunale inoltre, a conferma di quanto sopra detto circa la natura intrinsecamente discriminatoria dell’attività di pianificazione urbanistica, precisa che non si possano nemmeno ipotizzare “censure di disparità di trattamento basate sulla comparazione con la destinazione impressa ad immobili adiacenti”.

È da sottolineare la circostanza che vede il TAR Veneto puntualizzare la natura non tecnica della discrezionalità nella fattispecie in esame, in cui la determinazione del Comune si è formata proprio in antitesi con il parere espresso dalla Commissione Tecnica Regionale, e quindi in una fattispecie in cui l’azione amministrativa pare aver apertamente disatteso il dato tecnico dello stato dei luoghi. Ritenendo legittima la scelta dell’amministrazione comunale di discostarsi dalle valutazioni tecniche, il Giudice afferma che il criterio cui devono rispondere le scelte di piano è soltanto quello “del superiore criterio di razionalità nella definizione delle linee dell’assetto territoriale, nell’interesse pubblico alla sicurezza delle persone e dell’ambiente e non anche ai criteri di proporzionalità distributiva degli oneri e dei vincoli”.
Non sorprende dunque che in ragione dell’ampia libertà nella determinazione dei contenuti, autorevole dottrina 11 abbia provocatoriamente osservato come “qualsiasi amministratore locale non ha dubbi nel qualificare il piano come atto politico”, e ciò in quanto si tratta provvedimenti adottati da organi politici, attraverso i quali, come afferma la stessa giurisprudenza, trova espressione il principio dell’autodeterminazione delle comunità locali.
Sul punto peraltro la pronuncia in commento ha il pregio di affermare in modo esplicitoo che la competenza nella determinazione delle scelte discrezionali è dell’ente comunale, e ciò per le ragioni di maggior vicinanza e rappresentatività della comunità locale, evidenziando si sia attuato in modo corretto il rapporto fra Comune e Regione nel momento in cui quest’ultima si sia limitata a “prendere atto” della scelta comunale di disattendere il dato tecnico dello stato dei luoghi valorizzato invece della Commissione Tecnica.

IV. LA PARTECIPAZIONE DEI PRIVATI E L’OBBLIGO DI MOTIVAZIONE

In conseguenza dell’appena descritto ampio potere discrezionale dell’amministrazione si capisce come sia fortemente avvertita, da parte degli amministrati, l’esigenza di partecipare al  procedimento di formazione del piano, nonché di motivazione delle scelte compiute con il piano stesso.
Con riferimento ad entrambi questi aspetti la legge 241 del 1990 da un lato, all’art. 3 co II, prevede che la motivazione non sia necessaria per gli atti normativi e per quelli a contenuto generale, e dall’altro lato, all’art. 13, li esclude dall’applicazione delle norme sulla partecipazione riferendosi più specificamente agli atti di pianificazione e programmazione, rimandando per essi alla normativa che ne regola la formazione.
La giurisprudenza12 relativamente alle osservazioni ed agli apporti partecipativi dei privati in sede di pianificazione afferma come questi non siano funzionali alla difesa degli interessi dei privati, in una logica di contraddittorio fra privato e P.A., bensì esauriscano la loro funzione in una dinamica di collaborazione volta ad arricchire l’istruttoria e a consentire all’amministrazione una più completa valutazione degli interessi coinvolti. Quanto alla motivazione invece, non essendovi precisi obblighi legislativi, i pronunciamenti dei giudici amministrativi 13 sono sostanzialmente nel senso di considerare adeguata anche una “motivazione debole”, reputando sufficiente che emerga l’indirizzo generale anche solo dall’esame della relazione illustrativa.
La peculiare vicenda in esame però vede il privato titolare di una posizione in un certo qual modo “rafforzata”, e tanto sia in virtù del fondamento di carattere tecnico delle proprie osservazioni, vertenti appunto sullo stato dei luoghi, sia per il sostanziale accoglimento ricevuto dalla Commissione Tecnica e dalla Regione: in questo senso, anche alla luce della difformità di posizioni fra le stesse parti pubbliche del procedimento, sarebbe parsa quantomeno opportuna una più puntuale motivazione circa il perché del mancato accoglimento delle istanze del ricorrente.
La sentenza mostra però di non dare rilevanza a simili circostanze e di rimanere saldamente ancorata alla precedente giurisprudenza sottolineando come, a differenza dell’ipotesi di adozione di una variante specifica relativa alla destinazione di una singola area, che richiede motivazione specifica, l’adozione di un nuovo strumento urbanistico interessa il governo dell’intero territorio e quindi, in quanto atto a contenuto generale, non richiede una motivazione particolare 14.

Secondo il Tribunale la motivazione del piano è quindi sufficientemente assolta dall’espresso riferimento alla relazione di accompagnamento al progetto, fanno eccezione a tale regola solo le ipotesi di “superamento degli standard minimi di cui al D.M. 2 aprile 1968”, e di “lesione dell’affidamento qualificato del privato derivante da convenzioni di lottizzazione, accordi di diritto privato fra comune e proprietari”, ovvero “aspettative nascenti da giudicati di annullamento di dinieghi di concessione edilizia o di silenzio”15. La circostanza che ha visto il terreno di parte ricorrente ricevere, in un primo momento, la destinazione di zona di interesse paesaggistico pur essendo il bene inserito in un contesto edificato, secondo il Giudice Veneto non assume alcun rilevo ai fini dell’incremento dell’onere di motivazione, e ciò nonostante precedenti pronunce si siano espresse proprio in questa direzione, perché l’unico dato rilevante è la qualificazione residenziale che il terreno ha ricevuto in ultima istanza, sia pur nella formula di zona residenziale consolidata “B/1” con il vincolo di mantenimento della situazione preesistente. Del pari l’onere di motivazione non è incrementato nemmeno dalla lamentata illogicità di una qualificazione del suolo come bene edificato, ove in realtà su di esso è presente solo un parcheggio interrato: il Giudice mostra infatti di ritenere che, alla luce del criterio finalistico di escludere una ulteriore attività edificatoria sul territorio comunale, detta attribuzione trovi una piena e logica giustificazione, negandone la contraddittorietà rispetto alla precedente destinazione di interesse paesaggistico.

VI. CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

Alla luce di quanto sin qui detto, la sentenza in commento sembra offrire una preziosa analisi di temi giuridici di forte attualità, facendo luce sugli orientamenti giurisprudenziali formatisi in un ambito non privo di ombre del diritto amministrativo, qual è appunto quello della discrezionalità dell’amministrazione nella pianificazione urbanistica. Appare significativa la circostanza che vede il Tribunale pronunciarsi sulla fattispecie in esame in un’udienza pubblica straordinaria, funzionale allo smaltimento degli arretrati, emettendo però una sentenza la cui corposa motivazione è quantomai inusuale, ad evidenza di come lo stesso giudicante abbia ritenuto delicate le questioni affrontate. La fattispecie sottoposta al vaglio del Giudice segna la misura di quanto la pianificazione di Cortina d’Ampezzo sia, tutt’ora, una vicenda emblematica circa la portata discrezionale dell’azione pianificatoria e di quale sia in tale ambito l’atteggiarsi delle relazioni fra pubblico e privato. Le scelte di governo del territorio effettuate dal Comune di Cortina ad oggi manifestano una certa lungimiranza nell’attività di amministrazione che, impedendo
un indiscriminato incremento edilizio, ha anticipato le esigenze sempre più attuali che hanno portato all’emanazione della disciplina in materia di consumo del suolo.
Con particolare riguardo alla fattispecie in esame ed alle esposte posizioni giurisprudenziali sulla partecipazione alla formazione del piano e sulla motivazione del medesimo, il piano regolatore generale ampezzano sembra inserirsi in modo del tutto peculiare sul tema del rapporto fra il potere autoritativo dell’amministrazione e il diritto di proprietà. Se infatti il riconoscimento della legittimità della scelta radicale di precludere lo svolgimento di ulteriore attività edilizia sembra segnare un arretramento di tutela del diritto di proprietà, anche ed in particolare per le modalità
in cui l’attività di pianificazione si svolge; dall’altro deve riscontrarsi come il fondamento di tale scelta restituisca piena integrità al valore costituzionale della proprietà, essendo infatti le scelte dell’amministrazione motivate dall’intento di dare tutela proprio ad una delle forme più significative e rilevanti della proprietà stessa, ossia quella di soddisfare l’esigenza abitativa di tipo  residenziale.

Jacopo Cavallari

Sentenza T.A.R. Veneto n. 958_2019

 

1 Sul punto si veda C. Cost. sent. n. 120 del 2005.
2 Per un commento alla sentenza vedasi P. Urbani, “Conformazione dei suoli e finalità economico sociali”, in Urbanistica e appalti, n. 1 del 2013, pp. 59 ss.
3 Per una ricostruzione più dettagliata vedasi F. G. Scoca, Diritto amministrativo, Terza edizione, Torino, 2014, pp. 691 e ss.
4 Lo stesso art. 1 della l. 1150 del 1942 individua fra gli scopi dell’urbanistica non solo l’assetto ed incremento edilizio dell’abitato ma anche lo “sviluppo urbanistico in genere nel territorio della
Repubblica”, ed ancora l’art. 34 co. II d.lgs. n. 80 del 1998 precisa che l’urbanistica concerne tutti gli aspetti dell’uso del territorio.
5 Vedasi S. Baccarini, “Governo del territorio e valori costituzionali”, in Rivista Giuridica dell’Edilizia, fasc. 6, 2016, pp. 43 ss.
6 Per una più diffusa trattazione vedasi F. Saitta, “Governo del territorio e discrezionalità dei pianificatori” in Rivista Giuridica dell’Edilizia, fasc. 6 del 2018, pp. 421 ss.
7 Sul punto si richiamano T.A.R. Umbria n. 318 del 2015; T.A.R. Sicilia, Catania, n. 1048 del 2015; T.A.R. Lombardia, Milano, n. 1274 del 2013, e altri ancora.
8 Nella quale, con riferimento alla discrezionalità nell’esercizio dell’attività di pianificazione, si legge che “non si tratta di discrezionalità indiscriminata ed incontrollabile ma di discrezionalità
tecnica… condizionata da elementi di carattere tecnico… che si deve svolgere entro determinati confini di carattere obiettivo, e che, per ciò stesso rimane sotto questo aspetto delimitata nella
libertà di apprezzamento”.
9 Ex multis: Cons. Stato n. 5224 del 2001.
10 TAR Veneto n. 584 del 2019.
11 P. S. Richter in Diritto urbanistico Manuale breve, Quinta edizione, Milano, 2018 p. 64.
12 Ex multis: Cons. Stato n. 6094 del 2018.
13 Ad es.: Cons. Stato n. 1151 del 2019.
14 Si richiama, ex plurimis: Cons. Stato n. 34 del 2018.
15 In questo senso: Cons. Stato n. 1831 del 2019; Cons. Stato n. 1151 del 2019; Cons. Stato n. 4965 del 2018, e infine Cons. Giust. Amm. Reg. Sic., sez. giur., n. 725 del 2015.

 

image_pdfStampa in PDF