Quest’anno il tradizionale convegno di Cortina non è affatto tradizionale, anzi è completamente diverso dal solito.

Il trentesimo convegno organizzato dagli amministrativisti veneti, e intitolato a Feliciano Benvenuti, si svolge quest’anno in forma telematica.

Abbiamo cercato di fare di necessità virtù.

E lo abbiamo reso un convegno nazionale, inquadrandolo in una giornata nazionale dell’Unione degli avvocati amministrativisti (di cui l’Associazione veneta è tra i fondatori).

Una giornata che comprende anche l’assemblea dell’Unione. In particolare, un’assemblea aperta che, nel corso del pomeriggio, discuterà delle scelte che l’avvocatura amministrativa è chiamata a fare in questo momento storico.

Un confronto che credo sia necessario in questo momento.

Ringrazio tutti, e non farò nomi, ma solo perché sarebbero troppi e ne salterei qualcuno.

Ringrazio chi ha condiviso e sostenuto l’idea di questa giornata, cogliendone il significato anche simbolico.

Ringrazio chi ha consentito l’organizzazione di questo evento, chi ne ha assunto il coordinamento scientifico, chi ha fornito il proprio contributo.

Ringrazio quei colleghi che trent’anni fa hanno avuto l’idea di questo convegno; e oggi ringrazio i relatori, e ringrazio i presenti, o meglio, i partecipanti.

Il periodo emergenziale ha visto cambiamenti che hanno toccato valori fondamentali in un modo che pareva inconcepibile solo sei mesi fa.

I tribunali sono rimasti chiusi; noi non potevamo uscire di casa perché il diritto alla salute prevaleva sulle libertà individuali; il paese si è sostanzialmente fermato.

Adesso non lo ricordiamo quasi più, ed è un buon segno. Ma c’è stato un momento in cui le cose diventavano più gravi di giorno in giorno, come una valanga.

Un momento in cui si sono dovute prendere decisioni rapide, rimesse in sede locale alla responsabilità dei Presidenti dei Tar.

Un momento in cui ho sentito la responsabilità di interpretare le esigenze dell’avvocatura specialistica, di dover fornire il nostro apporto alle decisioni da prendere.

Ciò che abbiamo fatto, in questa emergenza, lo abbiamo fatto sentendoci – giudici e avvocati – parti di uno stesso sistema.

La concertazione come metodo, nei rapporti tra giudici e avvocati, è l’eredità più importante di questo periodo.

La situazione ha indotto, per necessità, modificazioni delle nostre attività i cui effetti dobbiamo ora capire e gestire.

E dobbiamo avere una grande apertura mentale.

Ad esempio, l’udienza da remoto: credo che sia una vera novità nella giustizia amministrativa (e non solo).

Se un tempo si diceva che c’è un giudice a Berlino, ora si può dire che c’è un giudice nel web.

L’udienza da remoto richiede un grande sforzo da parte di tutti noi, avvocati e giudici (ma anche da parte delle rispettive segreterie), per imparare come funziona tecnicamente, e per comprenderne le potenzialità.

Per dire, pensiamo alla riproducibilità: Anziché basarsi su ricordi e appunti, il giudice potrebbe andare a risentirsi e a rivedersi la discussione in udienza, se l’udienza è telematica. Se è invece un’udienza fisica, tale possibilità non c’è.

C’è di che riflettere. E c’è da ripensare alle cose che pensavamo di conoscere già.

Parlo per me: in questo periodo ho compreso il significato della collegialità.

Se i giudici possono partecipare da remoto all’udienza, viene rispettata la collegialità?

Quello che ho imparato è che la collegialità non va vista in astratto, guardando se la norma impone la compresenza di più giudici.

Va misurata come capacità di condividere dati e valutazioni tra il relatore e gli altri componenti del collegio. La collegialità si esplica soltanto tra giudici che conoscano ciò di cui devono giudicare.

Ho appreso quanto fondamentale sia l’esistenza di una cosa che possiamo chiamare pre-udienza: un momento in cui i componenti del collegio hanno tra loro un preliminare confronto prima dell’udienza, anche per capire come condurre utilmente l’udienza.

Va bene anche in forma telematica, basta che una pre-udienza ci sia.

E, a mio avviso, la pre-udienza non è una violazione del principio per cui il giudizio si forma solo con l’udienza.

Anzi, dal punto di vista dell’avvocato, si percepisce nettamente se vi sia stata una pre-udienza, e lo si apprezza, perché si traduce in una conduzione dell’udienza consapevole e interattiva sui punti fondamentali per decidere.

Il tema del convegno, quest’anno, è quello della partecipazione, nel procedimento e nel processo, in un mondo sempre meno fondato sul cartaceo.

Nel Veneto avevamo in corso una sperimentazione che, di fatto, è stata bloccata dall’emergenza sanitaria, ma che ben potrà ora riprendere, su un oggetto atipico quale l’udienza camerale “filtro”.

Un’udienza camerale nella quale, senza che siano richiesti provvedimenti cautelari, può svolgersi una valutazione “partecipata” su ciò che si rende necessario per giungere alla definizione del giudizio; sull’istruttoria che deve essere compiuta; sui modi per il superamento della controversia.

E’ un uso nuovo di strumenti che già ci sono.

E’ una dimostrazione di ciò che dicevo prima: in questa situazione post-emergenziale – e speriamo che sia davvero “post” – dobbiamo cercare insieme i modi per far funzionare al meglio un procedimento che non è più quello di trent’anni fa; e un processo che non è più quello di dieci anni fa.

Chiudo con una citazione.

Roland Barthes, figura mitica della cultura europea del ’900, diceva che attraversiamo varie fasi.

Esiste un’età in cui si insegna quello che si sa.

Poi viene un’età in cui si insegna quello che non si sa, nel tentativo di andare oltre.

Infine, viene un’età in cui si cerca insieme. Nessuna ricetta precostituita, nessuna gerarchia, più nulla da insegnare: si deve, anzi, perfino un po’disimparare ciò che si sapeva.

Credo che questo sia il momento in cui dobbiamo cercare insieme.

Stefano Bigolaro

Presidente dell’Associazione Veneta degli Avvocati Amministrativisti

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