Accolgo con dispiacere l’annuncio di Francesco Volpe di non volersi più ricandidare, dopo vent’anni di prezioso servizio, alla carica di consigliere della nostra Associazione. Non posso dire che la notizia mi colga impreparato, visto che Francesco mi aveva confidenzialmente anticipato nei giorni scorsi questa sua decisione, spiegandomene anche le ragioni e resistendo al mio invito a ripensarci. Ma questo non rende meno difficile accettare la sua scelta e abituarmi all’idea di non saperlo più consigliere.

Per tre quinti di quel ventennale cammino, infatti, ho condiviso con Francesco l’onore di sedere all’interno dello stesso consiglio, apprezzandone il rigore, l’onestà e la schiettezza, prima ancora della non comune abilità oratoria e di quella finezza e limpidità di pensiero, che tutti gli riconosciamo.

Si poteva, del resto, non essere d’accordo con lui (e spesso, anzi, questo accadeva, soprattutto a chi, come me, era più incline di lui a cercare la mediazione), ma non si poteva mai dire che il suo contributo alla discussione non fosse meditato e motivato, che le posizioni da lui sostenute non fossero scevre dal perseguimento di un personale interesse e che, nel sostenerle con forza, egli non mirasse senza riserve al perseguimento dell’interesse comune.

Vedo perciò nella decisione di Francesco, che non condivido ma rispetto, un’oggettiva perdita per tutti noi.

Lo affermo con piena consapevolezza, pur restando convinto che, anche al di fuori del consiglio direttivo, egli non saprà e non vorrà far mancare il suo prezioso contributo, anche critico e propulsivo, a quanti ne faranno parte, reggendo il timone dell’Associazione.

Per quello che ha fatto e per quello che continuerà a fare, in ogni caso, mi permetto di ringraziarlo qui pubblicamente, sapendo di interpretare il comune sentimento degli associati.

L’esternazione di Francesco, tuttavia, m’induce a non restare indifferente e a manifestare in questa sede quello che penso.

L’eredità lasciata dall’attuale consiglio e dal suo presidente, Stefano Bigolaro, è certamente importante e non sarà facile, per chi verrà dopo, mantenere i livelli raggiunti in questi anni, durante i quali sono notevolmente e continuamente aumentati l’interesse e il consenso verso il nostro sodalizio.

Ma abbiamo tutti il dovere di guardare al futuro e non al passato; e di farlo con ottimismo, perché è nostra, e solo nostra, la responsabilità di trasmettere alle generazioni future i valori che abbiamo ereditato e che avvertiamo ogni giorno minacciati da chi vede nel nostro lavoro un ostacolo all’efficienza dell’azione amministrativa, anziché un presidio per la sua legalità.

Constato perciò con fiduciosa speranza che, in piena e lineare continuità d’azione, il governo dell’Associazione è passato dalla generazione dei Fondatori a quanti hanno da loro imparato ad amare e rispettare la professione e che l’Associazione hanno fatto crescere in considerazione ed importanza; e osservo che è già quasi giunto il tempo, anche per questi ultimi, di affidare il testimone a coloro che non erano ancora nati quando i Tribunali amministrativi venivano istituiti.

Credo fermamente, del resto, nel rinnovamento delle Istituzioni. E il rinnovamento delle Istituzioni passa necessariamente attraverso un democratico avvicendamento delle persone. Per questo motivo feci tre anni fa la stessa scelta di Francesco, lasciando libero il mio posto di consigliere e segretario.

E non pensavo, sinceramente, che si sarebbe presentata l’occasione per ricandidarmi. 

Avverto però la difficoltà del momento. La scomparsa di figure di riferimento, come Ivone Cacciavillani, la preannunciata uscita dal direttivo di consiglieri di esperienza, come Francesco Volpe, l’indisponibilità di altri stimatissimi Colleghi a farne parte, per le più varie ragioni di carattere personale, l’impossibilità di avere ancora alla guida dell’Associazione una persona carismatica come Stefano Bigolaro, mi inducono a non restare insensibile all’invito che alcuni Amici mi hanno rivolto a portare ancora una volta il mio contributo alla vita associativa, come componente del prossimo consiglio direttivo.

Per questo motivo, con la stessa trasparenza con la quale Francesco ha ritenuto di annunciare il suo ritiro, credo essere mio dovere annunciare la disponibilità, se votato, a prenderne il posto, col solo obiettivo, però, di restare il meno possibile nel consiglio, per sostenere e far crescere chi vorrà e potrà in futuro farne parte.

Non credo, invero, che essere chiamati a far parte del consiglio direttivo rappresenti un premio alla carriera o possa arrecare particolari benefici o vantaggi. Penso, piuttosto, che l’essere consigliere rappresenti un servizio e una responsabilità verso gli associati, il cui interesse deve sempre venire prima dell’interesse personale. E che sia molto più facile, in questo ruolo, attirare delle critiche che ottenere dei consensi. Nondimeno, sono pronto, se lo vorranno gli associati, a correre nuovamente questo rischio.

Ma desidero chiudere questo mio outing tornando all’Amico che n’è stato la causa.

Sono quasi certo, per quanto conosco Francesco, che la scelta delle parole con le quali egli ha intitolato il suo messaggio di commiato, non sia affatto casuale. E penso immediatamente al romanzo di Alexandre Dumas “Venti anni dopo”.

Anche se il richiamo al titolo di quel celebre romanzo fosse stato involontario, l’accostamento mi sembra quanto mai appropriato, perché anche all’interno della nostra Associazione, nella quale non possono e non devono certo mancare il confronto e la critica, vale per me sopra a tutto il motto che fu dei moschettieri del re e che tutti ben conosciamo: “Uno per tutti e tutti per uno”.

Giunga intanto, al caro Amico Francesco, il mio fraterno e grato saluto.

Alessandro Calegari

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