Porto il saluto dell’Associazione veneta degli avvocati amministrativisti a tutti i presenti. Ringrazio gli illustri relatori, coloro che hanno organizzato questo convegno, giunto alla 29ª edizione, e tutti coloro che hanno fornito il proprio apporto. Dovrei fare molti nomi, ne farò uno solo per tutti, Alessandro Calegari, in rappresentanza di un lavoro corale.

La tematica del convegno è – a mio avviso – di grande interesse, originata da una riflessione concreta sul ciclone dello scorso anno, su fatti che ci hanno coinvolto direttamente, che ci hanno unito alle Regioni contermini.

Del tema lascio però ai relatori di parlarne. Mi limito a rilevare una coincidenza significativa. Nello stesso momento in cui le vengono assegnati i Giochi olimpici del 2026, Cortina ospita questo importante convegno, dedicato ai limiti dello sfruttamento del territorio.

Cortina è da sempre attenta alla tutela del territorio. L’assegnazione delle Olimpiadi del 2026 va inserita in questo quadro.

E’ stata una vittoria, e suscita entusiasmo. Però non abbiamo vinto la sfida, abbiamo conquistato la possibilità di affrontare la sfida. Una sfida con noi stessi, prima di tutto. Che ha una parola d’ordine: responsabilità.

Responsabilità a vari livelli: quella delle Amministrazioni, quella degli amministratori, quella dei funzionari; e – fondamentale – quella dei cittadini.

E poi la responsabilità degli avvocati, specie di noi che ci occupiamo di amministrativo. Una responsabilità molto pesante nell’aver a che fare con interessi di così grande portata e con valori pubblici fondamentali.

Le scelte compiute devono essere le migliori perché resteranno nel tempo. I danni che si fanno sul territorio sono stabili, passano di generazione in generazione. E dobbiamo contribuire a lasciarne il meno possibile a chi verrà dopo di noi.

Ma il mio compito oggi è di ricordare che il convegno è dedicato a Feliciano Benvenuti, che è stato fondatore e primo presidente di questa Associazione.

Spero anzi che il prossimo anno questo convegno, nella sua 30ª edizione, possa coincidere con il congresso nazionale degli avvocati amministrativisti, sui temi cari a Benvenuti del procedimento e del processo amministrativo.

Vent’anni fa, il 16 luglio del 1999, moriva Feliciano Benvenuti.

Ricordo bene, ero in studio, Vittorio Domenichelli era a Londra, ci si guardò intorno e io scrissi il necrologio. L’ho tenuto per anni, ora l’ho cercato e non l’ho più trovato, succede sempre così.

Appartengo alla generazione di quelli che hanno fatto in tempo a vedere Feliciano Benvenuti, anche a scambiarci qualche parola, ma non certo a conoscerlo. Alla generazione cui lui si rivolgeva nei suoi ultimi anni.

L’episodio più significativo è quello del discorso fatto a braccio da Benvenuti nel 1991 all’inaugurazione della scuola per i praticanti procuratori legali dell’epoca a Venezia. Dobbiamo a Enrico Gaz di aver registrato su una cassetta quel discorso, averlo conservato, averlo trascritto e pubblicato a molti anni di distanza.

Un discorso che rimane emozionante, quando Benvenuti chiede: perché siete qui? E’ giugno, è caldo, perché non siete al mare? Qualcuno forse vuole diventare avvocato per una tradizione di famiglia, qualcuno per fare soldi. Ma la risposta vera è che siete qui per realizzare la vocazione al meglio di voi stessi.

Però la mia generazione, se ha fatto in tempo a vedere la persona, ne ha capito di più il pensiero in questi ultimi vent’anni. Un pensiero che ha rivelato la sua straordinaria modernità, attualità e importanza.

Per esempio: ho ritrovato le conclusioni di Feliciano Benvenuti al convegno di Cortina del 1992, uno dei primi, dedicato all’edilizia e le funzioni locali nel territorio tutelato.

Ripercorre gli interventi di Stevanato, di Abbamonte, degli altri relatori. Spazia sui vari temi giungendo a problemi che sono quelli attuali, e che ci sono ora ben noti.

Dice Benvenuti: “Breganze e la Filippi hanno sottolineato gli aspetti che derivano dal concorso (o dalla concorrenza?) di più autorità della materia urbanistica.

Ora, mentre riteniamo che questa materia abbia un carattere di globalità, (…) al tempo stesso dobbiamo rilevare la frammentazione delle competenze.”

“Si tratta quindi di un problema di contemporaneizzazione e insieme di contemperamento dell’esercizio delle competenze, il che vuol dire trovare dei luoghi, naturalmente ideali, nei quali le competenze si esprimono, con il coraggio di dare dei pesi alle diverse ma concorrenti competenze; (…) certi interessi debbono pesare più degli altri.”

“Poiché dobbiamo procedere, dobbiamo dare delle priorità.

Sta evidentemente parlando della conferenza di servizi, e lo fa subito dopo la sua nascita, con la 241, e già ponendosi il problema che ben conosciamo dei pesi delle amministrazioni partecipanti, preposte a interessi tutti pubblici ma non tutti uguali.

Prosegue Benvenuti:

Apparentemente la pianificazione urbanistica si avvale di un comodo paravento consistendo in planigrafie con tanti colorini, con tanti retini”.

Ma “c’è una deficienza nella nostra normazione in quanto si impedisce la elasticità del piano”.

“Allora il compito dei figli” – credo si riferisse a noi ora – “è quello di cercare di equilibrare la rigidità normativa con la necessità dell’elasticità delle esigenze economico sociali”.

E’ appena il caso di ricordare qui che il problema dei limiti della pianificazione generale si è rivelato negli ultimi anni in tutta la sua importanza.

E poi, prosegue Benvenuti, “il piano regolatore va studiato con un metodo induttivo, cioè prendendo per base le cose che esistono, le oggettività, tenendo presente che anche le comunità, le società degli uomini, si muovono secondo principi di spontaneità che non c’è nessuna legge che può impedire.

Insomma, giungiamo al senso delle cose: i piani devono adeguarsi alla società, non la società ai piani.

È un pezzo di bravura. E qui Benvenuti inserisce il tema della partecipazione dei cittadini: “I piani regolatori fatti secondo quanto vuole la nostra legislazione, e cioè sulla base dei principi dedotti da criteri di carattere generale, non consentiranno mai di andare incontro alle esigenze dei cittadini.”

“Noi dobbiamo completamente cambiare mentalità.” I cittadini possono sì presentare osservazioni od opposizioni, ma non intervengono nel processo di preparazione del piano. E “quando esso è già interamente formato, non è più realisticamente possibile modificarlo”.

Il discorso, quindi, partendo dalla pianificazione si apre alla rappresentatività. Dice Benvenuti: “lo so che è difficile, perché contemporaneamente ciò denuncia la crisi profonda della rappresentatività: la rappresentatività attuata mediante le elezioni è fondamentale ma ormai insufficiente. Occorre giungere ad associare direttamente i cittadini all’esercizio della funzione pubblica.

Non c’è un pensiero che sia scontato, e che non si inserisca in una visione generale.

Siamo passati dal tema di quel convegno di Cortina del 1992 al quadro complessivo, in cui è valorizzato particolarmente il momento procedimentale (con quella legge sul procedimento di cui Benvenuti è uno i padri).

E’ di poco dopo (1995) un breve testo che Benvenuti intitola “Sull’impatto del procedimento nell’organizzazione e nell’ordinamento (quasi una conclusione autobiografica).

Scrive Benvenuti: “Con l’introduzione del procedimento, il cittadino entra in un rapporto attivo con l’amministrazione attraverso l’esercizio di poteri di codeterminazione.”

“Dire che si tratta di una rivoluzione è forse eccessivo, ma è certo che si tratta del punto di arrivo di un’evoluzione che porta il sistema dello stato di diritto ai suoi più estremi, e d’altronde inevitabili, confini”.

Siamo alla conclusione, e Benvenuti scrive: “Se un tale svolgimento possa essere rapido o lento non è certo possibile capire, ma quello che è sicuro è che con l’introduzione del procedimento si è introdotto un primo elemento innovatore che non può restare confinato nel solo spazio del diritto amministrativo”.

Siamo partiti dai PRG e stiamo andando oltre il diritto amministrativo.

Per concludere, voglio pensare che le riforme dell’anno 1990, e mi sembra che così potrebbero essere chiamate, siano la conclusione di un moto che viene delle riforme del 1789” – la rivoluzione francese – “e devo confessare che sono lieto di aver visto una siffatta conclusione. Ma più ancora godo di vedere l’inizio di una nuova grande storia di cui posso solo intuire gli svolgimenti, ma che auguro altri possano vedere in tutta la sua feconda estensione”.

Ma questa nuova grande storia, noi la stiamo vedendo?

E qui arriviamo al punto.

La straordinaria attualità del pensiero di Feliciano Benvenuti sta nell’aver interpretato e dato voce a una sensibilità che stava sorgendo e che si stava consolidando. Nell’aver visto la prospettiva verso cui si andava.

Ma l’attualità sta anche nel fatto che quella prospettiva è un obiettivo ancora lontano da raggiungere e che per questo rimane avanti a noi.

Stefano Bigolaro

Presidente dell’Associazione veneta degli avvocati amministrativisti

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