SOMMARIO: 1- In generale; 2- I residui del primo PTRC con valenza paesistica e le prospettive di un piano paesaggistico ex novo; 3- La valorizzazione del patrimonio culturale: A) il paesaggio; 4- Segue -La valorizzazione del patrimonio culturale: B) i beni  culturali; 5- La crescita sociale e culturale; 6- Le previsioni culturali del Documento per la valorizzazione del paesaggio veneto; 7- Valorizzazione del patrimonio culturale e adeguamento degli strumenti degli enti locali; 8- Conclusioni

 1) In generale

Come noto, il primo Piano Territoriale Regionale di Coordinamento del Veneto, con valenza paesistica, fu adottato nel 1986 ed approvato nel 1992. Una ventina d’anni dopo l’adozione, la Regione iniziò a predisporre una rielaborazione dello stesso, ma l’entrata in vigore del c.d. decreto Rutelli, il d. lgs. n. 63 del 2008, che ha portato all’obbligo della copianificazione tra Stato e Regione, rimise tutto in discussione.

Quindi, dopo che a lungo si era ritenuto che il Veneto sarebbe stata la prima Regione ad approvare un piano paesaggistico adeguato alle previsioni del Codice dei beni culturali e del paesaggio, per una serie di ragioni (non disgiunte dal fatto che erano mutati i vertici amministrativi della Regione e del Segretariato Regionale del MIBACT…) il clima di collaborazione tra Stato e Regione non fu più, come all’inizio, nell’immediato, idilliaco ed i lavori rallentarono.

Sicchè si giunse all’adozione nel 2009 d’un nuovo PTRC senza valenza paesaggistica: attribuita allo stesso, con una variante, solo nel 2013. E questo nuovo piano, dopo che già da anni erano scadute le misure di salvaguardia  conseguenti alla sua adozione, è stato ora approvato, con Deliberazione del Consiglio Regionale n. 62 del 30 giugno 2020, “per la sola parte urbanistica di competenza” e senza più attribuzione della valenza paesaggistica (e ciò con la generica e criptica motivazione : “per proprie autonome valutazioni”, come si legge nell’Allegato A alla successiva DGR n. 1176 dell’11 agosto 2020).

Anche se ciò non appare ictu oculi conforme a quanto stabilito dalla normativa regionale , per cui il PTRC dev’essere elaborato “nel rispetto della normativa di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n.42” (v., ex multis, l’art. 3 della L.R. n. 10 del 2011 e la legge regionale 10 agosto 2006, n. 18, che attribuisce al PTRC la natura di “piano urbanistico territoriale con specifica considerazione dei valori paesaggistici”).

 

2) I residui del primo PTRC con valenza paesistica e le prospettive di un piano paesaggistico ex novo

Il nuovo piano territoriale regionale di coordinamento, entrato in vigore il 2 agosto 2020, ai sensi dell’articolo 82 delle Norme tecniche dello stesso, “sostituisce il PTRC 1992”.

Sicchè, non essendogli stata data valenza paesaggistica, sostituita è la disciplina urbanistica, ma assente diventa quella -correlata al D.Lgs. 42/2004- relativa al paesaggio: anche se l’art. 80, comma terzo, stabilisce che “resta…ferma la disciplina” non solo di cui alla parte II, ma anche alla parte III (relativa ai beni paesaggistici) del Codice dei beni culturali e del paesaggio.

Soppravive, però, qualche lacerto paesistico del PTRC del 1992.

L’art. 80, invero, ricorda come nel nuovo piano vi sia una Tavola destinata alla “Ricognizione degli Ambiti di tutela del PTRC 1992” (che dunque sembrano permanere).

Non solo. Pur essendo il Piano solo urbanistico, viene dettata una disciplina per tali ambiti: particolarmente dettagliata proprio per quelli “di interesse naturalistico-ambientale”, e sono in ogni caso “fatte salve le previsioni degli strumenti territoriali e urbanistici approvati dopo l’entrata in vigore del PTRC 1992 in adeguamento al medesimo”.

Tutto ciò “in attesa della disciplina paesaggistica recata dai”  14 “Piani Paesaggistici Regionali d’Ambito (PRRA)”, che l’art. 72 prevede siano redatti dalla Giunta regionale, congiuntamente con il MIBACT, “nel rispetto degli obblighi assunti dal MIBACT e dalla Regione del Veneto per l’elaborazione congiunta dei piani paesaggistici ai sensi del d. lgs. 42/2004” (anche se i termini fissati dal relativo Protocollo d’Intesa del 2009 sono ampiamente scaduti: ormai da più di due lustri).

Ma ecco che, 9 giorni dopo l’entrata in vigore del nuovo PTRC, con Deliberazione della Giunta Regionale n. 1176 dell’11 agosto 2020 è stato approvato lo “schema di Protocollo d’Intesa ” tra la Regione del Veneto e il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, “per l’elaborazione congiunta del Piano paesaggistico regionale”: dato che il Consiglio regionale del Veneto, con la deliberazione n. 62 del 30 giugno 2020, “ha approvato il Piano Territoriale Regionale di Coordinamento (PTRC) per la sola parte urbanistica di competenza ”.

E nel protocollo si precisa che è “necessario ed urgente pervenire alla redazione del Piano paesaggistico regionale del Veneto distinto dal PTRC di recente approvato”: da predisporsi congiuntamente tra Ministero e Regione, entro il 2023, ed “esteso a tutto il territorio regionale”.

Dunque, presto (?) vi saranno 2 piani distinti di livello regionale: il PTRC ed il Piano paesaggistico, con tutte le problematiche di possibili non uniformità che si erano fino a poco tempo addietro –così come già fatto con il Piano del 1992- volute evitare lavorando ancora ad un unico Piano territoriale regionale di coordinamento con valenza paesaggistica e, quindi, così adottandolo.

Frattanto, come si legge nel “Prologo” alle Norme tecniche del nuovo Piano testè approvato  (la cui prosa più idonea collocazione avrebbe trovato nella Relazione), “il PTRC affronta e risolve, per ora solo in parte, la sfida di offrire un quadro conoscitivo unitario, chiaro e completo, dei vincoli gravanti sul territorio veneto” (alcuni dei quali, peraltro, “sono istituiti e disciplinati dalla legislazione statale e necessitano di essere rivisitati e meglio disciplinati” dal Piano paesaggistico) e, ex art. 67, “riconosce il patrimonio storico e culturale, anche non oggetto di tutela ai sensi del…Codice dei beni culturali e del paesaggio…quale elemento conformante il territorio ed il paesaggio e quale componente identitaria delle comunità che vi insistono, promuovendone la conoscenza, la catalogazione, la salvaguardia e la valorizzazione in tutte le sue forme ”.

 

3) La valorizzazione del patrimonio culturale: A) il paesaggio

L’articolo 2 del Codice dei beni culturali e del paesaggio stabilisce che “il patrimonio culturale è costituito dai beni culturali e dai beni paesaggistici” vincolati ai sensi del Codice stesso.

Ma non mancano altre disposizioni diverse e relative a specifiche realtà: come, ad esempio, quella di cui all’art. 1 della legge 12 dicembre 2016, n. 238, che definisce “patrimonio culturale” addirittura “nazionale” “il vino prodotto dalla vite, la vite e i territori viticoli, quali frutto del lavoro, dell’insieme delle competenze, delle conoscenze, delle pratiche e delle tradizioni” (e ciò a prescindere da qualunque riferimento ai vincoli posti dal Codice).

Chiunque può –e, in primis, le Regioni devono-  provvedere a contribuire alla valorizzazione del patrimonio culturale.

Quindi, pur in assenza ancora del piano paesaggistico, il PTRC (di cui è previsto un periodico monitoraggio: che, come si legge nel Comunicato n. 1284 del 10 settembre 2020, sarà anche “satellitare” grazie all’accordo raggiunto dalla Regione con il Centro di studi spaziali dell’Università di Padova, e che -leggendo per ora nella sfera di cristallo-, riguarderà in futuro anche “la verifica di coerenza della pianificazione territoriale con le previsioni della pianificazione paesaggistica, una volta definita la stessa d’intesa con il MIBACT”…!: anche con riferimento, dunque, alla componente del patrimonio culturale data dai beni paesaggistici), nel Preambolo delle sue Norme afferma che intende assicurare “la tutela” –impossibile, peraltro, se si tratta dei beni di cui al Codice, in quanto riservata al solo Stato- “e la valorizzazione del paesaggio in tutte  le sue espressioni”.

Del resto, ai sensi dell’art. 24 della L.R. n. 11 del 2004, il PTRC dev’essere redatto “in coerenza con il programma regionale di sviluppo” (il piano del 1992 lo è stato addirittura “sulla base” dello stesso): ed il PRS, approvato con la L.R. 9/3/2007, n. 5, ha stabilito che tra gli obiettivi prioritari della programmazione regionale rientrino anche “la tutela e la valorizzazione dei valori paesaggistici ed ambientali presenti nel territorio regionale, il superamento dell’attuale sistema vincolistico, la promozione di una nuova sensibilità verso le politiche dell’ambiente e  del paesaggio che indirizzino la pianificazione verso criteri paesaggistico-ambientali di rispetto delle vocazioni e potenzialità di tutto il territorio e non esclusivamente delle aree oggetto di vincolo ”.

Sicchè il nuovo PTRC , pur in assenza di valenza paesaggistica, nella sua Relazione illustrativa (267 pagine!), visto il “rischio di una perdita irreversibile per il paesaggio e la biodiversità” (pag. 19) ha precisato che la pianificazione regionale ha “l’onere di elaborare una griglia di raccomandazioni” (pag. 28), fornendo “una rete di criteri e di indirizzi ” in base ai quali gli enti locali “possono coerentemente elaborare i propri strumenti di … pianificazione” (pag.28).

Il nuovo piano intende “costituire uno strumento articolato per direttive” -pag. 65-, che “punta a raccontare il Veneto che verrà” (pag. 266). Non tanto prescrizioni, dunque, ma direttive e indirizzi, in quanto “la disciplina urbanistica si è affrancata dall’idea di vincolo e ha spostato l’accento sulla vision.” (sic!), “dalla norma cogente all’opportunità e alla potenzialità” (pag. 53).

In quest’ottica, dunque, i beni naturali “vanno riguardati … come risorse e opportunità ai fini dello sviluppo economico e  civile” (pag. 227).

E l’Allegato D al Piano territoriale regionale di  coordinamento, il Documento per la valorizzazione del paesaggio veneto, si diffonde ampiamente sullo stesso (in 493 pagine!) e già dà per scontato che “il piano paesaggistico che sarà redatto, congiuntamente con il MIBACT, ai sensi del D.Lgs. 42/2004, svilupperà strategie e obiettivi tenendo conto anche di quanto ” in esso “illustrato” (pag. 9).

In attesa dello stesso, le Norme Tecniche del PTRC si preoccupano, intanto, tra l’altro,  ma in particolare, della conservazione del paesaggio agrario (art. 11); della salvaguardia delle caratteristiche del paesaggio forestale (art. 12); della preservazione degli ambienti naturali con habitat ancora integro (art. 16); dell’individuazione d’una rete ecologica regionale, al fine di tutelare e accrescere la biodiversità (art. 26); del quasi divieto (non è di regola consentita”) dell’installazione di impianti di gestione rifiuti o discariche nelle aree sottoposte a vincolo (art. 35); della realizzabilità di strutture per il turismo acqueo con un “corretto inserimento” e senza “pregiudicare la fruibilità del paesaggio” (art. 55); del “favorire la competitività del territorio montano” (art. 59); del riconoscere “il sistema delle città costiere , lacuali, lagunari e marine, come risorsa per la difesa e la gestione degli ambiti storici, paesaggistici e ambientali” (art. 66); della valorizzazione dei parchi e giardini di rilevanza paesaggistica (art. 76).

 

4) Segue -La valorizzazione del patrimonio culturale: B) i beni  culturali

L’art. 24, 1° comma, lettera c), della L.R.  n. 11 del 2004, precisa che il PTRC (che, ovviamente, anche se nel Preambolo della sua delibera di approvazione non viene menzionato, deve o dovrebbe  tener conto anche della L.R. n. 17 del 2019, la “legge per cultura”, dato che essa disciplina gli interventi della Regione Veneto in materia di valorizzazione dei beni culturali),  tra l’altro, “indica i criteri per la conservazione dei beni culturali, architettonici e archeologici, nonché per la tutela delle identità storico-culturali dei luoghi, disciplinando le forme di tutela, valorizzazione e riqualificazione del territorio in funzione del livello di integrità e rilevanza dei valori paesaggistici”.

E ciò “in coerenza con il programma regionale di sviluppo” (approvato con L.R. n. 3 del 9 marzo 2007) che afferma che “le politiche regionali sono volte a tutelare e conservare, con lo Stato, i beni culturali, come definiti nel Codice dei beni culturali e del paesaggio” (pag. 76) e che la Regione, in tema di valorizzazione, deve svolgere un “ruolo di regia”, mirante a “valorizzare il bene culturale come fattore di ricchezza, capace cioè di produrre crescita economica diretta” (pag. 78).

Di qui l’indicazione del Preambolo delle Norme Tecniche per cui “il PTRC riconosce e valorizza i beni culturali e tradizionali che contrappuntano”  -verbo, per vero, di norma riservato alla musica-“l’intero territorio regionale” formando “una rete culturale ” (pag. VI) e la disposizione dell’art. 67 che ribadisce che “la Regione riconosce il patrimonio storico e culturale, anche non oggetto di tutela” ai sensi del Codice, “quale elemento conformante il territorio ed il paesaggio e quale componente identitaria delle comunità che vi insistono, promuovendone la conoscenza, la catalogazione, la salvaguardia e la valorizzazione in tutte le sue forme”.

E la Relazione illustrativa del Piano specifica (pag. 28) che, per far ciò, è elaborata “una griglia di raccomandazioni politico-programmatiche ed azioni mirate” e viene fornita “una rete di criteri e di indirizzi” .

 

5) La crescita sociale e culturale

Nell’ambito del Titolo X delle Norme Tecniche del Piano, dedicato alla disciplina de “il paesaggio veneto” (in cui, evidentemente, va ricompreso anche il paesaggio culturale), il Capo I ha come rubrica “Crescita sociale e culturale” e riguarda essenzialmente il “patrimonio storico e culturale”: che, come sopra si ricordava, è dalla Regione riconosciuto, anche se non oggetto di tutela ai sensi del D. lgs. n. 42/2004, quale elemento conformante il territorio ed il paesaggio e quale componente identitaria delle comunità che vi insistono.

L’art. 67 ne prevede, quindi, la “valorizzazione in tutte le sue forme” e, a tal fine, “promuove iniziative di carattere culturale, anche attraverso specifici progetti strategici, ai sensi dell’articolo 26 della L.R. n.11/2004”: sia “puntuali”, concernenti singoli beni da salvaguardare e valorizzare, sia “lineari”, cioè riguardanti percorsi culturali-testimoniali, sia “areali”, riguardanti strutture diffuse che caratterizzano il relativo territorio nel suo complesso. Ma sono previste anche “subaree”, provinciali e comunali, “riferite ai beni storico-culturali”: che possono essere disciplinate, nel rispetto del Codice dei beni culturali e del paesaggio, dagli strumenti di pianificazione territoriale ed urbanistica al fine –tra l’altro- di mantenere e valorizzarne l’assetto storico-monumentale (art. 68).

Particolarmente significativo è però quanto stabilito dall’articolo 69 in ordine ai “sistemi culturali territoriali”: per cui, come precisa la Relazione illustrativa (a pag. 242), “dovranno esssere costituite specifiche politiche basate sulle relazioni virtuose che intercorrono tra la componente culturale e paesaggistica, la fruizione del bene ed i settori ad essa collegati”.

Si tratta di alcuni “luoghi privilegiati, individuati come sistemi culturali, caratterizzati da identità culturale comune .

E quelli “prioritariamente riconosciuti” (anche se su di essi il PTRC rinvia al successivo art. 71: per cui se ne tratterà nel paragrafo seguente) sono individuati come “Sistemi di Valore” nel Documento per la valorizzazione del paesaggio veneto.

Oltre a questi -“prioritari”- il Piano riconosce però anche una serie di altri sistemi culturali e li elenca, sia pur in una sorta di pot-pourri e senza precisare come intenda effettuarne la valorizzazione.

 

A) “Percorsi archeologici delle vie Claudia Augusta e Annia e Popilia con le città antiche di Altino e Concordia Sagittaria, Adria e Padova e territori interessati dalla presenza dei segni della centuriazione romana ”. Con riferimento agli stessi, “nel rispetto del d. lgs. 42/2004”, devono essere dalla Regione promossi processi di valorizzazione delle vestigia dei tracciati delle antiche strade romane, attraverso azioni volte a favorirne la conoscenza e a salvaguardare i principali contesti territoriali interessati.

B) “Città murate

La Regione promuove la costituzione di un sistema culturale diffuso, rappresentato dalla “rete delle città murate medioevali e rinascimentali del Veneto”, e incentiva l’elaborazione di strategie finalizzate all’individuazione delle potenzialità della risorsa culturale, al recupero delle strutture edilizie caratterizzanti degradate, alla riqualificazione dei contesti significativi per la percezione dei luoghi, alla promozione delle attività connesse alla valorizzazione e fruizione di beni culturali e allo sviluppo delle discipline attinenti al restauro degli stessi.

C) “Luoghi identitari della Patria

La Regione promuove l’individuazione, il recupero e la valorizzazione dei “beni storici, architettonici e culturali correlati alla Grande Guerra”: anche se è difficile comprendere il perché solo alla stessa si faccia riferimento.

D) “Insediamenti rurali, malghe e architetture alpine e dolomitiche

Di questi è prevista la valorizzazione, anche se nessun riferimento è fatto alle loro –eventuali- caratteristiche culturali.

E) “Paesaggi Agrari Storici e Terrazzati

Essi sono riconosciuti dalla Regione al fine della loro conservazione attiva e della salvaguardia e valorizzazione delle loro componenti caratteristiche.

F) “Luoghi della fede

La Regione promuove non solo la valorizzazione ma anche la tutela (ovviamente se non già vincolati ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio) dei santuari, dei sacri monti e dei complessi monastici isolati nonché dei loro percorsi monumentali di accesso e delle vie della fede che li collegano.

G) “Luoghi interessati dall’Arte Contemporanea o da strutture museali

Anche di questi è prevista la  promozione non solo della valorizzazione ma anche della tutela (ma vedi supra sub F).

H) “Inoltre

La Regione riconosce, “per la non comune valenza testimoniale”:

1) “i sistemi lineari ordinatori del territorio” da valorizzare: via Ostiglia, via Postumia;

2) le vie d’acqua che attraversano o interessano direttamente i centri storici, da valorizzare, ove possibile, come elementi di miglioramento ambientale e percorsi per la lettura del territorio; il sistema dei manufatti idraulici e delle bonifiche.

Interessante, infine, è il disposto dell’articolo 70, in base al quale la Regione tutela e valorizza i luoghi, le case, le strade e gli insediamenti che hanno ispirato la vita e le opere di autori e figure culturali eminenti, anche promuovendo  la creazione di “Parchi culturali e letterari dedicati e destinati a far conoscere meglio i caratteri dei luoghi in cui sono nate le opere letterarie: e per questi elabora linee guida, piani e programmi.

Si tratta, come si legge nella Relazione Illustrativa del Piano (a pag. 235) di un “inizio esemplare di un percorso che potrà e dovrà avere ulteriori sviluppi”.

E va ricordato, al riguardo, che è stata istituita nel 2009, da Paesaggio culturale Italiano Srl, la rete “I parchi letterari”, che in Italia conta una ventina di adesioni, e che in Veneto già esiste il “Parco letterario Francesco Petrarca e dei  Colli Euganei”.

 

6) Le previsioni culturali del Documento per la valorizzazione del paesaggio veneto

Come si ricordava nel paragrafo precedente, l’art. 69, al terzo comma, stabilisce che “i sistemi culturali prioritariamente riconosciuti sono individuati come sistemi di valore nel Documento per la valorizzazione del paesaggio veneto”, che costituisce -come affermato dall’art. 71-, “quadro di riferimento per una pianificazione orientata all’uso consapevole e alla salvaguardia delle caratteristiche paesaggistiche del territorio regionale” .

Nel Documento -così precisa il terzo comma dell’art. 71 delle Norme Tecniche-, sono indicati i “sistemi di valori, rappresentativi del paesaggio e dell’identità regionale che includono come prima individuazione” (cui altre, evidentemente, faranno seguito) una serie di beni, in gran parte già vincolati come patrimonio culturale ai sensi del Codice e che, come precisa la Relazione Illustrativa del PTRC (a pagina 235), “anche se non sempre sottoposti a tutela paesaggistica” –ma per lo più, per vero, lo sono a quella culturale- “sono particolarmente rappresentativi del  paesaggio e dell’identità regionale” e “sono riconoscibili in maniera diffusa su  tutto il territorio regionale”.

Si tratta di 7 “sistemi di valori”.

A) “I siti patrimonio dell’ UNESCO

Per i siti veneti “attualmente” riconosciuti come Patrimonio mondiale dell’umanità dall’UNESCO (che il Documento ricorda, a pag. 33, poter essere “culturali, naturali o misti”) e per la Riserva della Biosfera del delta del Po riconosciuta all’interno del programma MAB dell’UNESCO, l’art. 73 prevede che la Regione promuova politiche locali, con finalità di salvaguardia e valorizzazione.

B) “Le Ville Venete

Nel Documento per la valorizzazione del paesaggio veneto è riportato l’elenco delle ville venete censite (ben 3.828: di cui una parte vincolata come bene culturale, una parte come bene paesaggistico, una parte senza vincoli ex D. lgs. 42/2004) e -giusta il disposto dell’art. 74- la Regione promuove la valorizzazione del sistema culturale diffuso rappresentato dalla rete delle stesse, considerate “patrimonio della cultura veneta”.

C) “Le Ville del Palladio

Il Documento –come precisa l’art. 75 delle Norme- individua le ventiquattro Ville del Palladio, tutelate ai sensi del D. Lgs. 42/2004, e delimita i perimetri delle relative aree di salvaguardia e valorizzazione in considerazione della valenza delle medesime Ville, iscritte, tra l’altro, tutte nell’elenco del patrimonio mondiale dell’UNESCO.

Ed a pagina 69 dello stesso Documento viene puntualizzato che la valorizzazione degli insediamenti di villa palladiani è prevista per “conseguire due specifici obiettivi: mantenere memoria della originaria ragion d’essere agraria di tali insediamenti e consentire, per quanto possibile, una percezione unitaria di un lascito architettonico –quale è quello palladiano- che è una delle espressioni più alte della cultura veneta”. E proprio per conseguire tali obiettivi, il PTRC ha “individuato ambiti agrari minimi di pertinenza di ciascun insediamento di villa palladiana”.

D) “Parchi e giardini di rilevanza paesaggistica

Degli stessi (1.319) –“di interesse storico, culturale, paesaggistico”- di cui la Regione, ex articolo 76 delle Norme Tecniche,  deve promuovere la conservazione e la valorizzazione, il Documento per la valorizzazione del paesaggio veneto pubblica “l’elenco”: che comprende  parchi e giardini sia già interessati dalla presenza di vincolo monumentale o paesaggistico che privi di tali tutele ed è, quindi (come si legge  a pagina 121) da considerarsi “esplorativo” (?).

E) “Forti e manufatti difensivi

La documentazione riporta un “primo elenco” (circa 250 siti storici) dell’ “insieme di forti” (definiti “testimoni della storia”), “ridotti., torri telemetriche, batterie, polveriere”, di “valore non soltanto storico-testimoniale, ma anche paesaggistico”. Ma a questi “potranno essere aggiunte caserme ed altri manufatti storici militari rilevanti ai fini della comprensione del sistema, così come i bunker della seconda guerra” (pag. 134).

Di essi la Regione, giusta il disposto dell’art. 77, promuove processi di recupero e valorizzazione, attraverso azioni volte a favorirne la conoscenza e la fruizione ed a salvaguardare i principali contesti territoriali interessati.

F) “Archeologia industriale

Tutto il territorio regionale è disseminato di reperti della prima industrializzazione. Si tratta sia di singoli manufatti (mulini, centrali idroelettriche, idrovore, fornaci, segherie, miniere, filande, ecc.) che di reti (ferrovie, tramvie, acquedotti, ecc.) e complessi (quartieri, villaggi e città operaie), di cui la Regione, ex art. 78, promuove la valorizzazione. Ma quello pubblicato dal Documento costituisce solo una “prima individuazione”, essendo l’ “elenco da intendersi aperto ed implementabile” (pag. 141).

G) “Architetture del Novecento

Nel Documento per la valorizzazione del paesaggio veneto è riportato un “primo elenco” di edifici, manufatti e sistemi di edifici, rappresentativi della produzione architettonica del Novecento, in relazione alla salvaguardia e valorizzazione dei quali l’art. 79 dà direttive ai Comuni.

Ma una completa ricognizione si impone per il “pericolo di rapida distruzione del patrimonio culturale del secolo scorso, …come dimostra l’avvenuta demolizione di molti edifici novecenteschi, anche di rilevante interesse, ma sconosciuti o sottovalutati” (pag. 234).

Invero, “la bellezza dei luoghi che” –per vero, solo talora- “scaturisce dall’intreccio tra progettualità umana e natura è un elemento fondamentale dell’identità veneta:molte” (ma non certo tutte) “di queste architetture ben rappresentano il connubio virtuoso tra capacità tecnica e paesaggio e si possono considerare a pieno titolo come tasselli dell’identità storica e culturale del Veneto” (come si legge nella Relazione Illustrativa del PTRC, a pag. 146)

E’ interessante, inoltre, notare che, ex art. 82 delle Norme Tecniche, il PTRC deve essere aggiornato con cadenza almeno decennale: ma che non necessitano di procedure di variante gli aggiornamenti riferiti a taluni (perché non tutti?) dei Sistemi di Valore testè visti. Ciò con riferimento: all’individuazione dei siti UNESCO e Riserve della Biosfera; alla precisazione delle aree di salvaguardia e valorizzazione delle Ville del Palladio; alla modifica e integrazione degli elenchi delle Architetture del Novecento. Ed egualmente è a dirsi per l’individuazione dei corridoi ecologici, ai sensi dell’articolo 27, e per le modifiche alle tavole di piano conseguenti al recepimento di specifiche normative o provvedimenti di settore statali o regionali.

 

7) “Valorizzazione del patrimonio culturale e adeguamento degli strumenti degli enti locali

A) La legge regionale 23 aprile 2004, n. 11, nel dettare norme per il governo del territorio e in materia di paesaggio, all’art. 3, 1° comma, stabilisce che “il governo del territorio si attua attraverso la pianificazione, urbanistica e territoriale, del Comune, della Provincia e della Regione” e precisa che, “in particolare, ciascun piano indica il complesso delle direttive per la redazione degli strumenti di livello inferiore e determina le prescrizioni e i vincoli automaticamente prevalenti”.

L’art. 23, 6° comma, della legge stabilisce, poi, che la Regione approvi il Piano territoriale di coordinamento provinciale solo se verifichi “la compatibilità del piano con il PTRC”.

E l’art. 12, 5° e 6° comma, prevede che l’approvazione del PTRC, del PTCP e delle loro varianti comporta “l’obbligo per i Comuni di adeguarsi” entro un anno, “adottando apposite varianti al piano di assetto del territorio (PAT) ed al piano degli interventi (PI)” che sviluppino le direttive attraverso opportune analisi ed approfondimenti pianificatori e attuino le prescrizioni adattando la individuazione dei vincoli in relazione alla diversa scala di rappresentazione.

Sicchè le Norme Tecniche del PTRC (dopo aver, al punto 7 del Preambolo, precisato che il PTRC è “un punto di partenza” e, che “tutti gli enti territoriali sono chiamati a cooperare nell’azione, con la varietà di strumenti, urbanistici e non, a loro disposizione”) hanno ribadito  che “il PTRC è strumento sovraordinato a tutti i piani territoriali ed urbanistici” (art. 4) e che “le Province, la Città metropolitana di Venezia e i Comuni”, entro un  anno dall’entrata in vigore del PTRC, “adeguono i propri strumenti territoriali e urbanistici ai contenuti dello stesso, ai sensi dell’articolo 3 e del comma 5 dell’articolo 12 della l.r. 11/2004”.

L’adeguamento può avvenire “anche con più varianti parziali, che devono comunque riguardare singole tematiche o ambiti territoriali omogenei”. Ma l’inutile decorso di 12 mesi senza che si sia provveduto al riguardo comporta “l’applicazione dei poteri sostitutivi ai sensi dell’articolo 30 della L.R. 11/2004” (art. 81 delle Norme Tecniche del Piano).

Contraddittorio con quanto sopra appare, quindi, quanto si legge nella Relazione Illustrativa del PTRC, laddove (pag. 65) si afferma che il nuovo Piano Territoriale Regionale di Coordinamento “non intende rappresentare un ulteriore livello di normazione gerarchica e vincolante ” e, molto poeticamente, che “le tavole” del PTRC “sono quasi un’allegoria della pianificazione, un documento che rappresenta senza essere cogente, che suggerisce di interpretare le << indicazioni normative>>” (pag. 265).

B) Anche limitandosi –come il tema impone- all’essenziale dei soli adeguamenti connessi con il patrimonio culturale, appare di tutta evidenza la vastità del compito degli enti locali.

1) Invero, nel sistema del territorio rurale la pianificazione locale è orientata, tra l’altro, a promuovere e sostenere gli interventi di riqualificazione ambientale e paesaggistica del territorio rurale, anche: prevedendo invarianti per gli ambiti più significativi; promuovendo pratiche colturali che garantiscano la conservazione o il ripristino dei paesaggi agrari storici; potenziando gli elementi ad alto valore naturalistico esistenti (art. 7).

2) Nel sistema del suolo agroforestale, essendo gli stessi risorse per il paesaggio, i Comuni devono individuare pascoli, prati stabili e praterie storiche, specificando adeguate misure per mantenerne il valore naturalistico (articoli 13 e 14).

3) Per quanto attiene al sistema idrogeologico e del rischio sismico, i Comuni devono: elaborare il “Piano delle acque” (PdA) per individuare le criticità idrauliche e, così come gli altri enti locali, promuovere la difesa geologica del territorio; le Province e la Città metropolitana di Venezia devono delimitare le aree nelle quali il fenomeno della subsidenza si manifesta in modo significativo (articoli 21, 23, 24).

4) Quanto alla biodiversità, tutti gli enti locali recepiscono, nei propri strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica, la Rete ecologica regionale, adeguandosi a quanto in essa previsto, ed individuando e disciplinando il patrimonio geologico meritevole di tutela (grotte ed aree comprendenti i più caratteristici monumenti naturali e sorgenti).

Le Province e la Città metropolitana di Venezia, nei loro strumenti di pianificazione territoriale, definiscono le azioni necessarie per il miglioramento della funzionalità ecologica degli habitat e delle specie nei corridoi ecologici: ed i Comuni individuano le misure volte a minimizzare gli effetti causati dai processi di antropizzazione o trasformazione sugli stessi (articoli 26-27-28).

5) Per l’ambiente, i piani degli enti locali devono accompagnare con forme di mitigazione le previsioni di significative trasformazioni del suolo che prevedono una riduzione delle superfici ad area verde (art. 36).

6) Per ciò che attiene il sistema produttivo, nei “territori geograficamente strutturati” le Province individuano gli ambiti collinari, pedemontani e dell’alta pianura da sottoporre a specifici progetti di riqualificazione e riorganizzazione.

Tutti gli enti locali devono poi, nei loro piani, prevedere norme che favoriscano la crescita di attività legate al “turismo di fruizione del patrimonio culturale, storico, artistico, territoriale e paesaggistico ambientale” (articoli 45 e 47).

7) Per favorire lo sviluppo economico turistico, gli enti locali, con riferimento al “turismo delle eccellenze culturali e religiose”, nei loro piani promuovono adeguati interventi di riequilibrio del sistema urbano e territoriale (art. 52).

E, quanto al turismo montano, marino, lagunare e fluviale, devono favorire la tutela dell’ambiente e del paesaggio, far sì che la realizzazione di nuove strutture turistico-ricettive preveda un corretto inserimento e non pregiudichi la fruibilità dello stesso, ed occuparsi financo del “turismo emergente”, individuando le spiagge, i boschi, i parchi e gli altri ambienti naturali dove può essere esercitata la “pratica del turismo naturista” (e cioè il nudismo!): articoli 53, 55 e 58.

8) Quanto alla montagna, i Comuni devono indicare ambiti territoriali, paesaggi e contesti edilizi meritevoli di salvaguardia, sostegno e valorizzazione e disciplinare lo sviluppo urbano di fondovalle nel rispetto dei caratteri insediativi locali e del valore naturalistico e paesaggistico del territorio (art. 59).

9) In ordine alle città, definite “motore del futuro”, i Comuni sono chiamati a molte incombenze, tra cui quella –prioritaria- di tutelare e rivitalizzare i centri storici, al fine di evitare processi di abbandono, e quella di tutelare e valorizzare “l’unicità” delle città costiere, lacuali, lagunari e marittime, come risorsa per la difesa e la gestione degli ambiti storici, paesaggistici ed ambientali (articoli 63 e 66).

10) Per ciò che attiene alla crescità sociale e culturale, gli strumenti di pianificazione locale disciplinano “particolari subaree” provinciali e comunali riferite ai beni storico-culturali ed i Comuni individuano le iniziative idonee a favorire l’inserimento od il consolidamento di funzioni, anche di eccellenza, con riferimento al carattere delle città murate (art. 68).

11) I Comuni in cui ricadono le Ville Venete provvedono alla salvaguardia, valorizzazione e riqualificazione delle ville e dei contesti paesaggistici ad esse afferenti, recependo ed attuando le previsioni e le disposizioni contenute negli strumenti di pianificazione territoriali sovraordinati (art.74).

12-13-14) Numerose sono le incombenze dei Comuni in cui ricadono le ville del Palladio (art. 75): ma particolarmente significativo è che i Comuni stessi “possono meglio precisare e delimitare le aree di salvaguardia delle ville, ciò costituendo aggiornamento del PTRC ai sensi dell’articolo 82”.

Ed egualmente è a dirsi per le Architetture del Novecento, potendo i Comuni, nei propri strumenti di pianificazione, “modificare, a seguito di adeguata motivazione, l’elenco” di edifici, manufatti e sistemi di edifici, riportati nel Documento per la valorizzazione del paesaggio veneto, e la relativa nomenclatura, “dando comunicazione alla Regione dell’aggiornamento, ai sensi dell’articolo 82”.

Invero, l’articolo 82, al terzo comma, prevede 5 casi in cui non necessitano di procedura di variante al PTRC taluni aggiornamenti dello stesso: e tra di essi sono ricompresi appunto “la precisazione delle aree di salvaguardia e valorizzazione delle Ville del Palladio, di cui all’articolo 75” e “la modifica e integrazione degli elenchi delle Architetture del Novecento, di cui all’articolo 79”.

Non sono, invece, nell’articolo 82, menzionati i “Parchi e giardini di rilevanza paesaggistica” di cui all’articolo 76. Ma tale disposizione normativa consente egualmente ai Comuni, nei propri strumenti di pianificazione, di delineare le aree dei parchi e dei giardini di cui all’elenco contenuto nel Documento per la valorizzazione del paesaggio veneto, “eventualmente aggiornando l’elenco”.

 

8) Conclusioni

Il compito degli enti locali ed in ispecie dei Comuni –che già, in questo periodo di crisi, ove ben altre sono le priorità, devono di continuo provvedere a modifiche dei loro strumenti di pianificazione a seguito delle susseguentisi leggi statali e regionali e dell’obbligo di adeguamento al Regolamento edilizio tipo-,  appare davvero immane.

In 12 mesi essi dovranno provvedere alle necessarie varianti, relative ad una molteplicità di direttive che vanno anche ben al di là di quelle (solo parzialmente sopra indicate) relative al patrimonio culturale: preparandosi psicologicamente frattanto a quant’altro dovranno fare allorquando venisse approvato il previsto piano paesaggistico.

E ciò, per di più, basandosi sulle mappe del Piano, aventi la scala di 1:250.000: il che non facilita certo le effettuande localizzazioni.

Non resta che fare agli enti locali i migliori auguri, con comprensione.

 

ABSTRACT

Il  nuovo Piano Territoriale Regionale di Coordinamento del Veneto, approvato con Deliberazione del Consiglio Regionale n. 62 del 30 giugno 2020, a differenza del precedente del 1992, non ha valenza paesaggistica: essendo stata la disciplina della stessa rinviata ad un previsto futuro ed autonomo piano paesaggistico.

Numerose sono però, ovviamente, le disposizioni del PTRC concernenti non solo i beni culturali ma anche quelli paesaggistici, cui, conseguentemente, dovrà –entro un anno- adeguarsi la sottordinata pianificazione urbanistica e territoriale.

Considerato, dunque, che le problematiche del patrimonio culturale costituiscono solo una parte delle disposizioni del Piano regionale, immane e non invidiabile appare il compito che attende gli enti locali.

Marino Breganze de Capnist

 

* Relazione per il XXI Convegno “Le nuove norme tecniche del piano territoriale regionale di coordinamento –PTRC- Veneto 2020” – Castelfranco Veneto 27 novembre 2020.

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