SOMMARIO: 1. – Le norme di riferimento. 2. – Le prime applicazioni giurisprudenziali (Tar Veneto, II Sez., sentenza. n. 605/2012; Tar Veneto, II Sez., sentenza n. 929/2013). 3. – Alcuni casi particolari (e restrittivi): Tar Veneto, II Sez., sentenza n. 875/2012. 4. – Segue: Tar Veneto, II Sez., sentenza n. 425/2016 5. – La previsione dell’art. 2, co. 2 bis, della L.R. 14/2009.

 1. Com’è noto, l’attuale formulazione della L.R. Veneto n. 14/2009 (così come introdotta dall’art. 5, comma 1, della L.R. 29 novembre 2013 n. 32) prevede espressamente, all’art. 3 bis (rubricato “interventi in zona agricola”), la possibilità di applicare la derogatoria e speciale disciplina di favore del c.d. “Piano Casa” anche in zona agricola, stabilendo che “1. nelle zone agricole gli interventi di cui agli articoli 2 e 3 sono consentiti limitatamente agli edifici a destinazione residenziale e a quelli destinati alla conduzione del fondo agricolo. 2. Per gli edifici residenziali in zona agricola l’ampliamento, qualora realizzato sulla prima casa di abitazione, è calcolato sulla volumetria massima assentibile ai sensi della vigente normativa. Limitatamente agli edifici composti da due unità immobiliari, anche se sovrapposte, e ai soli fini del calcolo dell’ampliamento, la volumetria massima assentibile è riferita a ciascuna unità immobiliare anziché all’intero edificio, fermo restando il rispetto di quanto previsto dall’articolo 2, comma 4. 3. L’ampliamento di cui all’articolo 2 e l’eventuale ampliamento previsto dall’articolo 44, comma 5, della legge regionale 23 aprile 2004, n. 11 “Norme per il governo del territorio e in materia di paesaggio” e successive modificazioni, possono essere realizzati recuperando la struttura agricolo-produttiva non più funzionale alla conduzione del fondo, ancorchè separata dall’edificio principale, o con la costruzione di un corpo edilizio separato, ai sensi dell’articolo 2, comma 2”.

2. Già in precedenza, però, ovvero prima dell’avvento del c.d. “Piano Casa ter” con l’introduzione dell’articolo 3 bis citato, nessuno ha mai dubitato dell’applicabilità del c.d. “Piano Casa” anche agli edifici situati in zona agricola.

In tal senso, particolarmente significativa – tra le tante – è la sentenza del Tar Veneto, II. Sez., n. 605/2012 con la quale i giudici amministrativi veneti hanno confermato la possibilità di ampliamento in zona agricola non solo nella misura del 20 % della volumetria massima assentibile – ovvero gli 800 mc di cui all’art. 44 co. 5 L.R. 11/2004 – ma anche la diretta applicabilità di aumenti di cubatura superiori al 20 %, così come previsti dagli articoli 2 e 3 della L.R. 14/2009.

Si legge infatti nella sentenza che “l’articolo 9, comma 6, della L.R. 14/09 non reca una previsione generale circa il limite massimo volumetrico degli  ampliamenti degli edifici residenziali ricadenti in zona agricola” giacché “la L.R. 14/2009 non contiene una limitazione dell’applicazione del piano casa alle zone agricole, per cui non vi è ragione di escludere dette zone dall’applicazione delle regole generali”.

Molto interessante anche la sentenza del Tar Veneto, II Sez., n. 929/2013 che contiene diverse affermazioni di principio importanti anzitutto in ordine al carattere eccezionale dell’art. 2 della L.R. 14/2009 laddove afferma che “detta disciplina consente di derogare alle norme di carattere comunale e, di conseguenza, anche a quei vincoli imposti dal Comune che, in quanto tali, siano assimilabili alle prescrizioni urbanistiche previste nel piano regolatore e negli strumenti di pianificazione del territorio”. Nel caso di specie sul fondo sussisteva un vincolo perpetuo di non edificazione stabilito dalle N.T.A. del P.R.G..

Particolare importanza è stata data dal Giudice al modus operandi seguito in concreto dall’Amministrazione comunale, laddove quest’ultima, nel provvedimento impugnato, ha ”espressamente dato conto dell’esistenza di detti vincoli, esaminandone il contenuto in relazione alle caratteristiche dell’area e, concludendo con l’esprimere una valutazione di inesistenza di pregiudizi nei confronti dei terzi correlati alla realizzazione dell’ampliamento richiesto che […] non prevedeva la consumazione di ulteriore suolo agricolo ma l’edificazione sopra una struttura già esistente”.

Nel caso di specie, i vincoli imposti in sede di P.R.G. sono dunque stati qualificati come vincoli di carattere “relativo”, essendo assimilabili “alle prescrizioni urbanistiche delle singole aree” e come tali non suscettibili di essere parificati ai vincoli di inedificabilità assoluta di cui all’art. 33 della L. 47/1985 (Legge sul “condono edilizio”).

Del resto, prosegue il Tar Veneto, già in precedenza, nella vigenza della L.R. 24/1985, si riteneva pacificamente che gli artt. 4 e 8 della predetta legge consentissero comunque l’ampliamento fino al limite massimo di 800 mc (poi ripreso dall’art, 44, comma 5, della L.R. 11/2004) anche in presenza di vincoli di inedificabilità della tipologia di quelli qui esaminati (ovvero di carattere comunale, previsti nel P.R.G.).

Tra i vari motivi fatti valere, in uno si sosteneva l’illegittimità dell’ampliamento realizzato in zona agricola anche in quanto contrastante con l’art. 9, co. 1, lett. d) laddove quest’ultima disposizione sancisce la non applicabilità delle misure premiali del piano casa per gli edifici “ricadenti nelle aree di inedificabilità assoluta di cui all’art. 33 della legge 28 febbraio 1985 n. 47 […] o di quelle dichiarate inedificabili per sentenza o per provvedimento amministrativo”.

Ebbene, secondo il Tar Veneto “l’esame del contesto in cui è inserito il riferimento al “provvedimento amministrativo” consente di ritenere come quest’ultimo debba essere necessariamente riferito ai vincoli e alle prescrizioni che trovino il fondamento in una disposizione di carattere nazionale”.

In particolare, la disposizione in esame comporta “l’inedificabilità di quelle aree sottoposte, ad esempio, ad un vincolo preordinato all’esproprio o a quei vincoli riconducibili all’applicazione di leggi speciali, introducendo una disposizione nell’ambito della quale il riferimento ai “provvedimenti amministrativi” costituisce una “chiosa”, dal carattere evidentemente residuale, di un principio di carattere generale e pur sempre riferito ai vincoli di inedificabilità assoluta”.

3. Fin qui, alcune sentenze che hanno confermato l’applicabilità del piano casa anche in zona agricola. Ma ci sono decisioni del Tar Veneto che hanno invece chiarito l’esatta portata del Piano Casa in zona agricola, limitandone l’applicazione.

E’ il caso della sentenza del Tar Veneto, II Sez., n. 1179/2014.

La decisione è interessante perché precisa quando non è ammissibile un intervento di ampliamento con mutamento di destinazione d’uso da annesso rustico a residenza (prima casa) in zona agricola.

I ricorrenti avevano infatti formulato una domanda di rilascio di permesso di costruire per “completamento, ristrutturazione e ampliamento di annesso agricolo esistente, con cambio di destinazione d’uso a prima casa”; annesso agricolo che, giova precisare, non era mai stato completato oltre lo stato del grezzo.

Nel caso di specie, il diniego posto dall’Amministrazione comunale era fondato sulle seguenti considerazioni:

  • non sussistenza della funzionalità agronomica del fabbricato preesistente, che invece dovrebbe ritenersi necessaria ai fini dell’ammissibilità del cambio di destinazione d’uso; tale mancanza si desumerebbe dalla carenza dei requisiti soggettivi di imprenditore agricolo a titolo principale e di quelli oggettivi da provarsi sulla base di un piano aziendale (art. 44, co. 1, L.R. 14/2011);
  • non sussistenza di alcuna precedente autorizzazione al cambiamento di destinazione d’uso dell’annesso rustico;
  • l’art. 9, co. 2., della L.R. 14/2009 non consentirebbe senza limitazioni il cambio di destinazione d’uso a residenziale perché non deroga espressamente alle condizioni e ai requisiti previsti e dettati per le abitazioni, anche preesistenti, dal combinato disposto di cui all’art. 44, quinto comma e 44, primo comma della L.R. 11/2004;
  • infine sulla constatazione che la circolare n. 2 del 29/10/2013 del Presidente della Regione del Vento consente il cambio di destinazione d’uso degli edifici non più funzionali alla conduzione del fondo solo se puntualmente regolamentati e quindi ammette la nuova destinazione abitativa solo nel caso in cui tali edifici abbiano oppure abbiano avuto un collegamento funzionale con il fondo agricolo.

Nel ricorso erano denunciati la violazione degli art. 2 e 9, co. 2, della L.R. 14/2009.

La conclusione del Tar Veneto è inequivoca: il cambio di destinazione d’uso è regolamentato dal comma 2 dell’art. 9 della L.R. 14/2009.

Una cosa è l’articolo 3 bis citato, altra cosa è l’art. 9, co. 2, che “non ammette una generale liberalizzazione del cambio di destinazione d’uso a residenziale anche in zona agricola, perché invece espressamente richiede che la nuova destinazione d’uso sia consentita dalla disciplina edilizia di zona”, così come previsto anche dall’art. 44, co. 5, della L.R. 11/2004.

In definitiva, secondo il Tar Veneto, “il legislatore regionale ha inteso mantenere una peculiare e restrittiva disciplina delle aree agricole alle cui prescrizioni l’intervento progettato non risulta effettivamente conformarsi” giacché “lo strumento urbanistico non contempla l’attribuzione all’annesso rustico di una diversa destinazione d’uso, che è cosa diversa dalla generale compatibilità della destinazione residenziale in zona agricola, perché presuppone una specifica valutazione in relazione al singolo edificio ed alla sua funzione rispetto al territorio agricolo”.

4. Va infine brevemente ricordata anche la sentenza del Tar Veneto, II Sez., n. 425/2016 che ha chiarito la nozione di “lotto edificabile” in zona agricola.

I ricorrenti avevano chiesto il rilascio di un permesso di costruire per realizzare un corpo edilizio separato, in ampliamento all’edificio esistente. Avevano “invocato” l’art. 2, co. 2, della L.R. 14/2009 che, per l’appunto, consente l’ampliamento su un lotto distinto da quello sul quale insiste il fabbricato generatore di volumetria.

Il Comune aveva respinto la domanda sostenendo che nella specie mancava il requisito dell’appartenenza dei due lotti (quello di partenza e quello di “atterraggio”) al medesimo proprietario.

In sintesi: parte ricorrente, con unico motivo, aveva censurato l’illegittimità del diniego in quanto i due lotti risultavano, nella tesi di parte, confinanti ed in quanto tali poteva si poteva prescindere dal requisito previsto dall’ultimo periodo del comma 2 citato (stesso proprietario).

Il Tar Veneto con ragionamento piuttosto articolato ha chiarito che:

  • la generale definizione di lotto edificabile coniata in ambito urbanistico – ovvero: delimitazione di uno spazio fisico determinato sulla base degli indici edificatori previsti dalla normativa urbanistica che viene quindi ad essere concretamente delimitato solo con il rilascio della concessione edilizia che ne attribuisce le potenzialità edificatorie, con la determinazione delle cubature assentibili – rende sostanzialmente inapplicabile in area agricola la nozione di “lotto edificabile” giacché, in tali zone, l’edificabilità è l’eccezione;
  • in base all’art. 44 L.R. 11/2004 l’edificabilità in zona agricola non è per lo più legata a parametri edilizi, ma ad una valutazione tecnica più complessa che involge fattori di natura economico-aziendale connessi al concetto di funzionalità dell’edificazione rispetto all’attività primaria propria dell’azienda agricola;
  • l’art. 45 L.R. 11/2004 determina l’ampiezza del fondo di pertinenza sottoposto a vincolo di non edificazione prendendo a riferimento diversi parametri (stabiliti dalla DGR 3178/2004), tra cui quello della redditività aziendale;
  • solo in via residuale la citata delibera stabilisce che la superficie da vincolare non possa essere inferiore a 10.000 mq (c.d. lotto minimo);
  • questo c.d. “lotto minimo” solo impropriamente si può definire tale. Esso non è determinato sulla base di indici di edificabilità, ma sulla base di parametri diversi;
  • d’altro lato, il concetto di “lotto” in area agricola non può essere inteso come terreno appartenente ad un unico proprietario, poiché nel caso di lotti di grande estensione si consentirebbe la realizzazione dell’ampliamento anche a notevole distanza. Ciò che il Piano Casa non consente, vista la regola dei 200 m tra lotto di partenza e lotto di atterraggio.

La conclusione del Tar Veneto anche in questo caso è molto secca: si può parlare di lotto, nel senso voluto dalla norma, solo quando lo strumento urbanistico attribuisca ad una determinata sottozona agricola un determinato indice di edificabilità, sulla base del quale si possa procedere alla delimitazione del “lotto”. Solo in tal caso si potrà applicare la norma di cui all’art. 2, co. 2, secondo periodo, della L.R. 14/2009.

In tutti gli altri casi, opererà la previsione dell’ultimo periodo del comma 2, dell’art. 2 che, per l’appunto, prevede la possibilità di costruire in ampliamento anche su lotto non confinante, a patto che sia il lotto di partenza sia quello di “atterraggio” appartengano allo stesso proprietario.

5. In tema di ampliamento in zona agricola, va infine segnalata la novità dell’art. 6, co. 2, della L.R. 4/2015 che ha introdotto il comma 2 bis all’articolo 2 della L.R. 14/2009. Sempre in riferimento al tema dell’ampliamento “separato” la norma statuisce che “sia l’edificio che l’ampliamento devono insistere in zona territoriale omogenea propria, salvo l’ampliamento in aderenza che può essere realizzato anche in zona omogenea impropria, sempreché l’edificio da ampliare insista in zona territoriale omogenea propria”. Se ne ricava, solo per tale ultima ipotesi, la possibilità nei casi di ampliamento in aderenza che il nuovo corpo di fabbrica possa essere realizzato anche in zona agricola, ove l’edificio che origina l’ampliamento sia invece ubicato in una ZTO propria.

Valentino Peterle

*Relazione svolta nel corso del seminario, a cura dell’Associazione, tenutosi in Padova il 27 gennaio scorso e riguardante “Il Piano-casa veneto nella giurisprudenza“.

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