SOMMARIO: 1)- principi generali sullo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili (titolo IV, capo I norme tecniche PTRC Veneto 2020; 2)- sui limiti alla potestà della Regione Veneto di localizzazione impianti FER: “aree non idonee”; 3)- il procedimento di autorizzazione unica regionale  e la dichiarazione di p.u. per impianti da FER in variante; 4)- la procedura abilitativa semplificata (PAS): presupposto di conformità urbanistica e silenzio assenso; 5)– conclusioni.

 

1) Principi generali sullo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili (titolo IV, capo I norme tecniche PTRC, Veneto 2020)

Il titolo IV del PTRC “parla” del grande tema dell’energia ed ambiente, tra cui gli impianti da fonti energetiche rinnovabili (in acronimo FER), dedicandone una sola norma al loro sviluppo e cioè l’art.31 (interposto tra le altre due norme precettive artt. 30-32 impianti termoelettrici), secondo cui la “Regione promuove lo sviluppo delle fonti da FER nonché delle opere connesse… che, ai sensi dell’art.12 del D.Lgs n.387/2003, sono definiti di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza” (primo comma).

A sua volta il 1 comma dell’art.12 D.lgs. n.387 cit. stabilisce che le opere, autorizzate per la realizzazione di questi impianti da FER e quelle connesse alla costruzione ed esercizio degli stessi, siano dichiarate di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità, dando così attuazione agli indirizzi di politica energetica comunitaria degli anni 2000 per la massima diffusione di detti impianti, “onde lottare attivamente contro il cambiamento climatico” (come da Protocollo di Kyoto del 2002).

I principali obiettivi comunitari, infatti,  giuridicamente vincolanti per i Paesi membri,  erano e restano quelli sintetizzati con “Pacchetto clima ed energia 2006” nelle percentuali di quota del 20-20-20 e cioè di aumentare l’efficienza energetica del 20 %; di diminuire il consumo di energia da combustibili fossili del 20 % e di promuovere  il ricorso a fonti energetiche alternative di almeno il 20 %, del consumo energetico complessivo UE, entro il 2020 (cfr. gli atti legislativi UE che costituiscono il c.d. “Pacchetto Clima ed Energia”, giugno 2009; Commissione Europea COM (2006) 105 dell’8.3.2005 e Co.(2011) 112 dell’8 marzo 2011).

Per inciso, a questo proposito, si osserva che, ancor oggi, queste percentuali  ed  il termine del 2020 non sono stati raggiunti né rispettati, se è vero com’è vero che la Corte di Giustizia Europea- Grande Camera, in data 10 novembre 2020, ha condannato l’Italia, per aver superati “in maniera sistematica e continuativa” i valori limiti sulla “qualità dell’aria” (anche per gli agglomerati di VE-TV, PD, VI e VR) ed a conformarsi “senza indugio” alle diverse direttive UE per la protezione della salute umana e dell’ambiente.

La Regione Veneto in un solo comma (di quattro righe) del citato art.31 del PTRC 2020 sintetizza lo sviluppo delle Fonti FER per rinvio dinamico l’amplissimo, dettagliato e precettivo complesso normativo, sia comunitario come statale, tuttora vigente dal 2003 che apriva sull’importante scenario europeo mondiale della salvaguardia del clima, del risparmio dell’energia e dell’aumento di quella alternativa sostenibile.

Invero la Regione era di ritorno nel 2018 da un’importante esperienza di conflitto di attribuzione costituzionale che, proprio in materia di alcune tipologie di impianti FER (a biogas o biomasse), aveva previsto un’azione regionale semplificata nel campo dei regimi abilitativi per FER con la L.R n.30/2016 c.d. di “stabilità regionale 2017” (art.111), introducendo:

=da un lato, limiti generali di distanza minima dalle residenze civili dagli impianti FER (in precedenza le distanze erano regolate da deliberazioni di G.R. nn.856 /2012-5/2013-38/2013 e 42/2013, ora richiamate a far parte integrante del “Piano Energetico Regionale” (PERFER) del 2017

= dall’altro, divieti di localizzazioni delle medesime opere energetiche su aree dichiarate “sensibili e/o vulnerabili alle trasformazioni territoriali”, qualora risultassero difformi o non conformi dal piano energetico regionale (PERFER del 2017) e dai piani energetici comunali, ove presenti.

Possono essere autorizzati quei manufatti ed installazioni FER che interferiscono e siano conformi con la rete ecologica, individuata dai piani sovraordinati, anche con l’esecuzione di interventi di mitigazione (l’art. 27 NT sui corridoi ecologici e sul divieto di intervento è precettivo).

E’ stata la Corte Costituzionale che con sentenza n. 69 del 3.4.2018, riprendendo un suo consolidato indirizzo del 2012 (riaffermato anche di recente con sentenze n.99/2020 e n.106/2020), aveva a dichiarare l’illegittimità costituzionale delle rilevate “eccezioni”, generalizzate ed indiscriminate, per “aree non idonee” sull’intero territorio regionale Veneto, in quanto erano violative del principio generale di sviluppo della produzione di energia da FER.

Era ed è autorizzazione unica semplificata, prevista dal citato art.12, comma 3-4, del D. Lgs. n.387 del 2003, come attuato dall’art.14.5 delle “Linee Guida statali”, del DM del 2010, che prevede all’interno del procedimento unico, la celebrazione di una conferenza di servizio per una concreta e specifica valutazione tecnica di “contemperamento” degli interessi pubblici coinvolti vietare con l’interesse del privato operatore economico a realizzare gli impianti a fonti rinnovabili.

Questi per principio comunitario debbono essere massimamente diffusi.

Il meccanismo procedimentale autorizzatorio semplificato di favor per le fonti rinnovabili, afferma la Corte Cost. cit., consente l’emersione degli interessi coinvolti in detta conferenza di servizio e, quindi, il superamento delle limitazioni generali di tipo programmatico per impianti energetici e quello delle distanze, riservate alla competenza statale.

Quindi, ben possono essere avviate e concluse favorevolmente, entro il termine perentorio di 90 giorni (ex artt.12, comma 3, D. Lgs. n.387/03 ed art.2 L n.241/90, senza la sospensione per integrazione documentale, da C.d.S., Sez. V, 9.9.2013, n.4473) quelle domande di impianti FER, che, pur non conformi ai vincoli di pianificazione urbanistica ed energetica regionale (PERFER), avrebbero dovuto essere rigettate de plano.

Sarà la specifica valutazione tecnica svolta in conferenza di servizio nel procedimento di autorizzazione unica regionale, che in concreto saranno superabili i vincoli astratti e generici, e quindi programmatici, di divieto di localizzazione su “aree non idonee”.

Ad esito positivo prevarrà l’interesse pubblico in concreto valutato, per quella specifica tipologia d’impianto in “area non idonea” il principio della massima diffusione delle fonti rinnovabili.

Da siffatta pronuncia d’illegittimità costituzionale n. 69/2018 derivava che in materia di localizzazione di impianti energetici FER, la capacità pianificatoria della Regione e con essa dei Comuni delegati, restasse ancora più ridotta.

Non possono essere introdotte distanze diverse da quelle statali né tantomeno prescrivere limiti generali di localizzazione da parte delle Regioni.

La giustificazione costituzionale della riduzione della potestà pianificatoria regionale sta nel rinvio ai principi della “uniformità normativa” sul territorio statale del bene ambiente (sentenza Corte Cost. nn.286 ed 86 del 2019) ed alle regole statali di “semplificazione del procedimento amministrativo”, sintetizzate con l’autorizzazione regionale unica, come prevista dall’art.12, co. 4 del d.Lgs n.387 del 2003.

Questa norma primaria è stata “completata”, secondo costante giurisprudenza costituzionale (cfr. da ultimo la sentenza Corte Cost., 5 giugno 2020 n.106 sui limiti regionali in materia di impianti da FER c/ Regione Basilicata), con le successive “Linee Guida statali”, del DM del 2010, assunte cosi al rango di “completamento di fonte primaria” ( cfr. Corte Cost. n. 69 del 2018 contro Regione Veneto).

Lo spazio di “dettaglio” riconosciuto alle Regioni è stato riempito con le previsioni statali sia di procedura come di merito per ciascuna tipologia d’impianto FER, dal D.M. del 2010.

Da qui lo scarno e “freddo” rinvio dell’art.31 PTRC 2020 alle regole statali di sviluppo prioritario delle fonti rinnovabili ex art.12 del D.lgs. 387/2003, anche per l’individuazione delle “aree non idonee”, in funzione della semplificazione data dal procedimento per il rilascio all’autorizzazione unica.

Ma, così operando la Regione Veneto, anche se non ha corso il pericolo di debordare dai limiti granitici restrittivi in ordine allo spazio di sua competenza concorrente, sembrerebbe che in materia avesse rinunciato ad esercitare un potere di natura conformativa e vincolistica del territorio, appiattendosi sul ruolo di coadiuvare l’imprenditore alla massima diffusione degli impianti FER.

Grande è in questi anni l’aspettativa di parte della dottrina (in dottrina G. Manfredi, 2015 in www.giust.amm.it) e dei Veneti di riconsiderare le priorità fissate dal legislatore europeo e statale, cristallizzate nel D.M. 2010.

Il “contenimento del consumo del suolo”, che è bene di fondamentale importanza, di cui fa parte la tutela del suolo agricolo, va inserito nelle tutele ambientali e paesaggistiche del D.M. 2010.

E, quindi, non può se non era per la precettività dell’art. 111 L.R. 30/2016 sulla stabilità, che costituire parametro comparativo con il principio della massima diffusione opere, allorché si valuta l’opera.

A questo aggiornamento delle tutele ha provveduto la Consulta con sentenza n. 69/2018, ritenendo costituzionale l’introduzione delle tutele del contenimento del “consumo del suolo” nell’esaminare l’art. 111 L. 30/2016.

Dunque, detti impianti non saranno automaticamente ammissibili nel territorio, anche se astrattamente e tutti dichiarati di p.u..

 

2) Sui presupposti per la dichiarazione di p.u. degli impianti da FER

Per rispondere al quesito, occorre premettere quali siano questi impianti di riferimento non fossili.

In questa categoria rientrano numerosissimi ed importanti impianti di produzione energia: da quelli solare-fotovoltaici, anche installati al suolo in aree industriali, commerciali o degradate da attività antropiche,  agli impianti termici, eolici, geotermici, ovvero alimentati da biomasse (pirogassificatori), da biogas (provenienti da allevamenti zootecnici o da discarica o da processi di depurazione) e per la produzione di biometano, da impianti idroelettrici, alimentati da fonti del moto ondoso o maremotrice ed altri, sempre di produzione energia elettrica, cogenerata con la  termica.

Così circoscritto l’oggetto della norma, questi impianti, pur richiesti e costruendi da privati, dotati di titolo di disponibilità dell’area d’interesse (cfr. art.4 bis art.12 D.Lgs 387 cit), vengono dotati di dichiarazione di p.u., allorché e solo dopo che abbiano conseguito l’autorizzazione unica regionale, frutto di una previa ed articolata valutazione tecnica sotto molteplici aspetti delle tre matrici ambientali da tutelare per la vita dell’uomo ed il bene della collettività: acqua, aria e suolo.

Sarà il concreto giudizio valutativo tecnico di compatibilità del progettato impianto, da assumersi in apposita Conferenza di Servizi, in forma simultanea a modalità sincrona, a qualificare come compatibilità o meno dell’impianto produttivo a FER.

È il bilanciamento dei contrapposti interessi pubblici di tutela ambientale e paesaggistica comparati con quelli del massimo sviluppo degli impianti FER di origine europeistica, che porterà a ritenere l’area di localizzazione, “astrattamente non idonea”, compatibile o meno con il progetto approvato (art. 12, comma 3 D.Lgs n. 387/03).

La dichiarazione di p.u., quindi, è un effetto dell’acquisizione dell’autorizzazione unica, successivo ad essa e non antecedente all’approvazione delle opere in parola, (C.D.S., Sez.V, n.4191 /2018; idem, Sez.V 4780/2012).

Solo a seguito di conclusione del procedimento tipico di autorizzazione unica, prevista dall’art.12, comma 3, D.Lgs 387/03, gli impianti FER che fossero in astratto incompatibili con la zona ma non in concreto per il motivato giudizio tecnico, assunto nell’apposita Conferenza di Servizio, saranno dotati di dichiarazione di p.u, in quanto per la loro realizzazione appare necessaria e giustificata, con giudizio tecnico- comparativo in concreto svolto, la variante urbanistica o la deroga edilizia per pubblico generale interesse alla disciplina urbanistica vigente.

E questo vale anche de plano per gli impianti FER, da realizzarsi nel Veneto ex art.31, comma 1 NT del PTRC 2020, con la particolarità che la Regione Veneto, avendo aggiunto con l’art. 111 della L.R. 30/2016 anche tra le tutele da comparare, “il contenimento del consumo del suolo”, non potrà limitarsi nella conferenza di servizio alle limitazioni di localizzazione del PERFER 2017, che ha recepito quelle individuate dallo Stato.

Ma dovrà estendere la comparazione anche alle prescrizioni urbanistiche ed edilizie derogabili contrarie all’impianto produttivo, introdotte dalle LL.RR. 11/04, 14/17, 14/2019.

Quindi non è sostenibile che qualsiasi impianto alimentato da FER sia di per sé di p.u. ma soltanto quello che sia stato autorizzato, con il procedimento istruttorio statale semplificato dell’individuazione delle “aree non idonee”, in apposita conferenza di servizio, dando luogo all’autorizzazione unica regionale.

E’ l’esito positivo della conferenza di servizio sincrona con giudizio c.d. di “resilienza” cioè del parametro o grado dell’impatto esplicato dal progetto da FER sul territorio vincolato circostante, che determinerà l’esito positivo della domanda in “area non idonea”, definita dal PERFER (capitolo 3) come quell’area all’interno della quale, vi è un’elevata probabilità che in sede istruttoria l’esito di valutazione sia negativo.

 

3) Sui limiti di potestà delle Regioni alla localizzazione impianti FER: “aree agricole non idonee” e distanze.

In ordine alla presunta automaticità d’insediamento degli impianti FER in tutta la zona classificata agricola,  in applicazione del principio della massima diffusione per essere dichiarati impianti di pubblica utilità ope legis, occorre prender le mosse dall’art.12, comma 7 del D. Lgs n.387 cit. che così recita: “gli impianti di produzione di energia elettrica, di cui all’art. 2, co.1, lett. b) e c) possono essere ubicati in zone agricole previste dai vigenti piani urbanistici (primo periodo).

Nell’ubicazione si dovrà tener conto delle disposizioni in materia di sostegno del settore agricolo, con particolare riferimento alla valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali, alla tutela della diversità, così come del patrimonio culturale e del paesaggio rurale”.

Segue il DM del 2010, paragrafo 17 di specificazione delle “aree e siti non idonei”.

Anche la Regione Veneto nel suo Piano Energetico del 2017, al capitolo 3.1.2 elenca i siti e le aree “non idonei”, sensibili e/o vulnerabili alle trasformazioni territoriali, senza, però, discostarsi dalle indicazioni statali precedenti del D.M. 2010 in ragione della loro particolare sensibilità e/o vulnerabilità alle trasformazioni territoriali e paesaggistiche.

Invero la Consulta con la sentenza n. 69/2018 aveva ribadito il divieto alle Regioni di introdurre distanze legali dagli impianti FER diversi dallo Stato per appartenerne la competenza a questo ovvero limiti inderogabili generalizzati sul territorio regionale in area agricola con divieto di localizzazione. (cfr., de plurimis, sentenza da n.308/2011 alla recente n.106/2020; CDS, Sez.IV, 22 marzo 2017 n.1298).

Ma sarà proprio con l’indirizzo preso dalla Corte Costituzionale per il Veneto con la sentenza n.69/2018 che viene inaugurato un nuovo orientamento secondo il principio generale europeo: “di interpretare e realizzare le tutele dell’agricoltura e dell’ambiente quale metodo di tutela del territorio attraverso l’uso razionale della risorsa agricola” (art.191 TFUE).

Infatti, non solo è stato ritenuto costituzionale:

a) quel comma 7 dell’art.111 L.R. 30/2016 che consente ad installare ed esercire “in zona agricola” impianti FER a biogas ed a gas di discarica e dei processi di depurazione, di potenza uguale o superiore a 999 KW,  esclusivamente in zona agricola, qualora richiesti dall’imprenditore a titolo principale”;

b) ma anche il parametro della tutela sul “contenimento del suolo” con la sua parte agraria, (oltre che quella sugli “elementi costituenti la rete ecologica”) nel comparare le tutele pubblicistiche con quelle del privato richiedente l’insediamento.

A piè pari è sopravvissuto all’esame della Corte Cost, tra le altre esigenze pubbliche (già contemplate dallo Stato nell’art.12 del D.Lgs, 283 /03), il nuovo limite dato dalla tutela del  “contenimento del consumo del suolo” (art.111, co 1 L.R.30/2016),  assunto nel Veneto come principio generale a tutela del suolo, inteso come bene comune di fondamentale importanza per la qualità della vita  delle generazioni (art. 1, co. 2, L.R. Veneto n.14/2017), in cui rientra a pieno titolo la preservazione delle aree agricole e forestali e delle loro produzioni, per “promuovere e favorire l’utilizzo di pratiche agricole sostenibili recuperando e valorizzando il terreno agricolo, anche in ambito urbano e periurbano” (art. 3 co. 2, lett c LR 14/2017).

Pare così che la giurisprudenza costituzionale abbia iniziato a ripensare al principio europeo di massima diffusione della fonti di energia rinnovabile, lasciando alle Regioni e loro “Linee Guida regionali” di stabilire le eccezioni alla generale utilizzabilità dei terreni agricoli per l’inserimento degli impianti FER in materia di governo del territorio ed agricoltura.

Di questa iniziale revisione di orientamento costituzionale e, quindi, di promozione della tutela del territorio agricolo, in particolare a favore dell’imprenditore agricolo a titolo principale per l’insediamento di alcune tipologie di impianti Fer, si trova recepimento concreto nelle stesse norme del PTRC.

Non è tanto l’art.31 NT del PTRC in commento, rubricato come “sviluppo delle fonti rinnovabili”, che rinviando all’art. 12 della L.387 del 2003 non ha fatto altro che scolpire il principio europeo della massima diffusione degli impianti Fer in zona agricola; quanto piuttosto viene in rilievo l’intero sistema di tutela del territorio rurale Veneto, regolato dal capo I, del titolo II N.T del PTRC.

Così il comma 2 dell’art.7 NT del PTRC prevede che “nel sistema del territorio rurale la pianificazione territoriale ed urbanistica è orientata al contenimento del consumo e persegue le seguenti finalità: a)- ridurre il consumo del suolo non ancora urbanizzato… per usi infrastrutturali..; e)- promuover pratiche colturali che garantiscano la conservazione dei paesaggi rurali…e la continuità ecosistemica… sono tutelate e favorite le pratiche agricole tradizionali, le produzioni di qualità, le produzioni biologiche e le specifiche territorialità…”.

A sua volta il comma 3 sempre dell’art.7 cit. dispone che i Comuni, nell’individuare le aree del sistema rurale, perseguano le finalità: “… d)- limitare la trasformazione delle aree agricole con buone caratteristiche agronomiche e investite a colture tipiche e di pregio in zone con destinazione diversa dall’agricola..;  prevedere interventi di compensazione generando una superficie con valore agricolo o agroambientale equivalente..”.

Tanto basta per sostenere che così è iniziato nel Veneto, attraverso la promozione della tutela delle aree agricole e quindi in genere della preservazione del contenimento del consumo del suolo, contenuta nel PTRC, la riconsiderazione delle priorità d’insediamento in materia di produzione di energia da fonti rinnovabili, già intrapresa con la sentenza citata dalla Corte Cost. n.69/2018 e già auspicata da quella parte della dottrina più sensibile alla tutela dell’agricoltura e, in generale del territorio (S Villamena, in Riv. Giur. edilizia, fasc. 4, 2015; G. Manfredi, 2015, in www.giustamm.it; A Greco, Riv. diritto ambiente, n.372015).

Di questa scelta operata dalla Regione Veneto nel PTRC e cioè di contemperare il contenimento del consumo del suolo e quindi dell’area agricola dovranno tenerne conto anche i Comuni, non appena il PERFER sarà confermato al regime delle tutele, includendovi la tutela del territorio agricolo, previsto dal P.T.R.C.

 

4) Procedura abilitativa semplificata (PAS): presupposto di conformità urbanistica e silenzio assenso.

L’art.31 NT del PTRC rinvia anche ad altre tipologie d’impianti FER, di limitate capacità di generazione elettrica (potenza nominale non superiore a 200 kw), contemplati dall’art.12 del D.Lgs. n.387/03 e dall’art.6 del D.Lgs. n.28/2011 sulla promozione dell’energia FER.

Per la loro progettazione, realizzazione e gestione viene contemplata una procedura abilitativa semplificata (PAS) che prevede, oltre alla domanda del privato ed altra documentazione, la sola “dichiarazione del progettista, accompagnata da relazione “che “attesti la compatibilità del progetto con gli strumenti urbanistici approvati e i regolamenti edilizi vigenti e la non contrarietà agli strumenti urbanistici adottati nonché il rispetto delle norme”.

Si forma il silenzio assenso, se entro i perentori termini di trenta giorni dalla comunicazione, il Comune non ordini di non effettuare i lavori per mancanza di una o più condizioni di legge statale.

In questo quadro a procedimento semplificato, fin dal 2011, s’è posto il tema sull’automaticità della deroga urbanistica di questi modesti impianti da realizzare in area agricola, essendo dichiarati di p.u.

Sul punto la giurisprudenza amministrativa s’è consolidata, nel senso che questa PAS è circoscritta ai soli impianti conformi alla pianificazione urbanistica (CDS, Sez.IV, 19 luglio 2017 n.3565), senza che sussista la stessa facoltà di ubicare su area agricola quegli impianti produttivi FER che risultino in deroga od incompatibili con la zona di tipo agricolo, perché vengono valutati in concreto e dichiarati di p.u. nell’ambito del procedimento dell’autorizzazione unica regionale, in variante, ex art.12, co 7 del D.lgs. n. 287 cit ed art.5 del D.Lgs n.28/2011 (C.D.S, Sez.II 22 marzo 2017 n.1298).

Anche nel Veneto, per la realizzazione di questi impianti, occorre siffatto requisito di compatibilità urbanistica che siano rispettati i requisiti soggettivi (imprenditore agricolo a titolo principale) ed oggettivi (approvazione dell’opera con piano aziendale), come previsti dall’art.44 e ss. della legge regionale n.11/04 (cfr. TAR Veneto, Sez.II, n.1133/2018, Pres. Pasi, est.Mielli; ord. C.D.S, Sez.IV n.3897/2017).

Senza dimenticare la Corte Costituzionale che con la più volte citata sentenza n.69/2018 ha ritenuto costituzionalmente corretto che, in attesa dell’entrata in vigore delle “linee guida regionali” – PERFER, “esclusivamente gli imprenditori agricoli a titolo principale” potessero essere autorizzati “in zona agricola” a realizzare e gestire gli impianti da biogas e da biomasse con potenza di 999 KW (co.7, art.111 L.R n.30/2016).

La motivazione è data dal richiamo al favor per le fonti rinnovabili e dalla finalizzazione della produzione di energia all’attività agricola, implicita nella qualità del richiedente.

Donde si ha la conferma dell’inizio di una nuova svolta giurisprudenziale a tutela delle aree agricole, secondo cui non è consentita con la PAS, presentata in Comune, l’ubicazione di impianti FER in deroga ai requisiti urbanistici ed edilizi, prescritti per le strutture agricolo-produttive in zona agricola, di cui all’art.44 L.R. 11/04, a differenza del regime derogatorio d’autorizzazione unica in variante, con dichiarazione di p.u., concentrata in capo alla Regione Veneto.

Di conseguenza neppure il silenzio-assenso, come istituto generale previsto dall’art.20 L. n.241/90, potrà maturare per inutile decorrenza dei termini perentori di trenta giorni dalla  data di presentazione della dichiarazione unilaterale di compatibilità del progetto depositato, se non sussista la conformità urbanistica dell’impianto  alle formalità e condizioni prefigurate dallo strumento urbanistico vigente o adottato per nuovi impianti strumentali all’attività agricola in area rurale  e, quindi, per far maturare i meccanismi incentivanti la produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile, il cui aumento di quota costituisce obiettivo fondamentale degli Stati membri dell’Europa in materia di lotta al cambiamento climatico.

 

5) Conclusioni

In questo quadro puntuale ma complesso normativo in materia d’energia, in cui s’intersecano norme comunitarie, nazionali e regionali, non uniformi e dalla diversa natura d’inderogabilità, emerge un principio fondamentale d’ispirazione dell’azione amministrativa e cioè quello della celerità del procedimento amministrativo di autorizzazione regionale unica, da concludersi entro termine perentorio non dilazionabile.

Altresì rileva la semplificazione normativa per essere valutati i contrapposti interessi pubblici e privati in apposita conferenza di servizio, anche nel caso di domanda in contrasto con le limitazioni programmatiche del P.E.R.F.E.R. Veneto del 2017 (ex art. 14.5 D.M. 2010).

Questo è il metodo più efficace per raggiungere la quota minima del 17% di incremento della produzione di energia da F.E.R. e di quella del 20% di risparmio energetico, cui è vincolato lo Stato Italiano in Europa al 2020 e, così, favorire la massima diffusione delle fonti energetiche rinnovabili e “lottare attivamente contro il cambiamento climatico”.

È stata la Corte Costituzionale che ha definito il punto di equilibrio tra potestà legislativa concorrente delle Stato e quella delle Regioni in questa materia di “produzione, trasporto e distribuzione di energia”, mettendo in luce che le Regioni, anche se non possono debordare dalla propria competenza concorrente per imporre limiti generali di localizzazioni o distanze minime, riservati allo Stato, per il criterio dell’identità di disciplina da attuarsi sull’intero territorio nazionale; tuttavia possono essere acconsentite limitazioni al favor per le fonti energetiche rinnovabili in coerenza con specifiche esigenze territoriali di contenimento di consumo del suolo.

Cosicché ben possono essere riservate le aree agricole anche “solo” agli imprenditori agricoli professionali la costruzione od ampliamento degli impianti in questione (ex art. 111 co. 7, L.R. 30/2017, tuttora vigente).

Al contempo, la Consulta ha evidenziato che il procedimento semplificato amministrativo rende possibile l’emersione degli interessi pubblici e privati in concreto coinvolti: gli uni da tutelare ed i secondi energetici da sviluppare, in ragione dei principi fondamentali di trasparenza ed imparzialità di cui all’art. 1 L. 241/90, in concreto esercitati.

È attraverso questo sistema procedimentale che alla Regione Veneto compete attuare una sua azione strategica, trasparente, efficace ed effettiva, in particolare estesa anche a tutela del contenimento e/o riduzione progressiva del consumo del suolo, non urbanizzato e, quindi, a garantire la sostenibilità dello sviluppo economico del settore rurale, favorendovi l’installazione di impianti energetici.

Per i Comuni, saranno da approvarsi le “Linee Guida”, in corso di approntamento, per lo svolgimento omogeneo nella Regione della procedura abilitativa PAS ex art. 6 D.Lgs n. 18/2011.

I Comuni si adegueranno, se non già adeguatisi nei loro strumenti territoriali, per quegli impianti FER di loro competenza (impianti fotovoltaici o di modesta potenza energetica o termica).

Così, con questa azione si dà attuazione allo “spiraglio” di autonomia regionale, riconosciuto dalla sentenza della Corte Cost. n. 69/2018 e recepito dal P.T.R.C., nella parte di tutela di contenimento del consumo del suolo e, quindi, dell’area rurale, senza dover subire ulteriori condanne dalla Corte di Giustizia Europea, come da recentissima sentenza del novembre 2020.

Primo Michielan

*Relazione per il XXI Convegno “Le nuove norme tecniche del piano territoriale regionale di coordinamento –PTRC- Veneto 2020” – Castelfranco Veneto 27 novembre 2020.

 

 

Allegato: Abstract

ABSTRACT

Il rinvio dinamico dell’art.31 delle Norme Tecniche del PTRC sulle fonti energetiche rinnovabili (FER) offre l’occasione per riesaminare il principio di massima diffusione delle energie rinnovabili, affermato dalla Corte Costituzionale attraverso numerose sentenze, a mezzo delle quali è stata sancita la illegittimità delle disposizioni regionali che prevedessero limiti generali inderogabili, valevoli sull’intero territorio regionale, specie nella forma delle distanze ovvero della inidoneità dell’area, senza far ricorso alla struttura del procedimento tipico per rilascio dell’autorizzazione unica regionale (ex art.12, comma 4 del D.Lgs n.387 del 2003).

Questa è improntata al principio di semplificazione amministrativa, senza inutile aggravamento di cui all’art.1 della L. n.241/90 ed è strutturata con la celebrazione di una conferenza di servizio sincrona ex art.14 ter L. n.241 cit., in cui avviene la valutazione degli interessi pubblici coinvolti, comparando la tutela  pubblicistica dell’ambiente, del paesaggio, del patrimonio storico-artistico e, per le aree “non idonee” in zona agricola, anche di tutela delle tradizioni agro-alimentari,  biodiversità e del paesaggio rurale, con ulteriori interessi  economici del privato operatore e della comunità alla massima diffusione di detti impianti.

Se in concreto la Conferenza di servizio si conclude con giudizio tecnico- valutativo positivo all’insediamento FER, da localizzarsi su una determinata area urbanisticamente compatibile con l’impianto, in quanto a destinazione produttiva, l’opera va autorizzata, senza alcuna necessità di variante e quindi di dichiarazione di p.u.

Se, invece, da quel giudizio concreto valutativo della Conferenza emergesse la necessità di una variante urbanistica per ubicazione in una zona impropria di detto impianto FER su “area non idonea”, il progetto sarà approvato motivatamente dalla Regione, nel caso Veneto, in variante con dichiarazione di p.u.

Quel che è inibito, è l’introduzione regionale delle distanze minime per la collocazione di impianti FER, non previste dalla disciplina statale.

L’Autore ripercorre il tradizionale orientamento restrittivo della Corte Costituzionale, tanto da far riprodurre dalla Regione Veneto nell’art.31 NT del PTRC 2020 il solo rinvio, senza alcun dettaglio, all’art.12 della disposizione statale sulla razionalizzazione e semplificazione delle procedure autorizzative, regionali e comunali, che avevano trovato completamento normativo, dieci anni fa, con le “linee Guida” nazionali, di cui al D.M. del 2010 ed aggiornamento alle direttive europee sopravvenute con il D. Lgs. n.28 del 2011.

Neppure il Piano energetico regionale Veneto del 2017 aveva evidenziato alcuna novità, che già era contenuta nella L.R. n.30/2016, definita “legge di stabilità 2017”, il cui art.111 recava disposizioni in materia di impianti energetici.

Impugnata dallo Stato avanti alla Corte Costituzionale per conflitto d’attribuzione, con sentenza n.69 del 2018 venivano ribaditi, da un lato, i tradizionali limiti inderogabili sulle aree non idonee e sulle distanze, cui era sottoposta la Regione Veneto nella materia concorrente della “produzione di energia” ma, dall’altro, venivano ritenute legittime due nuove tutele, da comparare nel concreto giudizio di “resilienza” o grado di sostenibilità delle “aree non idonee” al progetto FER del privato e precisamente quella del “contenimento del consumo del suolo” e della “rete ecologica”, strumento di conservazione della biodiversità, istituito dall’Europa già nel 1992.

Nel “contenimento del suolo”, rientra anche la tutela del “sistema territoriale rurale”, organizzato al titolo II, capo i del PTRC 2020 come pure la “rete ecologica”, matrice della biodiversità, di cui al titolo III.

Così viene evidenziato un timido indirizzo di apertura della Consulta alle Regioni che mette in crisi il principio europeo della massima diffusione degli impianti FER. Vengono riconsiderate le superfici agricole e forestali e le loro produzioni, normate nel PTRC da tutelare, in quanto parte del “bene comune suolo, risorsa limitata e non rinnovabile, di fondamentale importanza per la qualità della vita” (LR 14/2017), al pari dell’“ecologia”, i cui elementi costituenti la rete, non rappresentano illegittimi limiti generici di localizzazione degli impianti FER ma debbono essere comparati, unitamente alle altre tutele pubblicistiche, nel pronunciare il giudizio di compatibilità degli impianti FER, che non fossero proposti dall’imprenditore agricolo a titolo principale (IATP) in conformità all’art.44 L.R. n.11/04 sulle nuove opere in zona agricola, previo piano aziendale.

Di particolare interesse resta quella sentenza della Corte Cost. n.69 del 2018, unitamente a quella del giudice amministrativo Veneto del dicembre 2018, orientata dalla ordinanza cautelare del CDS del 2017, sul procedimento speciale presso il SUAP dei Comuni per conseguire l’abilitazione di procedura abilitativa semplificata (PAS), alternativa all’autorizzazione unica della Regione Veneto.

Anche la giurisprudenza amministrativa del Veneto si attesta sulla esclusività dell’esistenza del presupposto di compatibilità urbanistica con la zona agricola per far ricorso alla PAS, onde realizzare nuovo intervento alimentato FER, senza necessità di deroga e/o variante che impongono il ricorso all’altro procedimento di autorizzazione unica regionale. Il silenzio-assenso, a termine perentorio breve di trenta giorni data presentazione documentazione al Comune competente, s’invera su questo presupposto di compatibilità.

Con l’art.31 sull’energia ed ambiente del PTRC si son poste le basi per riconsiderare le priorità di tutela in materia di produzione di energia rinnovabile, coordinate con il contenimento del consumo del suolo, favorendo l’installazione di impianti energetici da fonti rinnovabili in area agricola per le imprese agricole professionali.

Primo Michielan

 

 

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